6-il coraggio esistenziale, e non culturale. “Vivere
oltraggiosamente la propria vita, fino al rischio
estremo4.
L’eccessiva schematizzazione va integrata innanzitutto
sottolineando il fatto che uno degli ostacoli maggiori nello
studio di Pasolini è quello che comunemente viene definito
“fusione (o confusione) tra vita ed opera”, confusione tra il
gesto e la riflessione sul gesto(o l’espressione sul gesto).
Si imputa spesso a Pasolini che mancasse di cultura pragmatica. Se
si intende nel senso di empirismo filosofico, l’artista lo
avversava come un peccato di laicità:
«Pragmatismo ed empirismo sono pericolosi, possono
sfociare nel mito delle azioni irrazionalistiche(...)e il
mito dell’azione è una forma di irrazionalismo su cui si
fonda, in Italia, il fascismo.5
Nei riguardi del sistema di conoscenza e quindi di apprendimento
di Pasolini nei confronti della realtà si dovrebbe parlare non
tanto di filosofia dell’esperienza quanto di una capacità unica di
trarre il maggior profitto da esperienze personali. Il salto tra
il pubblico e il privato caratterizza il suo stile:
I suoi sentimenti, i rapporti privati, le sue emozioni,
la loro sublimazione culturale e poetica sono il nerbo
stesso dell’argomentazione, la forza stilistica che
surroga l’argomentazione, la prova della verità della
tesi. Punto di partenza, percorso, punto di arrivo.6
Un esempio lo troviamo nel modo di impostare i discorsi-invettiva
negli articoli giornalistici raccolti in Scritti corsari: partire
4 E.SICILIANO, Vita di Pasolini , Giunti, Firenze 1995, p.517.
5 P.P.PASOLINI, Ideologia e poetica in “Filmcritica” n. 232 marzo 1973.
6 P.BELLOCCHIO, Disperatamente italiano, in P.P.PASOLINI, Saggi sulla politica e
sulla società,a cura di Walter Siti, Mondadori,Milano 1999.
PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com
7da un dettaglio (magari estetico) e, attraverso una serie di
sillogismi serrati assolutizzarlo, trarne le conclusioni, farne
norma di lettura dei cambiamenti della società in atto. La
deformazione che necessariamente ne deriva viene compensata dalla
«straordinaria efficacia e coerenza provocatoria dei suoi
discorsi»7, dal fascino del ritmo sempre teso, anche dalla mancanza
di ironia e spesso dal tono apocalittico.
Pasolini fu dunque sempre in lotta con la società e con sé stesso,
in tensione fra la solitudine dell’intellettuale e la necessità di
un pubblico che non fosse solo la massa o l’intelligencjia, la
borghesia o la classe politica, ma tutti questi insieme.
Il conflittuale rapporto con il pubblico assunse i connotati della
sfida soprattutto negli ultimi anni (Sfida ai dirigenti della tv è
il titolo di un articolo, per citare solo un esempio) ma il suo
ruolo fu sempre quello del “perturbatore della quiete”8.
Questa posizione nei confronti della società assunta da Pasolini
riassume i caratteri del “grillo parlante” se si inquadra
nell’ottica di Norberto Bobbio (ripreso da Umberto Eco in La
missione del grillo parlante, “La Repubblica”,28/09/04) sulla
funzione dell’intellettuale nella società odierna:
Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi
quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere
certezze.
Dunque, come una voce della coscienza,
l’intellettuale svolge la propria funzione critica e non
propagandistica solo (o anzitutto) quando sa parlare
contro la propria parte.
7 A.BERARDINELLI, Prefazione a Scritti Corsari in Scritti Corsari, Garzanti ,
Milano 1990, p.IX.
8 E.SICILIANO, Vita di Pasolini, cit. , p. 429.
PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com
8L´intellettuale impegnato deve mettere anzitutto in crisi coloro a
fianco dei quali s´impegna, anche a costo «di essere fucilato dopo
la prima ondata». Da questo punto di vista viene illuminato anche
il tormentato rapporto con il Partito Comunista e la politica in
generale. Fin dalla espulsione, maturata nel 1949 a causa di una
denuncia per pedofilia (poi rivelatasi infondata) e dell’onta che
ne scaturì, Pasolini fu sempre in polemica verso il Pci.
