Francesco: un uomo, tante storie 2
esplosero con la sua morte, ma la Chiesa riuscì a prenderne le redini, sfuggite
invece al controllo del fondatore.
La fortuna dell’Ordine francescano era stata determinata dai motivi
conduttori che avevano animato la prima comunità: la scelta di vita povera,
la predicazione itinerante, la nuova interpretazione del Vangelo e
l’atteggiamento esemplare di Francesco che mirava ad essere povero tra i
poveri. Proprio per la semplicità e per il modo naturale in cui i primi
francescani operavano, la risposta fu incredibile: l’Ordine si espanse con una
rapidità tale che Tommaso da Celano nel Tractatus de miraculis (1250-’53)
attribuisce a Francesco come primo miracolo tale sorprendente espansione.
E’ facile immaginare le difficoltà in cui dovettero incorrere le gerarchie
ecclesiastiche nel rapportarsi con questi nuovi predicatori della parola di Dio,
molti dei quali laici, che però riscuotevano un successo decisamente
maggiore dei sacerdoti del pulpito.
La prima regola che Francesco propose a papa Innocenzo III e che
ricevette solo un’approvazione orale, non ci è pervenuta, ma era con molta
probabilità estremamente semplice, era una forma vitae che non poteva essere
rifiutata dal pontefice, poiché riproponeva esclusivamente le regole del buon
cristiano dedito alla missione tra i poveri. Con parole tratte dal Vangelo
«Francesco scelse … di vivere secundum formam S. Evangelii, che è il seguire
un esempio di vita, quello della vita di Cristo e, se vogliamo, quello degli
apostoli, non l’aderenza a prescrizioni di qualsiasi tipo»3. Di questo passo la
penetrazione dell’Ordine nell’Italia cattolica fu graduale, ma inevitabile.
Francesco: un uomo, tante storie 3
Tuttavia non fu una cosa semplice formare una Regola che accontentasse
tanti seguaci e contemporaneamente la Chiesa e quindi si può comprendere
come sia stato possibile che il primo espandersi dell’Ordine fosse
accompagnato da rotture al suo interno. D'altronde dell’esistenza di più
Regole ci viene notizia dalla Legenda trium sociorum, per me la più bella tra le
Legendae non ufficiali, nel cap. IX, 35: «In tutte le sue Regole infatti esaltava
appassionatamente la povertà, e a tutti i frati inculcava la preoccupazione di
non toccare denaro. Egli ebbe a scrivere più Regole, e le sperimentava prima
di comporre quella definitiva che lasciò ai fratelli»4. Questo dimostra la
faticosa genesi di una Regola che il fondatore modificò più di una volta
perché non accettata dalla Chiesa. La cosiddetta Regula Bullata del 1223, che
aveva cioè ricevuto il sigillo pontificio di approvazione, è un riassunto con
adeguate ‘censure’ e ‘soppressioni’ delle precedenti; non a caso ottenne
l’assenso di Onorio III5.
Francesco negli ultimi anni della sua vita, affrontò un lungo periodo di
sofferenza dettato da molte insoddisfazioni; Tommaso da Celano per quanto
si sia impegnato molto nel nascondere nelle sue biografie gran parte di queste
lotte intestine, nella Vita Prima (ICel, 93) scrive che l’impressione delle
stimmate avviene in un contesto di fortissima tensione tra Francesco e i
fratres6. La «grande tentazione»7 di cui il santo frate fu vittima, era nata
proprio all’interno dei difficili rapporti con i suoi compagni che non
sentivano e non comprendevano più le sue parole. Sulla Verna la tentazione
di gridare al mondo intero la sua contrarietà per l’andamento che aveva
Francesco: un uomo, tante storie 4
preso l’Ordine e di porsi contro la gerarchia ecclesiastica che non lo
sosteneva in nessun modo, venne calmata dalla visione del Serafino e dalla
lettura del Vangelo. Francesco, come Cristo sul Monte degli Ulivi, si
rassegnò alla volontà di Dio e scese dalla Verna rasserenato e pronto a
proseguire sulla linea che aveva da sempre percorso: il suo comportamento
rimarrà irremovibile e deciso fino alla morte al fine di dimostrare attraverso
la sua azione quale fosse la strada da seguire.
