L’utilizzo degli strumenti derivati negli Enti Locali Italiani. Il caso del comune di Milano.
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Capitolo 1. Nozione e definizione generale
La categoria dei derivati comprende tutti quei contratti di natura finanziaria, che
si attualizzano nella negoziazione a termine di un’entità economica e nella relativa
valorizzazione autonoma del differenziale emergente dal raffronto fra il prezzo
dell’entità al momento della stipulazione e il suo valore alla scadenza pattuita.
In altre parole il valore del derivato “deriva” dall’andamento di mercato delle
attività sottostanti.
Il termine trova la propria origine dalla parola “inglese” derivative, ma la
derivazione, in ambito finanziario, assume un diverso duplice significato.
a) I derivati sono contratti che “insistono su elementi di altri schemi negoziali,
quali titoli, valute, tassi di interesse, tassi di cambio, indici di borsa”
1
.
b) I derivati, secondo la dottrina straniera, per lo più di matrice anglosassone, sono
uno strumento finanziario basato su un altro strumento elementare, e il valore
del derivato finanziario dipende dall’ulteriore strumento di base.
Coerentemente la nostra dottrina si esprime in termini non dissimili: i derivati
possono definirsi come contratti il cui valore deriva (dipende) dal prezzo di “un’attività
finanziaria sottostante”, in altre parole dal valore di un parametro finanziario di
riferimento (indice, tasso, cambio, ecc.).
Sono considerati derivati, secondo le disposizioni della Banca d’Italia
2
in
attuazione del D.Lgs. n. 87 del 1992
3
:
- i contratti derivati con titolo sottostante;
- i contratti derivati su valute;
1
Banca d’Italia, Circolare 29 marzo 1988 n. 4 – Aggiornamento 23 giugno 1994 n. 112, art. 3
2
Circolare del 30 luglio 1992 n. 166, Capitolo 1, Paragrafo 5 – Aggiornamento del 30 luglio 2002
3
D.Lgs. 27 gennaio 1992 n. 87, Attuazione della direttiva 86/635/CEE e della direttiva 89/117/CEE
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- i contratti derivati senza titolo sottostante, collegati a tassi di interesse, indici
o altre attività.
I contratti derivati di base, sono strumenti finanziari con tre caratteristiche
precise
4
:
1. il valore varia in funzione di un parametro quale: tasso di interesse, prezzi di
titoli e merci, tasso di cambio, indici relativi a tassi o prezzi;
2. l’investimento iniziale è nullo o comunque inferiore rispetto al volume di
altre tipologie di transazioni con comportamento simile:
3. il saldo dell’operazione è regolato a una data futura post stipula.
Sull’argomento l’approfondimento della SSEF
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specifica, infatti, con riferimento allo
IAS 39, “che lo strumento derivato deve integrare tre requisiti così elencati:
- variabilità del valore dello strumento in funzione della variazione di un
parametro definito;
- assenza o esiguità di un investimento iniziale;
- regolamento a una data futura.”
I contratti derivati hanno tre finalità
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:
1. finalità di copertura, detta hedging, onde ridurre il rischio finanziario di un
portafoglio preesistente;
2. finalità speculativa, assumendo posizioni a rischio con la mira di lucrare sui
continui e rapidi cambiamenti di prezzo;
4
Principi contabili internazionali, IAS 39 emanato a dicembre 1998, la Commissione europea, il 15
novembre 2005, ne ha adottato un nuovo testo
5
Scuola Superiore dell’Economia e delle Finanze a cura del Ce.R.D.E.F., Centro Ricerche Documentazione
Economico Finanziaria – Rivista, sezione approfondimenti
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Consob, Principali categorie di prodotti derivati, www.consob.it
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3. finalità di arbitraggio, per conseguire un profitto, attraverso transazioni
combinate sul derivato e sul sottostante, tale da sfruttare disallineamenti del
mercato.
