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CAPITOLO PRIMO
LA BIBLIOTECA SCOLASTICA NEI PROCESSI DI
ALFABETIZZAZIONE CULTURALE
“La società che investe in biblioteche per i suoi ragazzi,
investe nel suo stesso futuro”
(International Association of School Librariaship-IASL,
Dichiarazione sulle Biblioteche Scolastiche, 29 settembre 1993)
1. Dalle prime biblioteche alle public library angloamericane: da
luoghi di conservazione a centri di fruizione del libro.
Con l’incremento della produzione di opere e documenti, raccogliere e catalogare
in appositi luoghi divenne per l’uomo una necessità. I luoghi deputati a svolgere
queste funzioni furono le biblioteche. L’origine del termine biblioteca deriva
dall’unione di due parole greche: Βιβλίον (opera) e θήκη (teca, ripostiglio). Le bi-
blioteche delle più antiche civiltà (assiro-babilonesi, greche e romane) svolgevano
infatti le funzioni dell’archivio di stato. Erano annesse ai templi o ai palazzi reali,
istituite da uomini dotti e bibliofili, ricche di opere su tavolette, papiri o pergame-
ne, e perfino depositarie di opere bottini di guerre.
Durante l’età ellenistica (IV-II sec. a.C.) le biblioteche non rappresentavano più so-
lo un semplice luogo di raccolta e catalogazione di volumi ma divennero dei veri e
propri centri culturali. La più importante era quella di Alessandria, fulcro di ricer-
che, confronti e dibattiti di studiosi e uomini illustri, i soli a cui la biblioteca era ac-
cessibile. Con le minacce barbariche e la diffusione del cristianesimo e la conse-
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guente decadenza della cultura classica, le biblioteche di Roma furono abbandona-
te e la più famosa del tempo, quella di Alessandria, venne distrutta. Dopo la cadu-
ta dell’Impero Romano la crisi del mondo occidentale pervase anche le biblioteche.
Unico valido riconoscimento delle biblioteche medievali va a quelle monastiche
che con parsimonia raccolsero le opere dell’età classica e si occuparono della con-
servazione e trasmissione delle stesse.
Durante il periodo umanistico-rinascimentale le biblioteche tornarono a risplende-
re di nuova luce grazie al rinnovato interesse per i testi classici e per la cultura e
all’incremento della produzione di opere librarie dovuto all’invenzione della
stampa. Accanto a quelle ecclesiastiche nacquero anche le biblioteche laiche, che
rimanevano però ancora appannaggio esclusivo di ecclesiastici, di privati studiosi
e delle corti.
Fu nei due secoli successivi che le biblioteche acquistarono un carattere moderno
nel senso attuale del termine, tant’è che molte di queste, in Italia e nel resto
d’Europa, vennero aperte al pubblico. Fu in questo brillante momento storico che
fiorirono la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, quella Nazionale di Napoli e
quella Nazionale di Milano e di Torino. Tra quelle estere aperte al pubblico vi fu-
rono la Biblioteca Nazionale di Parigi e le biblioteche di Stato di Vienna e di Berli-
no.
Per quanto riguarda il rapporto scuola-biblioteca, nella seconda metà del XIX seco-
lo (ancora lungi dal considerare la biblioteca come strumento di democratizzazio-
ne culturale), si prestava attenzione soprattutto alla conservazione di alcuni libri di
lettura per bambini
1
. Tali libri venivano conservati nelle biblioteche presenti
all’interno dei musei pedagogici, dei musei didattici e nelle collezioni scolastiche
(biblioteche di classe o di istituto). I musei pedagogici e i musei didattici, caratte-
rizzati da un’estrema varietà di raccolte, collezionavano principalmente materiale
sulle scuole e sull’istruzione in generale. Musei pedagogici e musei didattici ave-
1
Bisogna considerare che in quest’epoca non ancora era sviluppata l’editoria per bambini e ragazzi,
per cui i libri scritti appositamente per bambini erano molto pochi e principalmente a carattere e-
ducativo-didattico.
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vano funzioni diverse e diversa era l‘utenza cui si rivolgevano (anche se spesso si
confondevano tra loro): i musei pedagogici conservavano materiale a disposizione
di ricercatori, di insegnanti e di educatori per la loro formazione (nella sezione bi-
blioteca del museo c’erano guide didattiche, opere di cultura generale, riviste pe-
dagogiche e scientifiche); invece i musei didattici, che si trovavano presso le scuole
popolari, erano rivolti principalmente agli alunni e se ne potevano servire oltre a
loro anche gli insegnanti (utilizzando il materiale didattico della biblioteca durante
le lezioni). I musei didattici possedevano strumenti scientifici per fare osservazioni
ed effettuare esperimenti, modelli geometrici, raccolte naturalistiche come colle-
zioni di minerali e materiale raccolto dagli studenti durante le esplorazioni, do-
cumenti sulla storia scolastica, annuari, riproduzioni di opere d’arte, documenti e
immagini sulla storia dell’educazione e della scuola in Italia, prodotti dell’attività
scolastica degli alunni e, nella sezione biblioteca, opere e pubblicazioni di ogni ge-
nere (principalmente libri e riviste di pedagogia e didattica) rivolti ad educatori ed
insegnanti, e testi scolastici e libri di lettura rivolti ai fanciulli
2
. Tuttavia, non si era
ancora diffusa una cultura della biblioteca come parte integrante dell’attività di-
dattica, poiché non ci si era completamente liberati della concezione della bibliote-
ca come luogo la cui funzione esclusiva era la conservazione di beni (cartacei). Tra
l’altro le dotazioni librarie della sezione biblioteca dei musei, destinate
all’alfabetizzazione dei bambini, erano per lo più esigue e anche le scuole e le clas-
si possedevano delle collezioni e/o delle raccolte limitate a poche decine o a qual-
che centinaio di volumi.
Per quanto riguarda le biblioteche pubbliche, una svolta istituzionale importante
si ebbe nel 1850 nel mondo anglosassone con il public library act quando le bibliote-
che divennero uno strumento di educazione del popolo. Ormai il termine “biblio-
teca pubblica” stava a significare prima di tutto l’appartenenza istituzionale della
biblioteca e la forma di gestione pubblica; e non soltanto “aperta a tutti”. Da allora
in poi le biblioteche pubbliche, che nacquero in Gran Bretagna e poi negli Stati U-
2
A. Nuzzaci, I musei pedagogici, Roma, Edizioni Kappa, 2002.
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niti, furono caratterizzate da un servizio pubblico rivolto principalmente alle classi
lavoratrici. Alle biblioteche veniva così assegnata progressivamente una funzione
importante nel campo dell’educazione all’interno di un processo di trasformazione
determinato dalla rivoluzione industriale in atto e caratterizzato da un crescente
bisogno di educazione espresso dai ceti popolari. Con la nascita della public library
angloamericana le esigenze informative dell’utente venivano poste progressiva-
mente al centro dell’organizzazione della biblioteca
3
: il lettore, destinatario della
raccolta bibliografica, diveniva dunque il “fulcro” del servizio bibliotecario. Da qui
si comprende come il mondo angloamericano si accorse ben presto, molto prima
di altri paesi del mondo, dell’importanza del ruolo svolto dalla lettura e dalle bi-
blioteche per una adeguata alfabetizzazione del popolo! Ricordiamo come negli
Stati Uniti D’America e in Inghilterra si attuarono, negli anni ’80 dell’Ottocento, i
primi servizi per il pubblico giovanile tramite i Children’s corner, i Children’s room e
i Children’s library, ovvero angoli, sale e vere e proprie biblioteche per bambini e
ragazzi
4
. Il 1876 viene definito infatti l’annus mirabilis della biblioteconomia
5
ameri-
cana che porta con sé una serie di eventi: la fondazione dell’American Library Asso-
ciation (ALA); l’uscita del periodico Library Journal; la creazione del servizio di refe-
rence
6
, teorizzato dal bibliotecario Samuel Green nella relazione Personal relations
between librarians and readers; la pubblicazione delle Rules for a printed dictionary ca-
3
M. Guerrini, relazione introduttiva al Congresso AIB, Roma, 23-25 novembre 2005. From:
<https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=3&cad=rja&ved=0CD0QFjAC
&url=http%3A%2F%2Fwww.aib.it%2Faib%2Fcongr%2Fc52%2Fx051123b.rtf&ei=w_xXUvOjCIzDtA
aI-
qYCgAQ&usg=AFQjCNHu5MjRWPvGROZAml1HFdd_0DgpYw&sig2=zbD9tVEz5TwB0vvNEyy
Yfw&bvm=bv.53899372,d.Yms> (ultima consultazione: 25 ottobre 2013).
