Introduction
This thesis aims to analyse, concerning studies on the Holocaust, that historiographical trend focused on
reviewing studies on fascism and Nazism, to provide a full historical framework, without ideological prejudice,
known as “revisionism” and its corresponding ahistorical and unscientific trend known as “negationism”, which,
through the use of extreme unscrupulous and ideological historiographical scepticism, does not stop at
reinterpreting certain phenomena in contemporary history but, particularly with reference to certain events
related to fascism and Nazism, goes so far as to deny its existence.
In the first chapter, we start from a general definition of revisionism, then move on to specifically deal with
Holocaust revisionism where Ernst Nolte’s “reductionist” thesis, whose central theme is based on the question of
whether the Holocaust is a unique event in history or is comparable to other events, takes on particular emphasis,
identifying the original event of Auschwitz in the Gulag Archipelago and the extermination of the working class by
the Bolsheviks as the logical and factual prius of the extermination of Jews implemented by the Nazis.
The argument put forward by Nolte, German historian and surely the best known exponent of this school of
historiography, sparked a fierce debate in West Germany between historians, philosophers and political scientists
beter known as the "dispute among historians," or Historikerstreit. Beyond the provocative, exasperating and
sometimes unhappy discussions that took place during the course of the debate, the issue that unites all the
protagonists of the Historikerstreit is finding the right German attude towards the horror of Nazism. None of the
speakers question, or worse, deny the horrific dimensions and the criminal nature of the Nazis' actions,
particularly of the Jewish Holocaust in Europe.
There is, however, a group of alleged historians who argue that the Holocaust never happened and that the Nazi
gas chambers were an invention of the Allied propaganda to extort huge war reparations from defeated Germany
to fund the State of Israel.
These are "negationist" historians and belong to the anti-scientific and anti-historical trend of revisionism which
does not stop at reinterpreting certain events of contemporary history but go so far as to deny its existence.
The second chapter of the thesis is dedicated to analysing this phenomenon, beginning with the preliminary
symptoms, citing the most important spokespeople and the diferent theories with which they motivated the
falsity of the Holocaust, calling the gas chambers, at best, a "legend."
The third and final chapter focuses on a refection on the controversial issue of responsibility for the Holocaust
and the Nazi massacre, which implies a careful study not only of the leader’s decision-making process, but also
the particular complicity of a the scheming intelligentsia of technocrats and especially ordinary men, whose
decisive role leads us to rethink of the Holocaust not only from the historical point of view but also from the
human one. This context is the setngs for the innovative, albeit disputed, interpretations of two major historians
such as Daniel Goldhagen, who made the implementers the interpretative key, the focus of studies on the
Holocaust and focused atention on the role and responsibilities that they had in the materialisation of such a
tragedy, considering age-old German anti-Semitism transformed into "eliminationist antisemitism" as the central
explanation of the origins and motivations of the genocide, and Götz Aly, who reduces the role of anti-Semitic and
racist ideology, describing a German population that reaps low benefits from the Jews’ assets and the looting of
other European citizens under the Nazi scourge.
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CAPITOLO 1
Revisionismo storico e Olocausto:
tra memoria e revisione storiografica 1.1 Cenni di revisionismo storico.
Con revisionismo storico si intende, in generale, una serie di orientamenti storiografici che rimete in discussione, totalmente
o in singoli aspet, alcuni nodi cruciali della storia moderna e contemporanea, dalla Rivoluzione francese allo sterminio del
popolo ebraico, dal fascismo e dal nazismo al comunismo sovietico.
Il termine " revisionismo” indica di fato l'ateggiamento di chi sostiene la necessità di correggere, rivedere per l’appunto,
opinioni o tesi ritenute correnti o che costituiscono il pensiero dominante.
In storiografia, questo indica una corrente sviluppatasi a partire dagli anni Setanta del 20° secolo che vede tra i principali
esponenti Ernst Nolte, volta a revisionare gli studi sul fascismo e sul nazismo, per darne una letura compiutamente storica,
senza pregiudizi ideologici.