Eppure alla fine del 1975 dichiarava ancora di credere nella
politica attraverso «la mia particolare ottica che è quella di un
comunista»9 o, più precisamente, «come marxista che vota per il
Pci»10. Con il partito si comporta sempre in modo trasversale, vi
si identifica ma insieme lo attacca facendo venire a galla
spietatamente gli errori attraverso l’enorme massa di articoli di
intervento.
Anche nei confronti di tutti gli schieramenti ideologici e sociali
dell’Italia del dopoguerra ha un atteggiamento “mercuriale”, quasi
un “trickster” che si diverte a spiazzare le attese dei lettori
passando attraverso tutti i temi sociali e le identificazioni di
classe:
Intellettuale piccolo-borghese, marxista eppure non più
marxista, e alla fine provocatoriamente reazionario; uomo
di sinistra, di destra e ancora conclusivamente radicale;
prima articolista su “Vie Nuove”, poi del padronale
“Corriere della Sera”; recensore sui giornali
radicaleggianti della sinistra illuminata (“Il Mondo”,
“Il Tempo”) e ammiratore della tradizionale cultura di
destra; marxista rivoluzionario e accusatore del ’68.11
Difficile trovare nella sua carriera, sia poetica che politica,
un’isola dove le contraddizioni si ricompongano. L’indole
vitalistica lo conduceva verso le soluzioni dell’enciclopedismo e
9 P.P.PASOLINI, Scritti Corsari, con prefazione di A.Berardinelli, Garzanti,
Milano 1990, p. 92.
10 P.P.PASOLINI, Lettere Luterane, Einaudi Torino 1976, p.185.
11 R.RINALDI, L’irriconoscibile Pasolini, Marra Editore, 1990, p.37.
PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com
9della pratica del rifiuto del compromesso, unita ad una coscienza
artistica che si misurava su ogni campo con la profondità del
“candore” (“il verde entusiasmo per una innovazione radicale” di
cui ha parlato Andrea Zanzotto) e che prendeva forma di un
bricolage di stili (nell’intervista con John Halliday si dichiara
un “pasticheur”), non estranea ad un certo gusto per la boutade
eretica e provocatoria.
Dunque,ritornando a Bobbio, possiamo constatare che la definizione
di intellettuale come colui che «non risolve le crisi, ma le crea»
si adatti perfettamente alla figura di Pasolini.
Anche la distinzione di Bobbio tra «la politica della cultura come
politica degli uomini di cultura in difesa delle condizioni di
esistenza e di sviluppo della cultura» e «la politica culturale,
cioè la pianificazione della cultura da parte dei politici»
rimanda all’interpretazione che Pasolini dava al concetto di
“politica”. Fare politica era per lui praticare «il coraggio
intellettuale della verità», guidato dalla propria sensibilità di
intellettuale e dalla sua particolare esperienza di vita privata.
Ma se la funzione politica della cultura era la difesa della
libertà, come esercitare una critica radicale senza sporcarsi le
mani col “Sistema”, intendendo quest’ultimo anche come apparato di
mass-media? Il dilemma si riproponeva ad ogni angolo e Pasolini
ne era cosciente:
Il coraggio intellettuale della verità in Italia e la
pratica politica sono inconciliabili in Italia12.
Il Pasolini degli anni ’70 reagì al pericolo “mortale” di
un’impasse conoscitiva ed espressiva nel modo a lui più
congeniale: cadute l’ideologia degli anni ’50 e l’ideale di
rivoluzione, abbandonata la fiducia nel mezzo poetico come
giustificazione e salvezza, si avviava verso una solitudine
intellettuale che caratterizzerà appunto questo ultimo periodo.
12 P.P.PASOLINI, Scritti Corsari, cit. , p.90.
PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com
10
Non credo più nella dialettica e nella contraddizione, ma
alle pure opposizioni.13
Dunque marcava il proprio metodo trasformando la solitudine
conoscitiva in rabbia e in aggressività polemica. Questo
instancabile polemizzare, questa metodica volontà di non
ricomporre i contrasti, se non si vuole intendere come assoluta
volontà di rifiuto al dialogo, va interpretata con l’idea di
Bobbio di una “imparzialità” che «non significa non dare ragione a
nessuno dei due contendenti, ma dare ragione all’uno o all’altro,
o magari torto a tutti e due, a ragion veduta»; per cui «si può
essere imparziali senza essere neutrali» e che «al di là del
dovere di entrare nella lotta, c´è, per l´uomo di cultura, il
diritto di non accettare i termini della lotta così come sono
posti, di discuterli, di sottoporli alla critica della ragione»
perché «al di là del dovere della collaborazione c´è il diritto
della indagine».14
Il diritto all’indagine sarà uno dei fondamenti del Pasolini
corsaro e luterano.
