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Capitolo I – Il procedimento di accertamento
1.1 Nozione di procedimento.
Alla fase di accertamento si attribuisce il complesso di atti e fatti,
legati in procedimento ed eventualmente in sub-procedimenti, la
cui funzione è quella di determinare nell’an e nel quantum il
presupposto del tributo.1
Nella generalità delle imposte, infatti, l’accertamento è l’attività
prevista per la rilevazione dei fatti tassabili e la quantificazione
della base imponibile. Accertare significa verificare se in concreto
si è prodotto un presupposto d’imposta astrattamente previsto dalla
legge e determinare la sua base imponibile.2
La potestà di applicazione della normativa tributaria è una attività
complessa svolta dagli organi dei vari enti impositori, che ha come
scopo sia quello di determinare previamente (ed eccezionalmente)
se e quanto il soggetto passivo debba pagare a titolo di tributo, sia
di controllare se il soggetto passivo abbia correttamente adempiuto
ai suoi doveri, formali o sostanziali, costringendolo, nel caso di
violazione di tali doveri, a subire il prelievo secondo le dimensioni
reali del presupposto e della base imponibile a lui ascrivibile, con
l’irrogazione inoltre delle relative sanzioni.
Talvolta si è utilizzato il termine “accertamento” per indicare la
potestà applicativa; ma tale impiego può essere fuorviante perché
non permette di cogliere la molteplicità e varietà di potestà, atti,
provvedimenti e operazioni attraverso i quali si snoda l’attuazione
del prelievo tributario. L’impressione che ne deriva è quella che il
fenomeno dell’applicazione delle norme tributarie si esaurisca
nell’accertamento del tributo. Il potere amministrativo di
attuazione del prelievo non si riduce solo all’esigenza di costituire
1
A. FANTOZZI, Il diritto tributario , 3rd edn. UTET, 2003, p. 249
2
E. DE MITA, Principi di Diritto tributario , 5th edn. Giuffrè, 2007, pp. 33-34.
2
l’obbligazione tributaria, ma riguarda anche altri fenomeni, come il
controllo con atti di polizia e l’irrogazione delle sanzioni. 3
La potestà di applicazione della normativa tributaria ha dunque
carattere complesso, in cui l’accertamento svolge un ruolo parziale
e concorre con altre potestà: la potestà di polizia tributaria, che
consiste nello svolgimento di operazioni materiali, nella
conduzione di indagini e nella formazione di atti istruttori volti a
provare fatti costituenti reato, o illecito amministrativo o evasione
tributaria; la potestà sanzionatoria, la quale, a fronte di violazioni
di legge, si estrinseca nella emanazione di atti amministrativi di
irrogazione di sanzioni amministrative; la potestà di riscossione,
volta all’incasso di tributi e sanzioni; infine la potestà di indirizzo,
che si esprime attraverso circolari, note e risoluzioni ministeriali
volte ad orientare l’attività all’interno della pubblica
amministrazione per assicurarne imparzialità e buon
funzionamento.
Riassumendo, attuare una imposta significa individuare il
presupposto tassabile, liquidare la sua base imponibile, applicare
ad essa una aliquota e corrispondere la somma che ne deriva
all’amministrazione finanziaria competente.
Il tema dell’accertamento è oggi quello che più di ogni altro
esprime le esigenze scaricate su di esso dal legislatore:da quelle
preminenti di tempestività e certezza del gettito, assicurate ora con
strumenti premiali, ora con strumenti consensuali, a quelle di
“civiltà” dell’ordinamento, riferite, per un verso alla tutela dei
diritti patrimoniali e della persona (Statuto dei diritti del
contribuente) e per altro verso correlate in funzione di contrappeso
a misure sempre più accentuate di forfetizzazione e di induzione
nella determinazione del tributo.
La lotta all’evasione e all’elusione fiscale e la propensione per una
legislazione casistica hanno indotto il legislatore a dettare norme
3
G. FALSITTA, Manuale di Diritto Tributario Parte generale , 6th edn.
CEDAM, 2008, p. 318
3
minutissime di comportamento per i contribuenti; queste esigenze,
riflettendosi sul piano dell’accertamento, hanno comportato una
frammentazione dei singoli atti di controllo, la loro progressiva
anticipazione nel tempo, il loro collegamento con atti della
riscossione al fine di acquisire il prima possibile il maggior tributo
corrispondente all’imponibile verosimilmente evaso.
Detto questo, possiamo affermare che di accertamento tributario
può parlarsi in almeno tre diverse eccezioni.
In primo luogo, da almeno 50 anni tutte le trattazioni teoriche di
diritto tributario ne parlano come dello snodo attraverso cui si
realizza nel caso singolo il principio del consenso al tributo.
