9
Introduzione
In questo lavoro si è cercato di ricostruire il complesso fenomeno umano, sociale ed
economico rappresentato dall’usura. Si tratta di un argomento di estrema attualità ed in
continua evoluzione che, sin dalle sue origini, ha dato luogo a numerosi confronti e
dibattiti tra giuristi ed interpreti del diritto in merito ai differenti profili di problematicità
caratterizzanti l’articolata prassi usuraria. L’etimologia del termine usura deriva dal
latino “usus”, ed indica il corrispettivo riconosciuto al creditore, in aggiunta alla
restituzione del bene mobile o del denaro, per il prestito effettuato a favore del debitore;
espressione senz’altro affrancata dalla connotazione negativa che conosciamo oggi.
Nel primo capitolo, dopo aver analizzato il concetto di usura e tracciato i confini
definitori della stessa, si è proposta un’attenta analisi dell’excursus storico della
normativa susseguitasi in materia, partendo dal periodo romano e giungendo all’attuale
disciplina in vigore; prestando particolare attenzione all’evoluzione avvenuta in sede
penale, al fine di conferire un’adeguata tutela al soggetto debole della relazione
contrattuale.
Il delitto d’usura venne introdotto all’interno del nostro ordinamento giuridico dal
codice penale Rocco del 1930, che individuava tra gli elementi essenziali per la
configurazione del reato: “l’approfittamento” dello stato di bisogno altrui e
“l’usurarietà” dei vantaggi promessi o consegnati come corrispettivo del denaro
ottenuto; requisiti questi difficilmente accertabili in sede processuale.
La legge 7 marzo 1996, n. 108, rubricata “Disposizioni in materia di usura”, intese
superare le concrete difficoltà applicative della normativa precedente, predisponendo
una fattispecie base ed una sussidiaria del reato d’usura, entrambe oggetto di
approfondita trattazione nel secondo capitolo dell’elaborato. Si tratta di una riforma che
ha segnato un punto di svolta radicale nella lotta alla criminalità economico-organizzata,
la quale, nell’arco degli ultimi due decenni si è dimostrata sempre più interessata
all’ottenimento di profitti illeciti tramite la realizzazione di condotte usurarie.
La nuova legge antiusura ha, di fatto, completamente riformulato la disciplina contenuta
nell’art. 644 del codice penale, introducendo al terzo comma l’ipotesi di usura
“presunta”, secondo cui: “La legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono
Introduzione
10
sempre usurari […]”. Detto in altre parole, il legislatore ha richiesto per l’integrazione
del reato, il rispetto del requisito oggettivo del tasso soglia legale, individuato da un
meccanismo tabellare astratto e predefinito per legge, che segna il saggio massimo
applicabile al contratto stipulato, superato il quale ne deriva il trattamento sanzionatorio
previsto.
Il processo di determinazione del TEGM, da cui si ricava il tasso soglia, rappresenta il
centro nevralgico del nuovo delitto d’usura, sul quale ha fortemente discusso la dottrina;
in quanto viene effettuata una scelta importante tra interessi contrapposti individuati: da
una parte, nella libertà di autodeterminazione della propria sfera patrimoniale che spetta
al singolo sul contenuto negoziale; e dall’ altra, nell’esigenza di tutela della funzione
stessa del contratto e più in generale dell’ordine macroeconomico.
Dopo aver esaminato i requisiti oggettivi della nuova fattispecie, si sposta l’attenzione
sull’elemento soggettivo richiesto per l’integrazione della stessa, per poi proseguire
esponendo le diverse tesi proposte da dottrina, giurisprudenza e Corte di Cassazione
sulla delicata questione relativa dell’individuazione del momento “consumativo” del
reato.
Nel terzo capitolo, invece, si esamina la fattispecie d’usura prestando particolare
attenzione alla disciplina degli interessi usurari nei contratti bancari, considerando una
diversa prospettiva, comunque connessa al profilo giuridico, ma maggiormente
confacente alla disciplina economica. Nel dettaglio, si è affrontato il problema della
natura e della rilevanza degli interessi moratori ai fin della determinazione
dell’usurarietà del contratto, esponendo le diverse tesi formulate dagli interpreti a
riguardo e gli orientamenti, spesso contrastanti, dell’Arbitro Bancario e Finanziario e
della giurisprudenza di legittimità.
