CAPITOLO I
1.1 Il periodo anglosassone.
La Battaglia di Brunanburh è un testo che risale al periodo anglosassone.
Con il termine “anglosassoni” si intendono i popoli culturalmente e
linguisticamente simili, che vissero nell’ Inghilterra sud-orientale dalla metà
del V secolo (emigrazione degli Angli, Sassoni e Juti), al 1066, quando
l’isola fu conquistata dai Normanni.
Quando i Germani giunsero in Inghilterra, si trovarono di fronte una
popolazione cristiana di cultura romano-celtica, che occupava il sud e il
centro dell’isola. Le origini della nazione inglese vengono descritte dallo
storico Beda nella sua opera Historia Ecclesiastica Gentis Anglorum
1
. Egli
ci informa che queste popolazioni germaniche sarebbero giunte sull’isola
dalle coste della Danimarca e dalla Germania settentrionale, dapprima in
qualità di mercenari, chiamati a difendere il paese dalle bellicose tribù del
Nord e, poi, si sarebbero impadroniti dell’intera isola.
Nel corso del VI secolo gli Anglosassoni rafforzarono la loro cultura
attraverso la Conversione alla religione cristiana, avvenimento
1
(“… Gli Angli e i Sassoni giunsero in Inghilterra con tre lunghe navi ricevendo per ordine del re
un territorio in cui insediarsi nella parte orientale dell’isola, per difenderla come la loro patria, ma
in realtà per conquistarla…” ). Cfr. Zanco A., Storia della letteratura inglese, Torino,1946, p. 5.
3
fondamentale per la loro storia. Nel 596, il papa Gregorio Magno aveva
inviato nel Kent un gruppo di missionari guidati dal monaco Agostino, il re
Ethelbert accolse in modo favorevole la conversione tanto che fu egli stesso
a convertirsi per primo. Agostino divenne il primo vescovo di Canterbury e,
nel giro di circa mezzo secolo tutto il territorio britannico fu cristianizzato.
A questo periodo fecondo fece seguito una delle epoche più travagliate (fine
VIII secolo – metà IX secolo), a causa dei frequenti e devastanti attacchi dei
vichinghi.
L’isolamento geografico della Scandinavia, la povertà dei suoli e delle
risorse naturali, la ristrettezza delle terre coltivabili, la durezza del clima e
le difficoltà di vita, furono le cause che spinsero forti e numerosi gruppi di
popolazioni nordiche a cercare sbocco in regioni che offrissero migliori
condizioni. Fu l’avversa natura della loro patria a spingere gli “uomini del
nord” o vichinghi ad allontanarsi dalle loro terre, a diventare bellicosi
conquistatori, audaci navigatori come pure colonizzatori e fondatori di
fiorenti reami
2
.
I vichinghi non furono solo guerrieri coraggiosi e abili marinai, essi furono
anche protagonisti della colonizzazione di vaste regioni e del conseguente
processo di fusione con le genti locali.
Sono numerose e contrastanti le teorie che cercano di spiegare il significato
etimologico della parola “vichingo”. Alcuni studiosi hanno attribuito al
termine un’origine anglosassone: vichingo deriverebbe dall’anglosassone
2
Pampaloni C., Il mondo dei vichinghi, ambiente, storia, cultura e arte, “Atti del convegno
internazionali di studi”, Genova, 1991, p. 100.
4
wic (dal latino vicus), che significa “accampamento, mercato”. Secondo
questa teoria i vichinghi sarebbero stati , per gli anglosassoni, la “gente
accampata, mercanti”. Secondo uno studioso svedese Elis Wadstein, pur
partendo dalla base latina vicus , identificò i vichinghi come “abitanti della
città”, insistendo particolarmente sui rapporto con sliaswic, l’antico nome di
Schleswig, la città in cui egli pensò traesse origine il termine vichingo
3
.
Altri studiosi pensano che vichingo derivi dal verbo vige “ritirarsi” e quindi
un “pirata che fugge con il bottino”. Il termine si collega anche a wikan
“foca”, secondo cui i vichinghi sarebbero stati appassionati cacciatori di
foche. Nelle lingue nordiche molte parole suonano allo stesso modo, vik
significa anche “baia”, molti linguisti suggeriscono che il vichingo è “colui
che sta in agguato nelle baie”. Anche il termine vig “battaglia” è stato citato
e rimandato alla bellicosa attività dei vichinghi.
