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Capitolo 1
INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE
1.1 Il concetto di informazione
Cosa è l’informazione? In che modo si trasmette e come viene percepita
un’informazione? Quale grado di importanza si può attribuire all’informazione ed alla
sua capacità di mutare la realtà? A queste domande si può rispondere partendo da
un’analisi sull’origine dello stesso vocabolo.
“Informazione” è quella attività che si manifesta quando si cerca di dare “forma” alla
realtà per mezzo di un confronto tra l’oggetto materiale o immateriale che si deve
identificare e la totalità delle conoscenze che si dispone su di esso.
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Ecco che
l’informazione non può prescindere dal concetto di “conoscenza”. Difatti, maggiore è
il bagaglio quantitativo e qualitativo delle proprie conoscenze e maggiore sarà la
possibilità di attivare, con successo, quel meccanismo di attribuzione di forma su quel
dato elemento. E’ proprio grazie a questa connessione di tipo circolare tra
Informazione e Conoscenza che gli uomini interagiscono tra di loro pur non
conoscendosi.
Il titolo di studio, la classe sociale, la religione, la lingua, l’appartenenza ai paesi
industrializzati o in via di sviluppo o l’esperienza, sono elementi che talvolta possono
essere causa di interruzione, in questo processo di tipo circolare, tra informazione
percepita ed elaborazione per mezzo delle proprie conoscenze. E’ diversità certo, e
non si pretende che tutti parlino lo stesso linguaggio, ma talvolta questa eterogeneità
ci impedisce di relazionarci con altri interlocutori.
Questo fatto ci ricollega al secondo quesito, e cioè al concetto di “comunicazione”.
Quando negli anni ’50 iniziò a svilupparsi il tema dell’informazione, venne alla luce la
c.d. Teoria dell’informazione che, inizialmente, per mano di autorevoli autori come
Shannon e Wiener (che elaborarono e razionalizzarono il concetto di comunicazione e
di codificazione) riuscirono a dare una definizione di comunicazione piuttosto semplice
ma efficace, intendendola come quell’ attività di trasmissione del linguaggio scritto o
parlato tra due o più soggetti che può manifestarsi attraverso forme diverse di
espressione, anche con mezzi meno diretti ma di tipo interpretativo come l’arte
figurativa, la musica o il teatro. Tuttavia, è necessario che colui che trasmette il
messaggio lo faccia attraverso un mezzo privo di interferenze, fedele nel senso della
codificazione e utilizzando un linguaggio comune che permetta, a chi lo riceve, di
capirne il senso proprio come concepito in origine.
Ci si chiede, inoltre, se l’informazione possa essere un mezzo che stimoli lo sviluppo e il
cambiamento di determinati comportamenti, e in che misura riesca a forzare
quell’inerzia dovuta all’ostinata coerenza in una specifica condotta. La risposta a questi
quesiti è vincolata da alcune considerazioni fondamentali . In primo luogo la fedeltà
dell’informazione. Essa rappresenta una qualità che questa deve possedere e che si
dovrebbe manifestare mediante la rappresentazione veritiera e corretta della
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G.Usai, L’efficienza nelle organizzazioni, UTET, 2000, pag. 58
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realtà, ponendo le basi per un processo decisionale arricchito, quindi, da flussi di
informazione certi, su cui poi sarà più facile fare valutazioni ponderate. Pensiamo alle
conseguenze di una decisione presa basandoci su un’informazione non corretta;
indiscutibilmente entreremo nel campo dell’incertezza ed il risultato delle nostre
decisioni non potrà che essere inquinato da ciò che abbiamo considerato come certo,
subendone le relative conseguenze.
In secondo luogo, gli sforzi devono essere indirizzati verso la produzione di
informazioni, con la loro caratteristica di fedeltà, che siano in grado di soddisfare le
esigenze di chi ha un’interesse ad utilizzarle; solo così il circolo informativo tra chi lo
produce e chi lo riceve è in grado di intervenire nei processi di miglioramento della
realtà.
