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ragazzi si trovano ad utilizzare, per diverse ore al giorno, postazioni realizzate da chi non
conosce i principi necessari per rispettare le esigenze specifiche dei giovani utenti.
In generale componenti d’arredamento e prodotti progettati per gli adulti non dovrebbero
essere condivisi dai bambini, che hanno caratteristiche fisiche assai differenti; l’età della
crescita è molto critica e posture scorrette potrebbero provocare dolori muscolo-scheletrici
a lunga scadenza.
Il presente studio si prefigge di analizzare le modalità d’uso delle attrezzature tecnologiche
da parte di un campione di bambini di età compresa tra gli 8 e gli 11 anni, indagando sia
aspetti relativi ad ambiente, arredi e ausili delle postazioni, sia il tempo dedicato
giornalmente alla visione di TV piuttosto che all’uso del PC o dei videogiochi.
L’attenzione è stata rivolta ai bambini della scuola elementare poiché è proprio in questa
fascia di età che i bambini sono più recettivi rispetto agli stimoli psicofisici e possono
meglio apprendere abitudini comportamentali scorrette
In particolare si è analizzata la presenza di atteggiamenti posturali scorretti e le loro
possibili cause e si è indagato e quantificato l’impiego del tempo libero nella visione di
monitor piuttosto che nelle attività ludiche-sportive. Analizzando l’uso del tempo libero, in
attività di tipo statico e in attività di tipo dinamico, si è cercato di verificare se vi è una
relazione tra le attività statiche e le condizioni fisiche ed in particolare le tendenze all’
incremento ponderale.
Si ritiene opportuno, in effetti, non analizzare il rapporto bambini/tecnologia
esclusivamente in termini di interfacce e/o di tempi e/o di modi d’uso giornaliero, ma
piuttosto indagare quanto la relazione tra i bambini e l’uso dei diversi strumenti tecnologici
determini interferenze con una crescita corrente in termini fisico-posturali, o renda
eccessivo il tempo dedicato ad attività statiche.
L’analisi si può quindi configurare su più livelli, dalle valutazioni antropometriche, per
valutare la crescita ed eventuali disturbi ponderali, all’analisi delle abitudini di vita in
termini di scelte alimentari, di attività sportive o comunque dinamiche, in rapporto alle
attività statiche e in particolare all’uso della tecnologia con atteggiamenti e problematiche
che ne derivano.
.
3
Capitolo 1
I.1 CEI SULLA COLOA VERTEBRALE E CURVATURE
Le funzioni del rachide sono principalmente due, la prima è quella di sostenere, come un
vero pilastro, l’organismo, la seconda, invece, è di azione protettiva del midollo spinale,
che passa nel canale vertebrale.
La colonna vertebrale è costituita dalla sovrapposizione di piccole ossa, chiamate vertebre.
Nella figura 1 è mostrata la struttura di una vertebra tipo: si distingue il corpo (1), le apofisi
articolari (3,4), le apofisi traverse (5,6), l’apofisi spinosa (7) e l’arco posteriore (2) che
delimita un foro centrale in cui passa il midollo spinale.
Fig.1 Struttura di una vertebra (da Kapandjj, 1985)
Nella figura 2 viene invece schematizzata la sezione di due vertebre sovrapposte: il corpo
vertebrale (1), le faccette articolari (2) che guidano i movimenti, l’apofisi spinosa (3), il
disco invertebrale (3) che assorbe gli urti e le pressioni tra una vertebra e l’altra, i
legamenti (5) che mantengono uniti dischi e vertebre, il midollo spinale (6) da cui, in
corrispondenza di ogni vertebra, escono due radici (7), una a destra e una sinistra.
Fig.2 Sezione di due vertebre adiacenti (da Kapandjj, 1985)
4
Le vertebre non formano una struttura rettilinea e rigida. Osservata lateralmente, la colonna
vertebrale di un adulto mostra 4 curvature:
- Curvatura cervicale
- Curvatura toracica
- Curvatura lombare
- Curvatura sacrale
Fig.3 Curvature della colonna vertebrale
Nel grembo materno e nelle prime settimane di vita, la colonna vertebrale ha forma di C, in
contrasto con la forma S rovesciata dell’adulto, perché presenta solo le curvature toracica e
sacrale, curvature che man mano che passano le settimane si attenuano per la posizione
orizzontale sul lettino; verso la sesta-ottava settimana di vita nel lattante in decubito prono,
che alza il capo, appare la lordosi cervicale per l’azione dei muscoli estensori; per ultima si
forma la lordosi lombare, come risultato sia dell’impegno antigravitario dei muscoli
estensori sia della resistenza alla distensione del muscolo illiaco.
