soprattutto se l’introduzione dei canali elettronici è accompagnata da una
ristrutturazione della rete di filiali.
Tale tipologia distributiva, inoltre, è particolarmente apprezzata dalla clientela, la
quale può scegliere la modalità, i tempi e i luoghi più opportuni per entrare in
contatto con la banca, potendo operare in qualunque orario e senza la necessità di
recarsi in filiale.
La multicanalità può costituire un’arma di vantaggio competitivo nei confronti
della concorrenza, ma è importante, affinché si evitino fenomeni di
cannibalizzazione fra i canali, che venga definito precedentemente un disegno
strategico unitario, in cui ad ogni canale distributivo viene affidato un ruolo
preciso.
Questo lavoro si propone di illustrare e di analizzare le alternative distributive
offerte alle banche e le opportunità e le criticità di un approccio multicanale.
Nel primo capitolo vengono esaminati i fattori che hanno determinato i profondi
cambiamenti che negli ultimi anni hanno interessato la struttura dei mercati
finanziari e bancari e che spingono per una redifinizione dei canali distributivi
nel settore bancario. In primis vengono analizzati i cambiamenti ambientali che
hanno portato ad un incremento nel livello di concorrenza nel settore bancario,
quali la globalizzazione dei mercati, l’introduzione dell’Euro, le aggregazioni
aziendali e le riforme della disciplina di settore (cambiamento dei vincoli
normativi e territoriali). Notevole rilevanza in tale trasformazione strutturale lo
ha avuto sicuramente l’evoluzione delle aspettative della clientela: il cliente
bancario è divenuto sempre più esigente ed accorto, ed ha reso la customer
satisfaction uno degli obiettivi prioritari della banche. La terza tipologia di fattori
è riconducibile alla componente tecnologica. L’innovazione tecnologica che più
ha contribuito all’evoluzione della modalità distributive del sistema finanziario e
bancario è Internet (e la sua derivazione Intranet). Relativamente alla tecnologia
Internet e Intranet vengono quindi esaminate le implicazioni per quanto riguarda
le modalità operative e di marketing (in particolare soffermandosi sulle nuove
possibilità offerte dal marketing interattivo o one-to-one marketing).
Nel corso del capitolo primo viene svolta, inoltre, una breve analisi della
situazione strutturale e reddituale del sistema bancario italiano per meglio
comprendere in che misura tali fattori possono modificare il nostro sistema
distributivo.
Nella prima parte del secondo capitolo viene definito il concetto di “banca
virtuale” e di remote banking (due terminologie che spesso vengono confuse),
oltre a quello più estremo di “banca virtuale perfetta”; vengono inoltre analizzate
le tre opzioni strategiche che le banche possono adottare quando la concorrenza
diventa "virtuale". Vengono, di seguito, esaminati i vantaggi e le possibilità
offerte dai nuovi canali virtuali, in particolare, la possibilità di creare una banca
“a tripla A” (anytime, anywhere, anyhow) e quindi di modificare la tipologia di
relazioni banca-cliente, e le loro criticità.
Successivamente all’esame dei vantaggi e criticità di una struttura distributiva
multicanale, si passa ad un’analisi dei canali “non tradizionali” di distribuzione
dei servizi bancari quali: il Telephone Banking (anche tramite telefono cellulare e
smartphone), il chiosco multimediale, lo sportello Atm ed il terminale Pos, il TV
Banking, la filiale in store, i promotori finanziari ed il Pc Banking. Particolare
attenzione è dedicata all’Internet Banking, che è la modalità di distribuzione dei
servizi finanziari più promettente sia in termini di possibilità di utilizzo sia per le
numerose possibilità di business che permette si supportare (quali il trading on
line, il commercio elettronico ed il sistema dei pagamenti). La trattazione è
conclusa da un’interessante analisi empirica sui costi e benefici si un sistema di
Internet Banking.
Il capitolo terzo si occupa del caso di Banca 121, una delle prime banche in Italia
ad aver adottato una struttura multicanale integrata (filiali, rete di promotori e
canali telematici), e particolarmente impegnata nell’instaurazione di una
relazione one to one con la clientela. Viene, inoltre, esaminata l’interessante
metodologia per il controllo della gestione adottata da Banca 121: il Balanced
Scorecard.