Il numero di coloro che non compresero le parole e le ultime volontà di
Francesco fu decisamente superiore rispetto a quello dei fedeli compagni.
Tale situazione era inevitabile e la morte del fondatore accelerò il processo di
smembramento. Sono i fatti a raccontarci a chi spettò la vittoria, se si può
parlare di vittoria. Francesco, un uomo dotato di un carisma eccezionale,
aveva messo in discussione alcuni pilastri su cui poggiava l’organizzazione
della Chiesa ed era perciò necessario sospingerlo fra i santi inimitabili.
L’opera di risanamento dell’Ordine prese avvio subito dopo la morte di
Francesco ed i continui aggiustamenti delle biografie non fanno altro che
dimostrare la necessità per la Chiesa di rimodellare la vita di un uomo,
plasmandola su quella di un santo irraggiungibile. «Comincia così, con
un’operazione lucida e consapevole, la manipolazione dell’esperienza di
Francesco: le biografie ufficiali successive e soprattutto quella finale di
Bonaventura, mostreranno al destinatario, interno o esterno (l’Ordine o i
fedeli) il santo fondatore, di volta in volta aggiornato alla realtà storica del
momento: Francesco, rispetto al presente, diviene il coerente profeta; rispetto
Francesco: un uomo, tante storie 5
al futuro, il rassicurante ideale.»8
La cosiddetta «questione francescana», «strettamente connessa da un
lato alla identificazione del materiale che accompagnava la lettera di Greccio
dell’11 agosto 1246 da Leone Angelo e Rufino (…) e dall’altro ai rapporti tra
le varie Legendae del santo, ufficiali e non, e quindi alla loro collocazione
cronologica e storica»9, prese avvio proprio dal ritrovamento dei primi
manoscritti con la Vita Prima, la Vita Secunda ed il Trattato dei Miracoli di
Tommaso da Celano10; allora si mostrò alla luce con un vigore inaspettato
tutta l’opera di ricostruzione effettuata dalla Chiesa all’indomani della morte
del fondatore.
E’ interessante ripercorrere gli avvenimenti principali che seguirono la
notte del 3 ottobre 1226 per comprendere meglio l’ambiente e la situazione
politica che videro la nascita della Legenda maior bonaventuriana.
2. DALLA CANONIZZAZIONE ALLA VITA PRIMA
Due anni dopo la morte, papa Gregorio IX canonizzò Francesco: era il
16 luglio 1228. Per questa data doveva essere pronta una biografia che
proprio Gregorio IX aveva commissionato a Tommaso da Celano (c.1190 -
c.1260), uomo non molto vicino a Francesco in vita, ma apprezzato scrittore.
Questa prima biografia mette in evidenza soltanto alcuni aspetti
dell’uomo Francesco. Nel Prologo Tommaso espone il piano dell’opera: nella
prima parte segue l’ordine cronologico e racconta dello stile di vita, delle
virtù e degli insegnamenti di Francesco. L’ordinamento cronologico, in
Francesco: un uomo, tante storie 6
realtà non è così rigoroso, e gli avvenimenti degli anni 1219-21, che
corrispondono alla prima grande crisi dell’Ordine, sono volutamente
raccontati in modo sommario. La seconda parte si sofferma a descrivere gli
ultimi due anni di vita del santo, quelli più importanti perché a Francesco
viene fatto dono delle stimmate. La terza parte descrive alcuni miracoli post
mortem, che sono considerati dalla Chiesa l’indispensabile ratifica divina alla
santità di un individuo (al contrario di quelli in vita che potrebbero essere
frutto di un inganno diabolico)11. Tommaso da Celano si dimostra un dotto
scrittore e profondo conoscitore delle regole della buona composizione,
benché nel prologo avesse sottolineato: «Sed utinam eius merear esse
discipulus qui semper locutionum vitavit aenigmata et verborum phaleras
ignoravit!»12.