Ecco che allora il meccanismo da attivare nei processi di acquisizione, gestione,
produzione e divulgazione delle informazioni, non è quello di eliminare totalmente ciò
che non è certo, perchè risulterebbe impossibile e non si farebbe un utilizzo efficiente
del tempo a disposizione, ma è quello di minimizzare le informazioni non affidabili ed
operare su quelle ritenute ragionevolmente coerenti con la realtà. Questo
permetterebbe, in ultima analisi, di incidere in tutte le attività con meno correzioni e,
soprattutto, offrirebbe la circolazione di una “buona” informazione, da usarsi come
leva per migliorare l’operato di chi è chiamato, da una parte, ad amministrare e,
dall’altra, a soddisfare l’interesse conoscitivo dell’utilizzatore delle informazioni.
La valenza insita in questi concetti (informazione e comunicazione), che trovano
applicazione in tutti i campi del sapere umano, è notevole. In questa sede è trattato il
punto di vista dell’economia pubblica dove, il main target è l’azienda pubblica e lo
sviluppo della capacità nell’informare, in tutti quei processi aventi la caratteristica
dell’astrattezza, come la pianificazione e la programmazione, o dell’operatività come
l’intero sistema gestionale che si estrinseca per mezzo del sistema contabile adottato.
Il fine ultimo, sarà quello di ottenere una “leggibilità” del lavoro svolto
dall’amministrazione pubblica a favore di tutti gli attori interni ed esterni coinvolti, che
sia il più possibile corrispondente alla realtà e coerente con ciò che il legislatore, in
quel dato contesto storico‐ sociale‐ economico, richiede a livello normativo, ma che
fondamentalmente risponda all’esigenza informativa del cittadino e alla costante
dimostrazione della capacità dell’ente di soddisfarla, affinchè tutti possano affermare
serenamente il proprio diritto a crescere in un territorio ben amministrato.
1.2 Informazione e comunicazione nell’ amministrazione pubblica
Una prima spinta innovativa che va nella direzione di un maggiore dialogo tra
amministratori ed amministrati, tra ente locale e cittadino, tra chi impone un sacrificio
ovvero chi necessita di soddisfare i propri bisogni all’interno del contesto sociale in cui
vive, si ha con la c.d. legge Bassanini
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. Sostanzialmente, essa, secondo i nuovi principi
federalisti e di razionalizzazione della PA, ha l’ambizione di reinterpretare, almeno sulla
carta, i diversi livelli di governo con le relative amministrazioni in un sistema paritario
e partecipato dove, la comunicazione è imposta come un obbligo generale da
considerarsi non più come un modello di tipo gerarchico , ma piuttosto
funzionale.
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Legge 15 marzo 1997, n. 59. "Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma
della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa".
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L’obiettivo, in questo senso, è certamente riferito all’apertura di un dialogo
costruttivo con le istituzioni. In questo nuovo modello si pone , quindi , la
comunicazione al centro dell’azione amministrativa, in veste di risorsa strategica,
capace di incanalare le risorse adeguate per dare effettività ai diritti dei cittadini e
rispondere ai loro bisogni con efficacia
3
.
Allora questa neo‐comunicazione si deve manifestare in una qualsiasi attività delle
amministrazioni pubbliche o di altro ente erogatore di servizi pubblici in grado di
fornire messaggi ed informazioni a tutti i cittadini/utenti, con manifesta soddisfazione
di questi ultimi. Si è passati, quindi, da un periodo dove lo Stato non comunicava ma
informava semplicemente i cittadini attraverso un sistema di tipo a senso unico, ad un
periodo dove il collegamento fra pubblici poteri e amministrati si è rivelato
fondamentale. Ecco che allora si è reso necessario rivolgere l’attenzione verso la
consapevolezza che gli enti pubblici si dovessero dotare di nuovi strumenti, ripensati
ad hoc per cominciare questo dialogo sinergico con il cittadino.
Ma quali caratteristiche sono richieste all’ente pubblico per comunicare efficacemente
con il proprio ambiente di riferimento?
Due sono le condizioni essenziali:
ξ L’amministrazione pubblica deve essere considerata come un sistema aperto. Deve
essere dotata di capacità evolutiva ed essere in grado di modificare la propria struttura
organizzativa e produttiva sulla base delle esigenze “ascoltate” dall’ambiente esterno;
ξ Nell’offerta dei servizi, essa deve emanare, degli input verso l’esterno, che siano in
grado di influenzare il comportamento del cittadino tramite informazione e
coinvolgimento, affinchè vi sia una costante corrispondenza tra obiettivi da perseguire
e stile di vita soddisfacente.