Pertanto verso il dodicesimo - quindicesimo mese di vita le curve della colonna assumono
già l’aspetto definitivo.
Fig. 4 Cambiamenti della forma della colonna vertebrale in un neonato
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I.2 DISCOPATIE E CAUSE DEL DOLORE VERTEBRALE
Alcuni studiosi svedesi hanno evidenziato che solo il 20% delle lombalgie è provocato da
un problema specifico della colonna vertebrale; il restante 80% è provocato da cause non
specifiche quali: posture e movimenti scorretti, stress psicologici, forma fisica scadente e
problemi di sovrappeso (Greissing e Kapandji , 1985).
Una delle cause specifiche del dolore vertebrale è la sostanza del disco invertebrale,
costituito da un nucleo polposo circondato da un anello fibroso, che tende a cambiare con il
passar degli anni. Dopo i venti anni comincia lentamente a degenerare, il liquido si asciuga
gradualmente e l’elasticità delle fibre decresce. Il disco diminuisce in spessore e aumenta
in larghezza. Così si spiega la lieve diminuzione di statura che si verifica nella terza età. Il
nucleo del disco può deformarsi e penetrare nelle aperture che si formano nell’anello
fibroso. La degenerazione del disco viene chiamata discopatia; le nuove piccole
calcificazioni vengono chiamate osteofiti. Le piccole protuberanze ossee possono
comprimere un nervo e provocare dolore o formicolio. Questo processo di usura
rappresenta l’artrosi della vertebra; esso si verifica molto lentamente con il passare degli
anni, ma viene accelerato e accentuato quando si usa male la colonna vertebrale e quando i
muscoli che la proteggono sono poco efficienti (Caillet, 1975).
Fig. 5 Processo di degenerazione del disco invertebrale con il passare degli anni
L’espressione massima dell’usura del disco invertebrale è la sua rottura: l’ernia discale,
cioè, la fuoriuscita di una parte del disco dalla sua sede.
Quando si espone la colonna vertebrale ad un carico; in questi casi la pressione sul disco
aumenta e si distribuisce su tutta la sua superficie, grazie al liquido in esso contenuto.
Nachemson (1998) ha svolto delle importanti ricerche per conoscere i valori di pressione
che si verificano sul terzo disco lombare nelle posizioni che ogni giorno si assumono e nei
movimenti quotidiani. I valori, riferiti ad un uomo di taglia normale, sono riassunti nella
6
figura 5. Più dell’ammontare del carico è importante il cambiamento della pressione nelle
varie posizioni.
E’ molto utile tener conto di questi valori, perché maggiore pressione significa maggiore
usura del disco, che con il passare del tempo fa insorge il dolore, come risposta del nostro
corpo al cattivo uso che facciamo della colonna.
Fig. 6 La pressione sui dischi in differenti posture (Nachemson, 1998)
Pressione in (kg/forza)
Analizzando la fisiologia della colonna vertebrale si osserva che la presenza delle curve
rachidee aumenta la resistenza della colonna alle sollecitazioni di compressione assiale.
Le ricerche di bioingegneria hanno dimostrato che la resistenza di una colonna è uguale al
quadrato del numero delle sue curve più 1, pertanto le tre curve conferiscono una
resistenza dieci volte maggiore di una colonna rettilinea (Pianeta, 1988).
Le curve fisiologiche sono quindi benefiche per la colonna vertebrale. Quando
manteniamo, però, posizioni o facciamo movimenti che alterano la lordosi lombare,
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automaticamente la colonna diventa meno stabile e meno resistente; questa situazione, con
il passare del tempo, favorisce l’insorgere del dolore.
Per prevenire il dolore risulta importante, quindi, mantenere le curve fisiologiche,
specialmente nelle posizioni utilizzate maggiormente, come ad esempio la posizione assisa
e quella sdraiata.
Quando si è seduti, infatti, la pressione è maggiore di quando si è in piedi, essa aumenta
del 40% e diventa di circa 112 kg e inoltre scompare la lordosi lombare fisiologica,
cambiando i rapporti articolari tra le vertebre (Spitzer, 1987).
Anche la posizione sdraiato può risultare dannosa per la curvatura della colonna,
specialmente se si utilizza una rete del letto cedevole e un materasso troppo morbido.
