INTRODUZIONE
2
testimoni
1
. La legge, poi, lascia il giudice libero di apprezzare la loro
testimonianza, fermi restando limiti, soggettivi ed oggettivi, che la legge pone
in merito
2
.
Nel processo civile, però, esistono altre modalità che consentono l’utilizzo del
sapere delle parti ai fini della decisione. Si tratta di dichiarazioni orali sui fatti
di causa, dotate di efficacia probatoria differente: il giuramento, la
confessione e l’interrogatorio. Escludendo il giuramento e la confessione,
ovvero le due prove costituende che si collocano agli antipodi, in quanto l’una
giova alla parte che la fa ( dichiarazione pro se ), l’altra le nuoce (
dichiarazione contra se, riferita al caso della confessione pura e semplice ), il
sapere della parte rimane ancora libero di esprimersi attraverso
l’interrogatorio.
Le risposte date all’interrogatorio possono considerarsi una forma di
testimonianza, sia pur nei limiti derivanti dalla loro specifica disciplina e
dalla loro efficacia probatoria.
1
In realtà, l’art. 246 c.p.c. esclude che possano essere chiamati a testimoniare anche terzi che
abbiano nella causa un interesse rilevante. Essi, per questa ragione, sono assimilati alle parti del
processo. In seguito ad alcune storiche sentenze della Corte Costituzionale ( la 248 del 23 luglio
1974 e la 139 dell’11 giugno 1975 ) , sono stati dichiarati illegittimi due articoli, uno in parte ,
l’altro per intero, che limitavano ulteriormente la testimonianza di terzi : l’art. 247 c.p.c., relativo
al divieto di testimoniare di coniugi e parenti, salvo che la causa verta su questioni di stato di
separazione personale o relative a rapporti di famiglia, e l’art. 248 c.p.c., relativo all’audizione dei
minori di anni quattordici (MANDRIOLI Manuale di diritto processuale civile, II, IXX ed.,
Giappichelli, Torino, 2007, e DITTRICH, I limiti soggettivi della prova testimoniale, Giuffrè, Milano,
2000.). Pur non essendo il fine del presente elaborato quello di trattare il discorso relativo alla
testimonianza ed ai suoi limiti, è stato necessario accennare sommariamente, e senza pretesa di
esaustività, il problema della testimonianza dei terzi interessati, per riconnetterlo a quello
principale che si intende affrontare in questo studio.
2
Si tratta in questo caso di limiti soggettivi ( art. 246 c.p.c. ) ed oggettivi ( artt. 2721 – 2724 c.c.)
che regolamentano l’assunzione della testimonianza e il suo confronto con eventuali prove
scritte. Tali limiti, accettabili da un punto di vista della minor fiducia che si può riporre in una
dichiarazione orale, mettono in dubbio la facoltà di apprezzamento del giudice, in quanto egli è in
grado di attribuire ad ogni singola testimonianza la fiducia che merita, ferma la potenziale
efficacia di piena prova che spetta, in linea di principio, alla prova testimoniale, MANDRIOLI, op.
cit. pag.268.
INTRODUZIONE
3
Premesso ciò, l’intento dello studio che qui si affronterà è quello di verificare
se l’interrogatorio, nelle due sue tipologie, libero e formale, può essere
considerato un efficace sostituto della testimonianza delle parti, consentendo
al giudice di apprezzare liberamente il sapere delle stesse.
Per far ciò si renderà necessario considerare separatamente prima
l’interrogatorio libero poi quello formale, affrontando la disciplina riservata
all’uno ed all’altro, nonché le problematiche che da essi scaturiscono. Sarà
interessante constatare anche alcuni aspetti di continuità ed altri di rottura
rispetto alla disciplina antecedente alla stesura del codice attuale, così da
avere uno sguardo d’insieme su un istituto molto discusso e dai confini
ancora incerti e problematici.
L’ultimo capitolo sarà poi dedicato all’ordinamento anglosassone, col duplice
proposito di considerare una realtà processuale del tutto differente da quelle
italiana, e di capire se in essa esiste un corrispettivo dell’interrogatorio
italiano, tenendo nella dovuta considerazione l’appartenenza dei due
ordinamenti a radici giuridiche diverse, le quali rendono arduo il confronto
3
.