Sapere i nomi dei responsabili della stagione stragista, dei
falliti golpes, chiarire collegamenti oscuri e responsabilità,
ricostruire ciò che era accaduto in Italia dal 1968 in poi: questi
ed altri erano gli obiettivi del “Processo alla Dc” prospettato da
Pasolini nell’ormai celeberrimo articolo Che cos’è questo golpe?15
Ma se in tale articolo si limitava a dire di sapere ma di non
poter fare nomi per mancanza di prove, prospettando un “colpo di
stato” realizzato solo attraverso logiche interne al “Palazzo”
(«A dire i nomi saranno coloro che hanno condiviso con essi il
potere: come minori responsabili contro maggiori responsabili»16),
col volgere di un anno la prospettiva si aprirà,o tenterà di
13 J.M.GARDAIR, Entretien avec Pier Paolo Pasolini, “Le Monde”, 26/2/71.
14 UMBERTO ECO, La missione del grillo parlante, “La Repubblica” 28/09/04.
15 Ora in Scritti Corsari col titolo Il romanzo delle stragi.
16 P.P.PASOLINI, Scritti Corsari, cit., p 93.
PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com
11
aprirsi ad una soluzione, richiamando l’intervento della società
civile.
Infatti nell’articolo scritto il 28/9/75 dal titolo Perché il
processo, l’autore non ricorrerà più, nel dare il “la” ai suoi
j’accuse, all’anafora “ Io so” ma a quella di “I cittadini
italiani vogliono consapevolmente sapere”. L’esito di tutto il suo
ragionamento è quello di farsi voce, coscienza civile di un popolo
che chiede il “processo” alla classe dirigente democristiana con
«la figura, il senso, il valore di una Sintesi»:
Ma gli italiani- e questo è il nodo della questione-
vogliono sapere tutte queste cose insieme. Fin che non si
sapranno tutte queste cose insieme- e la logica che le
connette e le lega in un tutto unico non sarà lasciata
alla sola fantasia dei moralisti- la coscienza politica
degli italiani non potrà produrre nuova coscienza. Cioè
l’Italia non potrà essere governata.17.
Sulle colpe imputate da Pasolini alla classe dirigente italiana si
tornerà più avanti. Quello che interessa sottolineare adesso è la
straordinaria corrispondenza della conclusione a cui giunse
Pasolini con le parole di Bobbio riletto da Eco:
La politica della cultura ha come compito quella della
sintesi, capacità critica di entrambe le posizioni.
Pasolini era cosciente del ruolo che aveva raggiunto attraverso la
sua notorietà artistica, lo scandalo della propria vita privata
davanti all’opinione pubblica, l’autorità intellettuale
(certamente appannata, perlomeno a livello letterario, nel periodo
di cui ci occupiamo) derivata dall’infaticabile uso della ragione.
Ne accettava drammaticamente tutti i risvolti. Si pensava come un
“Socrate sublime e ridicolo” e nella sua arte cinematografica
17 P.P.PASOLINI, Lettere Luterane, cit., p.148.
PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com
12
aveva assimilato la propria figura di “grillo parlante” a quella
del corvo.
Quando girò Uccellacci e uccellini era ancora il 1966 e il corvo
(«metafora irregolare dell’autore») che accompagnava Totò e
Ninetto nel loro viaggio profetizzava l’Apocalisse neocapitalista
ancora sapendo ridere della propria petulanza, convinto
pazientemente che a lungo andare la ripetizione avrebbe
esorcizzato la sua personale visione della “fine del mondo”.
Lo scrittore degli anni ’70 sarà ancora alla ricerca di nuove
utopie, ma senza più l’ottimismo di un tempo.
In un film pensato fin dal 1968 e mai realizzato, intitolato Porno
Teo-Kolossal, l’autore immagina di nuovo un viaggio attraverso
varie città, ognuna rappresentante un’ideologia politica. I
protagonisti sarebbero dovuti essere ancora Ninetto e, come
maestro, Eduardo De Filippo. La differenza più significativa
rispetto a Uccellaci e uccellini è che invece di essere
accompagnati dal corvo i due viandanti seguono la stella cometa.
Non vedo simbolo migliore per rappresentare il cambiamento
sopravvenuto in quegli anni: l’intellettuale non accompagna più il
popolo, si trasforma in un punto lontano nel cielo, indica la
strada, ma è cambiata la natura del dialogo.
Concludendo dunque il confronto con le parole di Umberto Eco, le
differenze più contrastanti risuonano su quale atteggiamento
morale un intellettuale dovrebbe mantenere nei confronti della
vita. Secondo Eco infatti l’intellettuale dovrebbe essere un
buon pessimista, che agisce bene senza chiedere alcuna
garanzia che il mondo migliori e senza attendere né premi
né conferme.
Continua invece riguardo all’atteggiamento ottimistico affermando
che «non si addice all’uomo di ragione» perché «l’ottimismo
comporta pur sempre una dose di infatuazione, e l’uomo di ragione
non dovrebbe essere infatuato».
PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com
13
Questo è ciò che chiedevano molti intellettuali e colleghi
letterati al nostro (uno su tutti Franco Fortini, ma anche Italo
Calvino).
Ma come sperare in una conciliazione ascoltando le parole di
Pasolini :
Amo la vita così ferocemente, così disperatamente, che
non me ne può venire bene: dico i dati fisici della vita,
il sole, l’erba, la giovinezza: è un vizio molto più
tremendo della cocaina, non mi costa nulla, e ce n’è
un’abbondanza sconfinata, senza limiti: e io divoro,
divoro(...) Come andrà a finire, non lo so18.
Sembra risuonare in queste parole quasi il “vizio assurdo” di
Pavese, ma rovesciato in prospettiva vitalistica.
E il dilemma si poneva tanto più drammatico in quanto inglobava
una serie di problematiche fondamentali riassumibili
schematicamente nel rapporto intellettuale-canale di comunicazione
-massa.
18 E.SICILIANO, Vita di Pasolini, cit. p.277.
PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com
14
I.2. Rivolta e Rivoluzione: la svolta del ’68.
La solitudine, dice il poeta, esiste solo se confrontata
con la vita pubblica.19
Per poter comprendere a fondo le scelte del Pasolini “politico”
(così come si esplicano negli articoli giornalistici raccolti nei
volumi Scritti Corsari e Lettere Luterane) e il senso di una
interpretazione organica di tutta la sua produzione finale,
bisogna partire da una serie di premesse di carattere più o meno
generale.
E’ necessaria innanzitutto una panoramica sulla società italiana
in cui si muove il poeta. Non a caso Piergiorgio Bellocchio ha
definito Pasolini “disperatamente italiano”.
Punto di partenza non può che essere l’anno 1968 e il solco che
scavò nelle coscienze e nella pratica quotidiana degli italiani.
Il carico di domande che gli studenti in quegli anni e la società
tutta ponevano non potevano lasciarlo senza il dovere di una
risposta. Soprattutto i giovani lo mettevano alle strette, lo
sollecitavano a prendere coscienza di essere ormai “padre”, di
dover avviare un nuovo confronto impostandolo come dialogo tra
generazioni e non più solo tra classi sociali.
Pasolini viveva questo confronto drammaticamente perché andava a
scalfire quella parte della propria interiorità che rifiutava,
forse anche un po’ narcisticamente, di prendere atto di un
fenomeno molto comune chiamato “invecchiamento”:
E’ arrivato il momento della mia vita in cui ho dovuto
ammettere di appartenere senza scampo alla generazione
dei padri20.
Questa ammissione, maturata successivamente al biennio ’68-’69,
dopo cioè che l’ondata delle polemica si era sopita, assumeva
19 R.RINALDI, L’irriconoscibile Pasolini, cit. , p. 177.
20 P.P.PASOLINI, Lettere Luterane, cit. , p.5.
PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com
15
connotati drammatici: in una poesia dedicata al leader degli
studenti contestatori tedeschi scriveva:
«Ti sono padre.
Perché allora ti guardo con gli occhi del figlio?21
In queste parole vi era concentrato un insieme di problematiche
attinenti non solo alla psicologia personale del poeta, ma anche
alla necessità di dover cambiare l’oggetto della propria analisi.
Su queste basi Pasolini impostò il dibattito con la rivolta
studentesca del ’68.