In un secondo momento, si è concentrata l’analisi sulla spinosa questione, oggetto di
forti scontri nelle aule giudiziarie tra istituti di credito e clientela, sull’applicazione delle
commissioni di massimo scoperto nei contratti di apertura del credito. In questa ultima
parte della dissertazione si è voluto, infatti, approfondire la relazione della commissione
in oggetto, con l’ipotesi delittuosa dell’usura, a norma dell’art. 644 del c.p.; riportando
una chiara e dettagliata ricostruzione dell’evoluzione giurisprudenziale e normativa
avvenuta in materia.
11
Capitolo 1.
CENNI STORICI ED EVOLUZIONE NORMATIVA
Sommario: 1.1. All’origine del fenomeno dell’usura. – 1.2. L’usura nel diritto
romano. – 1.2.1. Tipologie di “usurae”. – 1.2.2.Evoluzione
normativa. –1.3. Dal periodo Medioevale all’età Moderna. – 1.4.
Il reato d’usura nelle codificazioni preunitarie. – 1.4.1. Le teorie
del liberismo economico. – 1.4.2. La legislazione preunitaria. –
1.5. La disciplina prevista dal codice penale Zanardelli al codice
Rocco. – 1.6. La legge n. 365 del 7/08/1992: l’usura impropria.
1.1. All’origine del fenomeno dell’usura.
L’usura è un fenomeno umano, sociale ed economico di notevole complessità ed
attualità, che trae origini antiche e continua tutt’oggi a suscitare numerosi confronti e
dibattiti tra giuristi italiani, a causa della peculiarità che riveste nelle relazioni
economiche di scambio tra privati.
L’espressione “usura” deriva dal latino utor ed indica il corrispettivo dovuto per l’uso
del denaro altrui, termine intrinsecamente privo della connotazione negativa conosciuta
nei periodi storici successivi, in quanto le “usurae” consistevano nel giusto compenso
dovuto dall’accipiente per l’utilizzo del bene fungibile o del denaro altrui
1
.
Questa prima definizione del fenomeno individua un orientamento ben preciso, che
vede nell’interesse, dovuto per l’utilizzo del denaro prestato, la naturale “fruttuosità”
dello stesso, ovvero la capacità a produrre nuova ricchezza.
2
Si nota fin da una prima analisi, la contrapposizione tra questa concezione del denaro,
affermatasi con il passaggio verso una società mercantile più evoluta; e la connotazione
1
E.GALLO, L’usura nell’evoluzione dei tempi fino agli ultimi provvedimenti normativi, in Riv. dir. pen. e
Proc., 1995, 298 ss.
2
D. AMMIRATI, Il delitto di usura: credito e sistema bancario: legge 7/03/1996 n.108, Padova, CEDAM,
1997, 8 ss. Vedi anche: P. COLELLA, voce (Usura), in Dir. Can., XLV, 1992, 1148.
Capitolo 1.
Cenni storici ed evoluzione normativa
12
più “sterile” dello stesso legata un contesto tipico di una società contadina, in cui il
prestito era unicamente diretto alla soddisfazione di bisogni primari.
Nel corso della storia, dunque, il significato del termine usura ha conosciuto modifiche
radicali, dovute all’influenza di diversi sistemi sociali ed economici che si sono
susseguiti, arrivando ad identificare l’abuso del prestito ad interesse che conosciamo.
L’accezione negativa che contraddistingue l’usura moderna viene fatta risalire a seguito
dell’introduzione, dello sviluppo della moneta nel IV secolo a.C., e alla comparsa dei
prestiti monetari. Tale Cambio di rotta fu testimoniato della mancata accettazione da
parte del soggetto debole della relazione, dell’apposizione di interessi troppo elevati
richiesti dal prestatore, nel momento conclusivo di un contratto a prestazioni
corrispettive.