Il termine revisionismo storiografico ha sia un legitmo uso accademico così come un’ accezione negativa. Nel setore
accademico della storiografia, il revisionismo è il riesame critico di fat storici, sia per il venire alla luce di nuove evidenze, sia
come reinterpretazione delle informazioni esistenti. L’assunto alla base è che la tradizione nel riportare gli eventi storici possa
non essere del tuto accurata ed è dunque compito dello storico valutare le diverse fonti con un’adeguata apertura analitica e
mentale. L’uso negativo del termine revisionismo si riferisce invece all’illegitma manipolazione della storia per scopi politici,
quali il Negazionismo dell’Olocausto. Spesso, infat, ci si riferisce a questi autori con l’eticheta di “revisionisti” (epiteto con
cui essi stessi intendono autodefinirsi), ma la storiografia scientifica preferisce chiamarli “negazionisti”. La definizione di
revisionismo sembra infat non essere la più appropriata per qualificare l’ateggiamento intelletuale di quanti contrastano la
concretezza e l’evidenza del fato storico, sebbene questo in quanto tale non richieda un ulteriore supplemento di indagini,
posizionandosi sulla linea della sua pura e semplice negazione.
Tale distinzione lessicale, che implica anche un forte valore semantico, risulta dunque doverosa: mentre ogni storico che si
rispet può definirsi revisionista, nel senso che è disposto a rimetere in gioco le conoscenze acquisite qualora l’evidenza
documentaria lo spinga a rivedere le sue posizioni, il negazionista è colui che nega l’evidenza storica stessa.
La “revisione” implica infat una ridefinizione del giudizio rispeto a un evento e non una sua risoluta cancellazione dal
quadro dei dati concreti.
Lo storico è dunque revisionista poiché fa parte dell’agire storiografico stesso il 'rivedere' continuamente il passato, alla luce
di nuovi documenti e di nuove prospetve interpretative. Lo storico revisionista è perciò colui che contesta la visione
tradizionale degli eventi storici, fornendo nuove opinioni, basate su prove evidenti e fondate, che contrastano con il
paradigma storico consolidato.
Uno storico che cerchi di fare bene il proprio mestiere non può non pensarsi revisionista, non può evitare di metere
continuamente in discussione i risultati del proprio lavoro di ricerca. Deve dunque essere costantemente propenso al re-
visionare, al vedere di nuovo, a quell’opera di continuo riadatamento delle proprie posizioni, e dei propri studi; ma
revisionare è anche intelligenza del cambiamento, il saper assumere nuovi punti di vista che non erano stati presi in
considerazione, senza timore di dare scandalo e consapevole che tuto ciò potrebbe creare sì una nuova prospetva
nell’interpretazione dei fat storici così come dar spazio a diatribe, contrasti e sentenze.
Nell’ambito degli studi sui fascismi, sono det revisionisti quanti, sulla scorta di una corrente storiografica struturatasi in
Europa intorno ad alcune figure chiave di intelletuali e storici, si rifanno ad una tecnica interpretativa volta alla ricostruzione
dei nessi causali che sussisterebbero tra esperienze ideologiche e politiche distinte.
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A causa della sua contiguità con diverse forme di negazionismo e giustificazionismo (o riduzionismo), il revisionismo
riguardante le origini politiche della Seconda Guerra Mondiale, le sue conseguenze e, più precisamente, l’Olocausto assume
un particolare rilievo nell’ambito del revisionismo scientifico. Alcuni revisionisti muovono una critica ai processi di
Norimberga, metendone in discussione le basi giuridiche e la legitmità procedurale. Altri concentrano la loro ricerca su
aspet come la presunta falsificazione o la speciosità delle prove prodote dall’accusa o il fato che i vincitori commisero
crimini della stessa gravità di quelli degli sconfit come i gulag sovietici e i bombardamenti indiscriminati sui civili. Un altro
campo entro il quale si muove il revisionismo storico è quello relativo alla teoria del comploto giudaico che vede emergere,
negli anni ’50, due argomentazioni, entrambe volte a contestare la responsabilità tedesca relativamente alla Seconda Guerra
Mondiale. La prima sostiene che fu l’ebraismo mondiale (il Weltjudentum ) a dichiarare guerra alla Germania nel 1933 e i
nazisti avrebbero semplicemente risposto all’atacco ebraico; la seconda argomentazione vede colpevoli le potenze
occidentali che, sentendosi minacciate dal potere industriale e militare che la Germania andava acquistando soto la guida di
Hitler, avevano cospirato contro di essa sostenendo la Polonia e scatenando, quindi, la Seconda Guerra Mondiale.