Il riferimento diviene, però, giustificato dal fatto che, nell’ordinamento
processuale di common law vigente in Inghilterra, si configura una vera e
propria testimonianza della parte, che ne rendono interessante la trattazione
ai fini della presente speculazione. Tra queste, la più importante è il dovere
della parte di dire la verità, estraneo al nostro sistema, ma che, nella parte
3
Un approccio comparatistico può risultare utile per confrontarsi con atteggiamento più critico,
consapevole ed aperto allo studio che si affronta. Nel nostro caso, questa funzione di “specchio”
viene svolta dal processo di common law, nello specifico, dal processo inglese e, in parte, da
quello nordamericano. Il fine perseguito non è quello di fornire una descrizione esaustiva ed
accurata di detto ordinamento straniero, ma di coglierne le caratteristiche che interessano e
sono rilevanti per la nostra indagine ( la struttura generale del processo, l’evoluzione che lo ha
riguardato, la distribuzione di poteri tra le parti ed il giudice, e, last, but not least , le modalità
attraverso le quali il sapere delle parti viene introdotto nel processo e in esso utilizzato).
INTRODUZIONE
4
conclusiva, darà modo di riflettere su come questo potrebbe incidere
sull’utilizzo e sull’efficacia delle due tipologie di interrogatorio.
Si concluderà la trattazione cercando di estrapolare, nell’insieme, quali
problematiche emergono con più forza, quali aspetti dell’interrogatorio si
prestano ad essere considerati e compresi alla luce del problema dell’utilizzo
dell’interrogatorio e la sua efficacia, come istituto compensante la mancanza
della testimonianza della parte.
Non si avrà, da parte di chi scrive, la pretesa e la presunzione di fornire una
soluzione definitiva
4
, di per sé estremamente complessa e fonte di secolare
dibattito, sulle precise modalità attraverso le quali sfruttare il sapere delle
parti con l’ausilio dell’interrogatorio. Per questo motivo si intende escludere
una riflessione ,de iure condito, sul perché manchi la testimonianza della
parte e, ancor di più, proporre una soluzione de iure condendo per
l’introduzione della stessa. L’umile fine che si persegue con questo elaborato
è quello di studiare l’interrogatorio, la sua funzione, le sue problematiche e le
riflessioni che da esso possono scaturire, in rapporto al problema
dell’utilizzazione del sapere delle parti nel processo italiano.
Si perseguirà, dunque, il semplice intento di riflettere ‐ sfruttando, a questo
fine, anche l’approccio comparatistico ‐ sull’attuale efficacia dell’istituto, per
il predetto scopo, e su come questa potrebbe essere ipoteticamente
migliorata.
4
Con ciò si intende anche escludere una riflessione , de jure condito, sul perché manchi la
testimonianza della parte e, ancor di più, proporre una soluzione de jure condendo per
l’introduzione della stessa. L’umile fine che si persegue con questo elaborato è quello di studiare
l’interrogatorio, la sua funzione, le sue problematiche e le riflessioni che da esso possono
scaturire, in rapporto al problema dell’utilizzazione del sapere delle parti nel processo italiano.
CAPITOLO 1
L’interrogatorio libero
SOMMARIO: Parte I. 1.1. Introduzione. ‐ 1.2. I processi di riforma dell’interrogatorio
libero. ‐ 1.3. L’interrogatorio libero nel codice di procedura. ‐ 1.4. La natura ambigua
e le funzioni dell’interrogatorio. a La funzione di chiarificazione. ‐ 1.4. b La funzione
probatoria. Conclusioni. ‐ 1.5. Le dichiarazioni delle parti: gli argomenti di prova. –
Parte II. 1.5.1. Il valore e l’ efficacia degli argomenti di prova. a. Elementi autonomi di
convincimento. b. Argomenti di prova e presunzioni. c. Probatio inferior.
Conclusioni. ‐ 1.6. L’interrogatorio libero nel processo del lavoro.
Parte I
1.1. Introduzione
L’interrogatorio è, in generale, uno strumento volto alla raccolta di
informazioni, tramite la proposizione di una serie di domande ad un
determinato soggetto, che abbia titolo per rispondere, in relazione ad una
determinata vicenda.
In ambito processuale si delinea una distinzione tra due tipologie di soggetti
passibili di interrogatorio, le parti e i testimoni, per i quali, però, sussistono
differenze in ordine alla posizione assunta nel processo, alle modalità di
raccolta del sapere
1
, nonché al nome conferito a tale procedimento.