3
Nella Roma antica si pose l’accento sul controllo dei prestiti essenzialmente collegato al
“mutuum” ovvero quel contratto reale, di breve durata, finalizzato al prestito al
consumo, in cui il soggetto mutuante conferisce un bene fungibile o derrate al
mutuatario affinché diventi suo e ne restituisca altrettanto.
Questo contratto di trasferimento della proprietà si perfezionava nel momento della
consegna materiale del bene e non prevedeva un ulteriore obbligazione per gli interessi,
tuttavia nel momento della pattuizione solitamente si stabiliva una somma ulteriore per
il prestito effettuato. Una curiosa particolarità del mutuum, almeno nelle sue forme
iniziali, era data dalla possibilità per il mutante di poter richiedere attraverso una
pattuizione unica, mediante stipulatio, il capitale e l’obbligazione relativa agli interessi.
4
Lo sviluppo dei rapporti commerciali conosciuto nei secoli successivi, richiese
un’intensificazione della disciplina con l’obiettivo di porre un limite massimo degli
interessi applicabili al mutuo, e ciò avvenne per la prima volta dalla legge delle Dodici
Tavole
5
.
In realtà, ci furono testimonianze contrastanti nell’individuazione della prima
regolamentazione in materia di usura, per questo motivo, al fine di superare
l’incompatibilità, la dottrina romanistica considerava la “lex Duilia Menania” il più
3
DE MARTINO, Storia economica di Roma antica, vol. I, Firenze, 1979, 145 e ss.
4
A.D. MANFREDINI, Istituzioni di diritto romano, Giappichelli Editore, Torino, 2007, 323.
5
L’emanazione della legge delle XII tavole avvenne tra il 451-450 a.C., corrispondente all’ultima fase
dell’età Regia. Queste leggi scritte, poi, approvate dal popolo ed esposte in pubblico formarono un testo
innovativo, anche se incompleto, del diritto non scritto esistente. (Digesta Iustiniani, libro 1, titolo 2,
frammento 2, paragrafo 4.)
Capitolo 1.
Cenni storici ed evoluzione normativa
13
antico intervento normativo in materia di usura.
6
La stessa legge fissava il limite degli
interessi a un dodicesimo del capitale, permettendo una chiara distinzione tra le
“usurae” lecite, rientranti al di sotto della soglia, e quelle illecite.
A partire da questo momento vennero posti limiti attraverso leggi e altri strumenti
normativi, espressione della “voluntas legis” del periodo storico considerato,
nell’intento di fissare il giusto compenso per il godimento del capitale dato in prestito,
ma di questo si discuterà ampliamente nel proseguo della dissertazione seguendo un
criterio cronologico. Riepilogando, nella tradizione giuridica latina il significato del
termine usura riprese la concezione della “fruttuosità” del denaro. Numerosi studi
riportati da storici del diritto confermarono questo orientamento, in particolare
Domenico Ammirati, magistrato che analizzò gli aspetti giuridici del fenomeno usurario
dalle origini, affermò che: «l’idea che il capitale producesse un frutto o un interesse era
diffusa e radicata in tutta la società antica e raramente essa veniva accompagnata da una
convinzione di illiceità; il dare, prestare, prendere denaro a usura o esercitare l’usura ha
assunto connotazione di antigiuridicità solo in epoca tarda».
7
Gli orientamenti giurisprudenziali successivi, infatti, individuarono nella violazione
della reciprocità degli scambi la negazione del valore sociale dello stesso, ovvero il
diniego della funzione originaria dello scambio, quale la soddisfazione dei bisogni di
ciascuno.
8
Il disvalore dell’operazione contrattuali lo si riscontra nell’assenza di una
giustificazione oggettiva alla sproporzionata richiesta economica della
controprestazione nei confronti del soggetto obbligato. Conseguentemente si determina
uno squilibrio notevole dovuto alla creazione di un indebito vantaggio a favore della
parte cosiddetta “forte” della relazione contrattuale, negando in questo modo il principio
di equità che regola i rapporti commerciali.