Parlando di revisionismo olocaustico assume particolare rilievo la tesi “riduzionista” di Ernst Nolte il cui tema centrale si basa
sulla domanda se l’Olocausto sia un evento unico nella storia o sia comparabile ad altri eventi, identificando nell’arcipelago
Gulag l’evento originario di Auschwitz e nello sterminio di classe operato dai bolscevichi il prius logico e fatuale dello
sterminio degli ebrei messo in ato dai nazisti.
Notevole importanza assume, sempre nell’ambito del revisionismo olocaustico, anche il dibatto storiografico sorto sulle
origini dell’Olocausto. La ricerca delle motivazioni che condussero all'Olocausto, e la conseguente atribuzione delle
responsabilità, iniziò immediatamente al termine del secondo confito mondiale e vide contrapporsi gli studiosi
“funzionalisti”, i quali sostengono fondamentalmente l’inesistenza di un piano da parte di Hitler per dare l’avvio all’Olocausto
e che l’iniziativa in tal senso venne presa ai livelli più bassi della burocrazia tedesca, e quelli “intenzionalisti” che, al contrario ,
sostengono l’esistenza di un piano ben articolato di Hitler e che l’avvio dello sterminio ebraico dipese esclusivamente dalla
sua volontà.
1.2 Ernst Nolte e la “Historikerstreit” Nell’ambito degli studi sulla Seconda Guerra mondiale è possibile individuare una forma specifica di revisionismo che alcuni
presentano come “riduzionismo” perché ha lo scopo di ridimensionare la portata della Shoah e dei crimini nazisti.
L’esponente più conosciuto di questo indirizzo storiografico è probabilmente Ernst Nolte
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, lo storico della cultura tedesca, che
in varie occasioni ha sostenuto che la distruzione degli ebrei fu la risposta di Hitler alle atrocità bolsceviche, e che la macchina
di sterminio messa in moto dai nazisti non si allontana poi così tanto da altri episodi che hanno segnato in maniera negativa la
storia contemporanea, tra cui in primo luogo i gulag sovietici, che egli paragona ai lager nazisti. Da qui deriva la tesi secondo
cui il nazismo fu una reazione di difesa rispeto alla minaccia bolscevica, identificata da Hitler e dai vertici nazisti con la “piaga
giudaica”.
«C’è un filo condutore in grado di favorire l’orientamento nel dedalo di rileture, rivisitazioni e reinterpretazioni
che va soto il nome di “revisionismo storico?”. Secondo uno dei più autorevoli di questa corrente, Ernst Nolte,
nel condurre a termine lo sterminio degli ebrei, Hitler ha avuto presente al tempo stesso come modello e come
pericolo da sventare ad ogni costo la barbarie “asiatica” dei bolscevichi e il genocidio di classe da loro
consumato. Quella condota dai nazisti è una politica di “contro-annientamento” che risponde alla sfida della
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Ernst Nolte ( Witten , 11 gennaio 1923 ) è uno storico e filosofo tedesco . Attualmente è professore emerito di storia
contemporanea alla Freie Universität di Berlino .Filosofo di formazione, egli si è dedicato alla ricerca storica, divenendo il
rappresentante principale del revisionismo storico. La sua opera di storico è indirizzata principalmente all’analisi dei più
importante fenomeni ideologici-totalitari del XX secolo, quali il comunismo ed il fascismo. Punto focale delle tesi di Nolte è
l’ipotesi che il nazismo sia stata una reazione al bolscevismo che nel 1917 provocò la nascita dell’Unione Sovietica. Lo storico
afferma che, benché nazionalsocialismo tedesco e bolscevismo russo furono due fenomeni storici in antitesi fino alla fine, non
furono mai contrapposti l’uno all’altro in maniera contraddittoria anzi, man mano che la Seconda guerra mondiale volgeva al
termine, si fece sempre più chiara l’evidenza che fra essi avveniva come uno “scambio” di caratteristiche.
