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Introduzione
Il presente lavoro deriva da un desiderio personale di esplorare più a
fondo il concetto di capacità di carico, di cui spesso si sente parlare, ma
difficilmente si conosce il vero significato.
Per molte destinazioni turistiche è frequente sentire affermazioni, quali
“la capacità di carico è stata superata” o “la situazione è insostenibile”, ma
spesso, seppur legittime, sono più espressioni forti e d’impatto, che
considerazioni supportate da un vero e proprio studio dell’area. Da qui la
necessità di comprendere come poter determinare la capacità di carico e
acquisire in tal modo una maggiore consapevolezza. In particolare si è scelto
di approfondire tale concetto in relazione alle aree protette, le più fragili e
sensibili al fenomeno turistico, e di analizzare il territorio del Parco
Adamello, situato nella zona nord-orientale della provincia di Brescia, al fine
di cercare di porre delle solide basi per una possibile valutazione della
capacità di carico turistica.
Il lavoro è stato suddiviso in tre capitoli.
Nel primo viene esplorato il concetto di capacità di carico, dalle origini
alla sua applicazione ai parchi e alle aree protette. In particolare sono stati
individuati e descritti gli approcci di ricerca che supportano l’applicazione
della capacità di carico più frequentemente adottati nei parchi e nelle aree
protette, con alcuni relativi casi di studio. Tali approcci si focalizzano
principalmente sulla valutazione della qualità dell’esperienza dei visitatori e
la protezione delle risorse (VERP) e sui limiti di cambiamento accettabile
(LAC).
Nel secondo capitolo, si applica il concetto di capacità di carico al
turismo, definendola in base alle sue tre componenti fondamentali:
ambientale, sociale ed economica. In particolare viene presa in
considerazione la metodologia di valutazione adottata dall’UNEP
(Programma Ambientale delle Nazioni Unite), analizzata nelle sue fasi
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salienti con riferimento anche ad alcuni casi di studio. Essa pone l’accento
sulla determinazione di scenari di sviluppo futuro dell’area in esame e
sull’individuazione di relativi indicatori. Non avendo tale metodologia
ancora trovato applicazione in un parco, si è cercato di individuare quali
aspetti è importante considerare in un simile caso. Inoltre, dato che la
capacità di carico turistica è fortemente legata al concetto di sostenibilità, si
è ritenuto opportuno prendere in considerazione uno strumento attualmente
importante nel favorire il raggiungimento di una sostenibilità turistica nelle
aree protette, ovvero la Carta Europea per il Turismo Sostenibile, al fine di
valutare quale contributo è in grado di fornire alla determinazione della
capacità di carico turistica secondo la metodologia UNEP.
Nel terzo capitolo si passa ad analizzare un caso concreto, esplorando il
territorio del Parco Adamello. Tale territorio viene suddiviso in tre aree
principali, poiché interessate da caratteristiche differenti in relazione allo
sviluppo turistico: Area dell’Alta Valle Camonica, Area di Medio Parco e
Area Meridionale del Parco. Seguendo l’approccio adottato dall’UNEP
nell’individuare possibili scenari di sviluppo futuro e relativi indicatori, il
lavoro si è sviluppato nel modo seguente. Inizialmente è stato analizzato il
territorio riguardo a caratteristiche socio-demografiche ed economiche
ponendo l’accento in particolare sullo sviluppo turistico dell’area. Essendo
già in atto sul territorio un processo di adesione alla Carta Europea per il
Turismo Sostenibile, si è cercato di utilizzare le informazioni ricavate in tale
contesto e frutto della condivisione tra gli stakeholders, al fine di individuare
se e come tali informazioni potessero essere utili per il procedimento di
valutazione della capacità di carico turistica secondo la metodologia UNEP.
In proposito si è fatto riferimento al documento “Strategie e Piano d’Azioni”
realizzato a cura della Comunità Montana di Valle Camonica, l’ente gestore
del Parco, e tale analisi ha permesso di definire alcuni possibili scenari.
Successivamente sono stati analizzati gli indicatori individuati dal Parco
Adamello e calcolati e analizzati gli indicatori mancanti, ritenuti importanti
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in base alle criticità riscontrate sul territorio. Come ultimo passo si è cercato
di riconsiderare gli scenari alla luce degli indicatori, scegliendo quelli che si
ritiene possano mettere in evidenza le maggiori criticità presenti e future.
Tale operazione è stata applicata ad ognuno degli scenari per individuare se
siano in grado di consentire uno sviluppo sostenibile del turismo e se si
adattino alle caratteristiche del territorio del Parco Adamello.
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1.1 Origini del concetto di capacità di carico
Le risorse comuni, tra cui l’atmosfera, gli oceani, i fiumi, la disponibilità
di pesce, i parchi nazionali, sono un bene prezioso per l’umanità ma non sono
inesauribili. La loro gestione risulta complessa poiché si estendono su vaste
aree che ne rendono difficile il controllo e per la necessità bilanciare la
controversa relazione tra conservazione e sfruttamento. È dunque necessario
rendersi conto che ci sono limiti ambientali alla crescita della popolazione e
alla relativa crescita economica per evitare quella che il professore di biologia
Garrett Hardin definisce “tragedia delle risorse comuni” (Hardin, 1968),
concetto molto importante nella letteratura ambientale.
