2
Gli Scritti teologici giovanili sembrano motivati da un’esigenza
di rinnovamento spirituale che possa spazzar via ogni “positività”,
ogni autorità imposta dall’esterno, che superi definitivamente
l’eteronomia politico-religiosa che tanto contrasta con l’autonomia
della ragione. Un ruolo principale lo svolge la religione, capace com’è
di produrre forte risonanza e adesione nel cuore degli uomini. Hegel
imposta il problema religioso fuoriuscendo dall’ambito strettamente
teologico e inserendolo nel contesto globale della storia e dell’uomo: è
un’impostazione che esprime già un giudizio nei riguardi della
teologia fatta, come dirà esplicitamente, solo di discorsi e libri inutili
al vissuto umano. Egli inizialmente è interessato ad un rinnovamento
della società attraverso un cambiamento in particolare delle strutture
religiose che condizionano e sostengono strutture politiche e sociali di
tipo dispotico. Da questa necessità parte la critica al cristianesimo
come anche al giudaismo, religioni che conducono alla legalità
mediante l’immagine di un Dio-signore. Il cristiano in particolare,
oltre ad instaurare con Dio un rapporto di tipo servo-padrone, ha fede
in un singolo, in Gesù uomo deificato. Il cristianesimo avrebbe fatto
credere all’uomo di essere incapace di fare il bene, avrebbe estraniato
i valori umani trasponendoli esclusivamente in un individuo, in un
Uomo-Dio: alla base della divinità del Cristo, che sancisce
3
l’impotenza dell’uomo, vi è la dottrina della corruzione umana oltre
che un’assoluta separazione tra umano e divino, tra finito e infinito.
Hegel negli Scritti teologici giovanili è tutto proiettato nel tempo
della riappropriazione dei valori umani: prospetta una nuova
condizione umana possibile col superamento del cristianesimo e del
singolo Uomo-Dio, deificato da uno spirito eteronomo che non nutriva
più fiducia in sé. Egli guarda al futuro come al tempo in cui saranno
restituiti all’uomo i suoi attributi proiettati nell’uomo divino, così che
ciò che si dice di Cristo venga detto di ogni individuo.
Il lavoro che stiamo presentando si articola in tre capitoli, il
primo dei quali ha come intento quello di presentare anzitutto
l’ambiente culturale e formativo nel quale Hegel ha vissuto gli anni di
soggiorno a Tubinga. Per poter cogliere le scelte e gli orientamenti di
Hegel negli anni della giovinezza, è sembrato opportuno presentare,
sia pur brevemente, il dibattito teologico che alla fine del secolo
coinvolse direttamente alcuni dei docenti della facoltà teologica di
Tubinga dove Hegel studiava. Al dibattito prese parte anche Kant, che
nel 1793 pubblicò La religione entro i limiti della sola ragione, opera
della quale pure ci occupiamo dal momento che essa assumerà un
ruolo fondamentale soprattutto negli scritti bernesi di Hegel.
4
Dunque nel primo capitolo, dopo un’introduzione storica e
culturale si passa ad esaminare la prima delle opere presenti nella
raccolta intitolata Scritti teologici giovanili: Religione popolare e
cristianesimo. Si vedrà come Hegel, dopo aver presentato la sua
religione ideale, la Volksreligion, inizi la critica al cristianesimo,
religione alienante per l’uomo, che servendosi dell’immagine di un
Dio-signore, predica il disprezzo del genere umano e sostiene strutture
politiche di tipo dispotico. La critica si articola sulla base di
un’esigenza che era stata propria di Kant, e cioè quella di individuare
la vera religione nella religione naturale i cui principi sono dettati
dalla ragione.
Nel secondo capitolo, dove consideriamo le due opere principali
scritte a Berna, La vita di Gesù e La positività della religione
cristiana, abbiamo subito evidenziato una distinzione significativa che
Hegel presuppone in queste opere, tra il Gesù storico e il Cristo della
fede. Questa distinzione ha origine in un’intuizione di Reimarus,
successivamente assorbita oltre e prima che da Hegel, anche da
Lessing e Kant; essa sostanzialmente sta a dire che per comprendere il
Gesù storico occorre tenerlo ben distinto da ciò che gli apostoli hanno
raccontato e tramandato nella storia del cristianesimo.