2
1
MONTELEONE, Manuale di diritto processuale civile, I, CEDAM, Padova, 2007, pagg. 280‐281.
Chi, come questo autore, si schiera contro l’assimilazione della parte al teste in merito alle
1 CAPITOLO 1. L’interrogatorio libero
6
L’interrogatorio è, nel nostro sistema processuale, di due tipi: non formale, o
libero, e formale. Esso è lo strumento attraverso il quale vien data alla parte
la possibilità di effettuare delle dichiarazioni, seppur con modalità e scopo
differenti.
Ci si dedicherà, in questo capitolo, alla trattazione dell’interrogatorio non
formale. Si rifletterà inoltre su di una serie di tematiche, quali:
ξ il ruolo svolto dalla parte e la sua interazione con il giudice;
ξ la conseguente differenza di funzioni attribuite all’interrogatorio, e le
contrastanti posizioni dottrinali e giurisprudenziali in merito;
ξ il valore delle dichiarazioni effettuate dalle parti, nonché l’uso che di
esse il giudice può fare;
ξ infine, si condurrà un analisi del ruolo svolto dall’interrogatorio libero
nel processo del lavoro, per comprenderne differenze ed analogie con
il rito ordinario.
L’interrogatorio libero è uno degli strumenti di raccolta del sapere delle parti
nel nostro ordinamento.
3
modalità di raccolta del sapere, sostiene che, mentre la parte ricopre una posizione particolare in
base alla quale tende a non agire contro il suo interesse, il teste è invece uno spettatore ( non
sempre parziale..a differenza di quanto sostiene l’autore ). Per queste ragioni, sarebbe
pretenzioso ed illogico porre i soggetti sullo stesso piano.
2
TARUFFO, voce Interrogatorio, in Digesto delle discipline privatistiche, sez. civile, UTET, 1993,
pag. 57
3
Tra gli autori che lo considerano strumento di utilizzazione del sapere LASERRA, voce
Interrogatorio, in Novissimo Digesto Italiano, 1963, pagg. 9144 e ss.; TARUFFO, op. cit., pagg. 57 e
ss.; VACCARELLA, voce Interrogatorio delle parti, in Enciclopedia del diritto, XXII, Milano, 1972,
pagg. 382 e ss.
Il nostro sistema processuale individua due modalità certe di raccolta, in sede processuale, del
sapere delle parti, che si differenziano in ragione della disciplina dedicata ma non per il grado di
1 CAPITOLO 1. L’interrogatorio libero
7
Inserito nel titolo V del Libro I del codice di procedura civile, tra i poteri del
giudice, all’art. 117
4
, e richiamato nel Libro II, titolo I, nella sezione dedicata
alla trattazione della causa, di cui all’art. 183, l’interrogatorio libero si è
rivelato un istituto su cui si è molto discusso, soprattutto in ragione della
disciplina dedicatagli, fin dalla prima stesura del codice
5
.
Ad esso si ricorre solo in caso di richiesta congiunta delle parti, salvo che il
giudice non decida di disporlo in virtù del potere generale a lui riconosciuto
dall’art. 117c.p.c.; egli può ricorrervi, altresì, con l’ordinanza che ammette le
prove ai sensi dell’art. 183
6
, nono comma, fissando una nuova udienza di
trattazione per consentire la comparizione personale delle parti.
7
Per comprendere con più chiarezza la complessità di questo istituto è
opportuno ricorrere le tappe di riforma che l’hanno interessato, in quanto
l’odierna disciplina è infatti il risultato di molteplici interventi legislativi che
ne hanno determinato l’attuale assetto normativo.
efficacia che scaturisce dalle dichiarazioni rilasciate: il giuramento, che consiste nella
dichiarazione di fatti favorevoli alla parte che li dichiara e sfavorevoli all’altra parte, ha efficacia
vincolante, nel senso che, una volta effettuato, il giudice sarà obbligato a decidere a favore di chi
l’ha prestato; la confessione, che consiste invece nella dichiarazione di fatti sfavorevoli al
dichiarante, ha la stessa efficacia vincolante del giuramento ( anche in ragione della regola
d’esperienza per la quale chi fa dichiarazioni contro se stesso non ha motivo di mentire ), ma non
nel senso di vincolare la decisione del giudice; la testimonianza, quale prova liberamente
valutabile, è esclusa dal novero delle modalità di raccolta del sapere delle parti, in ragione del
controverso sfavore che, nel nostro sistema, si è sempre riposto nella possibilità che la parte
informi il giudice dei fatti della causa di cui è protagonista in qualità di attore o convenuto.