9
CAPITOLO I
LE DETERMINANTI DELLO SVILUPPO DEI CANALI DISTRIBUTIVI
NEL SETTORE BANCARIO ITALIANO
Il sistema bancario italiano per molti decenni è vissuto in una sorta di relativa
tranquillità nell’area della competizione tra i diversi istituti. In questo ambito la
tipologia di servizi offerti non ha subito evoluzioni profonde e lo stesso è da dirsi
per la maniera di offrire gli stessi al pubblico.
Da alcuni anni il settore bancario e finanziario è sottoposto ad intensi processi di
revisione delle condizioni costitutive del business i cui principali drivers del
cambiamento sono: la globalizzazione dei mercati, la deregolamentazione di
mercati tradizionalmente protetti, le mutate e crescenti attese della clientela, le
nuove opportunità della telematica e dell’information technology.
L’industria bancaria nel corso dell’ultimo ventennio ha modificato molte delle
sue caratteristiche tradizionali ed è stata colpita da numerose crisi, perché
sottoposta ad una dose massiccia di concorrenza a seguito della liberalizzazione
dei mercati finanziari nazionali ed internazionali, dell’accelerazione
dell’innovazione finanziaria e dell’impatto via via più penetrante della tecnologia
dell’informazione.
La spinta al cambiamento è partita dagli Stati Uniti, con la deregulation a cavallo
tra gli anni ’70 e gli anni ’80, che ha marcatamente cambiato la struttura del
sistema creditizio; in seguito il processo di trasformazione si è esteso all’Europa,
a cominciare dalla Gran Bretagna. L’Italia (come spesso accade) è stata fra gli
ultimi paesi ad essere interessata da una profonda revisione del proprio sistema
creditizio, in cui l’inizio della nuova età è stato sancito dal Testo Unico
sull’attività bancaria, entrato in vigore il 1° gennaio 1994.
Per le banche si tratta quindi di prendere coscienza dell’evoluzione in atto sul
mercato e di interpretare con chiarezza i segnali che provengono dall’ambiente
circostante, in modo da rivedere le proprie strategie competitive e promuovere
10
una radicale trasformazione della struttura organizzativa nel modo più
consapevole.
1.1 Le trasformazioni strutturali dell’ambiente competitivo
L’industria bancaria mondiale è sottoposta a molteplici pressioni e con essa tutti
gli aspetti del business bancario. Il sistema bancario e finanziario italiano oltre a
subire le influenze del mutato contesto competitivo mondiale ha visto l’evolversi
della propria struttura interna a causa di diversi fattori che verranno di seguito
sinteticamente esposti.
1.1.1 La globalizzazione dei mercati
Quella contemporanea è un’economia della globalizzazione, che supera i confini
e annienta le distanze, e della virtualizzazione, che oltrepassa i vincoli e reinventa
i criteri di realtà. Le innovazioni e gli sviluppi nelle scienze del calcolo e delle
telecomunicazioni annientano i vincoli preesistenti, cancellano le distanze e
spingono irreversibilmente verso un mondo senza frontiere, dominato
dall’economia globale e dai mercati internazionali. Anche la finanza
internazionale si sviluppa in stretta simbiosi con le reti e le tecnologie digitali
permettendo la creazione di nuove tipologie di prodotti e modalità distributive,
facilmente accessibili da una clientela potenzialmente mondiale.
Al cadere delle barriere normative e, come conseguenza, della scomparsa delle
distanze geografiche, le banche e le altre istituzioni finanziarie innovano i loro
prodotti e servizi, nel perseguimento aggressivo delle nuove opportunità offerte
dalla globalizzazione dei mercati. I mercati finanziari nazionali non sono più
sistemi chiusi e protetti dalla competizione esterna, hanno perso le loro
connotazioni di tipicità per divenire parte di un unico mercato finanziario
mondiale sottoposto alle stesse “regole del gioco”.