6
G. CERVENCA, voce Usura (dir.rom), in Enc. Dir., XLV, Milano, 1992, 1127.
7
D. AMMIRATI, Il delitto di usura, credito e sistema bancario (L. 7 marzo 1996 n.108), Padova, CEDAM,
1997, 8.
8
ARISTOTELE, Etica Nicomachea, libro I, capitolo II, 1094, colonna b, dell’edizione di I. Bekker delle
opere di Aristotele, Berlino 1831-1870.
Capitolo 1.
Cenni storici ed evoluzione normativa
14
L’esigenza di una giusta corrispettività negli scambi tra privati risponde ad un’istanza
etica di giustizia commutativa
9
, a cui l’ordinamento giuridico deve prestare adeguate
forme di tutela affinché le relazioni stesse trovino la loro legittimazione e non siano
fonte di supremazia di un soggetto rispetto ad un altro. Da una prima analisi concettuale
emerge, dunque, la natura contraddittoria del fenomeno usurario e l’importanza che le
antiche origini rivestono nell’attuale e mai placato dibattito dottrinale.
Nel corso del tempo gli interventi legislativi hanno cercato di contrastare le
problematicità create dal fenomeno criminoso usurario attraverso numerose riforme
dirette a solcare più volte il perimetro del bene giuridico tutelato dalla norma positiva.
L’analisi della situazione di inferiorità economica di uno dei due contraenti e la
conseguente lesione patrimoniale derivante dalla condotta dell’agente, volta alla
realizzazione di un ingiusto profitto, sono, secondo una semplificazione estrema, alcuni
degli elementi di partenza che permettono di individuare il fenomeno.
Al fine di comprendere la diversità di trattamento sanzionatorio susseguitosi soprattutto
in epoca recente, fino alla legge n. 108 del 7 marzo 1996, è necessario focalizzare
l’attenzione su questi elementi costitutivi della fattispecie di reato come la condotta e la
natura dell’evento, perché da essi si evince l’intento protettivo più o meno forte del
legislatore.
Questa legge, infatti, rappresenta un intervento legislativo tipicamente emergenziale, in
quanto, a seguito dalla crisi economica che interessò il nostro paese nel 1992 l’usura si
diffuse anche nell’ambiente urbano, colpendo diverse classi sociali e non solo famiglie
in difficoltà economica sprovviste dei mezzi necessari per acquistare beni primari.
La legge in questione sarà oggetto di analisi approfondita nel secondo capitolo della
dissertazione in quanto segna un punto di svolta fondamentale nella lotta all’usura e alle
9
Numerosi filosofi si sono interrogati su questa forma primordiale di giustizia tra cui Aristotele che, per
primo, nella sua raccolta di appunti “Etica Nicomachea” distingue tra giustizia commutativa e giustizia
distributiva. La prima si rifà ad un concetto di uguaglianza tra gli individui nella regolazione dei rapporti
sociali. La seconda, invece, «consiste nella riparazione degli onori, delle ricchezze e di tutte le altre cose
divisibili per chi fa parte della cittadinanza» in cui deve essere rispettata la proporzione in equità di
rapporti tra persone e cose distribuite. (Aristotele, Etica Nicomachea, libro V, capitolo II, 1130, colonna
b, dell’edizione di I. Bekker delle opere di Aristotele, Berlino 1831-1870). Tuttavia, la concezione
aristotelica secondo la quale il denaro prestato non può dare il diritto all’ottenimento di un profitto fu
superata, tra la fine del Medioevo e l’inizio dell’età Moderna, nel pensiero occidentale, grazie ai
contributi dei protestanti e della dottrina degli economisti inglesi, partendo dal contratto di mutuo. Si
diffuse, infatti, l’idea che al mutuante spettasse un vantaggio economico per il prestito concesso, infatti:
«la legittimazione dell’interesse in quanto tale nacque, anzi, con la distinzione fra “interesse” e “usura”»,
si passa pertanto alla necessarietà di un interesse moderato. (A. BOIDO, Usura e diritto penale- “la
meritevolezza” della pena nell’attuale momento storico, CEDAM, 2010, p. 78).
Capitolo 1.
