Cap. I - Papa Orsini e le trasformazioni urbane della città di
Benevento Il XVIII secolo fu una stagione ricca di significativi
cambiamenti per la città di Benevento 1 . Città che era già stata
flagellata dalla peste del 1656, quando su di essa, venne ad abbattersi
un altro terribile flagello, il terremoto. “Dopo tante calamità, parve
che la provvidenza mandasse un angelo tutelare a conforto dei
cittadini superstiti al terribile contagio del 1656”
2 , Vincenzo Maria
Orsini, arcivescovo di Benevento a partire dal 1686, papa con il
nome di Benedetto XIII dal 1724 al 1730, anno della sua morte.
Nacque a Gravina di Puglia, il 2 febbraio del 1650, primogenito di
Ferdinando Orsini, III duca di Gravina e II di Solofra, e della
duchessa Giovanna Frangipane della Tolfa 3 . Alla morte del padre,
avvenuta nel 1658, il giovanissimo Pier Francesco ereditò i feudi di
1
Come testi di carattere generale sulle trasformazioni urbane della città di Benevento
nel corso dei secoli (Stroffolino D., Benevento città d’autore – Filippo Raguzzini e
l’architettura nel XVIII secolo , Napoli 2006, pp. 7–24; Bencardino F.,
Benevento,funzioni urbane e trasformazioni territoriali tra XI e XX secolo , Napoli
1991).
2 Meomartini A., I monumenti e le opere d’arte della città di Benevento , Benevento,
1889.
3
Per le notizie biografiche sull’Orsini (De Caro G., Benedetto XIII , ad vocem, in
Dizionario Biografico degli Italiani , vol. VIII , Roma 1966, pp. 382-392; AA. VV.,
Grande dizionario illustrato dei Papi , Casale Monferrato 1989; von Pastor L., Storia
dei papi nel periodo dell'assolutismo : dall'elezione di Clemente 11. sino alla morte di
Clemente 12 , Roma 1933; Savoia P., L’episcopato beneventano di Papa Benedetto
XIII , Acerra 1973, p 62; Sarnelli P., Memorie Cronologiche de’ vescovi ed arcivescovi
di Benevento , Napoli 1691, ristampa Sala Bolognese 1976; De Spirito A., Culto e
cultura nelle visite orsiniane: l'osservazione partecipante di un vescovo del
Mezzogiorno, Roma 2003) .
5
Gravina, Solofra, Sorbo e Galluccio 4 . Ricevette la prima educazione
nella città natale ed ebbe come precettore il domenicano Nicolò
Antonio De Tura 5 , che gli tramandò la passione per le litterae ; fondò
l’ accademia dei Famelici, la cui sede era nel Palazzo Orsini a
Gravina 6 e quella di Solofra, detta Orsiniana, e frequentata, tra gli
altri dal noto pittore napoletano Angelo Solimena 7 ; noti sono ,anche i
rapporti con il giovane figlio Francesco 8
. Come già la nobilissima
famiglia aveva instaurato rapporti di mecenatismo con artisti del
calibro di Francesco Guarini 9
, anche il giovane Orsini volle seguirne
l’esempio e, soprattutto dopo l’ ordinazione e la successiva
elevazione al porporato iniziò varie collaborazioni. Nel 1670 entrò
nell’Ordine dei Domenicani 10 col nome di "fra’ Vincenzo Maria", nel
monastero di S. Domenico a Venezia, rinunciando ai diritti di
primogenitura a favore del fratello Domenico che, dunque, ne
4
Ricevette inoltre le cariche di XII duca di Gravina, III principe di Solofra, II principe
di Vallata, Conte di Muro Lucano e Patrizio di Napoli.
5
De Tura nacque a Solofra (Avellino), feudo degli Orsini, nel 1624 e morì nel 1706 a
Sarno (Salerno), dove fu vescovo dal 1673, quando il ventitreenne Orsini, già cardinale,
era esaminatore dei vescovi e prefetto della Congregazione del Concilio di Roma. (De
Spirito A., Culto e cultura nelle visite orsiniane: l'osservazione partecipante di un
vescovo del Mezzogiorno, Roma 2003, p. 23).
6
Notizie sull’esistenza dell’Accademia dei Famelici possiamo trovarle in un volume
dedicato a Francesco Guarino, pittore Seicentesco che ha operato nei feudi orsiniani di
Gravina e Solofra (Lattuada R., Francesco Guarino da Solofra nella pittura napoletana
del Seicento (1611-1651) , Napoli 2000, p. 33.).
7 Lattuada R., Francesco Guarino da Solofra : nella pittura napoletana del Seicento
(1611-1651) , Napoli 2000, p. 22, cfr. anche Pavone A. M., Angelo Solimena e la pittura
napoletana nella seconda metà del seicento , Salerno 1980, pp. 105-109.
8
Lattuada R., Francesco Guarino …2000, op. cit., p. 22.