4
dell’interrogatorio.
4
Così recita l’art.117 c.p.c.: “Il giudice, in qualunque stato e grado del processo, ha facoltà di
ordinare la comparizione personale delle parti in contradditorio tra loro per interrogarle
liberamente sui fatti della causa. Le parti possono farsi assistere dai difensori”.
5
Per una trattazione estesa dell’argomento si veda il paragrafo 2 dedicato alle riforme
dell’interrogatorio.
6
Art. 183, 9°co. c.p.c.: “ Con l’ordinanza che ammette le prove il giudice può in ogni caso
disporre, qualora lo ritenga utile, il libero interrogatorio delle parti; all’interrogatorio disposto dal
giudice si applicano le disposizioni di cui al terzo comma.”
7
MONTESANO, ARIETA, Corso base di diritto processuale civile, CEDAM, Padova, 2002, pagg. 386‐
387.
1 CAPITOLO 1. L’interrogatorio libero
8
1.2. I processi di riforma e l’attuale disciplina dell’interrogatorio
libero
Previsto quale potere ufficioso del giudice, e divenuto obbligatorio con la
riforma della legge n. 353 del 1990, è solo con le successive riforme del 2005,
la legge n.80 e quella n.265, che tale interrogatorio perde la sua
obbligatorietà ed il suo esperimento viene lasciato alla discrezionale
valutazione del giudice.
Si tratta di uno strumento processuale di chiovendiana memoria
8
, che nelle
intenzioni del codice del 1940, doveva servire a favorire il contatto diretto tra
le parti ed il giudice, attraverso una serie di domande rivolte informalmente
alla parte sui fatti di causa
9
. Nella relazione al codice del 1940
10
, si presenta
sotto due aspetti differenti : da un lato, in qualità di strumento teso a
combattere la malafede processuale
11
, dall’altro, come strumento di
chiarificazione
12
.
8
Si veda la nota n. 35.
9
“A tale scopo meritano di esser messi in evidenza due istituti che il nuovo codice considera
come armi poste a disposizione del giudice per combattere la malafede processuale : il potere di
ordinare in ogni momento del processo la comparizione personale delle parti ( art.117 ), ed il
potere, complementare del primo, di trarre argomenti di carattere probatorio dalla loro condotta
processuale ( art. 116 )” in Relazione al Re n. 17. MICHELI, in Corso di diritto processuale civile,
Giuffrè, Milano, 1960, da una parte sostiene proprio questa duplicità di funzioni, dall’altra
sostiene altresì che essa ha però contribuito, nella pratica, ad indebolire l’efficacia dell’istituto e
che ne spiega in qualche modo l’insuccesso che ne è derivato.
10
Dalla Relazione al re (1929), in Codice di procedura civile : r. decreto 28 ottobre 1940, anno 28.,
n. 1443 : preceduto dalla relazione del ministro guardasigilli alla Maestà del Re Imperatore e
seguito dagli indici sommario ed analitico, Torino, Gazzetta del popolo, 1940.
11
Strumento volto alla “ricerca ufficiale della verità” e a vincere “la malizia dei litiganti”,
Ministero di Grazia e Giustizia, Codice di procedura civile, Roma 1940, n. 17 e 29.
12
In riferimento alla primaria ( e teorica) funzione dell’interrogatorio libero nella Relazione al
codice di procedura civile del 1940, n. 29: “Questo interrogatorio libero di cui il giudice ha
l’iniziativa..mira piuttosto a far sì che le parti possano chiarire le loro allegazioni di fatto e le loro
conclusioni, là dove queste sembrino incomplete ed oscure..Questo interrogatorio mira prima di
tutto a giovare alla parte interrogata, per darle modo di spiegare meglio al giudice le sue ragioni e
1 CAPITOLO 1. L’interrogatorio libero
9
L’interrogatorio viene così decantato come una delle più importanti
innovazioni contenute nel nuovo codice, in quanto previsto nell’interesse dei
litiganti, alla luce della sua funzione diretta a chiarire i fatti oggetto della lite a
loro vantaggio. E’ difficile, però, comprendere come un istituto, rimesso alla
discrezionalità del giudice, possa giovare alle parti
13
.