Nella nuova realtà di globalizzazione dei mercati diviene sempre più rischioso
procedere da soli. Si assiste con sempre maggiore frequenza ad alleanze
11
strategiche distributive tra banche e imprese di informatica e telecomunicazione,
o tra banche e catene di rivenditori finanziari, che mirano al rafforzamento dei
canali di distribuzione, ma anche all’individuazione di nuovi prodotti e nuovi
modi di produzione. Le alleanze strategiche produttive talvolta sostituiscono le
acquisizioni ostili e la crescita interna, utilizzate in passato nelle aree in cui
volumi ed efficienza sono fondamentali, implicando minori investimenti e
limitati rischi. Ma queste alleanze sono relazioni complesse che pongono nuovi
vincoli all’organizzazione della banca.
La multiculturalità dell’ambiente competitivo richiede, inoltre, alle banche la
capacità di comprendere come le esigenze della clientela ed i rapporti
interpersonali possano variare al variare delle culture.
La globalizzazione dei mercati impone di risolvere il dilemma legato alla
necessità per le banche di divenire transnazionali, raggiungendo proattivamente
economie di scala, di scopo e di apprendimento a livello mondiale (thinking
global), ma conservando al contempo quella reattività, flessibilità e sensibilità
specifiche legate al territorio locale presidiato (playing local).
1.1.2 L’introduzione dell’Euro
L’introduzione, dal primo gennaio 1999, della moneta unica (l’Euro) in 11 dei 15
paesi dell’Unione Europea ha accentuato il trend verso la creazione di un mercato
unico ed integrato. L’adozione di una moneta comune rimuove una delle
principali barriere allo sviluppo di un mercato veramente unico: il rischio di
cambio e di conversione della valuta. La scomparsa della segmentazione
valutaria accentua il trend verso la disintegrazione del processo produttivo e la
delocalizzazione dell’attività finanziaria a livello internazionale, spingendo le
singole fasi di attività nelle piazze dove è più basso il costo di acquisizione dei
processi produttivi (capitale, lavoro, tecnologia) e più favorevoli sono le
12
condizioni dell’ambiente (regolamentazione, infrastrutture)1. La minaccia
principale che ne deriva per l’industria bancaria dei singoli paesi dell’Unione è
l’asimmetria tra la velocità di convergenza tra i tassi di mercato (e quindi dei
margini) e la vischiosità sia dei modelli produttivi aziendali (e quindi delle
strutture di costo) che dei sistemi di regolamentazione (e quindi degli spazi e
degli oneri connessi allo svolgimento di determinate attività). La minaccia
rappresentata da ricavi globali e costi/regolamentazioni locali rischia di far
perdere alle banche il controllo sull’equilibrio economico aziendale.
L’esasperazione dei processi concorrenziali, che deriva dall’introduzione
dell’Euro, porta ad una struttura di mercato caratterizzata da:
- convergenza dei prezzi;
- pressione verso la distribuzione di prodotti standardizzati a basso costo;
- spinta alla rottura del modello di produzione congiunta di più servizi e di
integrazione verticale;
- vantaggio competitivo concentrato nel controllo della relazione di
clientela e nella competitività di costo.
I principali mutamenti in atto nel sistema bancario europeo sembrano essere
riconducibili in sintesi ai seguenti fattori:
a) il ruolo della tecnologia che permette di gestire il processo produttivo e
distributivo senza limiti di spazio e di tempo;
b) la tendenza al consolidamento e ad una maggiore concentrazione delle banche
europee attraverso operazioni di fusione ed acquisizione;
c) i processi di ridefinizione e di ristrutturazione del business.
L’unione dei mercati degli undici paesi europei, sancita a Bruxelles, crea un
mercato dei capitali di tale portata da rivaleggiare con il mercato nord americano,
poiché offre immense opportunità, ma al tempo stesso genera sfide impegnative
per le banche. Il nuovo scenario muta gli equilibri preesistenti e costringe le
1
M. Sella, “Nuovi scenari e nuove strategie per le banche italiane ed europee”, Bancaria, n.11, 1999.
13
banche a ripensare il loro ruolo tradizionale e a rielaborare le proprie strategie
operative in un quadro in cui i tradizionali meccanismi di redditività hanno subito
significativi cambiamenti.
1.1.3 Le aggregazioni aziendali
La crescente competizione e l’introduzione dell’Euro rappresentano due
formidabili spinte alla concentrazione delle banche europee, spesso piccole e
poco redditizie. Recentemente un’ondata di aggregazioni ha cominciato a
caratterizzare anche il mercato italiano, configurando un quadro in grande
movimento; ciò nonostante solo pochi gruppi bancari raggiungono dimensioni e
offrono la gamma di attività richieste a una banca universale a livello europeo.