5
Gesù non è quella figura idealizzata e divinizzata dagli apostoli, è
solo un maestro di morale (kantiana) che ha reso di nuovo attenti gli
uomini alla loro dignità: così Hegel lo presenta ne La vita di Gesù, in
un’immagine più o meno socratica: non è l’inimitabile Uomo-Dio con
una natura sovraumana, ma un maestro col compito di ridestare una
divinità che è in tutti e che si chiama ragione. Così facendo Gesù ha
riposto la fede non più in qualcosa di estraneo, ma nella propria
ragione, cui ciascuno deve sottomettere se stesso e che nella sua
universalità riunifica il genere umano.
Considerando quest’immagine di un Gesù estraneo a qualsiasi
idea di divinità trascendente, passeremo poi a La positività della
religione cristiana in cui Hegel si chiede come si sia potuto verificare
nella storia del cristianesimo il positivizzarsi del messaggio di Gesù;
egli indaga, da un punto di vista storico, sulle cause che hanno
determinato un simile fenomeno. Concluderà osservando come il
cristianesimo ha potuto attecchire solo in seguito alla crisi della
società greco-romana che aveva portato l’uomo ad una progressiva
perdita di fiducia in sé; l’uomo necessitava di qualcosa di stabile, di
assoluto in cui confidare, perciò la divinità fu oggettivata e posta
nell’al di là. È da tener presente come la fede nel Dio trascendente per
Hegel presuppone sempre la perdita della libertà e dell’autonomia da
6
parte dell’uomo, il quale non può che vivere di eventuali benefici
divini. Ciò, nelle intenzioni hegeliane, va smentito restituendo
all’uomo un modo d’essere non alienato: Hegel riconosce la necessità
di rivendicare per gli uomini i tesori dispersi al cielo.
Nel terzo ed ultimo capitolo abbiamo prima accennato alla critica
che a Francoforte Hegel muove alla morale kantiana, per poi
considerare lo scritto intitolato Lo spirito del cristianesimo e il suo
destino, oltre ad altri frammenti, dove l’autore ripensa la figura di
Cristo vedendo in lui, non più il maestro di morale kantiana, ma il
Riconciliatore. Egli ha superato l’idea ebraica del Dio lontano
profetizzando un’umanità divinizzata; proclamandosi Figlio di Dio e
Figlio dell’uomo ha ristabilito l’unità originaria tra umanità e divinità.
Ma perché l’unificazione fosse completa e i credenti avessero piena
coscienza dell’identità umano-divina, per Hegel fu necessaria la morte
di Cristo che con la sua individualità rappresentava un residuo di
trascendenza. L’esistenza di Cristo ha senso solo come momento di
passaggio da una concezione trascendente di Dio ad una immanente.
7
Capitolo primo
DA TUBINGA A BERNA: RELIGIONE E
POPOLO
1. GLI IDEALI DI TUBINGA E LA VOLKSRELIGION
Al fine di cogliere le scelte tematiche avanzate da Hegel nei suoi
primi scritti giovanili, è opportuno presentare, sia pur brevemente,
l’ambiente culturale e formativo che lo vide coinvolto negli anni di
studi universitari.
Hegel, terminati gli studi ginnasiali a Stoccarda, all’età di
diciotto anni supera brillantemente le prove di ammissione per
l’Università di Tubinga e, come borsista ducale, è ospite nella famosa
“Fondazione teologica” di Tubinga, il cosiddetto Stift dove trascorre
cinque anni, dal 1788 al 1793.
Tra i compagni con cui Hegel intratteneva rapporti molto
amichevoli spiccano due nomi: Hölderlin e Schelling. Il primo aveva
la sua età e fu ammesso con lui lo stesso anno, l’altro, più giovane
fece il suo ingresso nella Fondazione nel 1790.
8
La facoltà teologica di Tubinga che Hegel frequentò
rappresentava la sede più tradizionale dell’ortodossia luterana.
Tra i maestri un ruolo significativo spetta a Gottlob Christian
Storr, insegnante di dogmatica, grande assertore della teologia
tradizionale e fondatore della corrente del “sovrannaturalismo
biblico”.
La teologia tradizionale si atteneva fedelmente ai testi sacri di cui
analizzava l’immediato senso delle parole, riaffermando la
dogmaticità delle verità religiose: le Sacre Scritture vanno assunte
nella loro unità che deriva dall’ unica fonte sovrannaturale
1
.
Intorno a questa dottrina si sviluppò una controversia teologica
che verteva in particolare sull’autenticità dell’Apocalisse di S.
