2
La ricezione della sua opera, comunque, ha sempre confermato un
atteggiamento oscillante tra un interessamento quasi morboso da
parte del pubblico, dovuto anche alla personalità estrosa ed
originale della scrittrice, e una sostanziale indifferenza e un rifiuto
sdegnato da parte della critica universitaria.
Amélie Nothomb è amata e odiata al tempo stesso anche per il
"ruolo" di personaggio eccentrico e mediatico di grande richiamo
che è andata assumendo in seguito al grande successo ottenuto, e
alla diffusione in tutto il mondo della sua opera.
L’analisi qui di seguito proposta, tende a circoscrivere alcuni degli
aspetti chiave presenti nella sua creazione letteraria.
In particolare si intende centrare l’attenzione su:
ξ Il carattere, lo stile e il ruolo della Nothomb nel panorama della
letteratura di espressione francese contemporanea.
ξ La presenza imponente del mito classico nei suoi lavori, sia per
ciò che concerne la forma che i contenuti del suo mondo
narrativo.
ξ L’influenza del mito e dei suoi schemi attanziali sulla
costruzione dei personaggi dei romanzi della scrittrice.
ξ Le opposizioni, antitesi ed eccessi, alla base dell’ ispirazione
nothombiana.
Personaggio stravagante e sotto i riflettori della stampa francofona
sin dal 1992, la Nothomb può essere considerata una scrittrice
atipica, poliglotta e cosmopolita, europea e asiatica al tempo stesso:
la sua biografia "nomade", in quanto la Nothomb ha vissuto i primi
3
anni della sua vita in Oriente per poi trasferirsi in Europa solo
all’età di diciassette anni per il completamento dei suoi studi, è ben
nota ai suoi lettori.
Iscrittasi all’Université Libre di Bruxelles, presso la facoltà di
Filologia Romanza, la giovane inizia a scrivere mossa da un
sentimento di alienazione e di incomprensione nei confronti del
mondo che la circonda. La via d’uscita dall’angoscia per Amélie
Nothomb è proprio la scrittura: consapevole che i suoi malesseri
sono senza rimedio, nelle sue opere crea continuamente un humour
disperato che scaturisce dalla frase costruita sottilmente, dal suo
vocabolario selezionato, che ancora oggi ne costituisce un marchio
di originalità.
Ne deriva una produzione ricca ed estremamente eterogenea che
possiamo suddividere in due categorie principali.
I romanzi autobiografici, che sono costruiti su un conflitto col
mondo, su angosce primitive e viscerali in cui ogni lettore può
ritrovarsi, o ritrovarvi gli echi di una sorta di tragedia originale.
Le opere di finzione totale, in cui l’autrice dà libero sfogo ad una
fantasia estremamente ricca e ai limiti dell'eccesso.
Nella prima parte del nostro studio abbiamo tracciato una biografia
critica dell'autrice, focalizzando l'attenzione sulla sua prolifica
produzione, sullo stile particolare e abbiamo redatto una breve
sinossi delle opere. Abbiamo inoltre creduto necessario, attraverso
un capitolo teorico, analizzare più da vicino il campo della
mitocritica e della narratologia e riassumere gli interventi dei
principali teorici a riguardo.
Il I° capitolo tende a inserire la scrittrice nel contesto del romanzo
contemporaneo belga di espressione francese e, attraverso la sua
4
biografia, ne traccia un profilo puntuale facendone emergere la
formazione che tanta influenza ha avuto sul suo stile.
Il profilo generale del romanzo contemporaneo si basa soprattutto
sui testi di M. Joiret, Le roman contemporain, in, Littérature belge
de langue française; Dominique Viart Le roman français au XX
e
ème siècle, di Dominique Rabaté Le roman français depuis 1900 e
quello di Bruno Blanckeman Les Fictions singulières, étude sur le
roman contemporain.
La presentazione di Amélie Nothomb emerge, in particolare, dalla
analisi del testo di Michel Zumkir, Amélie Nothomb de A à Z
.Portrait d’un monstre littéraire; e da vari articoli citati in seguito.
Particolarmente utili sono stati gli atti del convegno organizzato
dall'Università di Edimburgo nel 2001, da cui risulta evidente la
crescente attenzione verso l’opera di questa originale scrittrice.