Esistono molti fattori che spingono le banche al consolidamento2; ne citiamo
alcuni tra i più ricorrenti.
• Le economie di scala.
• La tecnologia: uno dei fattori che determinano le economie di scala in banca
è l’impatto delle nuove tecnologie per il trattamento delle informazioni, il
processing, il trading, la distribuzione. Le nuove tecnologie sono costose da
acquistare e il vantaggio di essere grande è che l’utilizzo economico della
nuova tecnologia spesso è realizzabile solo se tali costi fissi sono distribuiti
su un volume elevato di attività.
• La competizione: la pressione alla competizione da qualunque parte provenga
è uno dei principali fattori che spingono ad aumentare la dimensione.
• La redditività: in molti paesi la competizione ha ridotto la redditività e il
ritorno sul capitale o sull’attivo investito. Gli azionisti spesso considerano le
fusioni e le acquisizioni come via per accrescere la redditività, questo perché
è sicuramente più facile tagliare i costi per due banche che combinano le
2
D. T. Llewellyn, “Le concentrazioni nell’industria bancaria europea: tra ragioni economiche e luoghi
comuni”, Bancaria, n. 3, 1999.
14
rispettive attività (ad esempio attraverso l’eliminazione di filiali o il
licenziamento del personale eccedente) rispetto a quanto può essere fatto da
una banca che opera indipendentemente. Sembra esserci una correlazione tra
il grado di concentrazione dell’industria bancaria e il livello di redditività; il
grafico 1 mostra la bassa redditività delle banche in Germania ed in Italia che
sono i due paesi con il grado di concentrazione inferiore.
• La diversificazione: in molti casi, le banche cercano di realizzare una fusione
o un’acquisizione per aumentare il livello di diversificazione dei business,
evitando quindi di perseguire lo stesso obiettivo per via interna. La strada
dell’acquisizione ha dei vantaggi di “crescita organica”: le economie di scopo
sono realizzabili immediatamente; ci sono meno costi di apprendimento; il
business acquistato ha di solito già successo.
Grafico 1
Banche europee: redditività (Roe) e concentrazione (1996)
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
0 5 10 15 20 25
qu
ot
a
%
de
lle
pr
im
e 5
su
to
t. a
ttiv
o
Fonte: D. T. Llewellyn, “Le concentrazioni nell’industria bancaria europea: tra ragioni economiche e luoghi comuni”,
Bancaria, n.3, 1999, pag.8.
• Minori costi fissi: è uno dei principali motivi che spinge alle fusioni ed
acquisizioni (l’area di back-office è spesso citata come quella che acquisisce
maggiore efficienza in seguito alle fusioni).
D
I
F CH E
NL
S
N
UK
15
• La massa critica: in alcuni mercati può essere essenziale per motivi
competitivi.
Se guardiamo alle strategie di comportamento degli istituti di credito europei
scopriamo che ci sono dei limiti alle economie di scala e di scopo realizzabili
tramite le strategie di consolidamento; limiti che portano a contenere l’aumento
dimensionale entro una certa soglia e inducono a concentrare l’attività su quel
segmento in cui si ha maggiore capacità competitiva. L’esperienza europea degli
ultimi anni conferma questa tendenza, evidenziando come le decisioni di fusione
ed acquisizione abbiano tutte seguito la strategia del rafforzamento in quello che
veniva considerato il “core business” dell’acquirente.
Il mercato bancario europeo è caratterizzato da una struttura frammentata in
molti paesi, con un gran numero di banche di piccole dimensioni e un evidente
eccesso di capacità in termini di numero di banche e infrastrutture di base
(principalmente la rete di filiali).
Il processo di ristrutturazione del sistema bancario europeo, iniziato nei primi
anni ’90 e tuttora in corso, ha portato ad una contrazione del numero3 (dall’inizio
degli anni ’90 le banche operanti nell’Unione sono diminuite di circa un terzo) e
ad un aumento delle dimensioni medie delle banche e del grado di
concentrazione, ovvero della quota di mercato controllato dalle maggiori
aziende; l’occupazione si è ridotta quasi ovunque e ancor più si è contratta la
quota del costo del lavoro sul margine di intermediazione.