L’operato del legislatore che, nell’ultimo decennio, ha provveduto all’emanazione di
tutta una serie di norme, non è da sottovalutare in quanto esse, gradualmente, hanno
permesso di rinnovare, sulla base delle più volte reclamate esigenze di trasparenza di
rendicontazione, dei criteri di efficacia ed economicità, il sistema informativo pubblico.
E questo costante aggiornamento legislativo è sicuramente indice di un diffuso
interesse nel voler riconoscere al cittadino la sua partecipazione alle decisioni della
comunità.
L’attuale contesto sociale è sicuramente incerto, e và tuttavia interpretato come
l’anticamera del rinnovamento, dell’assestamento e del riconoscimento verso nuove
scale di valori, dove tutto il sistema si corregge sulla base di questi nuovi valori , si
pianifica e si riprogramma per il fine ultimo di un “giusto” rapporto tra stato e
cittadino, o, meglio ancora, per la creazione di un perfetto dialogo costruttivo tra le
parti.
Ovviamente, un drastico intervento riformatore sull’intero apparato pubblico non è
concepibile. Con piccoli passi, invece, si è contribuito a porre in essere ulteriori nuove
migliorìe, come la legge 150 del 2000, recante la “Disciplina delle attività di
informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni”
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e il DPR
sull’emanazione del “ Regolamento per l’individuazione dei titoli professionali del
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L.Laperuta, Il management pubblico, 2007, pag.259
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Legge 7 giugno 2000, n.150
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personale da utilizzare presso le pubbliche amministrazioni per le attività di
informazione e comunicazione e disciplina degli interventi formativi”
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.
Con l’entrata in vigore di questa legge e del relativo regolamento di attuazione, si è
permesso alle pubbliche amministrazioni di disporre di un nuovo indispensabile
strumento per sviluppare le relazioni con i cittadini, potenziare e armonizzare i flussi di
informazioni al loro interno e concorrere ad affermare il diritto dei cittadini ad
usufruire di un’efficace comunicazione.
A tal proposito , la stessa direttiva emanata dal Dipartimento della funzione pubblica
(in coerenza con la volontà del governo di attivare un processo radicale di riforma della
pubblica amministrazione) fà un esplicito riferimento, forse in un’ottica di emulazione,
al percorso e alla crescita delle imprese private che, grazie a tutte quelle attività legate
alla comunicazione di impresa e alla pubblicità, sono state capaci di influenzare le
proprie scelte organizzative e strategiche, contribuendo a migliorare la visibilità,
l’immagine aziendale e mantenere un buon rapporto fiduciario con i portatori di
interesse.
Risulta chiaro che si ricorre in misura sempre maggiore all’utilizzo di strumenti adottati
dalle imprese private e congruamente applicabili al settore pubblico, e si rivelano
vincenti quando, sottoposti alla selezione naturale del mercato e della concorrenza,
rimane in gioco chi adotta con successo quelle scelte strategiche non rigide ma
piuttosto adattabili all’ambiente di riferimento.
Ne deriva, quindi, che tutti i soggetti rappresentativi del settore pubblico devono
possedere quelle abilità e capacità, personali ed operative, necessarie per la gestione
dei flussi di comunicazione in entrata e soprattutto in uscita.
E’ proprio questa doppia corrispondenza a rappresentare l’analisi di questo studio ed,
in particolare, la capacità della struttura organizzativa di mettere in atto un sistema
informativo‐contabile in grado di soddisfare l’esigenza informativa richiesta nei tre
principali momenti dell’azione amministrativa: la previsione, la gestione, la
rendicontazione; infatti essi dovrebbero rappresentare, mediante la programmazione
e le tecniche della ragioneria, quei flussi in entrata di informazioni che sono ritenuti
degni di considerazione e che possano poi fluire lungo il percorso interno
all’organizzazione e raggiungere i settori e il personale interessato. Questi ultimi
saranno poi chiamati ad utilizzare le informazioni a disposizione per implementare
una configurazione di obiettivi operativi ideale e raggiungibile.