In generale è sempre più indicato un piano d’appoggio sufficientemente rigido per
prevenire un atteggiamento scoliotico, un’ alterazione della cifosi dorsale e lordosi lombare
e una compressione dei dischi posteriori.
Merita una particolare attenzione l’analisi del carico cui si sottopone l’apparato muscolo
scheletrico e in particolare la colonna vertebrale nelle posture assunte nella visione di
monitor e più in generale nel rapporto con la tecnologia, in particolare per i soggetti in età
evolutiva.
Nell’uso di VDT, tv, videogiochi si mantengono posture per lo più fisse con attività non
appariscente perché i movimenti in realtà sono molto ridotti. Tuttavia lo sforzo è da
ritenersi consistente, specie per la contrattura muscolare finalizzata ai continui tentativi di
mantenere la colonna vertebrale nella verticalità e nella stabilità, entrambe indispensabili
alla contemporanea lettura dei testi ed alla sorveglianza della digitazione.
I disturbi scheletrici della colonna vertebrale compaiono soprattutto perché nella posizione
eretta, prolungata e fissa, il disco intervertebrale resta compresso e mal nutrito. I disturbi
muscolari sono causati dalla mancata normale irrorazione sanguigna e dal conseguente
ristagno delle tossine dovute alla fatica.
Tra i fattori che incidono, quindi, nelle condizioni di salute della colonna vanno al giorno
d’oggi valutate anche posture e attività particolari legate al rapporto con gli oggetti
tecnologici e gli arredi ad essi connessi.
8
II Capitolo
II.1 POSTURA E SVILUPPO I ETA’ EVOLUTIVA
La postura di una persona può essere definita come l’orientamento spaziale relativo delle
varie parti del corpo ( Fubini e Re, 1998).
Gli esseri umani sono per natura in continuo movimento, perché nel nostro corpo c’è un
continuo bilanciamento tra ossa e muscoli che permettono il mantenimento di una postura
in equilibrio, qualunque essa sia. Se infatti si osserva un essere umano si nota che non è
mai perfettamente fermo, né quando è eretto né quando sta seduto. Proprio per questo è più
corretto parlare di “postura media mantenuta per un certo periodo di tempo”(Fubini e Re,
1998).
Gli elementi motori del sistema posturale sono costituiti dai muscoli tonici - fasici;
l’insieme delle attività neuromuscolari è regolato da meccanismi involontari che mettono
in opera dei sottoinsiemi sensoriali e motori a diversi livelli; il tono posturale è, quindi, il
risultato delle attività del sistema nervoso (Caiazzo, 2006). Una volta arrivate le
informazioni ai centri superiori, questi le sintetizzano e aggiustano l’equilibrio dei muscoli
posturali.
La finalità del sistema posturale sarà quindi l’equilibro spaziale tridimensionale e la guida
e la preparazione dei movimenti, intervenendo negli schemi promotori, motori e
postmotori.
E’ importante tenere in considerazione la forza di gravità che grava costantentemente sul
corpo umano, costringendolo ad opporsi con contrazioni muscolari statiche; questa
continua tensione su tutto il corpo può generare fatica, stress e addirittura dolore.
Nella maggior parte delle situazioni che si vivono quotidianamente, il muscolo,
successivamente allo sforzo, si rilassa facendo così scomparire i sintomi da affaticamento;
ci sono, però, particolari situazioni in cui gli sforzi si sommano e il muscolo, a lungo
andare non riesce più a decontrarsi causando così dolore.
Molte sono le conseguenze dovute al perdurare di certi sforzi posturali e ciò è dimostrato
da molti studi epidemiologici che hanno messo in luce che, gli sforzi posturali prolungati,
vanno considerati tra i fattori che possono indurre problemi cronici al sistema muscolare -
scheletrico (Fubini e Re, 1998).
Perché una postura sia corretta è necessario che il peso dei diversi segmenti corporei sia
trasmesso a varie superfici del posto di lavoro; ad esempio, nel caso di una postazione
seduta, il sedile deve sostenere il peso della testa, del tronco e delle cosce, mentre il peso
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delle gambe e dei piedi deve essere sostenuto dal pavimento o da un appoggiapiedi; in
molti casi è opportuno prevedere anche un appoggio per i gomiti o per i polsi. Le forze che
devono essere esercitate con le mani o con i piedi, devono trovare una reazione ad una
distanza, possibilmente piccola; ad esempio, le forze esercitate sui pedali devono trovare
una reazione nella parte inferiore dello schienale (Fubini e Re, 1998).
