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Introduzione
Qualsiasi asset manager, private banker, financial advisor, wealth manager,
consulente finanziario, pianificatore finanziario, che si appresta a costruire un
investimento deve scegliere quale strada percorrere dopo aver definito il portafoglio
strategico: fare o non fare asset allocation tattica? L’asset allocation tattica (AAT) è
quella disciplina che regola le variazioni applicate alla composizione dell’asset
allocation strategica (AAS), ovvero la combinazione di asset class che è stata costruita
per l’investitore, in base alla sua propensione al rischio e al suo holding period, definiti
in sede di profilatura. Mentre l’AAS rappresenta un campo esplorato in lungo e in largo
nell’arco della storia dell’asset management, l’AAT presenta più zone d’ombra che di
luce. Il motivo di tale discrepanza tra le due attività è facilmente individuabile,
molteplici studi infatti, dimostrano che i rendimenti a lungo termine di un portafoglio
derivano quasi totalmente dalla composizione strategica dello stesso. Ciò lascia meriti
marginali alle attività di stock picking, di market timing e anche di asset allocation
tattica ed ha portato la ricerca ha concentrarsi maggiormente sulle scelte strategiche e
non su quelle tattiche. Non esiste infatti un modello di asset allocation tattica
riconosciuto dai pratictioners come il modello da utilizzare o comunque quello su cui
basarsi per definirne un nuovo. L’asset allocation tattica viene spesso definita come “un
gioco a somma zero”, ovvero come un’attività che nel breve periodo può portare a
scelte corrette ma anche a scelte sbagliate, determinando una compensazione nel lungo
periodo. La difficoltà di creare valore aggiunto con correzioni tattiche è causata dalla
difficoltà nel fare previsioni di breve periodo. Prevedere l’andamento nel breve termine
delle serie storiche finanziarie è una delle attività più difficili e affascinanti del mondo
finanziario. È sempre più frequente l’implementazione di modelli informatici che
sfruttano la potenza dei calcolatori per effettuare previsioni sulle serie storiche. Negli
ultimi anni è sempre più facile imbattersi nella disciplina dell’Intelligenza artificiale o
del Machine Learning grazie ai grandi progressi in ambito tecnologico che l’uomo sta
portando avanti, che stanno portando al raggiungimento di risultati sempre più
importanti, inimmaginabili soltanto pochi decenni fa. Le applicazioni dell’intelligenza
artificiale sono infinite e influenzano in modo netto la vita quotidiana dell’essere
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umano. Il Machine Learning rappresenta uno strumento fondamentale che ha permesso
di raggiungere risultati così avanzati. Dare una definizione univoca di tale disciplina è
molto complesso in quanto si tratta di un tema con ambiti di applicazione infiniti che si
esplicita in diverse modalità e forme. Si può tuttavia affermare che con il termine
Machine Learning si intende una branca dell’intelligenza artificiale che utilizza diverse
tecniche ed algoritmi per la creazione automatica di modelli di dati. La caratteristica in
tale ambito, che diversifica tale disciplina dagli approcci classici è che a differenza di un
sistema che esegue un’attività seguendo regole ben precise e predefinite, un modello di
machine learning impara a svolgere determinati compiti migliorando costantemente
tramite l’esperienza la propria capacità. Questa attitudine ad imparare autonomamente
dall’esperienza rende questi modelli particolarmente attrattivi. Inoltre, il recente
sviluppo di ambienti computazionali ad hoc ha reso il Machine Learning accessibile ed
implementabile anche da persone non esperte nella disciplina della programmazione
informatica. L’utilizzo di modelli di questo tipo rappresenta quindi il futuro per
moltissime discipline oltre quella informatica, si pensi ad esempio all’automazione
industriale o all’ingegneria biomedica. Anche in ambito economico, l’argomento del
Machine Learning sta acquisendo sempre maggiore importanza. Le applicazioni come si
avrà modo di descrivere nell’elaborato sono molte, ma per il lavoro di ricerca qui