9
Lattuada R., Francesco Guarino… 2000, op. cit., pp. 30-35.
10 Probabilmente la scelta ricadde sull’ordine domenicano per il forte legame che la
nonna di Pier Francesco, Dorotea Orsini, aveva instaurato con l’ordine. Infatti aveva
contribuito a far costruire un loro convento a Solofra (Lattuada R., Francesco
Guarino… 2000, op. cit., p. 32).
6
ereditò le cariche e i feudi. Quando quest’ultimo si sposò, nel 1678,
con la nipote di Clemente X, Ludovica Altieri, la madre pretese nei
patti matrimoniali che Vincenzo Maria fosse elevato al cardinalato.
La nomina avvenne il 22 febbraio 1673 a soli 23 anni. Dovette,
quindi, lasciare la desiderata e voluta vita claustrale per recarsi nella
Roma barocca di papa Clemente X, a ricoprire la carica di Prefetto
della Congregazione del Concilio e di Esaminatore dei Vescovi. Fu
nominato, arcivescovo di Manfredonia nel 1675
11 , poi di Cesena e,
successivamente, di Benevento nel marzo del 1686. Solo due anni
dopo la nomina, si verificò l’evento catastrofico del sisma 12
, che non
rappresentò un limite per l’attività dell’arcivescovo, al contrario egli
ne trasse l’energia necessaria per una ricostruzione totale della
diocesi che dipenderà in tutto e per tutto dalla sua persona. Fu un
grande vescovo, uno di quelli che, posti a capo di una diocesi,
imprimono subito al livello della sua vita spirituale un movimento di
elevazione, di quelli che lasciano negli annali diocesani un’impronta
indelebile. In lui è stato visto il mecenate, l’alter conditior di
Benevento, l’uomo di inesauribile carità, ed ancora l’infaticabile
creatore di chiese ed altari 13 . Fortemente legato alla città di
Benevento volle mantenerne la cattedra episcopale anche dopo la sua
11
Fu vescovo di Manfredonia dal 1675, dove fondò nel 1678 il primo Monte
Frumentario per il quale si scontrò con le autorità civili del Regno di Napoli. Da qui la
decisione della Curia di spostarlo prima nella diocesi di Cesena e successivamente, nel
1686, in quella di Benevento.
12 Vari V ., I terremoti di Benevento e le loro cause , Benevento 1927.
13
Savoia P., L’episcopato beneventano di Papa Benedetto XIII , Acerra 1973, pp. 39-49.
7
elevazione al soglio pontificio avvenuta il 29 maggio 1724, con il
nome di Benedetto XIII, attraverso un coadiutore, il vicario don
Nicolò Coscia 14 .
Erano trascorsi appena due anni dalla nomina ad arcivescovo di
Benevento, quando sopravvenne il tremendo disastro del terremoto 15 ;
il cardinale, colto anch’egli dal sisma, narra di essere stato
miracolato da San Filippo Neri 16 . A riconoscimento dello scampato
pericolo consacrò, nel 1692, al Santo una cappella all’interno
14 Nicolò Coscia, nativo di Pietradeifusi, nel 1705 era prete e canonico della basilica di
San Bartolomeo. Nel 1707 fu canonico della Cattedrale e cancelliere di curia. Fu anche
maestro di camera, soprintendente alle fabbriche, segretario particolare e tesoriere
dell’Orsini. Il 30 marzo 1715 conseguì il dottorato in utroque jure alla Sapienza di
Roma. L’Orsini divenuto Papa, nel 1724 lo nominò vescovo di Trainopoli in partibus
infelidelium e l’anno dopo lo creò cardinale, con il diritto di successione
nell’arcidiocesi beneventana (Petrucci F.. Dizionario Biografico degli Italiani ,
Benevento 1894, vol. XXX, pp. 6-12; sulla figura di Nicolò Coscia cfr. anche De Lucia
S., Il Cardinale Nicolò Coscia , Benevento 1934).
15 “ Alla vigilia della Pentecoste, il 5 maggio 1688, l’aria appariva serena quando
cominciò a sentirsi sotto terra un cupo rumore che in pochi istanti crebbe e si tramutò
in orrendo fragore. Al rovinio tenne subito dietro uno scrollamento generale, tremò
d’ogni intorno la terra e terribilmente si scosse d’ogni maniera di moti, dal basso in
alto,dall’alto in basso, di vertigine, di sbalzo e di ondulazione. In pochi istanti
precipitarono templi, inabissarono palagi, traboccarono case, si sfasciarono muraglie
e tutta Benevento fu sconvolta e rotta. Né dopo un sì funesto tremuoto fu per lungo
volgere di tempo esente Benevento da un tale flagello: poiché ai 15 marzo 1702 fu di
nuovo segno del medesimo disastro, benché lo scotimento del suolo non fosse stato così
violento come quello del 1688. Di tanti mali a cui soggiacquero i beneventani fu unico
confortatore il loro venerabile pastore,che,possedendo ricchissime entrate di
famiglia,potette imprendere opere memorande per alleviare i danni derivati alla città di
Benevento dal terremoto del 1688” ( Meomartini A., I Monumenti e le opere d’arte
della città di Benevento , Benevento 1889).