Nelle democrazie costituzionali, al principio di capacità
contributiva e di imparzialità dell’azione dell’amministrazione
corrisponde l’esigenza di attuare il tributo nel caso singolo
specificando l’obbligazione tributaria secondo il presupposto
realizzato in concreto dal contribuente.
Nella risalente teoria del tributo, in cui i profili privatistici di tutela
della libertà patrimoniale si combinano con quelli pubblicistici
riferiti alla sovranità dello Stato, l’accertamento assicura, per un
verso, l’applicazione al caso di specie della regola generale e
astratta e, per altro verso, realizza il contemperamento
dell’interesse del fisco con quello del privato in un assetto di
interessi che, per il principio di legalità, manca di ogni
ponderazione e dunque di ogni profilo di discrezionalità
amministrativa.
Da questa impostazione deriva un’ attività rigidamente vincolata
che realizza, ma non pondera, gli interessi coinvolti attraverso atti
che sono definiti provvedimenti amministrativi pur privi di ogni
contenuto “gestorio” e dispositivo.
In una seconda accezione (oggi la più attuale), si parla di
accertamento come attività di amministrazione in controllo del
comportamento dei contribuenti.
4
Un ancoraggio normativo in tal senso si trova nei D.P.R. n.
600/1973 e n. 633/1972, che includono nel titolo “ Accertamento e
controlli” sia l’attività istruttoria, sia tutti i controlli in senso
proprio, sia infine l’atto di accertamento.
Se al termine accertamento si vuole dare un significato più ampio
del semplice avviso, occorre includervi tutta l’attività di controllo
sia degli adempimenti spontanei e propedeutici, sia degli atti di
compliance del contribuente (dichiarazioni, liquidazioni,
versamenti), sia infine dei fatti giuridici o naturali rilevanti per
l’applicazione del tributo.
In una terza accezione si parla di accertamento con riguardo
all’atto autoritativo con cui l’amministrazione determina il tributo
sostituendo la propria versione a quella non corretta fornita dal
contribuente, o mancante.
L’attività di accertamento si snoda attraverso la collaborazione
eventuale tra fisco e contribuente in atti propedeutici di cautela,
nella dichiarazione, nel controllo di essa e in tutte le attività
istruttorie e di verifica, anche d’ufficio, che possono condurre alla
definizione di una “verità” del fisco diversa dalla “verità”
dichiarata dal contribuente, fino ad arrivare a stabilire una verità
che valga per tutti, senza più possibilità di contestare il
presupposto del tributo.
Le leggi di riforma tributaria del 1971/’73 hanno provocato un
enorme aumento del numero dei contribuenti da gestire, con
l’esigenza di rinunciare all’accertamento generalizzato, a favore di
criteri selettivi. Accanto alla selettività degli accertamenti se ne è
accentuata anche la funzione di controllo. Il controllo è ormai
riferito non soltanto alla dichiarazione del contribuente (e quindi al
presupposto di fatto del tributo), ma anche al rispetto di
adempimenti strumentali, diretti a reprimere l’evasione, come le
scritture contabili, le bolle di accompagnamento, le ricevute e gli
scontrini fiscali.
5
Oggetto del controllo è quindi l’intero comportamento del
contribuente, anticipato e successivo rispetto al verificarsi del
presupposto, compresi anche gli adempimenti prodromici che
possono anche non condurre ad una obbligazione tributaria.
L’accertamento tributario non attiene più dunque alla liquidazione
o dichiarazione di un’obbligazione già sorta, come se dovesse
fotografare una certa capacità contributiva in capo al soggetto;
esso piuttosto attiene al controllo dei comportamenti imposti dalla
legge al contribuente e finalizzati alla corretta applicazione del
tributo.4 Questa prospettiva dell’accertamento come controllo
sposta così l’attenzione dalla problematica dell’obbligazione
tributaria a quella dei controlli amministrativi sull’attività dei
privati e del rapporto tra autorità e tutela del contribuente, in
particolare con riferimento ai poteri istruttori (accessi, ispezioni,
verifiche), alle situazioni giuridiche soggettive vantate dai privati,
la collaborazione del contribuente, i margini di crescenti di
apprezzamento e di “discrezionalità” che sussistono nell’attività di
controllo (es. scelta di procedere ad un accertamento analitico o
induttivo, di ricorrere o meno alle indagini bancarie, agli studi di
settore, al redditometro).