presentato si è voluta focalizzare l’attenzione su un problema principale, ossia quello
della previsione delle serie storiche finanziarie. L’obiettivo dell’elaborato è quello di
indagare in che modo il machine learning, in particolare attraverso le reti neurali
artificiali, può contribuire alla definizione di un modello di asset allocation tattica. Per
raggiungere tale obiettivo l’elaborato è stato organizzato nel modo seguente. La prima
parte vuole descrivere l’AAT, ossia quella delicata attività di gestione finalizzata a
migliorare le performance di portafoglio attraverso opportune variazioni che portano a
deviare consapevolmente e per brevi periodi di tempo dalle allocazioni strategiche di
lungo periodo. In questa prima parte l’implementazione avviene con il modello di Black
e Litterman che rappresenta uno strumento efficace al fine di rendere applicabile il
modello di Markowitz. Nella seconda parte si va ad introdurre la tecnica delle reti
neurali artificiali e dopo un attento studio delle funzionalità dello strumento si cerca di
capire come lo strumento può essere complementare o sostitutivo al modello Black e
Litterman ai fini dell’AAT. Il quarto e ultimo capitolo infatti è incentrato sulla vera e
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propria implementazione del modello descritto precedentemente. Dopo aver delineato le
caratteristiche principali scelte per la Rete Neurale e il procedimento seguito per la
composizione del dataset e della struttura, si passa alla fase di addestramento della
ANN. Una volta concluso tale procedimento, sono analizzate le performance della Rete
e su come tale performance impattano le scelte di asset allocation tattica. Tutte le analisi
svolte in tale sezione sono implementate mediante il software di calcolo Matlab R2020b
e il codice necessario all’implementazione di quanto descritto precedentemente è
riportato a fine lavoro. La parte conclusiva dell’elaborato invece cerca di dare una
risposta alla domanda che ci si è posti inizialmente, valutando se effettivamente
l’implementazione di una ANN può contribuire alla definizione di un modello di asset
allocation tattica.
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Capitolo 1
1. Asset Allocation
1.1 Introduzione
In questo primo capitolo si introduce la teoria della costruzione di portafoglio,
che si può definire come quella parte della finanza che si occupa dei problemi teorici
connessi all’allocazione di un capitale fra diversi investimenti possibili. L’obiettivo del
capitolo è quello di illustrare le fasi necessarie per costruire, in maniera razionale, una
strategia di investimento. La differenza tra un individuo che gestisce un portafoglio in
maniera razionale, e chi in maniera irrazionale, è proprio nella capacità di dare una
logica alla disciplina della costruzione di portafoglio. Il primo stadio prevede la
profilatura dell’investitore. Questa rappresenta una fase ex ante ma indispensabile in
quanto permette di raccogliere informazioni essenziali per l’asset manager. Dopo aver
raccolto queste informazioni è possibile iniziare la fase di costruzione di portafoglio.
L’errore più macroscopico che si può commettere a riguardo è immaginare che il
portafoglio nasca come una semplice trasformazione di una somma di denaro in una
combinazione di prodotti di investimento. Un portafoglio non nasce mai come
combinazione di prodotti ma innanzitutto come combinazione di asset class ovvero
mercati finanziari. L’importanza dell’asset allocation è stata materia di discussione per
decenni. L’elaborato che ha il merito di accendere il lungo dibattito sul tema è l’articolo
“Determinants of Portfolio Performance” di Gary Brinson, Randolph Hood e Gilbert
Beebower (BHB) del 1986. I tre esperti analizzarono la performance di 91 fondi
pensione americani tra il 1974 e il 1983 argomentando che l’asset allocation strategica è
il fattore decisivo della performance di un portafoglio contribuendovi per il 93,6% in
termini di variazione dei rendimenti medi del fondo. Nel 1991 BHB pubblicarono un
aggiornamento del loro studio analizzando le performance dal 1977 al 1987
confermando sostanzialmente il risultato di cinque anni prima, nel lungo termine l’asset
allocation è decisiva (91,5% anziché 93,6%).