16 Il Cardinale al momento della scossa si trovava in una stanza dell’Episcopio a
discorrere con un gentiluomo; la stanza sprofondò in quella sottostante, la quale a sua
volta precipitò nei locali inferiori. Il Cardinale ebbe la fortuna di essere schiacciato da
una parete leggera, che lo protesse. Dalle stanze superiori era caduto anche un armadio
contenenti immagini sacre sulla vita di San Filippo Neri, che nella caduta si erano
sparpagliate sul pavimento. Una di esse andò a finire vicino al capo del Cardinale, era
quella raffigurante San Filippo che pregava alla vista della Beata Vergine, nell’atto di
sostenere con una mano la trave di una vecchia chiesa ( Savoia P., L’episcopato
beneventano di Papa Benedetto XIII , Acerra 1973, p. 53.).
8
dell’episcopio e successivamente commissionò al pittore Giuseppe
Castellano un dipinto in cui si rappresentasse la scena del miracolo.
Benché ferito, si rivolse “al popolo che aveva d’intorno con la stessa
energia con cui aveva fatto continuamente risuonare i sagri
suggesti”; fu portato poi nel convento dei Cappuccini e, sebbene
dolorante per le contusioni, si dedicò subito a soccorrere il popolo
dando energiche disposizioni per liberare i sepolti dalle macerie e
sfamare i superstiti; successivamente, da Montesarchio, dove si era
rifugiato, inviava viveri e medicinali a Benevento 17 . La città era stata
devastata quasi completamente dal sisma ed egli si adoperò per la
riorganizzazione urbana, architettonica ed artistica e, poiché il
Comune era in grave dissesto finanziario, concesse un prestito
gratuito di 10.000 ducati per aiutare i danneggiati ed distribuì 2000
ducati ai poveri. Rese, inoltre, possibile la ricostruzione degli edifici
devastati dalla furia del terremoto e nell’operazione coinvolse
architetti importanti come Giovan Battista Nauclerio, il romano
Carlo Buratti e a partire dagli anni venti Filippo Raguzzini affiancato
da collaboratori locali quali i fratelli Vito, Carmine e Gaetano
Zoppoli. Troviamo, infatti, conservato nell’Archivio di Stato di
Benevento un prezioso volume intitolato Broliardo di diverse
17
Sarnelli P., Memorie Cronologiche de’ vescovi ed arcivescovi di Benevento , Napoli
1691
9
scritture per esecuzione di Visite Urbane 18 , in cui sono raccolte
notizie e disegni relativi alle operazioni di recupero architettonico.
Rinnovò completamente l’antico Duomo cittadino, datato XIII
secolo, conservando la facciata ed il campanile romanici e lo
schema a cinque navate, ma decorandone riccamente l’interno. La
cattedrale restaurata fu consacrata il 26 maggio 1692, ma un nuovo
terremoto che si abbatté sulla città nel 1702 arrecò altri danni al
monumento; anche in questa situazione si preoccupò di far restaurare
ancora una volta l’edificio affidando l’esecuzione dei lavori a noti
architetti e pittori. Fece costruire anche l’organo dando l’incarico a
Gerolamo Basso. I bombardamenti del 1943, però colpirono
duramente sia la Cattedrale, di cui si salvò in parte solo la facciata,
che l’Episcopio 19
. Le scosse sismiche del 1688 e del 1702 fecero
sentire i rovinosi effetti anche sul complesso di Santa Sofia 20 ; il
crollo del campanile causò ingenti danni alla copertura, alla cupola e
alla parete laterale esterna della chiesa. Il cardinale, nel 1696, fece
iniziare i lavori di restauro della chiesa facendo “buttare a terra parte
18 Il volume è stato oggetto di studio per la prima volta nel 1970 da Salvatore Basile, (in
Restauri settecenteschi a Benevento (1714-1716) , in Samnium , Benevento 1970, pp.
183-205).
19 Piperno P., Benevento caduto nell’anno 1688 e Benevento risorto 1698 ,Benevento
1699.
20
Il complesso di Santa Sofia è una delle più antiche testimonianze della presenza
longobarda a Benevento.
E’ stato per lungo tempo uno dei più importanti templi
dell'Italia meridionale; sia nella dedica a Santa Sofia, la santa della sapienza, sia
nell'ispirazione architettonica bizantina, per la sua costruzione la chiesa si rifà
all'omonimo tempio della cristianità di Costantinopoli, riprendendone la pianta
esagonale e la volta a cupola. Recentemente la chiesa è stata posta al centro delle
attenzioni, in quanto candidata ad entrare a far parte del patrimonio dell’Unesco.
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