La tabella 1 mostra il grado di consolidamento raggiunto nel 1996 dall’industria
bancaria europea e negli Stati Uniti; in particolare, il grado di concentrazione è
stato calcolato rapportando l’attivo delle prime cinque banche (e prime dieci) sul
totale dell’attivo del sistema.
3
Tra il 1990 e il 1999 il numero di banche italiane si è ridotto del 24%, da 1156 a 879 unità. Dove il
processo di liberalizzazione è iniziato da più tempo, si registrano decrementi più consistenti: in Spagna,
Francia e Germania il numero di banche si è contratto rispettivamente del 43, del 40 e del 28% tra il 1990
e il 1998. In proposito si veda: A. Finocchiaro, “Innovazione tecnologica nei sistemi finanziari e attività
di supervisione delle banche centrali”, Bancaria, n. 7-8, 2000, pag. 8.
16
In Italia, di recente, il grado di concentrazione del sistema bancario si è
approssimato a quello medio dei paesi appartenenti all’area dell’euro: ai cinque
principali gruppi creditizi fa ora capo oltre il 50% delle attività, mentre la quota
di mercato relativa ai primi dieci gruppi è pari al 64% del totale di sistema4.
Tabella1
Grado di concentrazione nei sistemi bancari europei (1996)
Numero di banche
(sportelli in migliaia)
Quota
mercato
nazionale
delle prime 5
(prime 10)
banche;valori
percentuali
Occupati
(in migliaia)
Costo del
lavoro in
percentuale del
margine di
intermediazione
1990 1996 1990 1996 1990 1996
1986-
88
1992-
95
Germania 4.180(39,8) 3.392(38,2) -------- 16(28) 696 750 44 39
Francia 786(25,7) 570(25,4) 52(66) 52(67) 399 375 46 43
Italia 1067(17,7) 911(24,9) 24(39) 29(45) 324 331 41 42
Regno
Unito
665(19,0) 557(15,3) 58(79) 57(78) 425 373 38 36
Spagna 327(35,2) 313(37,1) 38(58) 48(62) 252 242 43 38
Svezia 498(3,3) 112(2,7) 70(82) 86(93) 45 42 23 22
Stati
Uniti
11.213(69,2) 8.862(70,4) 9 (15) 16(25) 1.979 1.893 31 27
Fonte: G. Motta, “La banca”, il Mulino, Bologna, 1999, pag.36.
Sebbene molti sistemi bancari europei siano caratterizzati da un gran numero di
banche pubbliche, cosa che impedisce il consolidamento del mercato, in molti
4A. Finocchiaro, “Innovazione tecnologica nei sistemi finanziari e attività di supervisione delle banche
centrali”, Bancaria, n. 7-8, 2000, pag. 8.
17
paesi è in atto un processo di privatizzazione di tali banche. Il grado di
concentrazione del mercato varia notevolmente tra i paesi. Il sistema bancario è
particolarmente frammentato in Germania ed Italia, mentre è estremamente
concentrato in Olanda, Finlandia e Svezia. I mercati in cui il processo di
consolidamento ha inciso maggiormente sono Norvegia e Svezia, principalmente
dopo la crisi bancaria nei primi anni Novanta. I dati del grafico 2 evidenziano che
nel decennio ’85-’95 il processo di consolidamento del sistema bancario italiano
è stato più intenso soltanto rispetto a quello del sistema bancario spagnolo.
Grafico 2
Variazione del numero di banche (1985-1995)
-90
-80
-70
-60
-50
-40
-30
-20
-10
0
Usa
G
erm
ania
F
rancia
I
ta
lia
UK Olanda
N
orvegia
Spagna
S
vezia
S
vizzera
Fonte: D. T. Llewellyn, “Le concentrazioni nell’industria bancaria europea: tra ragioni economiche e luoghi comuni”,
Bancaria, n.3, 1999, pag. 7.
A fine maggio ’99 nell’area euro operavano 8.212 istituzioni di credito. Negli
Stati Uniti (un paese che per popolazione è comparabile all’area dell’Euro) il
numero di istituzioni di credito non è molto dissimile: alla fine del 1997
operavano 8.855 banche. Negli Stati Uniti il processo di concentrazione delle
banche, legato al processo di deregolamentazione del settore bancario e ai
guadagni di efficienza (economie di scopo) connessi al processo di
consolidamento, è risultato particolarmente violento; nell’ultima decade il
numero di banche Usa è diminuito di circa un terzo.