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L’allocazione di asset class può avere fini strategici o tattici. L’asset allocation
strategica può essere definita come il modo in cui un investitore decide di allocare la
propria ricchezza tra diverse asset class nel lungo periodo. L’asset allocation tattica,
spesso definita come fase di market timing, è una correzione periodica dell’asset
allocation strategica finalizzata a recepire le aspettative dei mercati nel breve termine.
1.2 Le fasi della costruzione di portafoglio
Le strategie di investimento presentano un iter generale comune a tutte le
tecniche sviluppate, sia in ambito accademico che all’interno delle società di
investimento. Il processo di portfolio construction si sviluppa obbligatoriamente nei
seguenti punti:
1. profilatura dell’investitore;
2. analisi dei mercati finanziari;
3. l’ottimizzazione.
Il processo parte da una fase ex ante, nella quale si vanno a raccogliere
informazioni vitali; informazioni che insieme alla stima dell’andamento futuro dei
mercati ci permettono di implementare l’ottimizzazione che fornirà come output il
portafoglio ottimale per l’investitore.
1.2.1 Profilatura dell’investitore
In questa fase l’intermediario finanziario indaga sulle esigenze finanziarie
dell’investitore per costruire un portafoglio adeguato allo stesso. La profilatura
dell’investitore è stata resa obbligatoria dalla direttiva MiFID, acronimo di Market in
Financial Instruments Directive, emanato dal Parlamento e dal Consiglio Europeo nel
2004
1
. Il questionario MiFID assolve la funzione di raccogliere e documentare le
informazioni ottenute o fornite dal cliente all’impresa di investimento e permette a
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Dal 3/01/2018 è entrata in vigore in tutta l’Unione la nuova direttiva MiFID II (2014/65/EU)
che, insieme alla MiFIR o Markets in financial instruments regulation (regolamento EU n. 600/2014) ha
preso il posto delle precedente regolamentazione europea.
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quest’ultima di assolvere a particolari obblighi di valutazione della coerenza degli
investimenti
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rispetto al profilo di ogni singolo investitore.
Le informazioni relative all’investitore da considerare al fine della costruzione di
portafoglio sono molteplici, ma fra tutte due sono essenziali: l’holding period e la risk
tollerance. La prima rappresenta il periodo di tempo in cui l’investitore non ha
intenzione di smobilizzare e quindi di mantenere l’investimento, senza
quest’informazione l’asset manager non saprebbe su quali rendimenti futuri orientare le
previsioni. La seconda informazione cruciale è la tolleranza al rischio dell’investitore,
misurazione resa obbligatoria dalla normativa MiFID attraverso il questionario, in modo
da effettuare una proposta di un portafoglio coerente con quella misura. Nel quantificare
questa misura, in questa fase di profilatura è bene parlare di “tolleranza alle perdite” che
rappresenta una metrica più facilmente interpretabile dal cliente rispetto ai numerosi
indicatori statistici esistenti per la misura del rischio.
Le preferenze dell’investitore hanno un forte contenuto di soggettività che rende
complessa la traduzione in termini matematici. Tuttavia, l’esigenza di facilitare il
processo di ottimizzazione induce a creare una funzione obiettivo all’interno della quale
incorporare i parametri a cui l’investitore è sensibile.
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1.2.2 Analisi dei Mercati finanziari
Un portafoglio prima di essere una combinazione di titoli è una combinazione
ottimale di asset class ovvero delle classi di investimenti finanziari che possono essere
distinte in base a delle proprietà peculiari. L’asset manager è tenuto a selezionare i
mercati nei quali investire, tenendo conto eventualmente delle preferenze manifestate
dall’investitore nella fase precedente e seguendo due principi cardine: non precludere
alcun investimento e fare in modo che le asset class selezionate non siano sovrapposte
tra loro. L’analisi dei mercati selezionati viene svolta attraverso uno studio rendimento-
rischio in modo da produrre degli indicatori che verranno poi utilizzati come input in un
modello di ottimizzazione che analizzeremo nel successivo paragrafo, per fare ciò è
2
Si parla di obblighi di adeguatezza, per i servizi di gestione di portafogli e di consulenza in
materia di investimenti, e di obblighi di appropriatezza per quei servizi tipicamente esecutivi di ordini da
parte dei clienti.