I rischi più importanti sono legati all’andamento dei sottostanti e un successivo
rischio è legato al verificarsi di avvenimenti non prevedibili, i c.d. cigni neri (black
swans) eventi rari di grande impatto generale, constatabili solo a posteriori.
Per ultimare queste note introduttive va notato che:
“I contratti finanziari derivati, per quanto profondamente diversificati tra loro
per struttura e funzione, sono tutti usualmente ricondotti (o riconducibili) a tre diverse
categorie: quella dei contratti a termine (future o forward), quella dei contratti
d’opzione e quella dei contratti di swap.”
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1.1 Commodities derivatives e financial derivatives
I derivati possono avere ad oggetto entità di varia natura e specie. Possono
essere mirati su una valuta, un tasso di interesse o su un indice finanziario. Tuttavia
possono essere calibrati anche su una merce, una derrata alimentare, un metallo prezioso
o su capi di bestiame.
Sono ammessi derivati anche su grandezze economiche impalpabili come le
variabili atmosferiche o le emissioni inquinanti.
I derivati su merci sono definiti commodities derivatives, quelli relativi ad
attività finanziare sono definiti financial derivatives.
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Giuseppe Giulio Luciani, Diritto dei mercati finanziari – Materiale didattico anno accad. 2010/2011
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La precedente normativa escludeva i derivati su merci dalla qualificazione di
strumento finanziario: “i contratti (future su merci)… non rientrano nella dizione di
valore mobiliare”
8
, questo il preciso assunto, ribadito in più documenti, della Consob
9
.
Tale diversa specificazione ha invece perso significato. La caratteristica tipica
del derivato consiste nell’aggregare due componenti, quella contrattuale e quella
finanziaria. Acquisito ciò come dato, appare evidente che la componente economica
fondamentale diviene inidonea a connotarne la forma. Il derivato non cessa di essere
tale a seconda dell’oggetto.
La dottrina si è quindi evoluta e il Regolamento in materia di intermediari del
mercato mobiliare, emanato dalla Banca d’Italia il 4.8.2000 confermava la piena
equiparazione del derivato su merci e del derivato finanziario.
La normativa ha confermato tale percorso, il TUF
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ha introdotto solamente un
distinguo funzionale che, limitatamente alle commodities, tende a sottrarre dal novero
dei derivati finanziari quelli che abbiano una funzione prettamente commerciale e
acquisitiva. Ciò al solo fine di sottrarre alla disciplina vigilata operazioni ritenute
estranee all’oggetto tipico del derivato.
Infine la normativa MiFID ha esteso la portata delle definizione e, di
conseguenza, l’elencazione degli strumenti finanziari derivati può essere raggruppata in
tre classi:
1) derivati finanziari che hanno come sottostante attività o indicatori
prettamente finanziari;
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Consob, com. n. 9406825 dell’11 luglio 1994
9
Consob, com. n. 94010074 del 7 novembre 1994: “quanto alle commodities esse neppure costituiscono
valori mobiliari. Non sono tali, si aggiunge, anche i contratti future ed option su merci”
10
D.Lgs. 24 febbraio 1998 n. 58, Testo Unico della Finanza (TUF) – Art. 1, comma 2 lett. e), f), g)
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2) derivati su merci che hanno come sottostante merci da intendersi nel senso
più ampio di qualsiasi bene che possa essere oggetto di scambio;
3) derivati diversi
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o esotici che comprendono tutte le altre tipologie possibili.
1.2 Il differenziale quale oggetto tipico del contratto?
Le interpretazioni dottrinali per individuare l’oggetto specifico dei contratti
derivati, con conseguente inquadramento giuridico, non sono concordi
12
.
In particolare parte della dottrina assume il differenziale quale oggetto dirimente
nella contrattazione derivata, al contrario, altra parte non condivide tale impostazione.
