2
statunitense, al cui andamento, in alcuni momenti, sembrava legato il destino
dell’intera economia Mondiale.
Il mondo bancario, in particolare quello italiano, è stato investito da una
duplice ondata di novità: da una parte l’evoluzione delle condizioni competitive,
dall’altra le opportunità e le minacce provenienti dal mondo della new economy.
Nell’insieme dei segnali di cambiamento più o meno appariscenti che hanno
investito il settore bancario, il campanello d’allarme più forte è suonato,
probabilmente, per le famose e pluricitate parole pronunciate da Bill Gates in
riferimento all’attività bancaria: “we need banking, we don’t need banks”; tale
affermazione, provocatoria e probabilmente scientemente eccessiva, sottolinea il fatto
che i tipici servizi di natura creditizia, per il loro contenuto fortemente immateriale,
ben si adattano alla nuova economia e alla possibilità di essere offerti attraverso
modelli di business innovativi.
Le banche si trovano davanti ad una sfida complessa e multiforme, ricca di
insidie ma anche di opportunità:
- cambia, o rischia di farlo, il tradizionale settore di business; è possibile la
comparsa di concorrenti nuovi, provenienti da ambiti competitivi differenti;
d’altro canto, le banche stesse possono muoversi verso mercati che non sono loro
propri, sfruttando i punti di forza che possiedono (relazione con il cliente ed
autorevolezza della propria immagine innanzitutto) e le occasioni che si creano in
tali business;1
- le nuove tecnologie, la cui adozione appare necessaria ed obbligata, impongono
una revisione ed un adattamento dei modelli di business consolidati; richiedono
capacità culturali e gestionali in parte nuove e diverse, ma offrono, comunque, una
dirompente possibilità di miglioramento della propria value proposition.
Al presente, partendo dai fattori che hanno trasformato l’attività bancaria, si
prenderanno in considerazione i principali aspetti legati al fenomeno banca virtuale,
1
Filotto (2000a)
3
tenendo presente il fatto che si tratta di un settore economico, se così può essere
definito, appena nato e quindi in piena trasformazione ed evoluzione, nel quale non
esistono, probabilmente, risposte certe e definitive; le stesse stime sulle dimensioni
potenziali del mercato vanno esaminate con molta cautela in quanto “markets that do
not exist, cannot be analyzed”.2
Nel primo capitolo vengono analizzati i fattori che sono all’origine
dell’evoluzione del sistema bancario (in particolare di quello italiano). Essi sono di
natura sia interna che esterna al sistema stesso ed hanno causato un mutamento in un
ambiente che, per decenni, aveva visto la permanenza di condizioni piuttosto stabili.
La situazione normativa e istituzionale viene esaminata a partire
dall’emanazione della cosiddetta seconda legge bancaria (nel 1936), scorrendone poi
brevemente i passi principali, fino a giungere alle direttive europee in materia
creditizia ed al processo di unificazione economica e monetaria culminato con la
nascita della nuova moneta unica: l’Euro. Dalle innovazioni in campo normativo-
istituzionale derivano, in maniera più o meno diretta, le trasformazioni delle
condizioni concorrenziali del settore e dei principali indicatori economici rilevabili
nell’attività delle banche. Fra le prime, quelle che hanno avuto probabilmente un
impatto più rilevante riguardano:
- la liberalizzazione dell’apertura di nuovi sportelli (prevista nella prima direttiva
europea inerente l’attività creditizia del 1977, ma attuata in Italia solo nel 1990),
in virtù della quale si è verificata una notevole espansione dell’attività bancaria e
della presenza sul territorio, con il risultato, però, di una presenza in molti casi
perfino troppo capillare ed articolata; per molte banche, infatti, è necessario
procedere ad una riorganizzazione della propria rete di sportelli;
- i processi di aggregazione e fusione che hanno coinvolto molte banche italiane in
risposta all’esigenza, avvertita da più parti, di realizzare una crescita dimensionale
al fine di essere competitivi nei nuovi scenari economici;
2
Christensen (1997), pag. 147
4
- la comparsa, quali concorrenti delle banche, di attori di natura differente, resa
possibile, in particolare, da alcune caratteristiche peculiari della nuova realtà
economica (deintegrazione della catena del valore tradizionale e ruolo chiave
svolto dai cosiddetti soggetti aggregatori).