Tutti questi significati hanno relazione con caratteristiche legate alle
popolazioni del nord Europa.
L’immaginario comune tende a vedere l’epoca vichinga come un
conquistare e depredare terre. L’enorme mobilità dei vichinghi è avvenuta
grazie ad un tipo di nave detta knörr, agile, veloce e non particolarmente
grande, capace di coprire molte miglia in poco tempo. Le rotte furono
molteplici, si spostarono da nord a sud, da est a ovest, i vichinghi
colonizzarono molte terre a scopo anche commerciale dimostrando la loro
grande potenza.
3
Pörtner R., L’epopea dei vichinghi, Milano, 1972, p. 14.
5
Il 18 giugno 793, secondo La Cronaca Anglosassone “ …i pagani
distrussero ampiamente la chiesa di Dio a Lindisfarne tra rapine e
massacri…
4
“ Con questo breve passo inizia una serie di descrizioni di
calamità e battaglie durate circa trecento anni, durante i quali parte
dell’Inghilterra fu colonizzata dagli Scandinavi che lasciarono tracce nella
vita e nella lingua inglese. Solo il Wessex riuscì a mantenere la sua
indipendenza vincendo dure guerre sotto la guida del re Alfredo il Grande
(871-899). Gli invasori erano nettamente superiori agli Inglesi dal punto di
vista militare, avevano sviluppato nuovi metodi bellici che risultavano
sconosciuti ai popoli inglesi ma il genio militare di Alfredo fu la ragione
della sconfitta danese.
Nell’878 Alfredo fu costretto a cedere la regione del Danelaw
(Northumbria, East Anglia, Essex) al re danese Guthrim con il trattato di
Wedmore. Questa regione rimase agli invasori fino al 937, quando fu
riconquistata dal nipote di Alfredo, Æþelstan, che conseguì una grande
vittoria a Brunanburh.
La distruzione culturale e materiale causata da queste invasioni è difficile
da valutare. “Così grande fu la decadenza del sapere tra gli Inglesi,-
lamentava Alfredo,- che ben pochi da questa parte dell’Humber, e non
molti, io credo, dall’altra, erano in grado di comprendere i riti e di tradurre
una lettera dal latino in inglese. No, non ne ricordo uno a sud del Tamigi,
quando salii al trono
5
.”
4
Conner P. W., Anglo-Saxon Chronicle, Cambridge, 1966, p. 5.
5
Morton A. L., Storia del popolo inglese, Roma, 1963, pp. 1-20.
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L’opera di Alfredo fu di portata considerevole, come è attestato dal lungo
periodo di pace che seguì la sua morte. I suoi successori Edgar (959-975),
Eadward (975-978) furono soldati e amministratori capaci.
Nel 980 sotto il regno di Æthelred, fratellastro di Eadward, ripresero le
invasioni danesi
6
. I nuovi incursori si rivelarono ben più pericolosi dei loro
predecessori. Nel 991 Olaf Tryggvan, pretendente al trono di Norvegia,
sbarcò sulle coste dell’Essex e sconfisse a Maldon il duca dei Sassoni,
Byrhtnoth. Sotto il regno di Æthelred (978-1016), ripresero le invasioni
danesi. Il re non fu capace di difendere l’intero regno: la sua influenza era
concentrata tutta nel Wessex, mentre le regioni periferiche risultavano
difficili da controllare; tutto ciò causò una nuova fase di violenza. Di questo
clima di debolezza ne approfittò Sven, re di Danimarca che sbarcò sull’isola
nel 1013. L’intento di Sven era quello di diventare re d’Inghilterra e ci
riuscì ben presto, conquistò Oxford e Winchester e pose sotto assedio
Londra. Æthelred fu costretto a fuggire in Normandia.