Egli inoltre afferma “ogni uomo è bloccato in un meccanismo che
comporta una crescita senza limiti in un mondo limitato…questa libertà è la
rovina di tutto” (ibid., p.1244). Infatti il libero utilizzo di una risorsa finita
può portare ad un eccessivo sfruttamento e ad una divisione dei benefici e
costi diseguale: i benefici si riflettono sul singolo utilizzatore e lo portano a
massimizzare l’uso della risorsa, mentre i costi sono distribuiti tra tutti coloro
per i quali la risorsa è disponibile, ovvero anche tra un numero maggiore di
persone rispetto a coloro che la stanno utilizzando. Secondo Hardin il
problema dello sfruttamento non può essere risolto solamente mediante mezzi
tecnologici. Infatti una crescente efficienza nell’uso delle risorse può solo
posticiparlo, perciò è necessario porre dei limiti all’uso delle risorse e tale
imposizione deve essere condivisa da tutti gli utilizzatori (ibidem).
Già Tucidide e Aristotele avevano notato come le persone prestano più
attenzione a ciò che li riguarda e meno a ciò che hanno in comune, perciò
Hardin ritiene che una tragedia ambientale e di conseguenza sociale possa
essere risolta con “mutual coercion, mutually agreed upon” ovvero
sviluppando norme culturali o valori sociali che guidano il comportamento
umano e riconoscendo l’importanza di un’azione collettiva. Queste
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“coercions” da un lato limitano la libertà dell’individuo, dall’altro devono
essere accettate e riconosciute come necessarie dalla collettività (ibidem).
Anche la teoria dei giochi con il “dilemma del prigioniero” suggerisce
l’importanza del ruolo della comunicazione e cooperazione per risolvere la
tragedia delle risorse comuni e i problemi sociali connessi. Infatti se ogni
prigioniero agisce strettamente nel proprio interesse, ognuno ottiene minor
beneficio rispetto al caso in cui ci sia collaborazione.
La tragedia delle risorse comuni è strettamente legata al concetto di
capacità di carico in quanto si basa sull’assunzione che il crescente
sfruttamento delle risorse porterà un’inaccettabile degrado ambientale e di
conseguenza sociale e minerà l’abilità dell’ambiente naturale a supportare o a
mantenere un minimo di qualità della vita. Nella terminologia tecnica questa
assunzione viene chiamata capacità di carico, concetto oggi molto importante
nel management ambientale. La capacità di carico a sua volta, deve essere
analizzata e gestita per risolvere la tragedia delle risorse comuni.
Le basi per la nascita del concetto di capacità di carico vengono attribuite
ad un saggio pubblicato da Thomas Malthus nel 1798 intitolato “An Essay on
the Principle of Population” dove egli ipotizza che la popolazione umana
cresca in modo esponenziale, mentre la produzione di cibo è limitata ad una
crescita aritmetica. Così l’offerta di cibo rappresenta un limite alla crescita
della popolazione e se questi limiti non vengono rispettati, secondo Malthus ci
sarà una situazione di miseria (Manning, 2007).
Un importante studio, svolto da R. Pearl e L. Reed nel 1920, ha consentito
di teorizzare che la crescita della popolazione (intesa come uomini e animali)
può essere caratterizzata da una curva sigmoidale definita dalla seguente
equazione
1
(ibidem):
1
Fu pubblicata per la prima volta da Pierre F. Verhulst nel 1838 dopo aver letto “An Essay on the
Principle of Population” di Thomas Malthus. Riscoperta nel 1920, viene anche chiamata equazione di
Verhulst-Pearl.
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dN/dt = rN (K-N)/K
dove N = numero popolazione
t = tempo
r = tasso di crescita della popolazione
K = asintoto (tangente alla curva)
K
Conosciuta come curva di accrescimento logistico (vedi figura 1.1-1),
essa specifica che inizialmente la popolazione cresce lentamente poi più
velocemente finché raggiunge un punto di flesso associato con
l’avvicinamento ai limiti ambientali. Successivamente cresce sempre più
lentamente fino ad avvicinarsi all’asintoto orizzontale. Questo asintoto,
chiamato K, rappresenta la capacità di carico o capacità portante dell’habitat e
si basa sui fattori limitanti presenti nell’ambiente come il cibo e lo spazio
(Seidl, Tisdell, 1999). K corrisponde dunque al massimo numero di individui
della popolazione che le risorse ambientali sono in grado di mantenere.
Quando la dimensione della popolazione si avvicina a K, il suo tasso di
Tempo
Figura 1.1-1: curva della crescita logistica di una popolazione.
Popolazione
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incremento tende a zero a causa dell’aumentata mortalità e/o della ridotta
natalità.