Nella pratica viene comunque delegato ad una posizione secondaria e
se ne constata un impiego scarso e diffidente da parte del giudice
14
. La
discrezione di cui egli gode in merito all’interrogatorio determina effetti
controproducenti: egli si serve raramente dell’istituto per chiarire le
posizioni delle parti, allegate ed esposte al giudice nella prima udienza di
trattazione, ex art. 183; fa’ un uso limitato dei suoi “poteri ufficiosi”,
prediligendo altre tipologie di confronto più formali e dall’esito determinato (
quali ad esempio il giuramento suppletorio ); si rivolge per lo più ai difensori
per i chiarimenti che, in merito alle allegazioni prodotte, gli sembrano
necessari; usa in maniera secondaria e sussidiaria l’interrogatorio libero
di integrare la propria difesa là dove questa, in seguito alle osservazioni del giudice, le possa
sembrare manchevole.”
13
Si inserisce in questo discorso il problema relativo alle dichiarazioni contra se e che spiega in
parte il fallimento dell’interrogatorio libero: qualora una parte avesse effettuato una
dichiarazione a sé sfavorevole, questa non si sarebbe potuta usare in suo danno, vale a dire con
valore di confessione ( eventualmente apprezzabile liberamente dal giudice), REALI, Sulla
decisione della causa in base alle dichiarazioni rese nel corso dell’interrogatorio libero, in Giur.
It.,2003, pagg. 302‐307.
14
MICHELI, Corso di diritto processuale civile, II, Giuffrè, Milano, 1960, sostiene l’incertezza del
carattere di tale interrogatorio, al quale, egli afferma, si fa poco ricorso nel corso della pratica
giudiziaria, mentre potrebbe essere molto utile “per il conseguimento di quelle finalità per le
quali è stato cerato addirittura il giudice istruttore (“..il giudice istruttore è dunque responsabile
di tutto il processo che davanti a lui si svolge e l’immutabilità di esso garantisce l’unitarietà di
indirizzo nella fase istruttoria”). Egli riprende altresì l’idea dell’interrogatorio libero come
momento di contatto tra il giudice e la parte.
1 CAPITOLO 1. L’interrogatorio libero
10
nella sua veste probatoria, grazie alla quale ci si serve delle risposte e del
contegno delle parti per trarne argomenti di prova.
15
Il fallimento dell’istituto viene ricondotto dunque a due cause principali: a
livello probatorio, a causa del fatto che viene negato ogni valore all’eventuale
confessione resa, dalla parte, in questa sede; a livello di chiarificazione, a
causa del fatto che i giudici prediligono chiarire le allegazioni direttamente
con i difensori, scavalcando le parti
16
.
Con la riforma n. 353 del 1990, l’interrogatorio libero diventa obbligatorio, in
conseguenza dell’influenza esercitata dalla precedente riforma del processo
del lavoro, nel ’73, che ne prevede l’esperimento obbligatorio fin dalla prima
udienza.
17
L’intento che anima il legislatore è, infatti, quello di concentrare nella prima
udienza tutta la definizione del thema decidendum come in effetti avviene
nel processo del lavoro ‐ così da agevolare, poi, il giudice nella successiva fase
di istruzione della causa. Porre l’interrogatorio quale espediente necessario
significa imporre un confronto con le parti in un momento in cui si è in fase di
acquisizione del materiale allegato, in attesa di quella relativa alle prove da
esperirsi solo nel corso del processo.
15
TARUFFO, op. cit. , pagg.64‐65.
16
REALI, op. cit., pagg. 302 e ss.
17
Nel processo del lavoro la diversa impostazione della prima udienza di trattazione è motivata
da ragioni legate alla tipologia delle cause di cui esso si occupa: trattandosi di controversie di
lavoro, si cerca di perseguire un’accelerazione dell’iter processuale. E’opportuno sottolineare che
l’interrogatorio libero di cui all’art. 420 non si identifica con l’interrogatorio libero di cui all’art.
117 1°co. Come si avrà poi modo di approfondire, la prima udienza del processo del lavoro è in
genere anche l’ultima ‐ nonché l’unica ‐, per cui l’interrogatorio è finalizzato a dare al giudice la
possibilità di confrontarsi con le parti nell’imminenza della decisione, oltreché a tentare la
conciliazione, obbligatoria, in apertura di processo. (MANDRIOLI, Manuale di diritto processuale
civile. II, Giappichelli, Torino, 2007, pagg. 214‐219)