Alla luce dei cambiamenti e dell’evoluzione legislativa, cui hanno
contribuito non poco le leggi di riforma tributaria, la dottrina
tributaristica, tenendo sempre in maggior conto la disciplina
pubblicistica della fase di accertamento, ha elaborato la teoria della
natura procedimentale dell’accertamento tributario, intendendo per
procedimento ogni fenomeno caratterizzato da un susseguirsi di
fasi autonome fra loro coordinate verso il raggiungimento di un
risultato giuridico.5
4
A. FANTOZZI, Il diritto tributario, 3rd edn. UTET, 2003,pp. 252.
5
Sotto il profilo dinamico, le singole fasi del procedimento sono legate fra di
loro da una unitarietà funzionale e sfociano in quella manifestazione che
rappresenta la esplicazione caratterizzante del potere giuridico.
6
Elaborato in diritto amministrativo, il procedimento è usualmente
concepito come una sorta di itinerario che l’autorità amministrativa
deve seguire nell’esercizio di un determinato potere
amministrativo.
Per Sandulli il procedimento consiste in una successione di atti
umani, preordinati dalla volontà alla realizzazione di uno scopo6.
Ogni procedimento consiste nella sequenza di atti e di attività
previste in via astratta per pervenire al provvedimento e alla sua
efficacia. Una tale definizione, anche se corretta, potrebbe tuttavia
essere riduttiva. Infatti se l’immagine del procedimento come
sequenza o itinerario risulta appropriata per illustrare la
direzionalità del procedimento nella sua finalizzazione al
provvedimento, essa però non rende altrettanto bene la funzione
complessiva del procedimento amministrativo come spazio in cui
si intrecciano i rapporti tra l’amministrazione procedente, le altre
amministrazioni interessate e i soggetti privati variamente
coinvolti dall’eventuale provvedimento.
Alla luce di questa considerazione si può quindi affermare che
ogni procedimento non è soltanto una sequenza di atti, bensì la
sede e lo strumento di formazione progressiva di quel dossier di
documenti, informazioni, osservazioni, elementi valutativi e atti
preliminari il cui contenuto conduce gradualmente ad una specifica
decisione.7
Ed è proprio nell’ambito di questa rilevanza globale dell’attività
amministrativa che il principio di legalità risulta essere
strettamente collegato al principio di imparzialità amministrativa
di cui all’art. 97, comma 1 Cost., in modo che dall’atto tipico,
previsto dalla legge, si tende a conoscere la rilevanza dell’atto,
quale risultato finale di un procedimento nel quale vengono
assunti, in contraddittorio tutti gli interessi pubblici e privati
previsti dalla norma.
6
A. M. SANDULLI, Il procedimento amministrativo, Milano, 1964.
7
G. FALCON, Lezioni di diritto amministrativo I L'attività, CEDAM, 2005
pp. 62-63.
7
Per Moschetti, infatti, il principio di imparzialità amministrativa
consiste “non solo nel trattamento dei diversi contribuenti, ma
anche nella valutazione del giusto equilibrio tra l’interesse
collettivo al concorso delle spese pubbliche e l’interesse
individuale al rispetto della capacità contributiva”8.
Nonostante questa sia una nozione di procedimento tipicamente
utilizzata dalla manualistica amministrativa, la dottrina
tributaristica l’ha ritenuta applicabile al procedimento accertativo,
a cui pertanto diventa possibile estendere la regola generale, valida
nel diritto amministrativo, in tema di effetti dell’illegittimità degli
atti presupposto sugli atti successivi della medesima sequenza
procedimentale. In virtù di un effetto diffusivo, l’illegittimità degli
atti istruttori della fattispecie procedimentale si riverbera sul
provvedimento terminale della stessa, determinandone
l’illegittimità in via derivata. Essendo un corollario del principio di
legalità, tale regola risulta applicabile ad ogni settore dell’attività
amministrativa e quindi anche all’attività di accertamento del
tributo.9
In materia tributaria, la dottrina ha fatto uso della teoria
procedimentale per argomentare l’inutilizzabilità del materiale
probatorio acquisito irritualmente. Il concetto di procedimento
amministrativo, dove l’invalidità di atti interni al procedimento
viene sanzionata con l’invalidità dell’atto finale, conforta il
principio generale dell’ordinamento, applicabile anche al
procedimento accertativo, secondo cui le prove acquisite in
8
F. MOSCHETTI, Le procedure e i metodi di accertamento alla luce dei
principi costituzionali, Relazione al Convegno internazionale su
“L’accertamento tributario nella Comunità Europea”, tenutosi presso
l’Università di Bologna il 17-18 settembre 1993.