Cenni storici ed evoluzione normativa
15
attività illecite ad essa collegate, nonostante l’assenza della previsione delle condotte
tipizzate penalmente rilevanti e i consequenziali problemi in sede interpretativa.
In sintesi, “effettuando una panoramica dall’alto del fenomeno”, si evince che i più
rilevanti dibattiti giurisprudenziali in tema di usura furono la conseguenza dello
sviluppo industriale e post industriale, momento in cui essa trovò terreno fertile per la
diffusione nel contesto, più ampio, della criminalità economica organizzata per svariate
ragioni legate essenzialmente all’aumento della dimensione del mercato.
10
Le organizzazioni criminali, interessate al mondo economico e all’attività d’impresa
dove i flussi di capitali sono ingenti, hanno conosciuto un notevole incremento del loro
“giro d’affari” negli ultimi anni grazie, anche, allo sviluppo di nuove tecnologie e alla
progressiva riduzione di materialità nelle transazioni internazionali, tipico di un mercato
sempre più globalizzato e dematerializzato.
In particolare, la criminalità legata al fenomeno usurario si inserisce con maggiore
facilità nel tessuto produttivo italiano perché è formato da imprese di medie piccole
dimensioni che sono solite presentare fragilità finanziarie significative e sono pertanto
sensibili alle variazioni negative del mercato. La crisi economica globale del 2007, ha
aggravato significativamente la posizione debitoria di queste realtà imprenditoriali
determinando un aumento esponenziale delle domande di erogazione di credito presso
gli istituti bancari, che hanno a loro volta richiesto maggiori garanzie reali per la
concessione delle liquidità determinando senz’altro un inasprimento dei rapporti tra
banca e impresa.
La relazione esistente tra il fenomeno usurario e la recessione economica è direttamente
proporzionale e può essere espressa riportando la citazione di un autorevole autore e
professore Enrico Quadri, che afferma: “Antico quasi quanto la convivenza dell’uomo
in società, il problema dell’usura, in effetti, è destinato, per sua natura, a farsi avvertire
in tutta la sua gravità soprattutto nei periodi di crisi economica. E, posto com’è alla
confluenza tra economia, morale e diritto, la difficoltà di misurarsi con esso deriva, in
larga misura, proprio dalla mutevolezza dei tratti di un fenomeno che tende a
rispecchiare, per così dire, in negativo le trasformazioni della società, costituendo
10
D. AMMIRATI, Il delitto di usura, credito e sistema bancario (L. 7 marzo 1996 n.108), op. cit., 26.
Capitolo 1.
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espressione di malessere delle situazioni che si accompagnano ad ogni processo di
mutamento dei relativi assetti socio-economici.
11
”
L’usura si presenta, dunque, come un fenomeno molto complesso ed articolato, con il
quale il legislatore ha dovuto confrontarsi attraverso svariati interventi normativi
rispondenti ad esigenze sia preventive che repressive. In particolare, le disposizioni
normative entrate in vigore negli anni Novanta, hanno superato la frammentarietà della
legislazione vigente in materia, permettendo l’ingresso nella regolamentazione di
rimendi civilistici ed amministrativi, affinché la sanzione penale costituisca uno
strumento di “extrema ratio” e non di intervento ordinario al quale ricorrere.
Non dimentichiamo che l’ordinamento penale, a differenza di quello civilistico, risalta il
valore dell’incompletezza che può essere riassunto nella famosa metafora di Giuseppe
Bettiol: “il diritto penale è un arcipelago di isole, corrispondenti ai divieti dettati dalla
norma positiva, in un mare di libertà”
12
.
L’excursus storico dell’usura presenta un fascino senza tempo e solo ripercorrendo le
normative che si sono susseguite dai tempi antichi fino ai nostri giorni è possibile
comprendere appieno l’origine di un fenomeno così articolato e complesso che palesa
un rapporto di continuità importante con l’attualità.
11
E. QUADRI, La nuova legge sull’usura e i suoi diversi volti, in Corr. giur., n. 4, 1996, 363.
12
G. BETTIOL, L’odierno problema del bene giuridico, in Riv. It. dir. e proc. pen., 1959, 705 ss.