L’ attenzione alle problematiche posturali è importante a qualunque età, ma lo è ancor di
più nella fase di accrescimento corporeo e sviluppo scheletrico. La presente ricerca
riguarda i bambini di età compresa tra gli 8 e gli 11 anni, età per cui è fondamentale
considerare l’apparato posturale in relazione alle varie fasi di accrescimento.
In questa fase di sviluppo tutto l’apparato scheletrico e muscolare non è consolidato, ma in
accrescimento con cartilagini di coniugazione delle ossa lunghe non ancora saldate.
In questo periodo la colonna vertebrale ha ormai assunto la sua configurazione definitiva,
caratterizzata dalle quattro curve alternate, di cui abbiamo già parlato: lordosi cervicale,
cifosi dorsale, lordosi lombare e cifosi sacrale.
E’ possibile effettuare una suddivisione delle fasi di crescita in funzione dell’età, tenendo
conto che non sempre l’età cronologica corrisponde all’età biologica (Astegiano,1997).
Tra i 6 e i 7 anni la statura aumenta notevolmente mentre in contrapposizione diminuisce
il peso corporeo. La crescita in lunghezza avviene soprattutto a carico degli arti inferiori,
meno si verifica un adeguamento dello sviluppo e della forza muscolare.
Lo scheletro è ancora plastico e facilmente alterabile dalle eccessive sollecitazioni, per cui
la colonna vertebrale può tendere ad incurvarsi dando origine ad attitudini quali cifosi e
scoliosi, nel caso in cui lo sviluppo muscolare non risulta simmetrico tra destra e sinistra.
Tra gli 8 e i 10 anni (maschi) e 8 e i 9 anni (femmine), lo scheletro tende a consolidarsi in
quanto rallenta la forte spinta in altezza e aumentano i diametri diversi del tronco.
Nel periodo che va dai 10 anni agli 11 anni per i maschi e dai 9 ai 10 anni per le femmine,
lo scheletro presenta un incremento notevole di crescita in altezza, evidenziando un forte
incremento in lunghezza degli arti rispetto al busto. Come conseguenza si determina una
disarmonia morfocinetica; l’ossificazione non si è ancora completata e alla notevole
crescita delle ossa lunghe si contrappongono delle strutture articolari ancora in via di
sviluppo. L’apparato muscolare, pur migliorando nel trofismo generale, non è in sintonia
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con il notevole sviluppo scheletrico. In questa fase atteggiamenti viziati ed i paramorfismi
possono presentarsi con frequenza.
Resta, comunque, da indagare come e quanto gli stili di vita dei bambini possano
condizionare la crescita armoniosa dei vari segmenti corporei in fase di sviluppo. Il
bambino è libero di muoversi a suo piacimento fino all’età scolare, compatibilmente al
luogo in cui vive ed alle possibilità familiari, di fatto poi si trasforma in un sedentario,
appena incomincia a frequentare la scuola elementare. Per lunghe ore starà seduto nei
banchi e, come se questo non bastasse, continuerà a star seduto anche a casa per fare i
compiti, spesso in alternativa o in associazione ad ore di immobilità di fronte ad uno
schermo. Spesso inoltre le ore di stasi davanti ad un monitor sono già un abitudine prima
dell’età scolare.
Studi recenti apparsi in letteratura mettono in evidenza la progressiva riduzione
dell’efficienza fisica nei bambini in accrescimento e della capacità funzionale; si tratta
delle cosiddette“ malattie ipocinetiche”, in conseguenza di abitudini troppo sedentarie con
assunzione spesso di posture incongrue prolungate che inducono dolore soprattutto a carico
della colonna vertebrale che sostiene e ammortizza il carico del capo, del torace ed
eventuali carichi esterni (Pivetta, 1970).
Queste sindromi sono caratterizzate dall’interessamento di uno o più dei grandi apparati,
fino all’instaurarsi di quei quadri, che nei ragazzi vanno sotto il nome di “paramorfismi
dell’età evolutiva”. Il dolore non è altro che il sintomo di un disequilibrio dei muscoli
profondi, quelli posturali o tonici.
Tra i paramorfismi più classici e di facile riscontro ad un semplice esame fisico, vanno
ricordati soprattutto quelli legati all’apparato muscolo scheletrico.
Si parla di atteggiamento scoliotico quando vi sono le deviazioni laterali della colonna
vertebrale senza rotazioni dei corpi vertebrali e invece, scoliosi vera, permanente ed
evolutiva, quando tali rotazioni sono presente insieme alle deviazioni laterali.