Nel II° capitolo vengono esaminati i principali miti di riferimento
della scrittrice, per individuarne i più frequenti e i più sfruttati
all’interno dei suoi romanzi.
Questa analisi costituisce la parte centrale del lavoro, poiché in essa
viene incentrata l’attenzione sul problema della definizione di Mito,
sul modello attanziale dei miti classici e sulla sua possibile
estensione al romanzo in genere e ai romanzi della Nothomb.
Il mito classico pervade la scrittura di questa giovane autrice; sin
dalla scelta dei nomi dei personaggi Amélie ama "giocare" con il
passato, manipolare i grandi classici, trasformarli a suo piacimento
e a volte rovesciare radicalmente le componenti del mito e i suoi
attanti.
Ci si è soffermati, inoltre, a tracciare l’identikit dei personaggi
ricorrenti nelle opere della scrittrice, ad analizzare le relazioni che
5
essi intrattengono gli uni con gli altri e a confrontarli con i modelli
mitici cui fanno riferimento.
Le figure più tipiche dell’universo nothombiano come "la giovane
eroina" o "il vecchio malvagio" saranno il punto di partenza di
questa analisi.
Per quanto riguarda gli studi sul romanzo si è tenuto conto di quelli
effettuati da Genette (Figures II, Figures III) e Ricoeur (Temps et
récit) e dai principali teorici del romanzo francese. L’analisi prende
avvio dagli schemi dei modelli attanziali mitici elaborati da Lévi-
Strauss, Propp e Greimas.
I testi di Claude Bremond e di Philippe Hamon, hanno fornito una
solida base di partenza per lo studio dei personaggi.
Per ciò che concerne il Mito e i suoi rapporti con il romanzo, infine,
hanno fornito utili spunti di riflessione Pierre Albuy Mythes et
mythologies dans la littérature française; Georges Dumezil Du
mythe au roman; Gilbert Durand Figures mythiques et visage de
l’œuvre : de la mythocritique à la mythanalyse e Les structures
anthropologiques de l’imaginaire; Levi-Strauss Mythologies .
Nella seconda parte abbiamo quindi focalizzato l'analisi allo studio
dei tre miti principali, Dioniso, Narciso e Orfeo, presenti nei
romanzi della scrittrice.
Nel III° Capitolo si analizza, appunto, uno dei miti più sfruttati da
Amélie Nothomb nei suoi romanzi, quello di Dioniso, il dio della
dualità per eccellenza, colui che incarna un tragico ed affascinante
potere.
I personaggi creati dalla fantasia della scrittrice vivono sotto
l’influsso del desiderio; ispirati da questo dio e dalle sue
6
caratteristiche contraddittorie tutti, uomini e donne, vivono alla
ricerca di sentimenti assoluti, sublimi o mostruosi che siano.
L’ambivalenza dei personaggi dionisiaci risalta proprio dai loro
sentimenti sublimi che si oppongono alla loro mostruosità:
incarnano così la dualità del mito nell’opposizione binaria
Bellezza/Mostruosità, presente nelle opere della Nothomb.
Gli articoli di Laureline Amanieux La présence de Dionysus dans
l’œuvre de Amélie Nothomb; di Yolande Helm Une écriture
alimentée à la source de l’orphisme; di Eveline Wilwert A.N. sous
le signe du cinglante; di Fabienne Reybaud Amélie Nothomb. et son
chateau des ombres, hanno fornito interessanti elementi alla nostra
riflessione.
Nello studio si intende, inoltre, dimostrare quanto l’autrice stessa si
senta investita da questo dio durante il processo creativo e della
scrittura: in numerose interviste Amélie Nothomb afferma di
provare una ubriachezza dionisiaca nell’atto creativo che arriva
solo dopo esser sprofondata nei più oscuri abissi del suo essere per
trovare l’ispirazione per scrivere. Si vuol sottolineare quanto la
creatività della scrittrice prenda forma dalla doppia personalità
delle vittime e dei carnefici che popolano i suoi romanzi; essa,
infatti, unisce queste parti scismatiche dell’essere umano nella sua
scrittura, in cui vittima e carnefice, amore e odio, bellezza e
onnipotenza, sono mescolati in un’estatica e a volte ambigua
fusione degli opposti.
Numerose sono le interviste a cui si fa riferimento a sostegno delle
affermazioni contenute in questo capitolo.
7
Nel IV capitolo ci si sofferma sull’altro mito onnipresente, sebbene
non esplicitamente espresso, nell’opera della Nothomb:quello di
Narciso.
Si è inteso tracciare una sorta di estetica nothombiana: attraverso
continui riferimenti al testo abbiamo messo in luce la sua
concezione della bellezza fisica e morale, definita "assoluta" dalla
stessa autrice. Influenzata dal suo primo impatto col mondo
avvenuto in Giappone, il Paese che dell’aspetto esteriore fa una
ragione di vita, la Nothomb giudica ogni ideale, ogni luogo, ogni
oggetto in termini di bellezza.
Le sue giovani eroine sono tutte straordinariamente belle e la loro
avvenenza ha il potere di impietrire sia i personaggi che le
circondano, sia il narratore.
Ci siamo concentrati sui termini antitetici di Bellezza e Mostruosità
che spesso convivono all’interno di uno stesso personaggio.
Infine, nell’ultimo paragrafo, si affronta il problema della anoressia,
malattia vissuta in prima persona dalla stessa scrittrice, spesso
presente nella sua scrittura, e si analizza il ruolo fondamentale che
questo male ha giocato nella sua produzione letteraria.
Ovviamente il materiale a disposizione sul tema trattato consta in
gran parte di articoli, interviste e interventi televisivi in cui
l’autrice, consapevole dell’interesse e dell’attualità dell’argomento,
ha fornito una vera e propria confessione.
Il V° e ultimo capitolo è dedicato allo studio della presenza del
mito di Orfeo nei romanzi.
Tale mito, esplicitamente e ripetutamente citato dalla Nothomb, è
stato quello che ci ha fornito l'ideale punto di partenza per la nostra
8
analisi, attirando la nostra attenzione e stimolando il desiderio di
approfondire la conoscenza dell’opera della scrittrice.
Il taglio del nostro studio, che prende in conto tutta la produzione
della Nothomb e che si basa principalmente sull'analisi dei testi, pur
non esaustivo, ha inteso dare rilevanza proprio a questo aspetto
fondamentale della sua scrittura: le componenti mitiche presenti
nella sua opera e in particolare nella costruzione dei personaggi.
Amélie Nothomb potrebbe essere confusa con uno di questi: tanto
complessa quanto attraente, capace di attirare critiche contrastanti,
ma dotata di una innegabile originalità e grande personalità.
9
PRIMA PARTE
10
I° CAPITOLO
AMÉLIE NOTHOMB
I.1 La narrativa contemporanea in Belgio.
A causa dell'ambiguità delle loro relazioni con la Francia e con il
Belgio stesso, i romanzieri provenienti da questo Paese sfuggono da
sempre ad ogni tipo di definizione e classificazione. Questi autori in
genere si distinguono più per la loro personalità che per la loro
adesione ad una scuola particolare.
"Nés de l'absence et de la nuit", secondo la bella espressione di
Jean-Pierre Otte, questi romanzieri hanno sofferto del loro status
ambivalente che li individua come scrittori francesi originari del
Belgio e di scrittori belgi di lingua francese: esiliati a Parigi,
passaggio obbligato per un vero e proprio riconoscimento letterario,
essi o erano assorbiti dalla cultura francese, oppure venivano
isolati, se rimasti in Belgio, dove l'académisme regnante soffocava
ogni spinta innovatrice.
A partire dagli anni Settanta, però , il romanzo belga è marcato da
un profondo desiderio di rinnovamento, che estende sempre più la
sfera della sperimentazione. La maggior parte degli autori si
allontana dalla sfera parigina e dà prova di originalità in vari settori:
Jean Muno, Thomas Owen, ad esempio, continuano ad esplorare
l'universo del fantastico, già approcciato dai loro predecessori, F.
Hellens e J. Ray. Alcuni romanzieri come Paul Émond o Eugène
11
Savitzkaïa, invece, rinnovano le strutture essenziali del romanzo: lo
spazio, il tempo, il personaggio.
Essi manifestano comunque, nelle loro opere, tutta la difficoltà a
trovare un'identità e un'appartenenza tangibile. Il romanzo belga,
più che la poesia, illustra questo disagio: manifesta il ripiego su se
stessi degli scrittori, sonda l'universo intimo, l'immaginario,
l'inconscio, l'irrazionale e in un certo senso dimentica la Storia,
quella con la S maiuscola.
In effetti, si domanda Marc Quaghebeur:
Dans un monde marqué durant plus d'un
demi-siècle par le triomphe de
l'académisme en circuit clos et par le
refoulement des avant-gardes aux limites
d'un confinement où elles s'enlisent, en
l'absence de véritable débat d'idées comme
de perception des vrais enjeux formels,
qu'espérer en effet au pays de la dénégation
constante de l'histoire?
1
I romanzieri belgi, sono generalmente più inclini al sogno ad occhi
aperti, all'introspezione, al "réel décalé", e varcano volentieri la
frontiera che separa il romanzo dalla poesia e il reale
dall'immaginario. Per Carlo Bronne, ad esempio, "les écrivains
belges les plus originaux se situent d'emblée au-delà du réalisme
documentaire".
2
Mentre in Francia la reazione ai rifiuti delle forme del romanzo
tradizionale, che avevano caratterizzato le sperimentazioni più
ardite del "nouveau roman", si manifesta a partire dagli anni '80 con
1
Marc Quaghenbeur, Encyclopaedia Universalis, articolo « Belgique. Lettres
françaises». E.U. en ligne. 1995.
12
un "ritorno"al reale come oggetto e pratica di scrittura, in Belgio
numerosi scrittori, tra cui la stessa Nothomb, si dedicano ad una
narrativa che va al di là della realtà che ci circonda.
Si possono distinguere, dunque, non senza arbitrio, due grandi
tendenze del romanzo belga contemporaneo: la prima consiste
nell'evocazione distaccata, umoristica, parodica o contestataria del
mondo contemporaneo, come ad esempio accade nell'opera di
Marcel Moreau, Paul Émond, Jean Muno. Questa prima tendenza,
comune sia alla narrativa contemporanea belga che a quella
francese, si esplica nell'abbondanza di quelli che Dominique
Rabaté, nel suo studio Le roman français depuis 1900, chiama
"romans distanciés".
3
Si tratta di opere che non si prendono troppo
sul serio, in cui il décalage umoristico crea un effetto di distanza
che permette agli scrittori di trattare le problematiche della società
senza però mescolarsi ad essa.
L’opera di Jean-Philippe Toussaint ne è un esempio concreto: la
sua scrittura verte su un quotidiano molto banale, fatto di lezioni di
guida e dolore ai piedi (L'appareil-photo, 1998), intrighi sottili,(La
Télévision, 1997) protagonisti che registrano con finezza dettagli
incongrui e stravaganti, tutto mescolato con una sapiente dose di
humour. Si pensa all’ironia di Tati, di Woody Allen davanti ai suoi
personaggi solitari, dai gesti automatici e dalle parole stereotipate.
Una certa freddezza stilistica, poi, tiene a distanza ogni
coinvolgimento.
2
Michel Otten: Un certain regard sur le réel, in Cheminements dans la littérature
francophone de Belgique au XX
è
ème siècle, Léo Solschi, 1986.
3
Dominique Rabaté, Le roman français depuis 1900, P.U.F, 1998, p.112.
13
Questo gioco romanzesco prevede la complicità del lettore che è
invitato, a sua volta, a praticare questo distacco ironico.
La seconda corrente, invece, come abbiamo accennato, prende in
conto "les étrangetés d'un surréel qui tient du rêve, de l'utopie",
4
(per esempio Eugène Savitzkaya, Francis Dannemark, Jean-Claude
Piroette e in parte la nostra autrice).
Quanto alla giovane generazione, estremamente vitale e creativa,
non si può non tener conto dell'abbondante produzione di questi
ultimi anni: attraverso una scrittura molto personale, questi autori
cercano di esprimere i problemi con i quali la loro epoca e la loro
società li mette a confronto quotidianamente. È il caso di P.
Mertens, di J.P. Toussaint, di A. Nothomb, per citare solo alcuni
nomi.
Se per molto tempo si è parlato di letteratura francese del Belgio,
queste tendenze vive e prolifiche testimoniano che si può parlare
ormai di letteratura belga di lingua francese. Dell’ultima
generazione e di questi narratori fa parte, appunto, Amélie
Nothomb, che ha iniziato a scrivere all'età di diciassette anni, al suo
arrivo in Belgio, fa parte dell'ultima generazione di questi narratori.
La sua opera si inscrive perfettamente nella corrente abbondante
che esplora a volte la realtà contemporanea, ma con un humour
feroce; più frequentemente, invece, investe la sfera
dell'immaginario e privilegia l'avventura interiore, come accade
nella maggior parte dei suoi romanzi. Nelle sue opere, poi, c’è un
costante richiamo a motivi e modelli del passato: sono infatti
ricchissimi i riferimenti intertestuali ai grandi classici della
Letteratura di tutti i tempi, alla Bibbia e alla cultura greco-latina; la
4
In "Revue Littéraire du Nord et d'ailleurs", n°3, déc. 2000.
14
lingua è assolutamente pura e la scelta dei termini lessicali rigorosa,
mai lasciata al caso; il Mito, infine, è bene presente, come vedremo
nel corso del nostro studio,come base e modello per la costruzione
dei suoi romanzi e dei personaggi che li popolano.
Le recenti discussioni intorno alla letteratura contemporanea di
espressione francese nelle riviste letterarie e nei convegni
universitari confermano, infatti, l’ipotesi di un ritorno del romanzo
come ri-fecondatore di miti e racconti. Si è affermato spesso,
infatti, che gli scrittori contemporanei sentono un forte legame col
passato, non soltanto inteso come passato storico, ma soprattutto
nel senso di eredità culturale. Questi romanzieri sono prima di tutto
lettori; nella loro frase spesso si nascondono allusioni, citazioni e
reminiscenze di altri libri; a volte questo può creare "romanzi-
pastiche", ma ogni riappropriazione è sempre a profitto dell'opera in
fieri.
Come ha ben mostrato il filosofo Jean-François Lyotard,
5
i grandi
sistemi che avevano il compito di spiegare il mondo –il
cristianesimo, l'illuminismo, la filosofia idealistica, il marxismo–
hanno fallito e si ritorna a verità parziali, frazionate. I grandi
obiettivi sono rimossi, quindi tutto è possibile, proprio perché
manca un centro che funga da fulcro e motore. Se non c'è più
fiducia nella progressione, oltre che nel progresso, ciò che si
definisce, invece, è un rapporto del tutto nuovo con la tradizione
letteraria, con le forme precedenti. Si assiste dunque ad una
demitizzazione del Nuovo e alla tendenza a ripescare nel passato
come in un immenso repertorio.
5
Jean François Lyotard, La condition postmoderne, Éditions de Minuit, 1979.
15
Laddove si è consapevoli che tutto è già stato detto, raccontato,
allora diventa possibile ri-dire, ri-raccontare, ricombinando
frammenti del già fatto.
Nel nostro studio mettiamo in luce come Amélie Nothomb si
inserisca pienamente nel contesto qui solo brevemente analizzato,
per il gusto della narrazione che domina i suoi romanzi, per il
particolare uso del linguaggio e della tecnica del dialogo che
caratterizza i suoi scritti, per l'utilizzo del repertorio letterario del
passato, per l'ironia che punteggia costantemente la sua scrittura.
È illuminante, a questo proposito, il suo punto di vista che illustra
in modo efficace il posto singolare che occupa la letteratura belga
nel panorama internazionale:
Au début, il est vrai, je trouvais ce pays
lourd. Je me sentais écrasée. Et je me
demande si l'origine de beaucoup de talents
belges n'est pas là. On a besoin de se créer
une folie pour ne pas être englué dans cette
espèce de conformisme épais. Quand on se
met à délirer, on délire plus que nos voisins.
Je dirais même, sans vouloir faire de
démagogie patriotique, qu'il y a plus
d'écrivains originaux en Belgique qu'en
France. Et l'humour belge est magnifique,
beaucoup plus drô le que le français:
Philippe Geluck, Stephan Liberski[...]
6
In varie interviste la scrittrice afferma di non amare molto il
termine di belgitude, usato così frequentemente sulle riviste
letterarie, perché afferma « comme tout mot qui se termine par -tude
6
Intervista realizzata da Emmanuelle Jowa ed Elisabeth Mertens per Le Vif/L'Express,
agosto 2001.