4
D. Lombello, “Dalle ‘Bibliotechine di classe’ alla biblioteca scolastica nella rete nazionale”, in Hi-
story of education & children's literature, I, 2 , 2006, p. 258.
5
La biblioteconomia è una disciplina che si occupa di progettazione, organizzazione e gestione dei
servizi bibliotecari.
6
“Attività di assistenza, consulenza e orientamento svolta dal bibliotecario in risposta alle richieste
di informazione poste dal lettore […] e che si esplica tramite una relazione diretta (in sede) o remo-
ta (via internet)”. M. Guerrini, “Il reference come paradigma della biblioteca”, in C. Bianchini (a cu-
ra di), Il Servizio di reference, Firenze, Le Lettere, 2009, p. 9.
From: <http://eprints.unifi.it/archive/00002003/01/Reference_Svenonius_Guerrini.pdf> (ultima con-
sultazione: 25 ottobre 2013).
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talogue del bibliotecario Charles Ammi Cutter con cui furono chiarite le funzioni
del catalogo contemporaneo; la pubblicazione della Classificazione decimale di Mel-
vill Dewey, ideatore del moderno sistema di classificazione bibliotecario.
«Reference, catalogo e Classificazione decimale hanno segnato una svolta decisiva
per le biblioteche, all'insegna di un nuovo modello organizzativo fondato sul
paradigma dell'accessibilità informativa e documentaria. Un modello di bi-
blioteca che, staccandosi dalla tradizione europea, in prevalenza votata alla
conservazione del bene-libro ad accesso controllato per pochi eruditi […] ten-
deva a fare della cultura una risorsa per tutti i cittadini, con un'impronta, tipi-
ca della cultura protestante, di valorizzazione della volontà, dell'impegno, del-
la responsabilità, dell'iniziativa, cioè, in definitiva della libertà individuale. La
biblioteca diventa un servizio strutturale della democrazia, necessario all'edu-
cazione, al lavoro, all'economia, alla politica, al tempo libero, alla crescita per-
sonale e dell'intera comunità»
7
.
Insomma, non si trattava più solo di conservazione, ma anche e soprattutto, di uso
delle collezioni bibliografiche a favore dell’educazione del popolo e dei diritti cul-
turali del cittadino. A questa filosofia seguì la riorganizzazione oltre che funziona-
le anche strutturale e architettonica delle biblioteche.
Il termine reference, che non ha un corrispettivo in italiano (ciò basta a far com-
prendere come la cultura biblioteconomica fosse giunta in Italia molto tardi), indi-
ca uno sviluppo avanzato della cultura biblioteconomica in certi contesti interna-
zionali; ma il Bel Paese, appena uscito dal processo di unificazione, nonostante si
ritrovasse eccezionalmente ricco di monumenti storici e biblioteche, il cui numero
e la cui ricchezza storico-documentaria era pari o superiore a quelle straniere, fece
ben poco per valorizzare i suoi beni e promuoverne un uso a beneficio della citta-
dinanza. Infatti quasi tutte le amministrazioni comunali non avvertivano
l’esigenza di istituire nuove biblioteche, anche se d’altra parte prendeva forma in
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M. Guerrini, op. cit.
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tutta Europa l’idea di una “educazione popolare” fondata sulla necessità
dell’informazione, della lettura, della crescita culturale di tutta la popolazione. In
una Italia post-unitaria, con un altissimo tasso di analfabetismo da un lato
8
, ma
con grandi trasformazioni economiche e sociali dall’altro, si delineava sempre più
un’idea di lettura come attività
«di tipo essenzialmente educativo, nel duplice senso di costituire il mezzo
concreto per entrare in rapporto con la comunicazione scritta e di fornire idee
e suggerimenti atti a favorire un progresso, oltre che intellettuale, anche mora-
le e spirituale dei lettori, in particolare di quelli che appartenevano ai ceti su-
balterni»
9
.
È proprio in questo clima che nel 1861 un giovane insegnante pratese di nome An-
tonio Bruni costituì la prima biblioteca popolare circolante italiana. Era una biblio-
teca fondata sul prestito a domicilio, concepita come integrativa della formazione
scolastica di base, e a cui i cittadini dovevano pagare un contributo di 30 centesimi
al mese per poterne usufruire. A quel tempo oltre alle biblioteche ecclesiastiche,
quelle universitarie, quelle pubbliche governative, quelle private e altre annesse a
istituti e monumenti nazionali, erano quelle più facilmente accessibili ai ceti subal-
terni e a loro indirizzate, con materiale librario più adeguato ai loro interessi e al
loro livello culturale. Si trattava delle biblioteche popolari, di cui alcune dette “cir-
colanti” (come quella del Bruni) perché fondate sul prestito a domicilio, che per-
metteva la circolazione appunto per la città. Queste biblioteche ambulanti traspor-
tavano libri su carri o piccoli autobus e raggiungevano così luoghi dove la gente
viveva e lavorava, arrivando talora anche in periferie e villaggi rurali difficilmente
8
Secondo i dati ISTAT nel 1861 l’analfabetismo (inteso come incapacità di leggere e/o scrivere) ma-
schile era del 74% e quello femminile dell’84%, con punte del 95% nell’Italia meridionale. (Censi-
mento dell’allora Divisione statistica del Ministero Agricoltura e commercio, quando l’ISTAT non
ancora esisteva).
From: <http://www3.istat.it/dati/catalogo/20120118_00/cap_7.pdf> (ultima consultazione: 25 ottobre
2013).
9
P. Traniello, op. cit., p. 145.
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raggiungibili da eventi culturali. Queste biblioteche, a differenza delle altre, erano
amministrate da enti locali e spesso destinate a servizi parascolastici, che spesso si
mostravano inefficaci; in più restavano legate a movimenti di tipo associativo e di
indole privata (come la Federazione Italiana delle biblioteche Popolari e il Comitato cen-
trale per le bibliotechine gratuite per le scuole elementari), per lo più slegati
dall’intervento diretto delle amministrazioni pubbliche.
Fig. 1 – Public library circolanti.
Alla fine del 1869 si contarono sul territorio nazionale ben 250 biblioteche circolan-
ti, ciascuna delle quali però contenente un numero esiguo di volumi
10
a carattere
10
B. Lucchese, Le biblioteche circolanti: il caso di Venezia, Università di Ca’ Foscari di Venezia.
From:
<https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=7&cad=rja&ved=0CGEQ
FjAG&url=http%3A%2F%2Fwww.fondazionemondadori.it%2Fcms%2Ffile_download%2F678%2F
4_Lucchese_Le%2Bbiblioteche%2Bcircolanti.pdf&ei=Rm9VUufoI4SatQb5noGgDw&usg=AFQjCN
GaB48D_Ud6jcUr992PMUTspUAicQ&sig2=e9nelg84G_8odSma_7WoEA&bvm=bv.53760139,d.Yms
> (ultima consultazione: 23 ottobre 2013).