18
Nell’Europa continentale, acquisizioni e fusioni tra banche e tra banche ed altre
imprese finanziarie, prevalentemente all’interno di ciascun paese, hanno subito
un’accelerazione in anni recenti: nella prima metà degli anni ’90 esse
rappresentavano circa il 10% di quelle avvenute in tutti i settori, ma nel 1997 e
1998 la quota è più che raddoppiata. Il mercato bancario italiano non ha fatto
eccezione alla tendenza: tra i primi anni ’90 e il periodo 1994-1998 il numero
medio annuo delle fusioni ed incorporazioni è cresciuto da 27 a 37; dal 1995
hanno assunto particolare rilievo le operazioni di acquisizioni della maggioranza
del capitale (mediamente oltre 22, rispetto a poco meno di 6 nel periodo 1990-
94). Nel 1998 sono state effettuate 54 operazioni di concentrazione, con il
maggior trasferimento di quote di mercato (oltre12%) nell’intero decennio.
Le principali aggregazioni sono state realizzate attraverso lo strumento della
fusione o dell’acquisizione del controllo e la conseguente articolazione in
gruppo; la “banca federale” costituisce una recente evoluzione di questo modello.
Tale modello, imperniato sulla creazione di un’azienda capogruppo con funzioni
di indirizzo e produzione e sul mantenimento delle banche partecipate come reti
di distribuzione, presenta indubbi vantaggi nel coniugare la maggiore dimensione
con gli effetti positivi della vicinanza con la clientela delle banche componenti il
gruppo5.
Le politiche di privatizzazione intraprese dai principali Stati europei, il
dispiegarsi degli effetti del mercato unico europeo e del procedere dell’Ume, con
il riposizionamento di industrie bancarie fondamentalmente nazionali su un
mercato continentale e la pressione competitiva esercitata da operatori
statunitensi che possono operare sull’intera area, inevitabilmente provocheranno
un’accelerazione del consolidamento, anche dove finora è stato meno intenso. E’
opinione comune che il futuro sarà caratterizzato da banche di grandi dimensioni,
e che si verificherà un forte consolidamento del sistema bancario europeo sia in
5
R. Benincampi, “Industria bancaria e concorrenza: le tendenze reali”, Bancaria, n. 7-8, 2000, pag. 44.
19
termini di riduzione del numero delle banche indipendenti che di tagli nella rete
distributiva. Tuttavia incrementare le dimensioni non rappresenta l’unico modo
per aumentare l’efficienza (economie di scala); inoltre i costi associati
all’integrazione di strutture e di culture aziendali diverse potrebbero risultare
assai rilevanti. In alcuni paesi europei esistono, inoltre, forti impedimenti al
consolidamento del settore bancario (la regolamentazione del mercato del lavoro
che spesso impedisce alle banche di tagliare i costi riducendo il personale; la
struttura della proprietà pubblica; i limiti regolamentari al consolidamento
collegati a problemi di rispetto della concorrenza) così come dei limiti relativi al
possesso di banche nazionali da parte di soggetti stranieri.
1.1.4 Le riforme della disciplina di settore
Il vasto processo di deregolamentazione a livello internazionale, iniziato nella
prima metà degli anni ’80, è sicuramente il fattore principale che ha dato il via al
processo di profondo rinnovo del settore bancario italiano dopo cinquant’anni di
pressoché immobilismo.
L’evoluzione della normativa trae origine dal processo di armonizzazione
comunitaria che ha portato al mutuo riconoscimento delle aziende bancarie
europee e della loro attività nei paesi aderenti all’Unione Europea e, in generale,
ad una sempre maggiore coerenza tra gli impianti normativi dei vari sistemi
nazionali.
Il decreto della fine del 1992, che ha recepito nella legislazione italiana la
seconda direttiva comunitaria, la legge Amato (legge 30 luglio 1990 n. 218) e il
“Testo unico” delle norme in materia creditizia e finanziaria del settembre 1993
sono i provvedimenti chiave che innovano in materia radicale il modo di
funzionamento dell’industria bancaria italiana.