Altri paramorfismi della colonna sono le iperlordosi del tratto lombare e le cifosi cervico
dorsali di grado modesto.
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Capitolo III
III.1 ERGOOMIA ELLA POSTAZIOE AL VDT
Uno degli obbiettivi fondamentali dell’ergonomia è quello di valutare e proteggere il
rapporto uomo – macchina - ambiente, eliminando i fattori negativi e rendendo più facile e
naturale l’utilizzo di tutto ciò che si interfaccia con l’uomo in modo da ottenere livelli
ottimali delle prestazioni psicofisiche e da evitare possibili effetti a lungo termine sulla
salute (Fubini, 1998).
I fattori negativi possono trovarsi sia nella macchina con la quale l’individuo si interfaccia,
sia nell’ambiente dove rumori, vibrazioni, calore, odori possono distrarre, infastidire,
danneggiare gli organi di senso e, al limite, le capacità intellettuali. La progettazione e la
valutazione ergonomica è l’azione volta sia alla creazione di nuovi ambienti, strumenti,
servizi, attività, sia all’intervento correttivo su sistemi esistenti allo scopo di ottenere un
aumento di efficacia e di soddisfazione di chi opera nel sistema o di chi si rivolge al
sistema come utente.
Il lavoro al VDT rappresenta un chiaro esempio di rapporto uomo-macchina, in cui occorre
adattare le condizioni di lavoro alle capacità e alle caratteristiche degli utenti, specialmente
se gli utenti sono soggetti in età evolutiva.
Negli ultimi dieci anni, presa coscienza del fatto che bambini e adolescenti utilizzano il
computer ormai nella loro quotidianità, nel campo ergonomico si è sentita l’esigenza di
progettare personal computer e arredi secondo le esigenze dei più piccoli. La loro
progettazione e selezione deve essere svolta in accordo con la norma UNI EN ISO 9241-5
tenendo conto di: versatilità, flessibilità, adattabilità, cambiamento della postura,
informazioni all’utente e facilità di manutenzione (Baracco, 2006).
Il lavoro al VDT obbliga l’operatore, a causa della disposizione dello schermo e della
tastiera, a dirigere lo sguardo in una determinata direzione ed ad assumere una postura
forzata che aumenta le tensioni muscolari a cui è sottoposto l’organismo.
Assumere una postura forzata può, infatti, causare problemi all’apparato locomotore e
questi malesseri si manifestano sotto forma di tensione muscolare accompagnata da dolori
e stati di infiammazione a livello dei tendini e delle articolazioni. Nei bambini avvezzi ad
assumere cattive posture, soprattutto a livello della colonna vertebrale, il lavoro al VDT
può risultare particolarmente negativo in quanto costringe a stare a lungo in posture di tipo
statico.
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Diventa, quindi, importante informare i genitori sulle strategie che possono essere messe in
atto al fine di permettere al bambino di eseguire le varie attività statiche, come il lavoro al
VDT, con il minor sovraccarico del rachide e degli arti superiori ed inferiori, per la
prevenzione delle patologie muscolo scheletriche, dalle più gravi (scoliosi, iperlordosi
lombare) a quelle meno gravi, ma non per questo trascurabili, come il mal di schiena
(Hendrk, 1999).
Esaminiamo quali sono le principali raccomandazioni per la progettazione di posti di
lavoro ergonomici al VDT (Calvani, 1994; Lips, 2004; Murrel, 1967).
Schermo
Lo schermo deve essere posizionato esattamente di fronte all’operatore. Se posto di lato,
l’utente è costretto a girare continuamente la testa o il busto, con possibili conseguenze
sull’apparato muscolo-scheletrico.
Riflessi
Le lampade devono essere scelte e posizionate in modo da evitare il più possibile la
formazione di riflessi sulla superficie dello schermo. Si devono anche evitare i riflessi sulle
superfici orizzontali e sulle pareti. Il modo migliore per valutare correttamente il tipo di
riflesso sugli schermi tradizionali è a monitor spento. Se le lampade da soffitto o le finestre
sono visibili sullo schermo, quest’ultimo deve essere spostato in modo da eliminare le fonti
di riflesso. In ogni caso, può essere utile inclinare leggermente lo schermo in avanti anche
se ciò comporta un peggioramento del confort visivo. Gli schermi piatti spesso non creano
riflessi.
I disturbi all’apparato visivo sono dovuti essenzialmente ad un’elevata sollecitazione e
affaticamento degli occhi. Il posizionamento scorretto dello schermo rispetto alle finestre
ed ad altre sorgenti luminose sono causa di abbagliamenti, riflessi fastidiosi e un eccessivo
contrasto tra zone chiare e zone scure.