Il dato più rilevante tra gli indicatori di natura economica è costituito, nel
mondo bancario italiano, dalla contrazione del differenziale esistente tra i tassi attivi e
quelli passivi praticati alla clientela, dovuto sia all’aumento della pressione
competitiva, sia, in misura più accentuata, alla progressiva riduzione dei tassi di
interesse; l’assottigliarsi della differenza tra i tassi, riducendo il margine di interesse,
spinge le banche alla ricerca di fonti di ricavo alternative e di razionalizzazioni
finalizzate al contenimento dei costi.
L’ultimo fattore di cambiamento che si analizza è costituito dall’evoluzione
tecnologica e dai suoi riflessi sull’attività delle imprese e sulla vita dei consumatori.
La possibilità di connettere le aziende tra di loro e con i clienti attraverso le strutture
a rete, permette di sviluppare relazioni più complesse ed evolute con piena
soddisfazione di tutte le parti coinvolte. L’evoluzione tecnologica, inoltre, modifica le
condizioni competitive, stimolando un ampliamento della concorrenza (per
l’abbattimento di molti vincoli, sia di carattere geografico e temporale, sia settoriali).
La presenza delle Information Communication Technology in ambito bancario si
muove nella direzione di una pervasività sempre più spinta, in particolare per la
possibilità di procedere ad un vero e proprio ridisegno dell’organizzazione intorno
alla rete Internet (che può essere integrata con il sistema informatico/informativo).
Le opportunità di utilizzo delle nuove tecnologie potrebbero, per le banche,
risultare amplificate se la clientela (attuale e potenziale) dimostrerà familiarità con il
loro uso e disponibilità a sperimentare nuovi canali e strumenti comunicativi; le
indicazioni provenienti dal mercato sembrano, in questo senso, abbastanza
incoraggianti. In ultimo si considera una recente teoria, elaborata dallo studioso
americano C.M. Christensen, in riferimento alle differenti forme di innovazione
5
tecnologica, e l’eventuale applicabilità del modello che ne deriva nel mondo bancario
in relazione ad Internet: si tratta della cosiddetta teoria delle Disruptive Innovation.3
Nel secondo capitolo si esaminano i principali canali remoti che possono essere
utilizzati in un progetto di banca virtuale, il loro grado di diffusione, la familiarità nel
servirsene da parte del pubblico e le potenzialità di sviluppo; si tratta di:
- strutture self service avanzate (ATM e POS), già notevolmente diffuse sul
territorio nazionale (anche se, confrontando i dati con quelli degli altri paesi
europei, vi sono ancora margini di crescita), la cui operatività può essere ampliata,
in prospettiva, aggiungendo nuove funzionalità e servizi; evoluzioni sono
realizzabili anche nei sistemi di collegamento di tali strutture con i sistemi
informatici centrali delle banche al fine di migliorarne la gestione;
- canale telefonico diretto, disponibile sia attraverso apparecchi tradizionali (le
utenze domestiche), sia con i telefoni cellulari (di vecchia e nuova generazione); i
primi esperimenti di banca telefonica risalgono, in Europa, all’inizio degli anni
novanta, quando gli istituti di credito ritenevano che tale modalità avesse
potenzialità superiori, addirittura, a quelle dell’ Internet banking. L’evoluzione di
questo tipo di canale è legata al successo che avranno i cosiddetti telefonini di
terza generazione (i famosi UMTS), capaci di integrare telefonia mobile e rete
Internet, preceduti, nel tempo, da altre tipologie di collegamenti (WAP, GPRS,
ecc.), alcune delle quali già disponibili, ma con un gradimento da parte del
pubblico non sempre pari alle aspettative;
- home banking, i cui primi esperimenti sono stati condotti negli anni novanta
attraverso collegamenti diretti via modem tra gli utenti e le banche; i problemi
legati a tale tipo di connessione sono stati in buona parte risolti dalla rete Internet,
della quale si esaminano le diverse possibilità di collegamento (ISDN, ADSL,
ecc.) con i pregi e le controindicazioni che esse presentano;
3
Christensen (1997), Filotto (2000a)
6
- Internet via TV, modalità di accesso alla rete di nascita piuttosto recente (1996),
che consente una navigazione parzialmente semplificata rispetto a quella
tradizionale via computer, ma che può trarre giovamento dalla maggiore facilità
d’uso e dalla diffusione degli apparecchi televis ivi.