“Vani e non convincenti si sono dimostrati i tentativi di offrire una definizione
giuridica unitaria del contratto derivato a volte assumendo erroneamente il
differenziale quale oggetto tipico del contratto – che abbiamo visto mancare del tutto in
diverse fattispecie…”
13
. Lo stesso autore ritiene che: “Sembra doversi concludere che
sono contratti derivati quei contratti che il mercato finanziario considera tali,
accettando l’impossibilità di individuare una definizione giuridica della categoria.”
14
.
In sintesi egli ritiene un errore di prospettiva il tentativo di imporre una
definizione unitaria di contratto derivato e, conseguentemente dell’oggetto specifico del
contratto, definito una categoria economica finanziaria con confini incerti.
Di altro parere residua dottrina. Rilevando che tanto i contratti a termine che i
derivati mirano al raffronto fra il valore dell’entità negoziata al momento della
stipulazione e il valore di quella entità al momento dell’esecuzione, si sottolinea che: “Il
11
TUF, art. 1 comma2, lett d)
12
Guido Belli, Affari differenziali e operazioni su strumenti finanziari derivati: contratti o comuni
scommesse? – Utet, 2012 – “Secondo alcuni, infatti, le operazioni su derivati avrebbero la struttura del
contratto differenziale, che si esegue con la liquidazione della differenza e non trasferisce ricchezza… Per
altri, invece, i contratti derivati non sarebbero riconducibili ad una fattispecie unitaria…”
13
Francesco Caputo Nassetti, I contratti derivati finanziari – Giuffrè Editore, 2006
14
Francesco Caputo Nassetti, op. cit.
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differenziale mentre nei contratti a termine costituisce un effetto dell’accordo, nel
derivato ne costituisce l’oggetto. L’oggetto di un contratto a termine resta pur sempre
la compravendita di un bene. L’oggetto di un derivato è invece il differenziale prodotto
dalla comparazione fra i due prezzi, alla stipula e alla scadenza. Ciò che le parti di un
contratto derivato comprano non è il bene, bensì la differenza di valore. In assenza di
questa specifica componente, desumibile dal tenore della stipulazione, il derivato non è
più tale. ”
15
.
Secondo tale impostazione, dunque, il derivato è un contratto a termine nel quale
l’effetto diviene oggetto dell’intesa, rientrando nell’ambito degli accordi ad esecuzione
differita dai quali si discosta per questa sua peculiarità
16
.
Tale tesi ha trovato numerosi riscontri giurisprudenziali che, ripetutamente
hanno indicato il pagamento delle differenze come l’oggetto immediato e unico del
contratto.
“il pagamento delle differenze costituisce l’oggetto immediato e unico del
contratto stipulato inter pares, sia all’atto della stipulazione, sia alla scadenza”
17
.
Le dimostrazioni che l’autore mette in campo: la conformazione del negozio, la
previsione di un tasso contrattuale (certo) contrapposto al tasso a pronti (futuro e
incerto), l’assunzione di grandezze economiche per loro natura soggette a variazione, la
15
Emilio Girino, I contratti derivati – Giuffrè Editore, II Ediz. 2010
16
Guido Belli, op. cit. – “Ed invero le parti nella maggior parte dei casi si dimostrano interessate non allo
scambio in sé e per sé ma allo scambio in funzione del conseguimento del risultato atteso in sede di
libera e razionale negoziazione. Non sembrerebbe, pertanto, condivisibile la tesi recentemente
sostenuta da taluno (n.d.r.: Capaldo, Profili civilistici del rischio finanziario e contratto di swap, Milano,
1999) secondo la quale l’affare differenziale, se inteso come una qualunque convenzione che prevede la
liquidazione in base al sistema delle differenze, quale che ne sia la struttura e la funzione economica,
smarrirebbe la propria autonomia e pure una qualsiasi valenza qualificante. Seguendo questa
prospettiva il contratto in questione finirebbe, in particolare, per ricomprendere, in virtù di un criterio
puramente economico, la generalità dei negozi nei quali la liquidazione avviene per differenze,
scolorando a descrizione di un profilo il più delle volte irrilevante”
17
Tribunale di Milano, 27 marzo 2000