La forma che assunse in Italia tale movimento nasceva dal bisogno
di una partecipazione larga delle masse alla vita dello Stato. La
“rabbia” di cui gli studenti si facevano interprete era da
ricercare nella fisiologia che aveva assunto la società italiana
di quegli anni, modificata radicalmente dall’immigrazione di massa
al nord, dallo squilibrio generato dal boom economico, dalla
crescita incontrollata degli agglomerati urbani, dalle nuove forme
di massificazione, dalla necessità di un degno sbocco delle
piccola borghesia indipendente che affollava le università. Ma
soprattutto premeva la necessità di manifestare tutto questo, di
affermarlo pubblicamente per poter agire con forza sulle classi al
potere.
Pasolini temeva che le fondate ragioni del dissenso politico
potessero degenerare senza un possesso culturale vero e proprio.
Ben presto la rivolta prese i caratteri e le forme di uno
spettacolo, metteva come soggetto sé stessa, si autocitava. Nata
nelle università di Torino (palazzo Fontana) e di Roma (facoltà di
architettura a Valle Giulia), chiedeva drasticamente al mondo
della cultura di farsi un esame di coscienza. Ma senza un
ragionato progetto culturale sfociò nel politicismo e mise a nudo
i veri obiettivi. L’idea che l’attività culturale dovesse “servire
21 P.P.PASOLINI, Deutshke, in Trasumanar e organizzar, Garzanti ,Milano 1971,
p.31.
PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com
16
il popolo” mostrava tutti i suoi limiti e le ambizioni più o meno
consapevoli di chi la portava avanti. La richiesta del ricambio
generazionale da parte degli studenti piccolo-borghesi diveniva
così un tentativo di porsi dalla parte degli operai per ottenere
una posizione di preminenza da sfruttare contro la grande
borghesia. Il grosso errore fu quello di
indebolire il peso politico del proletariato e dei suoi
partiti, anche appropriandosi del loro linguaggio,
sfruttando la loro ideologia22,
considerando comunque la fondamentale estraneità della classe
operaia alle manifestazioni studentesche.
La limitatezza di tale analisi va però integrata con altre
considerazioni. Le motivazioni ideali non vanno certamente
escluse, la frustrazione nei confronti delle classi dominanti,
composte anche da “baroni” universitari e da politici “irreali”
(secondo una ricorrente definizione di Pasolini ripresa dall’
amica Elsa Morante) erano vere e la necessità di un “salasso” alla
società era evidente.
Ma le scelte politiche necessarie ad interpretare queste richieste
latitarono, i partiti politici furono essenzialmente incapaci di
comprendere il senso socialmente pericoloso sulla psicologia
collettiva di quella rivolta. Il PCI ne diede un apprezzamento
eccessivamente positivo, si adeguò ad accettare la “rivolta” al
posto della “rivoluzione”, che però ebbe come caratteristica
fondamentale la finale parcellizzazione e il suo sbocco nel
corporativismo. Mancava una qualsiasi immagine unificante di
società, mancavano valori condivisi. Chi era al potere, la Dc su
tutti, non si accorse di cosa stesse covando la società.
Pasolini intuì «Il contenuto regressivo, piccolo borghese della
rivolta del ’68» e in anticipo sugli altri espresse la
preoccupazione che «il maggio studentesco italiano era una cifrata
22 E.SICILIANO, Vita di Pasolini, cit., p.421.
PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com
17
rivolta della borghesia contro stessa».23 Ma per lui il cardine del
problema era un altro.
Egli non accettò che venisse completamente annullato il sentimento
di una continuità storica fra le generazioni e si rese conto,
forse veramente per la prima volta, che lo scontro padri-figli
andava virando verso una svolta storica, addirittura apocalittica.
Gli scontri a Valle Giulia a Roma tra gli studenti e le forze di
polizia, il primo marzo 1968, e la battaglia che ne seguì nella
facoltà di architettura spinse Pasolini a scrivere dei versi a
caldo, carichi di passione emotiva e a livello stilistico, per sua
stessa ammissione, molto poco lirici, sulla sua interpretazione
del contenuto politico e sociale della “rivolta”. Il titolo
dell’ormai celeberrimo pamphlet era Il PCI ai giovani!.
E’ triste. La polemica contro
il PCI andava fatta nella prima metà
del decennio passato. Siete in ritardo figli.
Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte
Coi poliziotti
Io simpatizzavo coi poliziotti!
Perché i poliziotti sono figli di poveri.
Vengono da periferie, contadine e urbane che siano.
L’ardore da predicatore di Pasolini, rovesciando completamente
punti di vista definiti da tempo, provocò polemiche mai sopite.