Una delle chiavi principali per il successo di qualsiasi iniziativa di banca
virtuale è costituita dalla centralità dei clienti, alle cui esigenze devono adattarsi
l’operatività bancaria ed i servizi forniti. Per questo scopo si dovrebbe realizzare una
buona integrazione tra i diversi canali, sia dal punto di vista interno della struttura (a
livello organizzativo e gestionale), sia nell’utilizzo da parte del pubblico. Un primo
passo in questa direzione si compie attraverso l’allargamento dell’operatività nel
tempo (il famoso 24x7, ossia 24 ore su 24, 7 giorni su 7) e nello spazio, grazie alla
possibilità di operare a distanza e selezionando, di volta in volta, il mezzo di
collegamento in assoluta libertà. L’integrazione tra i canali è propedeutica ad uno
sviluppo del servizio in direzione di una personalizzazione dei contenuti offerti,
grazie anche alla migliore conoscenza dei clienti, conseguibile attraverso i nuovi
canali, che permette di meglio prevederne ed indirizzarne i comportamenti.
Un approccio all’attività bancaria di questo tipo, definito multicanale, implica
un’attenzione molto accentuata sulle funzioni di front office, attraverso le quali si può
instaurare un dialogo proficuo con i clienti.
All’interno di questo quadro assume un ruolo centrale la rete Web, la quale
semplifica i meccanismi di integrazione e riduce i costi di comunicazione; il suo
utilizzo può avvenire in due direzioni convergenti: da un lato espandendone le
funzionalità facendone un mezzo di coordinamento per tutti gli altri canali, dall’altro
realizzando un’innovazione dell’offerta di questi altri canali per mezzo della rete
stessa. In questo modo si genera un sistema che gravita intorno al Web, creando
un’organizzazione definibile netcentrica.
L’evoluzione subita dai call center è indicativa dei vantaggi e delle possibilità
che questo processo comporta: da semplici centri di contatto con la clientela, infatti,
7
si sono trasformati (o potrebbero farlo) in unità in grado di comunicare ed interagire
con tutti i canali di cui può servirsi una banca virtuale.
Anche il ruolo attribuito agli sportelli bancari viene in parte modificato, sempre
nella prospettiva di venire incontro alle esigenze della clientela; in particolare si ha
l’esigenza di disporre di strutture molto snelle, in cui il personale di contatto gioca un
ruolo decisivo; deve essere, perciò, di livello molto qualificato e riuscire a coniugare
compiti di promozione dei prodotti e servizi con l’attività di consulenza.
Il terzo capitolo considera la possibile e profonda trasformazione del business
bancario determinata dalla complessità crescente dei bisogni dei clienti e dal processo
di virtualizzazione dell’economia.
La competizione si allarga coinvolgendo soggetti in precedenza estranei al
settore per provenienza geografica o per ambito di attività; le stesse banche, d’altra
parte, hanno la possibilità di espandere la propria attività oltre i tradizionali business
finanziari e creditizi.
Il processo di virtualizzazione dell’economia determinato dall’evoluzione delle
ICT, con l’eliminazione di molti vincoli spazio-temporali e l’affermazione della
massima comodità per il cliente, introduce dimensioni qualitativamente innovative (e
quindi nuove occasioni per offrire qualità).
L’elevata intensità tecnologica rende possibile, inoltre, la deintegrazione della
catena del valore, che viene decomposta in molteplici fasi, in ognuna delle quali
possono essere prodotte quote di valore aggiunto apprezzabili dal mercato. Tale
possibilità consente la specializzazione su singole fasi del processo, creando così
nuovi ruoli altamente focalizzati, che richiedono nuove e particolari competenze.
L’evoluzione dei bisogni e l’emergere di nuove esigenze si combinano con la
decomposizione della catena del valore, portando ad un’integrazione dell’offerta
bancaria; questa si realizza non solo attraverso sulla focalizzazione su fasi specifiche
della catena, ma anche per mezzo di una reintegrazione, in apparenza contraddittoria,
8
di queste stesse fasi lungo le principali funzioni finanziarie, coinvolgendo anche
nuovi concorrenti.
L’apertura del settore a competitori differenti comporta il confronto con
modelli di business e strategie in parte sconosciuti alle banche. Oltre a tali insidie
esistono anche nuove opportunità, grazie al possibile ingresso nel settore del
commercio elettronico, operando scelte strategiche differenti in relazione al ruolo (o
ai ruoli) che le banche intendono esercitare (fornitrici di contenuto, di contesto o di
infrastruttura).
I mercati virtuali presentano notevoli opportunità, ma anche insidie, dovute, in
particolare, all’esigenza di sviluppare fattori innovativi rispetto alla concorrenza. Tra
le condizioni da realizzare, per rendere efficaci ed efficienti le proprie proposte, si
ricordano: la visibilità, l’alta priorità di consultazione, l’agevolazione degli acquirenti
nella ricerca di prodotti e servizi, la semplicità e la sicurezza delle modalità
dispositive e l’assicurazione di un efficiente servizio post-vendita.
L’ingresso delle banche in uno spazio di mercato estremamente diverso da
quello in cui tradizionalmente hanno operato, per regole di comportamento, modelli
competitivi, strategie e modalità di interazione con i clienti, non può non tenere conto
di alcuni tipici punti di forza degli intermediari creditizi; tra di essi emergono, in
particolare, l’immagine aziendale, l’elevata base di clienti dei quali si ha una buona
conoscenza, la disponibilità di sistemi operativi molto potenti ed il ruolo consolidato
di controllo del sistema dei pagamenti.
A questi punti di forza si contrappongono alcuni punti potenzialmente critici,
sui quali è opportuno lavorare, per non compromettere le iniziative nel settore del
commercio elettronico: difficoltà nella gestione e nell’utilizzo delle tecnologia
necessaria (che deve essere integrata nella struttura esistente), ammontare degli
investimenti necessari e scarsa propensione al cambiamento.
Analizzate forze e debolezze si possono individuare alcuni imperativi strategici
che dovrebbero essere seguiti, a partire dalla protezione della base di clientela, fino a
9
giungere alla collaborazione con i concorrenti (attuali e potenziali), in un’ottica di
tipo co-opetitivo.
Nel settore del commercio elettronico emergono modelli di business
estremamente differenti gli uni dagli altri, per caratteristiche peculiari, livello di
integrazione, grado di innovazione, fattori strategici caratteristici, fattori di successo,
ecc.; i business model esistenti sono molti ed in continua evoluzione; le
classificazioni, pertanto, per quanto utili per facilitare la comprensione del fenomeno,
non devono essere interpretate in maniera troppo rigida.
Si esamina, poi, la possibilità, per una banca, di presentarsi come portale
finanziario. Tale struttura esercita un forte ruolo di attrazione per i consumatori,
agendo come aggregatore di informazioni, servizi, canali di comunicazione, ecc. a
favore degli utenti. Attraverso i portali si può migliorare la conoscenza dei soggetti
che li utilizzano (combinando percorsi di ingresso/uscita, informazioni ricercate,
prodotti acquistati, ecc.) e ad essi si può fare riferimento nella costruzione di un
sistema di Customer Relationship Management (CRM). Una funzione da non
sottovalutare, infine, è costituita dal potenziale rafforzamento dell’immagine di una
banca che agisca quale portale, grazie alla qualità dei servizi offerti, alle modalità di
presentazione ed allo sviluppo di relazioni con le imprese presentate.
Il quarto capitolo riguarda i possibili approcci perseguibili da una banca che
intraprenda un’iniziativa “virtuale”; si contrappongono le proposte di interventi
drastici, che coinvolgono in modo pesante le strutture esistenti ad approcci più
leggeri, nei quali i nuovi canali vengono affiancati a quelli di cui la banca è già
dotata, senza stravolgerne l’assetto organizzativo; esistono, naturalmente, anche vie
intermedie comprese tra questi estremi.
Il primo tipo di approccio che si esamina è quello che prevede la creazione di
un nuovo soggetto al quale si affida la missione di penetrare nei business legati ai
canali innovativi: si tratta di una struttura esterna, separata e parallela rispetto a quella
tradizionale. Il nuovo soggetto stand alone, essendo una new entry sul mercato, non
10
incontra particolari vincoli nella definizione del proprio modello di business e
potrebbe agire in competizione con la banca di cui è emanazione1.
Essenziale per la sopravvivenza e lo sviluppo di un’iniziativa autonoma è la
conquista di nuova clientela, anche per ammortizzare i notevoli investimenti
tecnologici ed organizzativi; occorrono, quindi, massicci investimenti di carattere
pubblicitario.
Il modello di business adottato può essere di natura strettamente bancaria (una
banca on line vera e propria) oppure spingersi verso nuovi mercati di tipo cross-
industry.
Il fatto di creare una struttura separata, dotata di un elevato grado di autonomia,
presenta alcuni vantaggi rispetto ad una situazione di minore indipendenza; in
quest’ultimo caso possono nascere problemi legati alla cannibalizzazione dei prodotti
offerti dalla struttura tradizionale ed alle differenti logiche gestionali e competitive
esistenti nel mondo Web rispetto a quello bancario tradizionale.
I nuovi canali possono anche essere introdotti all’interno di una struttura
consolidata; in questo caso la scelta è tra il loro affiancamento alla rete distributiva di
cui la banca dispone e la ridefinizione del business grazie alle opportunità che essi
offrono. Questi due modelli possono essere anche considerati come tappe evolutive di
un unico approccio complesso, nel quale si sceglie, dapprima, di dare luogo ad
un’iniziativa più leggera, ridisegnando in seguito la struttura in modo graduale.
La scelta di affiancare i canali telematici alla struttura esistente limita
l’ammontare degli investimenti (promozionali e tecnologici) necessari e risponde a
logiche strategiche di tipo difensivo, tese a limitare la possibile erosione di parte della
clientela acquisita ad opera della concorrenza. Si realizza, comunque, un
miglioramento del livello qualitativo dei prodotti/servizi offerti ed una riduzione dei
costi distributivi.
Un approccio di questo tipo è stato finora prevalente a causa delle difficoltà
legate al ridisegno dell’intero business e dell’avvertita necessità di contenere il grado
di eterogeneità dell’offerta. La riuscita del modello dipende dal volume di attività che
11
viene generato, per il quale appare insufficiente la semplice dipendenza dalla rete
fisica tradizionale; l’attrazione di nuovi utilizzatori può essere realizzata grazie alla
notorietà del marchio (sostenuta da rilevanti investimenti pubblicitari) o tramite
l’acquisizione di flussi di clienti da terzi (ad esempio portali finanziari).
Il ridisegno della struttura esistente intorno ai nuovi canali è la scelta che
comporta le maggiori conseguenze e richiede una buona propensione al
cambiamento; è necessaria, inoltre, l’esistenza di valori e cultura coerenti con le
trasformazioni da realizzare. Attraverso questa scelta si definisce un nuovo mix di
offerta che potrebbe anche allontanare la banca dal settore finanziario tradizionale
facendole ricoprire ruoli nuovi e diversi.
Qualunque sia la forma di intervento decisa i riflessi di carattere organizzativo
sono molto rilevanti. Importanti sono la focalizzazione sul core business ed il
coordinamento tra i diversi canali; l’architettura tecnologica, inoltre, si sovrappone,
fin quasi a coincidere con quella di business. La rete di sportelli, privata di alcune
funzioni, dovrebbe accrescere il contenuto dei servizi forniti puntando sulla loro
qualità, sulla qualificazione dell’offerta e sulla competenza del personale di contatto.
Nel processo evolutivo che una banca inevitabilmente subisce occorrono una
gestione delle risorse umana coerente con i cambiamenti da realizzare, la
considerazione delle competenze distintive, ma anche dei valori, che si possiedono
nel definire obiettivi e strategie, nonché un’azione proattiva nei confronti
dell’ambiente esterno.
Nel quinto capitolo si esaminano le strategie utilizzabili per sviluppare e far
crescere l’attività virtuale. Nella nuova economia il gioco competitivo può realizzarsi
secondo logiche di tipo cooperativo, attraverso le quali il valore complessivo
generabile grazie ad accordi fra differenti partner è superiore a quello che si avrebbe
in assenza di tali sinergie.
La possibilità di attuare queste strategie, consente la realizzazione di nuovi
percorsi di sviluppo dell’attività bancaria: ai sentieri evolutivi tradizionali, conseguiti
12
attraverso la crescita per via interna (cosiddetta modalità build) o con acquisizioni
all’esterno (modalità buy), si aggiunge una nuova via, la realizzazione di alleanze di
tipo strategico (modalità borrow).
Queste alleanze sono contemporaneamente di tipo cooperativo, perché tendenti
al raggiungimento di obiettivi comuni ai diversi partecipanti, e competitive, in quanto
gli alleati si trovano, almeno parzialmente, in concorrenza gli uni contro gli altri
secondo le tradizionali regole di mercato.
La realtà economica del settore bancario si trasforma a causa di diversi
elementi: il privilegio accordato a rapporti di tipo fiduciario, il crescente bisogno di
partner industriali e distributivi (legato alla necessità di disporre di nuove competenze
per operare nei nuovi mercati) e il venire meno dei confini tra settori e mercati
differenti e della distinzione tra competizione e cooperazione.
Attraverso le alleanze strategiche con concorrenti bancari o extra-bancari, si
estende il raggio di azione di un istituto di credito conseguendo alcuni obiettivi:
sviluppo di prodotti innovativi e di migliore qualità, raggiungimento di economie di
scala e di scopo e sviluppo di nuovi canali distributivi.
Sono necessarie, però, capacità di gestione e di decisione in parte nuove per le
banche ed occorre essere in grado di conoscere le differenti modalità di
configurazione degli accordi. Lo sviluppo dei confini delle alleanze costituisce una
sfida delicata, a causa della mancata coincidenza degli obiettivi tra i partecipanti,
della complessità e criticità dei rapporti relativi ad una pluralità di accordi e del
necessario adeguamento di strutture organizzative, processi decisionali e capacità
degli individui.
L’espansione dei confini del business bancario non implica la necessità di
estendere le proprie competenze lungo tutta la catena del valore, ma è anzi
preferibile, probabilmente, focalizzarsi sul proprio core business, delegando a partner
ed alleati, attraverso l’outsourcing, le attività nelle quali questi soggetti siano in grado
di creare maggiore valore. Nello scegliere le competenze distintive da conservare e
sviluppare all’interno e quelle da lasciare a soggetti terzi, occorre considerare alcune
13
ragioni di ordine strategico, ad esempio il rischio di perdita di alcune capacità
particolarmente importanti.
Nella gestione delle alleanze è importante considerare il ruolo che può essere
ricoperto dai nuovi canali elettronici, quali catalizzatori intorno a cui sviluppare
legami con imprese delle ICT. Altri accordi possono essere realizzati all’interno del
settore bancario tra “produttori”, “distributori” e “rivenditori” di prodotti/servizi. Le
alleanze strategico-distributive si pongono l’obiettivo di rafforzare i canali di vendita,
quelle strategico-produttive si focalizzano, invece, sul conseguimento di economie di
scala e di scopo; quelle per l’integrazione dell’offerta, infine, possono consentire il
raggiungimento di nuovi segmenti di clientela.
Analizzando gli scenari futuri dei mercati viene presentata una bizzarra ma
efficace classificazione dei modelli di business che può adottare una banca, proposta
da Scardovi:
- modello di business “Ameba”, ispirato ad una strategia acquisitiva aggressiva
volta all’incorporazione di altre organizzazioni bancarie nell’ambito dello stesso
core business, con l’obiettivo di raggiungere le dimensioni per competere in modo
efficace sul mercato;
- modello di business “Martin Pescatore”, nel quale si realizza una strategia
acquisitiva all’esterno del core business della banca, diversificandone l’attività e
creando un portafoglio di sistemi indipendenti e responsabilizzati;
- modello di business “Paguro Bernardo”, ispirato ad una strategia di sviluppo di un
network integrato di alleanze strategiche, finalizzate al soddisfacimento dei
bisogni complessi della clientela; si tratta di un modello che cerca di fare leva
sulle opportunità offerte dai legami cooperativi realizzati con una moltitudine di
partner qualificati.
Nel sesto capitolo si analizza il ruolo che possono assumere le risorse umane
alla luce di un fattore la cui importanza è sempre crescente: la conoscenza; in
relazione ad essa possono essere esaminate le nuove professioni e le trasformazioni di
14
quelle più tradizionali, derivanti dalla modifica dei modelli di business e degli assetti
organizzativi delle imprese, causate dall’innovazione tecnologica e da Internet.