9
Di diverso avviso sembra, invece, F. TESAURO, Istituzioni di diritto
tributario, vol. I, Torino, 1987, pp. 144-145, per il quale l’attuazione delle
norme d’imposta non integra un procedimento in senso tecnico, poiché l’atto di
imposizione non è subordinato (in senso procedimentale) ad alcun altro atto
precedente, e poiché non esiste un ordine necessario di atti istruttori che
debbano precedere l’atto d’imposizione. Coerentemente, quindi, ad avviso
dell’Autore, “gli accertamenti fondati su prove acquisite illecitamente non sono
viziati in quanto su di essi si ripercuota un vizio di atto precedente della sequela,
ma in quanto “infondati”; privi cioè di fondamento di fatto.”
8
violazione delle norme che regolano i poteri istruttori sono
inutilizzabili nel successivo atto di accertamento.10
In proposito si possono menzionare, a titolo esemplificativo, i casi
di accesso domiciliare effettuato in mancanza dell’autorizzazione
del Procuratore della Repubblica: in questa prospettiva
interpretativa l’autorizzazione del magistrato, prevista dalle legge
come attività doverosa, sebbene a contenuto discrezionale,
costituisce il presupposto di legittimità dell’attività ad essa
successiva e si inserisce all’interno della fattispecie
procedimentale complessa. La mancanza della necessaria
autorizzazione, od un suo vizio, provoca pertanto l’illegittimità
della conseguente attività compiuta dagli organi di polizia
tributaria o dall’Amministrazione, ed in definitiva conduce
all’invalidità dell’atto di accertamento eventualmente emesso.
Tornando alla definizione di procedimento, è bene precisare che il
concetto di procedimento non può essere paragonato a quello di
fattispecie a formazione successiva, in quanto, mentre nella
fattispecie a formazione progressiva si producono effetti solo
quando si conclude il ciclo formativo, nel procedimento ogni atto
produce il suo effetto; inoltre può atteggiarsi sia come momento
finale che come momento intermedio. Una volta verificatosi il
presupposto di fatto del tributo (momento iniziale del
procedimento), si susseguono una serie di atti intermedi il cui
scopo è quello di rendere legittimo l’atto conclusivo, che può
essere rappresentato o da un avviso di accertamento o da una
decisione definitiva delle commissioni tributarie.
Si ritiene opportuno mantenere la nozione di procedimento per
indicare la sequenza che si apre con la presentazione della
dichiarazione e con gli altri atti e fatti previsti alla legge, che si
snoda attraverso il controllo di questa e di tutti i comportamenti
finalizzati all’applicazione del tributo, e che si conclude con l’atto
10
Questo principio generale dell’ordinamento trova corrispondenza anche in
materia di indagini penali, dove le prove acquisite in violazione dei divieti
stabiliti dalla legge non possono essere utilizzate (art. 191 del codice di
procedura penale).
9
di accertamento in rettifica, cui deve attribuirsi, almeno per la sua
attitudine a incidere unilateralmente nella sfera del destinatario, la
natura di provvedimento amministrativo. 11
La tesi che attribuisce all’atto di accertamento la natura di
provvedimento amministrativo può ritenersi prevalente in dottrina;
non mancano, tuttavia, autorevoli opinioni che dissentono su taluni
aspetti di tale ricostruzione.
Secondo R. Lupi, infatti, sulla natura provvedimentale degli avvisi
di accertamento è bene operare una distinzione. Partendo da una
analisi dei poteri amministrativi e dall’attitudine degli atti
impositivi a rendersi inoppugnabili, egli afferma che il principale
aspetto della potestà amministrativa d’imposizione attiene alle
modalità con cui gli uffici fiscali fanno valere, nei confronti dei
contribuenti, la determinazione di una maggiore imposta o
l’irrogazione di una sanzione. Gli uffici fiscali emettono a tal fine,
secondo le procedure tipiche dell’atto amministrativo, atti
unilaterali potenzialmente vincolanti, il cui destinatario, se intende
opporvisi, deve tempestivamente impugnarli davanti al giudice
competente. Emerge con evidenza, allora, la differenza rispetto ai
creditori di una qualsiasi obbligazione pecuniaria, sprovvisti di
poteri amministrativi, che devono chiedere al giudice una sentenza
che accerti l’esistenza e l’ammontare del proprio credito. La
potestà dell’amministrazione finanziaria di emettere tali atti
impositivi, che sono espressione dell’esercizio di poteri
autoritativi, ne denota la collocazione nell’ambito dei soggetti
dotati di poteri di supremazia; tale preminenza, però, non si
estende alla determinazione dell’imposta, oggetto di disciplina
legale e dunque la natura provvedimentale dell’avviso di
accertamento sussiste solo sotto il profilo della loro attitudine a
consolidarsi se non impugnati; per cui il contribuente, se vuole
11
A. FANTOZZI, Il diritto tributario, 3rd edn. (UTET, 2003), p. 261.