L’aspetto contabile, anche se ritenuto strumentale al fine ultimo dell’ente, è un
indiscusso strumento che permette di offrire una misura di ciò che si sta facendo. Una
misura che, per mezzo di rilevazioni quantitative, indici, percentuali, descrizioni ecc..
permette una lettura in chiave tecnica dell’operato dell’amministrazione. Tale
strumento contabile si adatta alla tipologia di azienda o meglio è l’azienda che a
seconda del fine che vuole raggiungere adotta un sistema contabile che può meglio
rilevare e gestire i propri flussi di informazione. Il pubblico ed il privato adottano
strumenti contabili differenti perchè hanno fini differenti. Il primo utilizza la c.d.
contabilità finanziaria, il secondo la contabilità generale.
Secondo l’opinione diffusa in dottrina, la “Contabilità generale”, tipica delle imprese
private, rappresenta un insieme di rilevazioni sistematiche avente come fine la
determinazione analitica del reddito e l’annesso capitale di funzionamento, in
riferimento ad un dato periodo amministrativo.
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DPR del 21 settembre 2001, n.422
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Nelle amministrazioni pubbliche la tenuta della contabilità, invece, è finalizzata a
verificare l’effettiva copertura finanziaria e la determinazione del risultato finanziario
di amministrazione , quindi non si parla più di “Contabilità generale” ma di
“Contabilità finanziaria”. In questo modo l’ente locale rileva gli accadimenti gestionali
semplicemente per dare dimostrazione dell’ oggetto rispetto al quale è
stato predefinito il sistema di analisi ed è stata scelta la metodologia contabile
6
.
Per un maggiore approfondimento si rimanda al capitolo 2, dedicato a “Il sistema
contabile”.
Una fedele informazione, che trova origine dai bisogni collettivi e dal territorio, e un
buon sistema di comunicazione sulla gestione e sui risultati, sia all’interno della
struttura organizzativa che verso l’esterno, è di vitale importanza per la crescita e la
vivibilità del territorio.
Poichè con essa si tende a migliorare, da una parte, i rapporti e i processi tipici
dell’attività amministrativa e dall’altra si alimenta il rapporto fiduciario tra cittadino ed
ente, che è costantemente messo alla prova.
1.3 Coordinamento tra comunicazione interna ed esterna
Le nuove esigenze di maggiore attenzione ed ascolto della “voce dei cittadini”, mette
in risalto che tutto l’apparato amministrativo deve sentirsi impegnato verso l’esterno
da obbligazioni morali, etiche oltrechè normative da perseguirsi con impegno e serietà
lungo l’arco del proprio mandato. Pertanto si ritiene necessario:
ξ “Informare” tutti i cittadini in modo costante e corretto su tutte le decisioni
adottate;
ξ Garantire la “trasparenza” su tutti i processi decisionali, offrendo la disponibilità per
l’esercizio del diritto di accesso
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agli atti amministrativi, informando in modo
preciso quali atti sono disponibili per la consultazione;
ξ Adottare “Standard” adeguati nell’erogazione dei servizi garantendo una corretta
comunicazione su come accedere a questi servizi e sulle reali possibilità di
mantenimento degli stessi tramite assistenza continua.
Ne deriva l’assoluta necessità di creare una sorta di struttura permanente all’interno
dell’Ente, in grado di recepire e restituire eventuali richieste di informazioni, con tutti i
soggetti interessati. Con la legge n.150/2000, si cerca di garantire questo processo di
comunicazione “fluido” e “trasparente” verso l’esterno (con particolare riferimento
all’audizione del singolo cittadino), istituendo l’ URP (Ufficio per le relazioni con il
pubblico). Con questo strumento l’ente rende possibile la creazione di un’interfaccia
tra cittadino richiedente e amministrazione erogante.
Le richieste provenienti dai singoli cittadini, portatori di individuali problemi,
osservatori attenti della realtà cittadina, dovrebbero ricevere la giusta considerazione
alle proprie problematiche e, se parte di un diffuso interesse, l’amministrazione
dovrebbe essere in grado di intervenire tempestivamente per sopperire a tali carenze.
In linea di massima si può affermare l’ esistenza di un’ analogìa con un normale
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A. Ziruolo, Il sistema di bilancio degli enti locali, 2006, pag.15
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D. Lgs. 165/2001