L’equazione logistica ha trovato pochi riscontri nei dati empirici poiché si
basa su alcune assunzioni rigide: si suppone che i parametri r e K non
cambino nel tempo e che l’ambiente provveda ad una costante fornitura di
nutrienti e risorse; si assume che i confini spaziali delle popolazioni siano
fissati e conosciuti e che il sistema sia chiuso e non permetta immigrazione o
emigrazione, importazione o esportazione.
Infatti questo studio è stato applicato molto in ecologia ma con risultati
contrastanti poiché mentre negli esperimenti in laboratorio con forme di vita
semplici la crescita della popolazione tende a seguire la curva logistica, nel
“mondo reale” i risultati sono più variabili, la crescita è regolata da un certo
numero di fattori quali anche la variabilità naturale nelle condizioni
ambientali e la competizione tra le specie. Dunque la complessità della
capacità di carico cresce se si considera la popolazione umana e la crescita
economica collegata.
Nell’analisi e gestione della capacità di carico umana e di conseguenza
nella risoluzione della tragedia delle risorse comuni, le restrizioni ecologiche
che si possono applicare alla crescita della popolazione ed economica devono
essere considerate nel contesto dei valori della società.
Recenti studi (Daily, Ehrilch, 1992 citati in Manning, 2007; Seidl, Tisdell,
1999) sulla capacità di carico umana infatti suggeriscono che bisogna
enfatizzare gli impatti della popolazione umana e della crescita economica
invece di focalizzarsi semplicemente sulla numerosità della popolazione.
Questi impatti sull’ambiente indicano la massima (o accettabile) crescita della
popolazione e la massima crescita economica, e i massimi livelli accettabili
sono una funzione dei valori umani. Così l’analisi e il management della
capacità di carico sta evolvendo dalla sua tradizionale enfasi sul massimo
numero della popolazione K alla definizione delle condizioni alle quali la
popolazione sceglie di vivere, indicate con la variabile I. Essa rappresenta gli
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impatti ecologici e sociali dovuti alla crescita della popolazione umana e allo
sviluppo economico relativo e viene determinata dal prodotto di tre fattori
interdipendenti: la numerosità della popolazione P, il benessere o consumo
pro capite A e il danno ambientale T causato dalla tecnologia. Secondo questa
interpretazione la capacità di carico umana può essere chiamata capacità di
carico sociale e subisce dunque una deviazione dall’iniziale concetto,
biologico e demografico, positivista. Nell’applicazione alle specie umane
infatti la capacità di carico, più che essere fissata biologicamente, viene
determinata socialmente, e ciò è dovuto all’importante influenza dei modelli
di consumo umani, delle tecnologie, infrastrutture e degli impatti
sull’ambiente o della disponibilità di cibo.
Per descrivere questa evoluzione è opportuno ridefinire la variabile K. Nel
contesto originale K rappresenta i limiti ambientali alla crescita della
popolazione e alla relativa crescita economica, presumibilmente posti ad un
livello di sussistenza. Gli uomini possono scegliere di vivere a livelli più alti
di benessere materiale e ambientale e le scelte normative o basate sui valori
possono essere simboleggiate con variazioni di K. Tutto ciò viene illustrato
nella figura 1.1-2 dove il simbolo Kb indica la capacità di carico biofisica e
Ks la capacità di carico sociale. La prima esprime il massimo livello di
popolazione che può essere sostenuto biofisicamente a determinate capacità
tecnologiche, mentre la seconda specifica il massimo che può essere sostenuto
in vari sistemi sociali. Ks rappresenta una scelta consapevole di stabilizzare o
gestire la popolazione e la relativa crescita economica ad un livello che, per
definizione, è più basso rispetto ai margini dei limiti ecologici. La scelta
corrisponde dunque al desiderio di avere un minimo di qualità della vita.
24
Kb
Ks
Tempo
Hardin ha anticipato questo percorso logico scrivendo che “la capacità di
carico è inversamente proporzionale alla qualità della vita” (Hardin, 1986, p.
603). Questa nozione è stata usata in studi antropologici ed è indicata con K e
K*, dove l’asterisco rappresenta i livelli ai quali le popolazioni umane
selezionate sono stabilizzate ad un punto al di sotto di quello ecologicamente
possibile.
La capacità di carico è stata soggetta a diverse investigazioni teoretiche ed
empiriche. Alcuni autori ritengono che la capacità di carico sia un concetto
vago, contestuale e controverso che non offre la guida empirica che esso
stesso sembra suggerire, soprattutto nel contesto della sua applicazione alla
popolazione umana e alla relativa crescita economica, mentre recenti
formulazioni, che riconoscono più esplicitamente il suo carattere normativo,
offrono un’utile concettualizzazione. Questi modelli concettuali riguardano i
fattori che influenzano gli impatti umani sull’ambiente, i giudizi
sull’accettabilità di questi impatti e il livello e tipo di crescita della
popolazione ed economica che può essere meglio mantenuto date le
condizioni ambientali e di vita desiderate.
Popolazione
Figura 1.1-2: capacità di carico biofisica (Kb) e sociale (Ks).
Fonte: Seidl e Tisdell, 1999.