In questa biografia Tommaso esagera pesantemente la sregolatezza
giovanile di Francesco per poter sottolineare ancora meglio le virtù di cui è
portatore nella maturità; Giuliano da Spira, che scrisse una Vita sancti
Francisci in prosa fra il 1232 ed il 1235, coglie la lezione di Tommaso ed
esplicita nel prologo la funzione apostolica di personaggi quali Paolo, la
Maddalena, prima peccatori e poi diffusori della parola di Cristo13. Francesco
con il suo giovanile atteggiamento richiama apertamente questi personaggi
biblici e il passaggio da mercante di beni materiali a dispensatore di pace e
ancora da soldato–cavaliere a miles Christi consente di completare il quadro di
riferimento di Tommaso durante la composizione della sua opera.
In conclusione si può dire che la prima biografia celaniana è di
Francesco: un uomo, tante storie 7
fondamentale importanza, per l’essere la più vicina cronologicamente alla
morte del santo, e quindi perché risente maggiormente dell’entusiasmo e
dell’eco dei primi seguaci ancora vivi e dei numerosi problemi sorti intorno
alla forma vitae proposta da Francesco. Inoltre sia per gli avvenimenti che
racconta che per quelli che tace, sia per le caratteristiche di Francesco che
evidenzia ed amplifica che per quelle che tenta di nascondere, tale biografia
va analizzata come documento storico; ad esempio pur mancando appunto
nella Vita Prima precisi riferimenti ai dissidi nell’Ordine, di riflesso si avverte
il malessere vissuto dal fondatore soprattutto negli ultimi anni. Nei paragrafi
103 e 104 emerge la profonda tristezza che aveva colpito Francesco in
seguito all’indirizzo che alcuni frati avevano preso: «Videbat enim multos ad
magisterii regimina convolare, quorum temeritatem detestans, ab huiusmodi
peste sui exemplo revocare studebat eos. … Dolebat quosdam prima opera
reliquisse, et novis ad inventionibus pristinam oblitos esse simplicitatem.
Propterea lamentabatur eos qui quandoque magis superioribus toto desiderio
intendebant, ad infima et vilia descendisse, et per frivola et inania in campo
vacuae libertatis, relictis veris gaudiis, discurrerre et vagare.»14
Da questa prima Vita dipendono varie leggende: la Vita Sancti Francisci
di Giuliano da Spira (1232-39), la Legenda Sancti Francisci versificata di
Enrico d’Avranches (1237) e la Legenda ad usum chori attribuita a Tommaso
da Celano datata dai più al 1230, ma che potrebbe invece essere posteriore al
Tractatus de miraculis e infine la Legenda che si intitola «Quasi stella matutina»
(1230) di Giovanni da Celano. Queste biografie fanno diretto riferimento alla
Francesco: un uomo, tante storie 8
Vita Prima di Tommaso da Celano e rielaborano i concetti esposti secondo le
esigenze ed il tipo di composizione.
3. DALLA QUO ELONGATI AL TRACTATUS DE MIRACULIS
Il 28 settembre 1230 Gregorio IX, con la bolla Quo elongati, tolse al
Testamento di Francesco valore vincolante e complementare alla Regola
ricorrendo ad un’argomentazione puramente giuridica, ovvero che
nell’imminenza della sua morte Francesco, non avendo consultato
preventivamente i confratelli, né avendo avuto il loro consenso, non poteva
dettare un ordine, ma semplicemente un consiglio. In questo senso andava
considerato il Testamento: «Nos tamen attendentes animarum periculum, et
difficultates, quas propter haec possetis incurrere, dubietatem de vestris
cordibus amovendo, ad mandatum illud vos, dicimus non teneri; quod sine
consensu Fratrum maxime Ministrorum, quos universos tangebat, obligare
nequivit: nec successorem suum quomodolibet obligavit.»15 Questo
avvenimento, se da una parte sistemò gli ulteriori problemi causati da
Francesco sul letto di morte, ovvero quelli riguardanti l’interpretazione della
Regola Bollata e del Testamento, dall’altra acuì i contrasti tra i ‘lassisiti’ e gli
‘zelanti’ all’interno dell’Ordine16. Quest’ultima corrente, detta poi degli
Spirituali, raggiunse posizioni sempre più estreme ed inaccettabili per la
Chiesa che intorno agli 20 del ‘300 procedette ad una vera e propria
persecuzione che ne determinò la scomparsa in Italia17.