Giovanni. Storr si schierò subito in difesa di tale autenticità
affermando che giudicare inautentica l’Apocalisse equivaleva a
togliere valore a tutti i testi biblici
2
.
1
Per quel che riguarda l’ambiente culturale e formativo dell’Università e dello Stift facciamo
riferimento al testo di C. Lacorte, Il primo Hegel, Firenze 1959.
2
Storr ha dedicato a questo argomento un’intera opera intitolata Neue Apologie der Offenbarung
Johannis,Tübingen 1783. Il testo si presenta proprio come un Apologie e non una semplice
interpretazione dell’Apocalisse: l’intento dell’autore è di dimostrare l’autenticità e l’attendibilità
del testo, considerato il punto debole di tutte le Sacre Scritture a causa delle diverse profezie
annunziate e dell’intervento di vari elementi sovrannaturali. Storr rivendica l’ispirazione divina del
testo indicando in S. Giovanni un semplice scrivano delle parole divine.
9
Ben altra era la posizione di Jacob Semler, uno dei principali
rappresentanti della nuova teologia critica e illuministica, che destava
un notevole interesse tra gli studenti della facoltà teologica
3
.
Semler, rivendicato il principio del libero esame delle Sacre
Scritture, sottopose le stesse ad una metodica indagine storica; egli
sosteneva di diversi passi biblici, che non avevano valore assoluto ma
dovevano essere interpretati nel contesto storico-culturale in cui erano
nati.
Negò l’unità stessa delle Scritture con una netta distinzione tra
l’Antico testamento, inteso come espressione della religione nazionale
ebraica, e il Nuovo, sintesi dello spirito universale e non più nazionale
della religione cristiana.
Non vi è ombra di dubbio per Semler come nella Bibbia vi siano
elementi che rivestono un carattere puramente storico, corrispondenti
alla mentalità, alla cultura, alle esperienze dei lettori dell’epoca nella
quale furono scritti. Pertanto, l’interpretazione storica deve sostituirsi
alla dogmatica e stabilire quali sono questi elementi locali e temporali.
Hegel dovette conoscere queste dottrine, anzi, secondo Lacorte,
mutuò di qui uno studio del cristianesimo negli sviluppi storici e nelle
3
Tra le opere di Jacob Semler si ricordi sopratutto la sua Abhandlung von der freien Untersuchung
des Kanons (Antwort auf die Tübingische Vertheidigung der Apokalypsis), 4 parti, Halle 1771-76.
10
diverse configurazioni assunte nel tempo, mentre rigettava il
“sovrannaturalismo biblico” fatto di verità dogmatiche e astoriche.
Apprese forse da Semler a distinguere la religione pubblica da quella
privata, la religione dalla teologia
4
.
A vivacizzare ulteriormente il dibattito teologico di questi anni,
oltre all’emergente biblicismo storicistico di Semler, vi fu il contributo
offerto dalla religione razionale di Kant, il quale, nel 1793 pubblicò
Die Religion innerhalb der Grenzen der blossen Vernunft (La
religione entro i limiti della sola ragione)
5
.
Il pensiero kantiano e in particolare quest’opera, si inserisce in un
contesto filosofico-religioso in cui la religione appare strettamente
annodata alla ragione in una problematica di tipo morale. La tendenza
è quella di definire la religione attraverso una razionalizzazione del
concetto di Dio riducendo il valore proprio della religione rivelata
6
.
Per Kant in particolare, una sovrannaturale rivelazione divina
non è indispensabile alla religione; egli si mantiene all’interno dei
4
Lacorte, Il primo Hegel, p. 143.
5
La pubblicazione di quest’opera provocò l’immediata reazione di Storr contro quella che
sembrava una pretesa da parte di Kant di rendere l’ortodossia, rappresentata dallo stesso Storr,
semplice mezzo per raggiungere la religione razionale. La reazione si concretizzò subito con la
pubblicazione della sua risposta intitolata Annotationes quaedam theologicae ad philosophicam
Kantii de religione doctrinam, Tubinga 1793, in cui dimostra il carattere rivelato della religione
cristiana.
6
A proposito dell’orizzonte filosofico-religioso della Germania del XVIII secolo in cui si inserisce
la religione razionale di Kant, si veda l’introduzione a I. Kant, Lezioni sulla filosofia della
religione, Napoli 1988, curata da C. Esposito.
