Introduzione                         
 2
La gerarchia delle resistenze consiste nell’assegnare, in fase di 
progetto, una resistenza differenziata ai diversi elementi strutturali, in 
modo che il cedimento di alcuni preceda e quindi prevenga quelli di altri. 
Questi ultimi, ossia quelli da proteggere, sono gli elementi il cui 
“cedimento” è critico nei confronti del collasso globale della struttura: 
esempio tipico i pilastri di un edificio. Il cedimento dei pilastri viene 
impedito fornendo ad essi una resistenza (di poco) superiore a quella 
delle travi che su di essi si innestano. Il criterio ora esemplificato con 
riferimento ai pilastri si estende a tutti gli altri elementi e meccanismi il 
cui cedimento è necessario evitare. 
In particolare i meccanismi di collasso fragile o altri meccanismi 
indesiderati (come ad esempio la rottura a taglio, il collasso di 
collegamenti trave-colonna, plasticizzazione delle fondazioni o di un 
qualsiasi altro elemento che avrebbe dovuto restare elastico) devono 
essere evitati definendo le sollecitazioni di progetto in particolari zone 
mediante condizioni di equilibrio che tengano conto della formazione 
delle cerniere plastiche e del relativo aumento di resistenza nelle zone 
adiacenti. Le cerniere plastiche devono essere distribuite lungo tutta la 
struttura senza che si concentrino su un unico impalcato e devono 
svilupparsi, con un’adeguata sicurezza, solo sulle travi e non lungo le 
colonne, eccetto che alla base dell’edificio. 
                                                                                                                      Introduzione                         
 3
Le regole di duttilità consistono nel progettare gli elementi strutturali 
in modo tale che il loro “cedimento” avvenga nei termini di seguito 
precisati. Per cedimento si intende il raggiungimento ed il superamento, 
da parte di un elemento strutturale, della fase di comportamento elastico e 
quindi reversibile, per entrare in quello delle deformazioni cicliche 
ripetute e di grande ampiezza in campo plastico. La capacità di 
deformazione plastica, e quindi di resistenza oltre i limiti elastici, viene 
detta duttilità. 
Per garantire la duttilità globale della struttura le zone dove 
potenzialmente possono formarsi cerniere plastiche devono possedere 
grandi capacità di compiere rotazioni plastiche. L’obiettivo di questo 
criterio è quello di consentire che tali deformazioni siano sopportate dagli 
elementi strutturali senza che essi perdano la loro integrità e la loro 
funzione statica, e va sotto il nome di regole di duttilità. 
Entrambi i criteri (la gerarchia delle resistenze e le regole di 
duttilita’), sono codificate da più di due decenni nelle norme sismiche 
internazionali di USA, Nuova Zelanda, Messico. 
A livello europeo è stato predisposto, e votato favorevolmente da tutti i 
Paesi Membri, Italia  compresa, un sistema integrato di norme 
(Eurocodice 8, ovvero EC8)  per la progettazione antisismica di strutture 
nuove (edifici, ponti, serbatoi, torri, fondazioni, opere geotecniche) e per 
                                                                                                                      Introduzione                         
 4
la valutazione della sicurezza e l’adeguamento di strutture esistenti. I 
principi e i metodi adottati dall’EC8 e quindi dall’Ordinanza Ministeriale 
n.3274 del maggio 2003 sono in armonia con i criteri del capacity design. 
Sulla falsariga di questa breve disamina introduttiva possiamo 
inquadrare l’articolazione logica di questo studio. 
Nella prima parte della tesi si rappresenta che, nelle strutture intelaiate 
è preferibile che si sviluppi, nel caso di sismi violenti,  un meccanismo 
plastico di tipo globale. Sulla base di un approccio energetico 
semplificato si confronta il meccanismo plastico di tipo globale con 
quello di tipo soft story per un telaio di 3 piani. L’energia dissipata dal 
meccanismo di tipo globale risulta essere più di due volte quella dissipata 
da un meccanismo di tipo soft story. 
Nella seconda parte si illustrano i criteri di progettazione delle travi. 
Queste, essendo elementi principalmente inflessi sono dotate di elevata 
duttilità alla rotazione; vengono dunque scelte come sede  delle cerniere 
plastiche indispensabili allo sviluppo di un meccanismo di tipo globale. 
I pilastri, i cui criteri di progettazione sono illustrati nella terza parte, 
rappresentano gli elementi meno duttili del telaio; si deve garantire 
quindi che restino elastici anche sotto grandi oscillazioni orizzontali del 
telaio.  
                                                                                                                      Introduzione                         
 5
La base di ciascuna pilastrata del telaio sarà l’unica in cui ci si deve 
aspettare lo sviluppo di una cerniera plastica. Pertanto in tali zone va 
effettuato un accurato detailing. 
Nella quarta parte si illustrano i criteri di progettazione dei nodi. 
Questi rappresentano punti molto importanti nelle strutture intelaiate, 
poiché devono garantire il trasferimento delle sollecitazioni tra gli 
elementi (travi e pilastri) in essi connessi. Trattandosi di regioni di 
discontinuità (per le quali non è applicabile la teoria di Saint Venant), è 
stato esaminato quale è il modello matematico da adottare al fine della  
progettazione. 
Nella quinta parte si fa cenno, agli effetti del secondo ordine sulla 
risposta dinamica delle strutture intelaiate multipiano, e di come tener 
conto di questi nella progettazione. 
In ultimo viene esaminato come l’ Eurocodice 8 e l’Ordinanaza 
Ministeriale n.3274 fanno propri i criteri di capacity design. 
 