Nel capitolo di Genova del 1244, Crescenzio da Jesi, Ministro generale
Francesco: un uomo, tante storie 9
dell’Ordine, fece richiesta di nuova documentazione sull’operato di
Francesco: vita, signa, prodigia, riporta la Chronica XXIV Generalium. Le
motivazioni che avevano spinto il Ministro a tale decisione sono molteplici e
complesse: la Vita Prima non aveva soddisfatto tutti i fruitori dell’opera, si
soffermava troppo poco sui miracoli operati dal santo ed inoltre si avvertiva
la necessità di stabilizzare il modello proposto da Tommaso da Celano in
schemi agiografici maggiormente definiti. Infine frate Elia, prima vicario di
Francesco (dal 1221 al 1227) e poi Ministro Generale dell’Ordine (1232-’39),
glorificato nella prima biografia, nel 1239 era stato scomunicato dal papa per
aver fallito il tentativo di pacificazione tra Gregorio IX e Federico II.
Alla richiesta di Crescenzio da Jesi rispondono alcuni socii di Francesco
che in una lettera espongono la volontà di trattare non solo dei miracoli
«quae sanctitatem non faciunt sed ostendunt»18, ricalcando quanto aveva già
detto Tommaso da Celano (I Cel., 70), bensì della vita e degli insegnamenti.
«Il tono dei socii si caratterizza soprattutto per l’accento limitativo ai miracoli
e per la dichiarazione di volersi rivolgere a quanti intendono seguire le orme di
Francesco»19. Si avverte la presenza di una nota polemica in queste parole,
contro chi esaltava gli effetti prodigiosi della santità di Francesco e contro chi
aveva preso una strada diversa da quella proposta dal santo. Crescenzio
stesso quando era stato Ministro provinciale della Marca d’Ancona si era
opposto direttamente alle tendenze zelanti che cercavano di svilupparsi. Si
può perciò ragionevolmente supporre che la decisione del Capitolo di
Genova intendesse promuovere la pacificazione interna attraverso la raccolta
Francesco: un uomo, tante storie 10
dal basso di nuove notizie sul fondatore. L’opera cui fece seguito questa
lettera ancora non è stata identificata20, quello che è certo è che la
pacificazione non fu raggiunta.
Come ho già detto la storiografia non concorda sull’opera cui sembra
essere collegata la lettera dei compagni, la Legenda trium sociorum, tuttavia sia
questa che l’Anonymus Perusinus, sembra che si possano datare negli anni
Quaranta del XIII secolo a causa della stretta dipendenza con la Vita Prima.
Fu incaricato nuovamente Tommaso da Celano di scrivere una seconda
biografia che tenesse in considerazione gli elementi pervenuti da ogni parte
della terra. L’opera, per questo scritta in terza persona plurale, fu compiuta
nel 1247. Questa seconda biografia è concepita e prodotta in maniera molto
diversa dalla precedente: la prima sezione, pur ricalcando dalla Vita Prima
l’impostazione di fondo, accentua le linee della santità di Francesco
attenuando il racconto della giovinezza sregolata. Vengono inseriti due
episodi importanti: quello del dialogo con il crocifisso di San Damiano ed il
sogno di papa Innocenzo III che vide Francesco mentre sorreggeva il
Laterano cadente. Questi due inserti esaltavano la dimensione ecclesiale
conseguita dai francescani in quanto uno era ‘invito’ e l’altro ‘realizzazione’
della provvidenziale reparatio Ecclesiae di cui Francesco si faceva promotore.