Fra le due parti contendenti individuava nella classe dei
poliziotti i figli del sottoproletariato povero che venivano
emarginati dalla società sociale nel corpo di polizia:
«esclusi/umiliati dalla perdita della qualità di uomini/ per
quella di poliziotti (l’essere odiati fa odiare)».
Al contrario vedeva negli studenti contestatori “figli di papà”(
altra espressione questa entrata nel linguaggio comune), animati
da «sacro teppismo(di eletta tradizione/risorgimentale)»: erano “i
23 E.SICILIANO, Vita di Pasolini, cit p.425.
PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com
18
ricchi” che avevano «bastonato- “benché dalla parte / della
ragione” – i poveri».
La convinzione di fondo su cui Pasolini basava questo “pamphlet”,
prendendo forma di un attacco ai consolidati schemi di lettura
degli avvenimenti, va ricercato nel pensiero che lo aveva
accompagnato fin dalle polemiche con l’avanguardia del Gruppo ’63
sulle questioni linguistiche che il sistema capitalistico andava
ponendo con la nascita dell’ ”espressività di massa”.
Sempre nel quadro di uno scontro tra generazioni, Pasolini si
opponeva all’idea di una lotta portata ad un supposto
establishment letterario condotta per redazioni di case editrici:
la presa di potere per lui si traduceva come un intervento sulla
storia, sui contenuti morali della letteratura, sui processi delle
forme espressive. La nuova lingua tecnologica era espressione di
un vasto mutamento delle forze all’interno della società, dove lo
stessa vecchia borghesia “umanista” (e di conseguenza il vecchio
modello di intellettuale) veniva accantonata da
una nuova borghesia “tecnocratica” dalle rilevanti
tendenze egemoniche(…)irradiatrice di potere economico,
di cultura, quindi di lingua24.
Il suo assunto di scrittore era quello di «opporsi ad essa, non
ignorandola», individuandola come «fenomeno reale»25.
Queste convinzioni espresse nel 1965 vengono riprese nel dibattito
con gli studenti del ‘68, ma estendendo l’argomento alla politica:
Smettetela di pensare ai vostri diritti,
smettetela di chiedere il potere.
Un borghese redento deve rinunciare ai suoi diritti,
e bandire dalla sua anima, una volta per sempre,
l’idea del potere26.
24 P.P.PASOLINI, Empirismo eretico, Garzanti, Milano 1972-91, p.29.
25 P.P.PASOLINI, Empirismo eretico, cit., p.29.
PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com
19
L’unico modo per i figli borghesi del “progresso” di uscire da
questo circolo vizioso in cui la lotta era semplicemente un
passaggio di poteri tra generazioni, per Pasolini era quello di
rifiutare tale concetto di progresso appoggiandosi al Partito
Comunista. Nonostante la presenza nel partito di «signori in
doppiopetto, bocciofili, amanti della litote, / borghesi coetanei
dei vostri stupidi padri», tale partito rappresentava la forma
ideale di opposizione, sia perché realmente era all’opposizione in
parlamento, sia perché aveva «come obiettivo teorico la
distruzione del Potere». Rivoluzione dunque, non rivolta.
Nell’articolo L’idea di rivoluzione di Pasolini” (in “Città
Futura” 9/11/77), Ferdinando Camon afferma che Pasolini,
riferendosi alle rivolte sessantottine, parlava in termini di
“guerra civile “ e non “Rivoluzione” perché
soffriva il trauma degli intellettuali della vecchia
sinistra che, avendo passato tutta la vita ad aspettare
la vendetta dell’operaio (il proletario, l’oggetto di
oltre un secolo di indagine storica ed economica),
vedendo d’improvviso in quel ruolo storico lo studente e
il figlio del borghese, aveva avuto l’impressione di una
impostura.
Indubbiamente questa era una componente centrale nell’ ottica di
Pasolini, rafforzata da una profonda sfiducia nei confronti della
classe borghese e dalla convinzione che il modello di vita e di
pensiero che imponeva fossero assoluti, senza vie d’uscita o
confronti. Ma bisogna considerare che l’ideologia in Pasolini non
va mai presa come un monolite, essa era contraddittoria perché
basata sul senso comune e la concretezza della lettura della
realtà.
26 P.P.PASOLINI, IL PCI ai giovani, in Empirismo Eretico, cit. p.155.
PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com