L’esistenza di un vantaggio competitivo è fortemente condizionata dalla
disponibilità di conoscenze di un’azienda, parte del valore della quale, oggi, è
costituito proprio dall’insieme di esse, formando un vero e proprio patrimonio che
l’impresa dovrebbe essere in grado di attivare, creare, vendere e riutilizzare.
Il ruolo della conoscenza è fondamentale nella realtà economica
contemporanea ed ancora di più negli scenari prossimi venturi. Essa assume una
notevole importanza per ogni impresa. Per una banca che voglia perseguire la via
della virtualità, trovandosi ad operare in contesti nuovi e poco conosciuti, si tratta, più
ancora che in altre attività, di una risorsa chiave, la corretta gestione (intesa in senso
ampio) della quale è una condizione imprescindibile ed assolutamente vitale. La
competizione, nella new economy, è più complessa, le direttive strategiche meno
definite e lineari; la conduzione dei business, quindi, deve essere aperta e pronta ad
adeguarsi con rapidità a scenari in continua evoluzione. In un contesto nel quale
vengono meno molti punti di riferimento classici, la conoscenza assume, in un certo
modo, una funzione di aggregazione, agisce come una sorta di fulcro, intorno al quale
costruire un modello di business vincente.
Si avverte, quindi, la necessità di valorizzare le risorse intellettuali e di
sostenere i processi di creazione, condivisione e valorizzazione della conoscenza. Il
filone di studi che si occupa di questo tema è definito knowledge management (KM)
e consiste nell’insieme di programmi ed interventi volti a favorire i processi di
creazione, memorizzazione e circolazione della conoscenza, mediante interventi sulle
competenze degli individui, sull’organizzazione del lavoro, ecc.
Nelle imprese è importante la condivisione delle esperienze a livello collettivo
per creare valore e favorire la crescita degli individui.
Gli interventi di KM dovrebbero porsi l’obiettivo di risolvere problemi di
business e di migliorare le performance, e non uno scopo di gestione della
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conoscenza fine a se stessa; per essere efficaci, inoltre, dovrebbero essere incorporati
nei processi e non isolati in funzioni separate o sovraordinate ai processi stessi.
Alcuni identificano il KM come un intervento essenzialmente di tipo culturale
ed organizzativo; senza sminuire l’importanza di tali aspetti, deve comunque essere
sottolineata la componente tecnologica, in quanto la realizzazione di tali interventi
non può prescindere da un adeguato supporto da parte dell’ICT. Il KM può essere
visto come un processo continuo che estrae la conoscenza (sia tacita che esplicita,
secondo la distinzione introdotta da Nonaka) da una pluralità di fonti eterogenee, la
riclassifica evidenziandone i contenuti più significativi, la memorizza e la mette a
disposizione dell’organizzazione.
Gli interventi di KM nascono dall’incontro tra le esperienze manifestate nelle
diverse linee di business e le istanze di servizi interni, quali l’organizzazione, la
strategia ed i sistemi informativi; la loro progettazione, pertanto, dovrebbe operare, in
concreto, su quattro dimensioni: strategia/management, persone/ruoli/cultura,
processi e tecnologia. Possono essere suddivisi, inoltre, in due macrocategorie,
interventi a livello corporate ed a livello locale; al fine di misurarne i risultati, infine,
dovrebbero essere legati ad obiettivi di performance dell’organizzazione.
Il processo di apprendimento organizzativo è legato, oltre agli strumenti
formali di apprendimento e formazione, ai circuiti di comunicazione interna (che
possono anche essere informali). La comunicazione incontra spesso difficoltà a causa
della sua natura; normalmente essa è, infatti, indifferenziata, unidirezionale,
emergenziale-causale e delegata.
La comunicazione dovrebbe essere una parte essenziale di un processo di KM;
perché questo suo nuovo ruolo si realizzi occorre considerarla parte integrante del
lavoro delle singole individualità. In questo contesto i Corporate Portal (CP) possono
costituire una grande opportunità strutturale. Si tratta di un luogo di comunicazione
bidirezionale, nel quale, cioè, gli utenti sono al contempo fruitori e creatori di
informazione.