Il regno di Sven durò poco, infatti, nel febbraio del 1014 egli morì e fu
proclamato re d’Inghilterra il figlio Canuto II. Nello stesso periodo il
Witenagemont, il corpo consultivo dei re anglosassoni, reintegrò Æthelred e
Canuto fu costretto a fuggire. Dopo la morte di Æthelred, nel 1016, i
Londinesi proclamarono re suo figlio Eadmund II, ma nell’ottobre dello
stesso anno Canuto attaccò di nuovo gli Inglesi che furono sconfitti; un
6
La Cronaca Anglosassone registra, nel 980, nuove incursioni vichinghe: “Southampton fu
saccheggiata da una forza navale e gran parte dei suoi abitanti uccisi e fatti prigionieri”. Cfr.
Conner P. W., Anglo-Saxon Chronicle, Cambridge, 1966, pp. 21-25.
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mese dopo Eadmond II morì e Canuto potè finalmente salire sul trono.
Questo re si dimostrò abile e saggio e riuscì a mantenere la pace nel regno.
Dopo brevi ed impopolari regni dei figli di Canuto, nel 1041 fu richiamato
in patria dalla Normandia, Edoardo, figlio di Æthelred. Con l’aiuto di
Godwin, conte dell’Essex, Edoardo riuscì ad ottenere il regno fino al 1066,
anno in cui morì senza lasciare eredi.
Seguì al trono Aroldo II, conte del Wessex, figlio di Godwin, che fu
sconfitto il 14 ottobre del 1066, nella battaglia di Hastings, da Guglielmo il
Conquistatore di Normandia. Nonostante la resistenza iniziale agli attacchi
dei Normanni, la battaglia si concluse con la disfatta degli Inglesi che
furono sorpresi in un agguato e uccisi grazie ad uno stratagemma di
Guglielmo. Questa sconfitta segnò l’inizio della dominazione normanna in
Inghilterra e Guglielmo salì al trono con il nome di Guglielmo I.
L’incoronazione di Guglielmo segnò una frattura nella storia
dell’Inghilterra e portò anche molti cambiamenti che segnarono la fine del
periodo cosiddetto “anglosassone”.
1.2 La letteratura anglosassone.
Come in tutte le culture antiche, anche in quella anglosassone la poesia si
assume compiti assai impegnativi e complessi. Ai suoi generi sono affidate
la conservazione e la trasmissione del sapere: l’ identità stessa di una
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civiltà
7
. E’ la poesia a svolgere tutte le funzioni culturali fondate sulla
memoria. Ma, nonostante ciò, un’ enorme ricchezza di testi e di forme,
anche diffuse e prestigiose, si è perduta per sempre. Come nelle altre poesie
germaniche antiche, la documentazione è, infatti, scarsa e frammentaria.
Tutto ciò che resta della poesia anglosassone è raccolto in quattro
manoscritti
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ed è in gran parte di ispirazione cristiana; la scarsità dei
monumenti letterari pagani va fatta risalire a molteplici cause, ma
soprattutto alle feroci incursioni danesi dei secoli X e XI. Si possono
individuare approssimativamente due grandi periodi nella letteratura
anglosassone: l’ epoca di Alfredo e la Rinascita Benedettina. In questi
secoli predomina la prosa che si afferma sotto il regno di Alfredo il Grande,
il giovane capo che, unendo le qualità del guerriero a quelle di appassionato
cultore di studi, seppe organizzare fra gli anglosassoni un’efficacia
resistenza contro l’ avanzata scandinava puntando sulla presa di coscienza
di una comune identità etnica e linguistica. Inizialmente Alfredo regnava
sulle popolazioni dell’ Inghilterra sud-occidentale che aveva il suo
principale centro in Winchester. Egli riuscì, tuttavia, a resistere al
prolungato assalto dei Danesi valendosi anche di uomini e mezzi
7
Marengo F., Storia della civiltà letteraria inglese, Torino, 1996, pp. 30-40.
1) Il manoscritto Junius XI, conservato alla Bodleian Library di Oxford, che contiene:
Genesi,Esodo, Daniele, Cristo e Satana.
2) L’ Exeter Book, conservato nella cattedrale di Exeter, che contiene: Cristo e Giuliana di
Cynewulf, Guthlac, Elegie, Enigmi, Widsith.