 La progettazione antisismica                                                                     Capitolo 1 
 6
 
Capitolo 1 
LA PROGETTAZIONE ANTISISMICA 
 
 
 
 
1.1  CONSIDERAZIONI GENERALI 
L’incertezza nella previsione delle azioni sismiche riguarda sia il tempo 
in cui esse si manifestano e la frequenza del loro prodursi, che la loro 
intensità. 
Il fatto che una certa costruzione possa essere colpita da azioni sismiche 
più o meno elevate dipende dalla probabilità composta di tanti eventi 
quali: la localizzazione dell’epicentro del sisma; il contenuto di 
frequenze delle onde sismiche; l’energia del sisma. 
Progettare una struttura nei confronti di una azione sismica 
convenzionale e quindi relativamente  ad un determinato spettro di 
progetto così come stabilito dalle normative antisismiche di molti Paesi 
non assicura che la costruzione non possa essere colpita da azioni 
sismiche molto più violente. 
 La progettazione antisismica                                                                     Capitolo 1 
 7
E’ possibile ottenere, senza notevoli aumenti di costo, una maggiore 
resistenza al crollo delle costruzioni anche se colpite da azioni sismiche 
molto  violente basandosi, su una progettazione aderente al significato 
di costruzione antisismica e su una maggiore cura nel dettaglio 
costruttivo ed esecutivo. 
Un concetto base e di grande importanza è che la capacità  di una 
struttura di resistere (anche se con danni ingenti) ad un evento tellurico 
è strettamente legata alla possibilità che essa ha di dissipare l’energia 
sismica. 
La dissipazione può avvenire solamente se la struttura è dotata di 
adattabilità plastica, con la formazione di meccanismi in grado di 
dissipare, mediante notevoli deformazioni plastiche permanenti 
concentrate in zone critiche (cerniere plastiche), l’energia che il sisma 
trasmette alle masse strutturali. 
A tale concetto fondamentale fanno riferimento le metodologie di 
progettazione strutturale in zona sismica. 
Al contrario se la struttura viene dimensionata per resistere al sisma 
mantenendo la risposta in fase elastica, essa non dispone di alcuna 
capacità dissipativa: tutta l’energia assorbita durante il moto sismico del 
suolo viene accumulata sotto forma di deformazione elastica, e quindi 
restituita  integralmente in fase di scarico senza lasciare alcuna 
 La progettazione antisismica                                                                     Capitolo 1 
 8
deformazione residua (assenza di fessurazioni e fenomeni di degrado). 
Affinché la struttura abbia un tale comportamento i suoi elementi 
strutturali, come detto, devono essere dimensionati per rimanere in fase 
elastica il che comporterebbe strutture sovradimensionate e 
antieconomiche, certamente non giustificabili per le costruzioni 
ordinarie. 
 La progettazione antisismica                                                                     Capitolo 1 
 9
1.2  MECCANISMI PLASTICI DI TELAIO 
Per meglio comprendere quanto sopra detto riferiamoci ad uno 
oscillatore semplice il cui modello è quello rappresentato in fig.1.1 
 