3
POMANTE U. (2008)
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però necessario dotarsi di un indice di mercato o benchmark che sia rappresentativo del
mercato in modo da misurarne l’andamento. Un indice di mercato o benchmark è un
paniere fittizio di titoli la cui composizione rappresenta in maniera efficace la
composizione di un effettivo mercato, pertanto la performance dell’indice si considera
come performance del mercato di riferimento. Nel corso degli anni diversi provider
hanno creato numerosi benchmark di mercato che si differenziano tra loro a seconda dei
criteri presi in considerazione nella composizione. Affinché un benchmark possa esser
considerato una buona proxy del mercato deve possedere le seguenti proprietà:
1. rappresentatività: la composizione dell’indice deve rappresentare il più
fedelmente possibile la composizione del mercato;
2. replicabilità: il paniere deve essere facilmente replicabile da un investitore,
da un gestore di un fondo o da un asset manager; deve quindi essere
realmente costruibile investendo;
3. oggettività e trasparenza: i criteri utilizzati nella scelta dei titoli devono
essere oggettivi; la modalità di costruzione deve essere comunicata al
pubblico in maniera trasparente.
Si può notare come le prime due caratteristiche siano contradditorie tra loro in quanto
un indice raggiunge la massima rappresentatività contenendo tutti i titoli del mercato di
riferimento, diventando così poco replicabile. L’efficienza dell’indice può anche essere
ritrovata dunque nel riuscire a raggiungere un buon compromesso tra le due proprietà.
La tabella 1.1. illustra un esempio di selezione delle asset class con i relativi Benchmark
associati che rispetta le proprietà suddette. Le classi d’investimento monetario e
obbligazionario sono rappresentate dagli indici forniti da “JP Morgan” e “Bank of
America Merril Lynch”, mentre il mercato azionario dal data provider “Morgan Stanley
Capital International”.
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Tabella 1.1 Mercati e Indici di mercato selezionati
Mercati Benchmark
Monetario Area Euro JPM Euro 3 months
Obbligazionario Area Euro JPM EMU All Maturities
Obbligazionario Globale Alto Rating JPM Global
Obbligazionario Corporate Basso Rating ML Global High Yield
Obbligazionario Mercati Emergenti JPM EMBI+ Composite
Azionario Europa MSCI Europe
Azionario Nord America MSCI North America
Azionario Pacifico MSCI Pacific
Azionario Mercati Emergenti MSCI Emerging Markets
Fonte: Elaborazione dell'autore
La scelta delle nove asset class è fatta seguendo i due principi fondamentali: non c’è
sovrapposizione tra le diverse classi, in quanto ogni prodotto può far parte di un solo
mercato e si è riuscito ad individuare asset class che ricoprono l’intero universo
investibile senza precludere nessun tipo di investimento, se non i frontier markets
considerati dei marginal player.
Una volta selezionate le asset class e associate ai relativi benchmark si può
procedere alla stima dei parametri di redditività e rischiosità con orizzonte temporale
coerente con quello dell’investitore individuato nella fase di profilatura. Fino agli anni
’50 l’analisi dei mercati finanziari veniva svolta in maniera univariata focalizzandosi
solo sul rendimento ignorando completamente il rischio che si credeva, in maniera
errata, eliminabile grazie alla diversificazione. Nel 1952 Harry Markowitz con la
pubblicazione dell’articolo “Portfolio Selection” dimostra che il rischio non poteva
essere azzerato ma al massimo ridotto e che doveva essere quindi considerato
nell’analisi. Si sancisce quindi che il rendimento rappresenta la variabile good da
massimizzare, mentre il rischio è la variabile bad da minimizzare.
L’analisi di redditività dei mercati viene svolta attraverso la stima del
Rendimento medio dell’indice di mercato: