8
Introduzione
Il presente lavoro, affronta il tema della dispersione scolastica e l‟utilizzo del
“Metodo Feuerstein” come strumento di contrasto.
Il primo capitolo verte proprio sul tema della dispersione scolastica e su tutte le
cause che la determinano, analizzando anche il ruolo svolto da insegnanti genitori
e gruppo-classe nel percorso di formazione di ogni ragazzo.
Molto spesso gli insuccessi scolastici, sono anche il risultato di carenti attività e
abilità cognitive che ne ostacolano l‟apprendimento: quest‟ultimo tema e quello
dell‟intelligenza, sono sviluppati rispettivamente nel terzo e secondo capitolo, del
presente lavoro.
L‟istituzione scolastica oggi, partendo dall‟individualità di ogni ragazzo, può
aiutare, anche e soprattutto quelli che apparentemente si presentano come
“difficili”, a migliorare il loro livello di apprendimento con una modificazione a
livello cognitivo, portando alla luce, quelle potenzialità che spesso rimangono
latenti e nascoste, perché non stimolate nel modo giusto, che provocano nel
ragazzo una scarsa autostima nel riuscire a svolgere i compiti assegnati, e quindi
l‟unico modo per potersi sentire “qualcuno in grado di fare qualcosa”, è quello di
andare contro l‟istituzione scolastica e le persone che girano intorno ad essa:
docenti, genitori, e gruppo-classe.
La modificabilità cognitiva e l‟apprendimento mediato, sono elementi che
caratterizzano il “Metodo Feuerstein”, affrontato nel quarto capitolo.
I sistemi applicativi, analizzati, sono tre: il PAS (Programma di Arricchimento
Strumentale), l‟LPAD (Valutazione dinamica del potenziale di apprendimento) e
il Modellamento di Ambienti Modificanti.
Tutti e tre i sistemi si propongono di apportare nei ragazzi dei cambiamenti
cognitivi durevoli nel tempo, con una serie di stimoli per affrontare al meglio sa il
proprio percorso scolastico, ma anche quello sociale.
Il Metodo Feuerstein è stato sperimentato, grazie al Progetto “Trasversal-mente”,
finanziato dalla Regione Sardegna, in tre istituti di Sassari: la Scuola Media 4+6
“E. Costa - G. Deledda”, la Scuola Media 7+9 “Gramsci - -Manzoni” e l‟Istituto
Professionale per i Servizi e il Turismo “Giovanni XXIII”, le quali, attraverso il
Metodo Feuerstein, hanno cercato di ridurre la dispersione scolastica e aumentare
9
la motivazione degli alunni. Come si vedrà nel capitolo quinto, il programma
d‟intervento, è stato articolato in quattro azioni progettuali, ma nel presente lavoro
sono state analizzate solo due e precisamente quella relativa al corso di
formazione del Metodo Feuerstein (frequentato da docenti e allievi), e quella
relativa alle Pari Opportunità (frequentato da allievi, docenti, genitori e personale
non docente), in merito al Metodo e alla Mediazione Cognitiva.
Sia nella fase iniziale sia in quella finale dei corsi, sono stati somministrati dei
questionari ai frequentanti, per valutare il gradimento della proposta del Metodo
Feuerstein.
10
1^ CAPITOLO:
LA DISPERSIONE SCOLASTICA
“… Se si perde loro (i ragazzi più difficili) la scuola non è più
scuola.
É un ospedale che cura i sani e respinge i malati …”
Don L. Milani
11
1.1 COS‟E‟ LA DISPERSIONE SCOLASTICA
La dispersione è un fenomeno complesso che comprende in se aspetti
diversi e riguarda l‟intero contesto scolastico - formativo.
Per capire il significato del termine bisogna far riferimento alla sua
etimologia: “dispersione” deriva da dispergere il cui significato è spargere
le cose qui e la, ma è più sentito come derivato di disperdere cioè dividere,
separare, dissipare le intelligenze, le risorse, le potenzialità.
Quindi quando si parla di dispersione scolastica, si fa riferimento a
quell‟insieme di processi attraverso i quali si verificano ritardi, rallentamenti
o uscite anticipate da uno specifico iter o circuito scolastico; spesso però
questo termine si usa anche quando ci si trova davanti soggetti che non
hanno sviluppato completamente le loro potenzialità cognitive e/o
intellettive e che per svariate cause hanno vissuto l‟insuccesso scolastico.
Da questo punto di vista diversi sono gli indicatori della dispersione
scolastica e del disagio scolastico:
evasione o inadempienza: mancati ingressi nel sistema formativo;
assenteismo: assenze scolastiche ripetute nel tempo di breve o lunga
durata dovute a un rifiuto della scuola, disinteresse scolastico, fobia scolare
o semplicemente a problemi di salute;
selezione: la scuola stessa emargina ed esclude gli studenti sulla base delle
loro caratteristiche relative alla classe sociale, al sesso, al territorio di
provenienza ecc...
1
Oltre ai suddetti indicatori ce n‟è uno che forse è quello più importante:
abbandono o “drop-out”: lo studente lascia la scuola senza terminare il
corso di studio intrapreso. Si tratta di un concetto che identifica, solamente
nell‟allievo il colpevole dell‟abbandono, senza tenere in considerazione che
anche la scuola ha le sue responsabilità. Esistono sei tipologie di drop-out:
“stop-out”: categoria di chi si allontana dall‟istituzione scolastica
per un certo periodo di tempo per poi farne rientro durante lo stesso anno
scolastico;
1
Cfr. A. Pozzi (a cura di), Giovani tra scuola e lavoro. Dispersione scolastica, formazione e
inserimento professionale in Provincia di Pescara,Franco Angeli, Milano 2004;
12
“educational mortalities”: studenti che non sono in grado di
completare il programma di studio proposto perché non possiedono gli
strumenti di apprendimento adeguati;
“disaffileted”: studenti che non sono motivati o non provano alcun
sentimento né verso la scuola né verso gli altri soggetti in essa presenti
(compagni di classe, insegnanti...);
“capable drop-out”: studenti che hanno le capacità intellettive per
affrontare le richieste scolastiche ma sono lacunosi su altre competenze di
natura sociale, emotiva ecc..;
“push-out”: studenti indesiderati che la stessa istituzione scolastica
cerca di allontanare da sé perché la loro presenza è causa di difficoltà con
l‟andamento della struttura scolastica;
“in school drop-out”: coloro che fisicamente restano a scuola, ma
a fine carriera si ritrovano in una condizione di semi-analfabetismo perché si
sono rifiutati di trarre beneficio dal corso di studi frequentato.
2
2
Cfr. O. Liverta Sempio, E. Confalonieri, G. Scoratti , L’abbandono scolastico, Raffaello Cortina
Editore, Milano 1999
13
La costellazione del disagio scolastico può essere, sintetizzata col seguente
schema:
I comportamenti precedenti all‟abbandono scolastico possono essere quindi
identificati nei seguenti punti:
Rifiuti delle norme: incapacità d‟integrazione nell‟istituzione
scolastica e trasgressione delle regole interne all‟istituzione stessa;
Svogliatezza e passività: poca motivazione nei confronti delle
materie scolastiche e incapacità a stare in classe a sentire la spiegazione dei
docenti;
Difficoltà ad apprendere: incapacità nel portare a termine i compiti
richiesti per motivazioni di tipo psicologico (paura di non riuscire bene in
quello che si fa) o di tipo cognitivo;
Problemi emotivi e comportamentali: ansia, iperattività aggressività
verso i compagni o i docenti ecc…
3
3
Cfr. G.F. Dettori, La scuola media che vorrei, Aracne, Roma 2009;
DISAGIO
SCOLASTICO
SCARSO
RENDIMENTO
SCARSA
AUTOSTIMA,
INADEGUATEZZA
ISOLAMENTO,
CHIUSURA
RELAZIONALE
ABBANDONO
SCOLASTICO
ADESIONE
PASSIVA ALLA
SCUOLA E ALLO
STUDIO
CATTIVO
RAPPORTO CON
COMPAGNI,
INSEGNANTI E
GENITORI
14
Da vari studi è emerso che questi fenomeni non compaiono tutti nello stesso
momento e non necessariamente in tutti i ragazzi, si possono verificare in
tempi diversi e in base all‟età del ragazzo, alla sua storia personale, al
contesto socio-culturale di appartenenza. In linea di massima però, i primi
sintomi di una situazione di disagio, che possono verificarsi in età molto
precoce (scuola materna ed elementare), sono legati al cattivo rapporto con i
compagni e/o gli insegnanti. Successivamente nella scuola elementare il
disagio si esprime mediante uno scarso interesse per lo studio e poca
autostima verso sé stessi. Nell‟età adolescenziale (scuola media) si
manifesta maggiormente, attraverso un cattivo rapporto con i genitori che
risultano incapaci di capire i bisogni e le esigenze dei propri ragazzi. Infine
nella scuola superiore oltre alle aree su citate il disagio si manifesta con
un‟adesione passiva allo studio e all‟istituzione scolastica cui si aggiungono
anche problemi molto evidenti sul piano disciplinare
4
.
4
Cfr. G. Mancini, L’intervento sul disagio scolastico in adolescenza, Franco Angeli, Milano 2006;
15
1.2 GLI AMBITI E LE CAUSE
Il momento peggiore in cui si registra un‟alta percentuale del fenomeno del
disagio e della dispersione scolastica è il periodo relativo al passaggio dalle
scuole medie alle scuole superiori: molti studenti che già concludono a
fatica le scuole medie, affrontano il primo anno delle superiori con non
pochi problemi legati soprattutto a una scarsa motivazione e a una forte
carenza comunicativa-relazionale.
Si cercherà in questa sede di definire meglio gli ambiti e i luoghi privilegiati
in cui si manifesta il disagio scolastico che è sempre frutto di una
composizione di cause, prima fra tutte, un disagio a livello personale.
1.2.1 La famiglia
Da numerosi studi è emerso che le condizioni familiari ed economiche
incidono fortemente sul percorso scolastico sia nella scelta degli indirizzi sia
nei risultati. La dispersione però non è solo causa di emarginazione e
povertà ma è anche il risultato di altre cause come le difficoltà genitoriali a
portare avanti relazioni positive, la crescita in contesti in cui regnano scarse
motivazioni ad apprendere e a conoscere, infatti, maggiore è il livello
culturale della famiglia d‟origine maggiore sarà la probabilità che i figli
terminino il ciclo di studi iniziato
5
. Il ceto sociale di appartenenza e il
benessere familiare incidono notevolmente nella motivazione a continuare il
proprio ciclo di studi, infatti, i figli di famiglie a basso reddito preferiscono
abbandonare la scuola e “ buttarsi” nel mondo del lavoro, pur di aiutare i
familiari a incrementare il proprio reddito, inoltre i ragazzi che provengono
da famiglie disagiate con genitori assenti, tossicodipendenti o alcolisti o con
un basso livello culturale hanno una scarsa spinta motivazionale nel
proseguire i propri studi, anzi spesso sono gli stessi genitori che li spingono
ad abbandonare la scuola
6
. Per diminuire il fenomeno della dispersione
scolastica è necessario quindi che scuola e famiglia creino un rapporto
stretto di collaborazione per aiutare rispettivamente i propri figli e i propri
5
Cfr. G.F. Dettori, Giustizia minorile e integrazione sociale, Franco Angeli, Milano 2010;
6
Cfr. G. F. Dettori, La scuola media che vorrei, Aracne, Roma 2009;
16
alunni a parlare, affrontare e superare insieme, tutte le cause che
comportano questo disagio;
1.2.2 L‟individuo
Come abbiamo visto in precedenza si tratta nella maggior parte dei casi di
adolescenti, per cui è importante tener presente la personalità di questi
soggetti. Si sa, infatti, che l‟adolescenza è un periodo particolare in cui si
attraversano momenti che influiscono notevolmente sulla propria vita
relazionale, affettiva, familiare e anche scolastica: ci si sente inadeguati
perché tutto ciò che si vive sembra un fallimento, si viene considerati, dagli
adulti, ancora piccoli per fare delle scelte per cui spesso l‟indirizzo
scolastico risulta un‟imposizione della famiglia che non tiene conto degli
interessi del ragazzo, il quale scaricherà tutta la sua frustrazione e rabbia
nell‟istituzione scolastica
7
.
Questo significa che molto spesso l‟abbandono scolastico o una condotta
negativa nei confronti della scuola hanno un aspetto comunicativo del
proprio stare male, nei confronti della scuola in primis, ma anche della
famiglia e delle altre istituzioni sociali.
1.2.3 La scuola
Oltre al compito di istruire, quindi di trasmettere, il sapere, la scuola ha
anche la funzione di promuovere lo sviluppo sociale dell‟individuo, tanto
che nel caso in cui la famiglia, ritenuta la prima agenzia di socializzazione
per eccellenza, non risponda in modo adeguato al processo di crescita del
bambino o del ragazzo, la scuola dovrebbe prendere il suo posto, farne le
veci.
Il verbo al condizionale esprime che nella maggior parte dei casi la scuola,
non è attrezzata per far fronte a particolari situazioni di disagio che l‟alunno,
soprattutto in età adolescenziale, si trova a vivere.
Questo perché l‟istituzione scolastica oggi, ha ancora un carattere
principalmente selettivo, mira più all‟informazione che alla formazione dei
7
Cfr.G. Pietropolli Charmet, Ragazzi sregolati,Franco Angeli, Milano 2003;
17
ragazzi, più a istruire che a educare e ciò succede a qualsiasi livello
scolastico vogliamo far riferimento, come dice la Cavallo: la scuola (…)
è ancora incentrata (…) a insegnare la storia più che a capire e accettare la
storia personale dell‟alunno.
8
.
La scuola di oggi, come quella di tanti
anni fa, ha conservato l‟aspetto di un tribunale in cui attraverso il giudizio,
all‟interno di ogni classe si vengono a creare due sottogruppi: quello dei
bravi, dei capaci, in sintonia col sistema, e quello dei “ cattivi”, degli
incapaci, degli esclusi, degli emarginati, dei respinti, dei bocciati, che
cercano di affermarsi in modo antitetico al gruppo degli “approvati”: non
studiando, non rispettando gli insegnanti, marinando le lezioni, assumendo,
insomma, un comportamento poco consono all‟ambiente scolastico.
Questo significa, che tutti i giovani a scuola devono avvertire un clima di
fiducia per gestire in modo costruttivo, le differenze con i propri compagni
ritenuti migliori; perciò la scuola deve seguire i bisogni del gruppo-classe,
non basandosi su programmi astratti e standardizzati di sapere proposti dal
Provveditorato degli Studi e dal Ministero dell‟Istruzione, perché lo scopo
delle istituzioni scolastiche non è quello di vincere una guerra, ma di
potenziare la socializzazione e la valutazione dei suoi giovani.
La scuola del giudizio deve quindi trasformarsi in scuola della relazione, lo
studente deve trovarsi a proprio agio, coinvolto dal sistema scolastico anche
e soprattutto a livello emotivo
9
.
La scuola, infatti, deve essere considerata una palestra di vita, in cui oltre
agli aspetti cognitivi, didattici e curricolari, si deve puntare alla conoscenza
dell‟alunno, basata sul riconoscimento delle sue emozioni, espresse a volte
con i bisogni, altre volte con i desideri, altre ancora con il rispetto dell‟altro
ma anche con le paure e le ansie.
Proprio a questo proposito Goleman, parla di intelligenza emotiva, ossia la
capacità che ogni individuo ha di capire i propri bisogni, saperli inserire ed
esprimere in un contesto appropriato, riuscire a gestire le proprie emozioni,
individuandone quindi i tempi, i modi e gli spazi in cui esternarle;
8
M. Cavallo, Ragazzi senza, Mondadori, Milano 2002, cit. p. 52;
9
Cfr. V. Andreoli, Giovani, Rizzoli, Milano 1995;
18
l‟intelligenza emotiva oltre che a livello individuale, si esprime anche
attraverso il riconoscimento delle emozioni altrui, tramite i processi
dell‟empatia e della pro- socialità, ossia la capacità di mettersi nei pani
dell‟altro, assumendone il suo punto di vista e capendo il suo vissuto e i
pensieri a esso collegati
10
.
Ogni istituzione scolastica, oltre che come sistema didattico, può, ma
soprattutto deve presentarsi anche come sistema pedagogico- educativo,
vale a dire, presentarsi agli occhi dello studente come spazio di vita, come
esperienza significativa per il suo sviluppo e progetto di vita, come luogo
che prepara i giovani alla vita, insegnando loro a inserirsi nella società
11
.
Da ciò deriva il duplice ruolo della scuola di istruire e di educare o
formare, in contemporanea; molto spesso questi termini sono confusi o usati
come sinonimi; in realtà questi due concetti esprimono azioni diverse tra
loro, infatti, il termine istruire richiama alla mente l‟atto del fornire semplici
nozioni, il termine educare invece, deriva dal latino “ ex- ducere”, cioè
portare fuori, condurre oltre, che in ambito scolastico richiama l‟idea che
l‟educatore induca l‟allievo ad assumere punti di vista da lui prediletti,
perché la stessa parola formare, sinonimo di educare, richiama alla mente
l‟idea di forma, di stampo con cui modellare la mente dell‟individuo per
farlo adeguare e crescere con determinate conoscenze e modelli di
comportamento prestabiliti
12
.
Perciò non basta l‟introduzione di PC o di corsi di varia natura per
coinvolgere i ragazzi, in quanto, il vero cambiamento dovrebbe partire dai
docenti, i quali, dovrebbero essere stimolati a recuperare la loro funzione di
ricercatori metodologici e disciplinari
:
un aspetto questo, fondamentale per
contribuire a fare dell‟istituzione scolastica un sistema pedagogico -
educativo, uno spazio di vita in cui il ragazzo viene aiutato a superare i suoi
momenti di fragilità e proiettato quindi, alla vita sociale.
In definitiva lasciare la scuola prima della conclusione del ciclo di studi che
10
Cfr. R. Ardone, A. C. Baldry, Mediare i conflitti a scuola, Carocci, Roma 2003;
11
Cfr. O. Liverta Sempio, E. Confalonieri, G. Scaratti, L’abbandono scolastico, Raffaello Cortina
Editore, Milano 1999;
12
Cfr. G. Martinoli, Istruire non basta, Franco Angeli, Milano 1992;
19
si sta frequentando o uscirne al termine senza aver conseguito il titolo di
studio corrispondente, i vari fenomeni di evasione scolastica, assenteismo,
ecc... sono tutte forme di rottura del patto formativo tra scuola e individuo.
Le forme di interruzione si distinguono tra loro per grado e modalità di
distacco tra i partner educativi, la selezione per esempio, è impersonale
contro l‟accoglimento del nuovo arrivato negandogli l‟inculturazione:
l‟allievo che non si impegna esprime le sue reazioni a un‟inadeguata
assunzione di responsabilità della scuola nei confronti del processo
educativo, oppure può essere l‟espressione di una non presa in carico, da
parte dell‟alunno, della proprio ruolo.
Ciò significa che allievo e insegnante devono pensarsi come persone
impegnate nel problema di capirsi tra loro, impegnati nella costruzione di
una relazione scolastica all‟interno di uno spazio per l‟incontro e lo scambio
reciproco delle comprensioni e dei significati esperienziali.
Gli insegnanti, dato il loro maggior potere gestionale del rapporto educativo,
hanno una responsabilità maggiore rispetto all‟allievo nella costruzione di
questo spazio di incontro; nel caso in cui per entrambi non c‟è possibilità di
costruire questa opportunità di scambio, allora i processi di insegnamento e
apprendimento sono privi di fondamenta e sentiti come qualcosa di estraneo
a cui attenersi per forza
13
. Vediamo in modo più approfondito il ruolo
dell‟insegnante per i ragazzi-alunni e il ruolo del gruppo classe rispetto al
fenomeno analizzato.
1.2.4 L‟insegnante
L‟insegnante può acquistare autorevolezza agli occhi dei suoi alunni, sia
dal punto di vista etico che da un punto di vista culturale, infatti, questi
ultimi, considerano un “vero maestro”, il docente che non solo ha
competenze disciplinari, ma che sappia anche instaurare una relazione
comunicativa positiva senza nascondersi dietro il pensiero comune a quasi
tutti, secondo cui: (…) l‟insegnante è l‟insegnante e in quanto tale deve
13
Cfr. P. Zurla (a cura di), Volti della dispersione scolastica e formativa. Un’indagine in
Provincia di Forlì-Cesena, Franco Angeli, Forlì-Cesena, 2004;
20
stare al suo posto, non deve ricoprire ruoli diversi quali quello di fratello
maggiore o di amico
14
.
Per questo il suo compito non è solo quello di fornire all‟alunno, le
tecniche e le nozioni fondamentali per leggere, scrivere e contare, ma anche
quello di educarlo a mettere ordine nelle tante informazioni che
continuamente riceve dal mondo esterno.
L‟insegnante se si pone come modello con convinzioni, ideali, valori da
trasmettere, riesce sicuramente a instaurare col proprio scolaro un dialogo
basato sulla stima, sulla fiducia e sull‟ammirazione che consentano a
quest‟ultimo di identificarsi con l‟insegnante di riferimento
15
.
Ogni docente, deve risultare anche l‟educatore per ogni suo allievo,
realizzando un rapporto educativo autentico, spogliandosi delle sue
convinzioni, mettendosi a disposizione dell‟educando, progettando assieme
ad esso l‟esperienza educativa, caratterizzata in primis dalla comprensione,
elemento utile per rapportarsi in modo efficace all‟altro, soprattutto
all‟adolescente che vede gli altri come nemici, dai quali vuole
necessariamente scappare
16
.
Il lavoro dell‟insegnante, soprattutto nelle scuole secondarie e inferiori, si
misura costantemente, con le situazioni e gli eventi che caratterizzano e
stravolgono l‟età adolescenziale, non solo sottoforma di docente, quindi
mostrando le sue competenze curricolari rispetto alla sua materia di
insegnamento, ma anche come educatore, con una valida competenza
pedagogica.
Con questo termine Bertolini intendeva: (…)capacità pratiche (…), quelle
abilità che si collegano a specifici strumenti nonché a precise e puntuali
procedute tecniche, senza le quali (…) non sarebbe possibile costruire alcun
evento educativo
17
.
Le abilità pedagogiche che caratterizzano, secondo gli studenti, un buon
insegnante, sono da ricercare nella capacità di comunicare, di simpatizzare
14
G. Cristofaro, Educazione e formazione, Edizioni Interculturali srl, Roma 2003, cit. p. 34
15
Cfr.F.Moro, Famiglia e scuola. Il recupero dello svantaggio come antidoto contro la
dispersione scolastica e il disagio giovanile,Franco Angeli, Milano 2003;
16
Cfr. P. Bertolini, Pedagogia fenomenologia, La Nuova Italia, Milano 2001;
17
P. Bertolini, L’esistere pedagogico, La Nuova Italia, Milano 2002, cit. p. 308;
21
col ragazzo, ma soprattutto di amarlo, perché ogni adolescente ha bisogno di
trovare nell‟insegnante un amico e un compagno dal quale sentirsi amato,
accettato per quello che è, indipendentemente dalle sue prestazioni
scolastiche, infondendo in esso una sicurezza e un‟autostima che molto
spesso agli adolescenti manca.
Proprio riguardo a quest‟argomento, all‟interno di ogni istituzione
scolastica è nata l‟esigenza di rinnovare la figura stessa del docente.
All‟interno delle scuole, infatti, l‟insegnante si ritrova alunni con particolari
situazioni relative all‟ambiente di vita, situazioni familiari negative,
difficoltà dell‟alunno ad apprendere e a socializzare.
Per cui per potersi rapportare in maniera positiva all‟allievo è
fondamentale che tenga presente:
la fase di sviluppo di ogni soggetto, relative anche alle sue capacità di
apprendimento e le eventuali potenzialità;
situazione emotiva ed affettiva;
eventuali difficoltà di relazione;
situazione familiare (struttura, eventuali problematiche…);
ambiente di provenienza;
sistema scolastico nel suo insieme
18
.
E‟ necessario comunque precisare che, nonostante il ruolo dell‟insegnante
sia cambiato rispetto al passato per quanto riguarda l‟ascolto, la
comprensione e la maggiore vicinanza agli alunni, questo non vuol dire
dimenticarsi di mantenere sempre e comunque un atteggiamento di
autorevolezza, senza dimostrarsi lassisti o permissivi.
La funzione dell‟insegnante è, quindi, determinante nel processo di
socializzazione e in quello dell‟acquisizione di specifiche competenze e
conoscenze di coloro che gli sono stati affidati.
Un aspetto caratterizzante della relazione con l‟allievo, nel nostro caso un
allievo- adolescente, è innanzitutto la differenza di potere che esiste tra i due
attori coinvolti in essa: essi, infatti, sono legati da un rapporto che
18
Cfr. R. Schirelli, Capire gli alunni in difficoltà, Franco Angeli, Milano 2005;