3) Il Vercelli Book, conservato nell’Archivio Capitolare della cattedrale di Vercelli, che contiene:
S. Elena, Apostoli di Cynewulf, Andrea, Sogno della Croce.
4) Il codice Cotton Vitellius A XV, del British Museum, che contiene: Beowulf, tre brani in
prosa, frammento in versi che tratta dell’episodio biblico di Giuditta.
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provenienti da ben oltre i confini del suo regno. Estese la propria autorità di
re su tutta l’ Inghilterra non sottoposta al dominio scandinavo.
Alfredo, consapevole che il dialetto sassone occidentale, corrente nel suo
regno, costituiva il nesso principale di tale comunanza, si impegnò a
elevarlo a dignità letteraria utilizzandolo in un ambizioso programma di
rinnovamento degli studi. Questo re fece tradurre e tradusse egli stesso le
opere latine da lui ritenute utili al suo popolo, e ne fece distribuire copie ai
vescovi e ai monasteri. Si trattava di testi religiosi e storico-geografici che
costituivano le basi culturali per l’istruzione ecclesiastica come: Cura
pastoralis, Historia Ecclesiastica Gentis Anglorum, Historia adversus
Paganos. Con la resa di tali testi in dialetto sassone occidentale, si diffuse
nelle scuole la varietà di inglese più prestigiosa, tanto da essere adottata al
posto del latino anche nella stesura degli annali del regno, ovvero della
Cronaca Anglosassone. Quest’opera è una raccolta di testi contenente la
storia dell’ Inghilterra anno per anno, preceduta da un breve sommario della
storia inglese dall’ invasione di Giulio Cesare sino alla metà del V secolo, e
giunge fino al 1154. E’ una fonte primaria della lingua e della letteratura del
periodo. E’ possibile che Alfredo, re del Wessex, abbia ordinato la
collazione di testi già esistenti e da lì abbia avuto inizio la registrazione
sistematica degli eventi. La Cronaca Anglosassone è conservate in sette
differenti manoscritti, i più importanti sono i primi quattro:
1. Ms. 173 Corpus Christi College, Cambridge [A] o “Parker
Chronicle”. Dall’ 891 il manoscritto fu scritto da un solo scriba. In
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seguito, sotto il regno di Alfredo, una copia fu spedita a Winchester
dove venne aggiunta una prima continuazione che abbracciava gli
anni 919-924. Dal 925 al 975 il manoscritto A ricevette una seconda
continuazione e questa fu opera di tre scriba
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che descrissero la
storia di quel periodo in modo sintetico aggiungendo anche
numerosi riferimenti della vita locale con diverse forme dialettali ed
arcaiche. Un’altra copia fu spedita ad Abingdon dove gli scriba
aggiunsero soltanto poche note. Un’ultima copia fu spedita ad
alcuni monasteri del Nord, qui venne aggiunto del materiale
ricavato dalla Ecclesiastical History di Beda e alcuni riferimenti
della cronaca del Nord.
2. Ms. Cotton Tiberius A. VI [B].E’ opera di un solo scriba. Fu copiato
dal testo di Abingdon, probabilmente, nell’Abbazia di
Sant’Agostino a Canterbury, ma non si ha nessuna certezza sulla
provenienza.
3. Ms. Cotton Tiberius B. I. [C]. Fu scritto da numerosi scriba. La
prima parte fu copiata dal testo di Abingdon. Il manoscritto, scritto
nell’XI secolo, descrive la storia fino al 1066.
4. Ms. Cotton Tiberius B. IV. [D] o “Worcester Chronicle”. Fu scritto
dopo il 1016, probabilmente a Evesham
10
, ma molti sostengono che
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Il primo scriba descrisse gli anni: 925, 931, 932, 933, 934, 937, 940, 941, 944, 945, 946, 951,
955. Il secondo descrisse gli anni: 958, 962, 963, 964. il terzo, infine, descrisse gli anni: 971,
973, 975 e, in modo molto scarso, l’anno 1001. Cfr. Campbell A., The Battle of Brunanburh,
London, 1938, p. 2.
10
Plummer C., Two of the Saxon Chronicles parallel, Oxford, 1952, pp. 27-34.
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