Luce diurna
Poiché la maggior parte delle stanze ha come minimo una finestra, bisogna considerare i
seguenti aspetti:
- Lo schermo deve essere posizionato a 90° rispetto alle finestre.
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- Girando e cambiando posizione al monitor si devono eliminare i riflessi delle
finestre, tenendo conto che generalmente è opportuno lavorare con le spalle rivolte
verso la porta.
- I posti di lavoro al VDT devono essere collocati, per quanto possibile, lontano dalle
finestre, si consiglia ad almeno 1 m.
- I locali illuminati dalla luce diurna hanno bisogno di un’ulteriore illuminazione
artificiale, ad esempio sotto forma di sorgenti luminose lineari da disporre
parallelamente alle finestre.
Distanza visiva
La distanza di lettura per un documento cartaceo è tra 40 e 50 cm per una persona con vista
normale. In ogni caso, la distanza tra gli occhi e lo schermo non deve mai essere inferiore
ai 40 cm (ad esempio per un notebook con uno schermo da 13 pollici) e non deve mai
essere superiore a 90 cm (per uno schermo da 17 pollici).
Altezza di posizionamento
Una delle cause principali dei malessere fisici al VDT è dovuto alla posizione troppo alta
dello schermo. In condizioni normali, lo schermo deve essere sistemato direttamente sulla
scrivania tenendo conto che il punto superiore del monitor non superari l’altezza degli
occhi.
Tastiera
Dal punto di vista ergonomico è consigliabile una tastiera possibilmente bassa, la
superficie dei tasti deve trovarsi a meno 3 cm sopra la superficie del tavolo di lavoro, con
un’inclinazione di 5-15° rispetto alla superficie orizzontale.
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Fig. 7 Tastiera ergonomica
La forma della tastiera è cambiata nel tempo allo scopo di ridurre l’affaticamento per mani
e polsi. Oggi esistono in commercio tastiere separabili in due parti o sagomate.
E’ importante che la tastiera sia parallela al bordo del piano di lavoro, inoltre, tra il bordo e
la tastiera deve esserci una distanza minima di 20 cm, in modo da poter appoggiare
comodamente le mani e gli avambracci.
Un tavolo con un ripiano estraibile su cui appoggiare la tastiera offre meno spazio e quindi
minor libertà di movimento per l’utente. Anche tenere le braccia piegate all’indietro può
dar luogo a una serie di fastidi.
Con il mouse e lo schermo la tastiera forma un’unica unità. A secondo delle attività può
essere utile sistemare questi tre elementi in modo diverso sul piano di lavoro.
Uno degli accessori più utili per il lavoro al VDT è il poggia polsi. Sistemato davanti alla
tastiera, esso consente di riposare i polsi nei momenti di pausa e durante la digitazione. In
commercio si trovano poggia polsi di tutte le forme, per lo più in plastica, con un
rivestimento confortevole al tatto.
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Fig.8 Poggia polsi
Mouse
La maggior parte dei mouse presenti in commercio soddisfano i principi ergonomici di
base. L’aspetto più importante è che la mano sia appoggiata completamente sul mouse
senza esercitare alcuna pressione su di esso. Per questo motivo si consiglia un mouse dalla
forma leggermente assimmetrica, adattabile alla forma della mano (questo comporta
modelli diversi per mancini e destrimani).
E’ necessario che sulla scrivania vi sia uno spazio adeguato per consentire il suo corretto
utilizzo: in genere uno spazio piano alla destra (o sinistra se l’utente è mancino)
immediatamente vicino alla tastiera di cm 25x20 circa. Si consiglia sempre l’uso del
tappetino.
Piano di lavoro
La superficie della scrivania deve garantire spazio sufficiente per lo svolgimento delle
normali attività. Gli strumenti di lavoro devono essere disposti in modo funzionale e
flessibile.
A livello internazionale, per i piani di lavoro si raccomanda una lunghezza minima di 120
cm e una profondità minima di 80 cm. Dal punto di vista ergonomico, sarebbe
consigliabile un tavolo lungo 160 cm e profondo 90 cm. Riassumendo, possono essere
ritenuti adeguati i seguenti parametri:
- Schermo da 15 pollici: profondità di 80 cm
- Schermo da 17 pollici: profondità di 100 cm
Con gli schermi piatti è sufficiente un tavolo profondo circa 90 cm e lungo 120 cm.