Figura 1.1 Modello di un oscillatore semplice 
 
 
E’ noto dalla dinamica delle strutture l’equazione di equilibrio 
dinamico: 
(1)      )()()()( tsmtkxtxctxm &&&&&        
ove: 
)(ts
&&
 accelerogramma  del sisma; 
c          fattore di smorzamento 
k          costante elastica 
 La progettazione antisismica                                                                     Capitolo 1 
 10
ponendo 
m
k
  
2
Ψ  e 
m
c
   Θ Ψ2  la (1) diventa: 
(2)     )()()(2)(
2
tstxtxtx
&&&&&        ΨΘ Ψ  
Sfruttando l’integrale di Duhamel la soluzione della (2) è rappresentata: 
(3)      
 ≥
    
    
t
s
t
s
dtsenes
m
tx
0
)(
)()(
1
)(  Ω Ω Ζ Ω
 Ψ
 Ω Θ Ψ
&&
 
indichiamo con: 
(4)     
 ≥
    
    
t
s
t
dtsenestV
0
)(
)()()(  Ω Ω Ζ Ω
 Ω Θ Ψ
&&
 
la funzione di risposta dell’oscillatore 
ove )1(
2
 Θ Ψ Ζ     
s
 è la pulsazione smorzata e  Ψ Ψ #
s
 per 
1 δ Θ (smorzamenti non molto elevati). 
Osserviamo che non ha interesse in generale conoscere la descrizione 
completa della funzione del tempo x(t) ma è sufficiente conoscere il 
valore massimo x
max
 che tale funzione raggiunge durante l’evento 
sismico, quindi il massimo della funzione di risposta V(t). Questo 
valore massimo è detto velocita’ spettrale ed è indicato con S
v
 : 
S
v
 = max V(t)     
(spettro di risposta in termini di velocita’ oppure velocita’ spettrale) 
quindi: 
(5)    
dV
s
SSx     
 Ζ
1
max
   
 La progettazione antisismica                                                                     Capitolo 1 
 11
(spettro di risposta in termini di spostamento) 
se lo smorzamento della struttura non è elevato avremo: 
(6)   
dV
SSx     
 Ζ
1
max
 