«Secondo questa mutata prospettiva Francesco ha da sempre una missione
da svolgere e perciò da sempre è santo: fin dalla giovinezza, allevato da
genitori esemplari. La madre in particolare, specchio di rettitudine, diventa una
seconda Elisabetta per le virtù e per lo spirito profetico nel presagire il destino
Francesco: un uomo, tante storie 11
del figlio, che aveva non a caso chiamato Giovanni in un primo tempo, nel
segno di Giovanni Battista; fu mutato in Francesco dalla Divina Provvidenza,
affinché per l’originalità e novità del nome più facilmente si diffondesse in tutto il
mondo la fama della sua missione»21. La seconda parte non segue un ordine
cronologico e descrive, attraverso episodi inediti, le virtù, le volontà, e
l’operato del santo. Questa sezione molto probabilmente è stata composta
basandosi sui flores inviati a Crescenzio da Jesi e proprio per questo risulta
importante: benché risulti più difficile scoprire un’immagine reale di
Francesco, l’opera permette di comprendere l’interpretazione che ormai si
dava della santità di Francesco.
Questa seconda Vita era però stata concepita da Tommaso non come
sostitutiva della prima, ma come complementare ad essa. Nel prologo
troviamo la spiegazione: «Continet in primis hoc opuscolum quaedam
conversionis sancti Francisci facta mirifica, quae ideo Legendis dudum de
ipso confectis non fuerunt apposita, quoniam ad auctoris notitiam minime
pervenerunt. Dehinc vero exprimere intendimus et vigilanti studio declarare,
quae sanctissimi patris tam in se quam in suis fuerit voluntas bona,
beneplacens et perfecta, in omni exercitio disciplinae caelestis et summae
perfectionis studio, quod semper habuit apud Deum in sacris affectibus et
apud homines in exemplis. Miracula quaedam interseruntur, prout se
ponendi opportunitas offert».22
Infine la seconda parte della biografia permette di cogliere degli aspetti
essenziali per quanto riguarda le divergenze all’interno dell’Ordine; l’Autore
Francesco: un uomo, tante storie 12
denuncia l’antagonismo crescente con i domenicani, denuncia coloro che
donano i loro beni ai parenti anziché donarli ai poveri, si pone contro i frati
palatini (quelli dediti a frequentare i Palazzi).
Legate a questa seconda biografia sono lo Speculum Perfectionis (della
fine del ‘200 - inizi ‘300), gli Scripta Leonis o Legenda Perugina, gli Actus Beati
Francisci et Sociorum eius (scritti tra il 1327 e il 1340) e i Fioretti.
Furono molti a non rimanere soddisfatti del risultato raggiunto: nella
seconda Vita Tommaso da Celano aveva parlato sì di aspetti particolari del
carattere del santo, ma aveva praticamente omesso i miracoli. L’assenza di
questo aspetto meraviglioso causava una grossa perdita per la Chiesa sia di
fedeli, che con il passare degli anni avevano sempre più bisogno di un santo
che distribuisse miracoli piuttosto che di un santo che si dice predicasse agli
uccelli, sia di denaro, in strettissima dipendenza dal primo aspetto.
Per la terza volta Tommaso da Celano fu costretto a rimettersi all’opera;
egli stesso si rendeva conto dell’assurdità del lavoro; afferma alla fine del
Tractatus de miraculis (terminato probabilmente nel 1253): «Non possumus
quotidie nova cudere, non rotundis quadrata mutare, non omnium
temporum et voluntatum varietatibus tam multiplicibus, quod in uno
accepimus, applicare. Minime ad haec scribenda nos vitio vanitatis
ingessimus, nec in tanta diversitate dictorum propriae voluntatis instinctu
immersimus, sed rogantium fratrum extorsit hoc importunitas et nostrorum
perfici iussit auctoritas praelatorum».23
In questo nuovo lavoro è mutato il punto di osservazione di Tommaso,
Francesco: un uomo, tante storie 13
che si pone in un’ottica esterna all’Ordine, esaltando quei caratteri – simbolo
di molti santi ufficiali. L’Autore, forse stanco e demotivato, non ha più gli
scopi che l’avevano mosso in precedenza, quali la descrizione della ‘vita di
un uomo’ vocato alla santità sulle cui spalle avrebbe trovato nuovo vigore la
Chiesa, ma, da bravo scrittore, deve obbedire ai nuovi dettami e compie il
passo decisivo verso la costruzione di un modello agiograficamente
sperimentato.