11
limiti della conoscenza umana pur non negando la possibilità di una
rivelazione «poiché a questo riguardo, nessun uomo può scoprire
qualcosa mediante la ragione»
7
. È vero, non nega che una rivelazione
divina ci sia stata, ma la legge all’interno della sola ragione; egli
riconduce la religione rivelata alla religione naturale, alla sola ragione.
Ne la Religion Kant contesta la “positività” delle istituzioni
religiose e del culto: distingue fra religioni utilitaristiche che si
riducono a mero culto, alle formule, alle pratiche, ai riti interessati
all’acquisto dei favori della divinità, e la religione morale che richiede
dall’uomo un impegno forte a migliorare se stesso.
Kant ammette la presenza del male nella natura umana a
differenza del pensiero di Rousseau che considerava la natura
dell’uomo come fondamentalmente buona e il male come il prodotto
di una cattiva educazione etico-politica. In questo, come si potrà
comprendere più avanti, Hegel sarà costantemente persuaso dal
pensiero rousseauiano, in particolare quando rifiuterà la nozione della
corruzione della natura umana che fa da premessa al cristianesimo e
che, come egli stesso dirà, è contraddetta dall’esperienza condotta da
7
I. Kant, La religione entro i limiti della sola ragione, tr. it. di A. Poggi, riv. da M. M. Olivetti,
Roma-Bari 1980, p. 169.
12
buoni governi
8
. La presenza del «male radicale» di cui parla Kant,
presume una lotta dei due principi, del bene e del male, per il dominio
dell’uomo.
Una religione significativa deve poter reggere la comunità umana
con leggi morali universali che conducano alla realizzazione del bene;
la realizzazione del bene consente di costruire il “Regno di Dio sulla
terra”.
Si apre una crepa tra culto e religione, dove all’osservanza di
pratiche e riti esteriori, Kant contrappone l’osservanza dei doveri
motivata da un’adesione interiore e non da un’autorità estranea, da
leggi morali e non da leggi statuarie.
«Per gli uomini non v’è assolutamente alcuna salvezza se non
accolgono intimamente, nella loro intenzione, puri principii morali»,
se non dispongono il cuore «a rispettare tutti i doveri umani come
precetti divini»
9
.
Sulla contrapposizione tra interiorità ed esteriorità, che fa la
differenza tra religioni utilitaristiche e religione morale, si regge la
dialettica tra “chiesa invisibile” e “chiesa visibile”. Solo la prima è
indispensabile per realizzare il “Regno di Dio sulla terra”, anch’esso
8
Riguardo a Rousseau e alla sua influenza sul giovane Hegel rimandiamo a Lacorte, Il primo
Hegel, p. 267 ss..
9
Kant, La religione…, pp. 90-91.
13
invisibile, regno che si presenta come «una comunità etica con
legislazione morale divina»
10
.
La “chiesa invisibile” è una «semplice idea della riunione di tutti
i giusti sotto l’immediato, ma morale governo universale divino»
11
.
Rispetto ad essa, la “chiesa visibile” può solo facilitare, come
semplice mezzo, il progressivo miglioramento morale dell’umanità,
fine ultimo della religione kantiana.
Ogni “chiesa visibile”, storica, ha solo un valore pedagogico,
propedeutico ad una religione razionale pura, morale, in cui «Dio è
tutto in tutto»
12
.
Anche se le religioni storiche e le chiese visibili, compresa quella
cristiana, hanno una loro giustificazione pedagogica, per Kant il fine
cui tendere è il loro annullamento a favore della religione morale
razionale in cui il servizio a Dio consiste solo nell’esercizio della
virtù. La religione deve progressivamente liberarsi da ogni forma
esteriore, da ogni principio empirico, da tutto ciò che si fonda sulla
storia, affinché la religione pura della ragione giunga a dominare su
ogni altra religione.
10
Kant, La religione…, p. 108.
11
Kant, La religione…, p. 108.
12
Kant, La religione…, p. 149. Kant precisa in una sua nota che l’espressione “Dio è tutto in
tutto”, ripresa da un’epistola paolina (1Cor 15, 28), può essere intesa nel senso che la fede storica
«si estinguerà da se stessa e trapasserà in una fede religiosa pura, ugualmente sfolgorante per tutto
il mondo. Per il quale scopo dobbiamo lavorare diligentemente fin da ora, mediante lo svolgimento