essendo x
max
 lo spostamento massimo della massa m rispetto al suolo 
l’energia potenziale elastica massima accumulata vale 
2
max
2
1
kx  ove 
max
kx rappresenta la forza statica equivalente applicata alla massa. 
Se gli scuotimenti sismici sono esauriti e trascuriamo l’energia che si 
dissipa per le inevitabili resistenze possiamo scrivere la seguente 
equazione di bilancio energetico: 
(7)    
2
max
2
max
2
1
2
1
xmkx &   
essendo 
2
max
2
1
xm& l’energia cinetica massima assorbita dall’oscillatore. 
L’equazione di bilancio (7) esprime approssimativamente lo scambio di 
energia che si sviluppa nell’oscillatore quando questo al limite del 
parossismo dell’eccitazione sismica, trasforma l’energia cinetica 
massima accumulata in energia di deformazione. Dopo qualche ciclo di 
oscillazioni, con lo scomparire dell’input sismico. L’oscillatore si 
arresta nella configurazione iniziale a causa degli effetti dissipativi. 
Indichiamo adesso con E
c,m
 l’energia cinetica massima assorbita dalla 
massa dell’oscillatore sotto l’azione di un sisma medio-debole la cui 
 La progettazione antisismica                                                                     Capitolo 1 
 12
massima accelerazione orizzontale al suolo vale 
m
s
max,
&&
 allora nel caso lo 
stesso oscillatore venga colpito da un sisma  Ο volte più violento 
caratterizzato da una accelerazione massima al suolo: 
md
ss
max,max,
&&&&  Ο  , se 
esso si dovesse mantenere sempre in campo elastico per la linearità che 
esiste tra velocità spettrale S
v
 e accelerogramma )(ts&& del sisma avremo: 
(8)   
md
xx
max,max,
 Ο  
e quindi: 
(9)   
mcdc
EE
,
2
,
 Ο   
Questa relazione è molto significativa: sotto un terremoto ad esempio 3 
volte più violento di un altro, l’energia cinetica massima che deve 
essere assorbita da un oscillatore elastico è 9 volte più elevata. 
Si evince come allora risulterebbe antieconomico l’assorbimento della 
energia cinetica corrispondente ad un terremoto violento solo attraverso 
energia di deformazione elastica. 
Occorre allora sfruttare le capacità di dissipazione plastica  della 
struttura. Questa può infatti, come vedremo più innanzi, essere molto 
elevata, senza notevoli aggravi di costo, realizzando opportune 
distribuzioni di duttilità locale ottenendo una buona duttilità globale 
della struttura. 
 La progettazione antisismica                                                                     Capitolo 1 
 13
Riferendoci sempre all’oscillatore semplice vediamo di determinare 
qual è l’energia cinetica massima assorbita in campo elasto-plastico. 
Dobbiamo individuare una fase di frenatura sismica ovvero quella fase 
in cui l’energia cinetica massima si trasforma tutta in lavoro di 
deformazione elasto-plastico. Nella fase di frenatura sismica potremo 
individuare un istante in cui si è attinto all’incastro il momento flettente 
limite (momento di piena plasticizzazione) tale situazione corrisponde 
alla fine della fase elastica e l’energia assorbita a questo punto 
dall’oscillatore è la massima energia assorbibile elasticamente. 
A partire da questa situazione poiché nella sezione di incastro si è 
attinto il momento di piena plasticizzazione [a cui corrisponde la 
curvatura 
s
 Ι, fig.1.2(a)] l’assorbimento di energia viene effettuato 
attraverso lavoro plastico che si dissipa nella cerniera plastica al piede. 
Se la mensola è dotata di buona duttilità al piede (duttilità locale) essa 
potrà subire uno spostamento  Γ
p
 della sezione in sommità notevole            
[fig.1.2(b)] dissipando tutta l’energia cinetica accumulata: 
H
p
 Τ Γ   
 La progettazione antisismica                                                                     Capitolo 1 
 14
 
Figura 1.2 
 
essendo  Τ la rotazione rigida della mensola intorno alla cerniera 
plastica: 
psu
l)(  Ι Ι Τ     
 La progettazione antisismica                                                                     Capitolo 1 
 15
ove: 
 Ι
s
  è la curvatura nella situazione limite elastica; 
 Ι
u
  è la curvatura ultima; 
l
p
è l’ampiezza della zona plasticizzata o della cerniera plastica. 
 
La capacità del sistema di dissipare una certa quantità di energia, può 
venire misurata attraverso la capacità di assorbire l’azione di una 
definita forza statica convenzionale crescente gradualmente fino ad un 
valore limite. 
Nella rappresentazione del processo quasi statico equivalente che 
produce lo stesso assorbimento di energia dovremmo allora individuare 
una prima fase solo elastica in cui la forza H cresce fino al 
raggiungimento dello stato plastico nella sezione di incastro (fig.1.2(a)), 
successivamente una fase plastica in cui la mensola si deforma ruotando 
rigidamente attorno al piede con un valore costante della forza. 
 
Rappresentando  la risposta della struttura con la curva taglio alla base-
spostamento di un punto di controllo ( curva di capacità della struttura )    
(fig.1.3 ) possiamo definire il fattore di duttilità globale Π della struttura