Lo scritto è in 19 capitoli di cui il primo e l’ultimo sono di introduzione
e conclusione; il primo miracolo descritto, come ho già avuto modo di dire, è
l’eccezionale sviluppo dell’Ordine che si inserisce nella visione escatologica
proposta da Giochino da Fiore24. Segue quello dell’impressione delle
stimmate con la relativa ‘invenzione’ da parte di Jacopa dei Settesoli. La
parte centrale è dedicata al particolare rapporto che Francesco aveva con
animali ed esseri inanimati ed infine l’ultima parte è una elencazione di
miracoli.
4. IL FALLIMENTO DI TOMMASO E LA RINASCITA BONAVENTURIANA
Il risultato ottenuto dopo 25 anni di «prove» fu scarso: circolavano tre
biografie frammentarie e ufficiali (per non parlare delle altre) di scomoda
consultazione, che non facevano che acuire gli scontri tra gli Zelanti e i
Conventuali. Questi continui urti rendevano sempre più indispensabile una
nuova biografia che dissolvesse, una volta per tutte, i dubbi sul percorso da
seguire per chi volesse essere un vero Minore. Tale problematica non era
Francesco: un uomo, tante storie 14
facile da risolvere perché Francesco stesso non aveva mai preso una
posizione direttiva, anzi nel 1220 aveva abbandonato il ministero dell’Ordine
proprio quando si era reso conto dell’insorgere di spaccature. Fu proprio
questa la grande crisi della sua vita, dettata dal dualismo insito in lui: da una
parte lo paralizzava la gerarchia ecclesiastica a cui lui aveva, per primo,
deciso di sottomettersi spontaneamente; dall’altra provava un profondo
sconforto dettato dall’impossibilità di vedere accolta proprio dall’Istituzione
ecclesiastica l’unica intenzione che lo aveva animato, la scelta della povertà.
Francesco risolse questa crisi sulla Verna, dopo l’incontro con il Serafino;
l’Ordine, invece, non trovò mai un buon rimedio.
La Chiesa aveva dunque il duplice compito da una parte di costruire
una biografia coerente (collazionando i vari testi e a volte rivisitandoli),
dall’altra assicurarsi che mai nessuno, laico o religioso che fosse, vedesse
quello di Francesco come un comportamento da imitare. Francesco doveva
apparire come un Santo meraviglioso, con tutte le caratteristiche che
l’agiografia richiedeva e soprattutto inimitabile.
Questo difficile compito fu affidato a Bonaventura da Bagnoregio,
Ministro generale dal 1257 al 1275, che nel 1260 al Capitolo generale di
Narbona aveva presentato una nuova redazione delle Costituzioni generali
dell’Ordine. L’intento di questo gesto era di mettere fine ai dissidi fornendo
una interpretazione della Regola del tutto moderata. In questo stesso Capitolo
generale, Bonaventura fu incaricato di riscrivere la biografia di Francesco
una volta per tutte.
Francesco: un uomo, tante storie 15
Quest’opera fu terminata nel 1263 e approvata nello stesso anno al
Capitolo di Pisa. Nel 1266 il Capitolo riunito a Parigi ordinò la distruzione di
tutte le biografie precedenti alla Legenda maior senza nessuna esclusione. Per
tutti i conventi e i monasteri in Italia e all’estero furono cercate e distrutte le
opere di Tommaso da Celano; tale operazione fu condotta con tale
meticolosità che solo nel 1786 fu recuperata la Vita Prima, nel 1806 la Seconda
(per queste due si hanno una decina di codici) e nel 1899 il Tractatus de
Miraculis in un solo codice.
«Una obliterazione eccezionale, unica nel Medioevo», scrive Chiara
Frugoni, che determinò, per lunghi secoli, la stabilizzazione del modello
proposto da Bonaventura.
Per ora sia sufficiente questa breve introduzione, che sarà più avanti
punto di partenza per un accurato approfondimento dell’edificante opera di
Bonaventura25.