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politica di “annientamento” messa in ato dal regime scaturito dall’otobre 1917. Non solo l’orrore del terzo
Reich è un fenomeno derivato, ma i suoi crimini, “almeno fino al 1941”, risultano “incomparabilmente meno
massicci di quelli perpetrati in Unione Sovietica in nome della rivoluzione proletaria”.» 2
Nolte sosteneva l’idea del nazismo come reazione al bolscevismo, del quale riproponeva molte carateristiche, e sopratuto
poneva il problema se lo “sterminio di classe” atuato da milioni di bolscevichi non fosse il precedente logico e concreto
dell’”assassinio di razza” perpetrato dai nazisti. Stabilendo un nesso causale fra i gulag sovietici di Stalin e i campi di
concentramento di Hitler, Nolte mise in discussione la tesi ormai consolidata secondo cui l’Olocausto fu un fenomeno unico e
distinto della storia. Ernst Nolte, professore universitario dal 1973, aveva parlato fin dal 1974 di una “pluralità di ere
hitleriane”. Secondo lui “ogni Stato contemporaneo importante che si sia posto un obietvo straordinario, ha avuto la sua era
hitleriana con le sue mostruosità e le sue vitme”. Tra queste “ere hitleriane” Nolte includeva lo stalinismo e il maoismo, e
persino nel regime di De Gaulle credeva di poter rintracciare nascoste analogie.
Sul Frankfurter Allgemeine Zeitung del 6 giugno 1986 lo storico tedesco pubblicò un intervento dal titolo “Il passato che non
vuole passare” innescando nella Germania federale una durissima polemica tra storici, filosofi e politologi meglio conosciuta
come la “disputa tra gli storici” o Historikerstreit . Il riferimento ai trascorsi nazionalsocialisti della Germania era piutosto
evidente.
«E’ una singolare lacuna della leteratura sul nazionalsocialismo quella di non sapere o di non voler prendere
ato della misura in cui tuto ciò che i nazionalsocialisti fecero in seguito, con la sola eccezione della tecnica
delle camere a gas, era già descrito in una vasta leteratura dei primi anni venti: deportazioni e fucilazioni in
massa, torture, campi di concentramento, eliminazione di interi gruppi secondo criteri oggetvi, ordini di
sterminio di milioni di uomini innocenti, ma ritenuti “nemici”. […] Tutavia deve essere lecito, anzi, è inevitabile,
porre il seguente interrogativo: non compì Hitler, non compirono i nazionalsocialisti un’”azione asiatica” forse
soltanto perché consideravano se stessi e i propri simili vitme potenziali o efetve di un’”azione asiatica”?
L’arcipelago Gulag non precedete Auschwitz? Non fu lo “sterminio di classe” dei bolscevichi il prius logico e
fatuale dello “sterminio di razza” dei nazionalsocialisti?» 3
Quella di Nolte fu subito vista come un’opera di banalizzazione, il “banalizzare tuto con i paragoni” nel tentativo di sbloccare
il passato tedesco e farla finita con “l’atribuzione colletva di colpa”. Un mese più tardi la replica del filosofo e sociologo
Jürgen Habermas è piutosto categorica. Dalle pagine di Die Zeit dell’11 luglio, con un articolo intitolato “Una sorta di
risarcimento danni. Le tendenze apologetiche nella storiografia contemporanea tedesca”, egli mise soto accusa un intero
orientamento storiografico, comprendente alcuni degli storici tedeschi più in vista (Stürmer, Hillgruber, Hildebrand),
tacciandoli di “neorevisionismo”. Secondo Habermas, costoro avrebbero la pretesa di rifondare una sorta di identità nazionale
relativizzando le atrocità commesse dai nazisti con un risarcimento di danni del passato tedesco possibile atraverso la sua
equiparazione ai crimini di Stalin. Si trata, sostiene Habermas, di un’inaccetabile tendenza apologetica della storiografia
volta ad adescare l’opinione pubblica e portarla ad un ripensamento generale del nazionalsocialismo in favore di una
rielaborazione di quel tragico periodo a sostegno del clima culturale conservatore desideroso più che mai di saldare i conti
con un passato opprimente.
«I pianificatori di ideologie vogliono trovare consenso atraverso una rivivificazione della coscienza nazionale
[…] la teoria di Nolte ofre il grosso vantaggio di prendere due piccioni con una fava: i crimini nazisti perdono la
loro singolarità grazie al fato che divengono comprensibili se non altro come risposta alle minacce di sterminio
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D. Losurdo, Il revisionismo storico. Problemi e miti , Laterza, 1996, p. 3.
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E. Nolte, Il passato che non vuole passare, in Germania, un passato che non passa: i crimini nazisti e l’identità tedesca, a cura
di Gian Enrico Rusconi, Torino, Einaudi, 1987, p. 8.
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