INTRODUZIONE E OBIETTIVI DELLO STUDIO
In questo studio ci occupiamo di approfondire l‟universo audiovisivo, legato ad una figura
singolare e mitologica, come quella del serial killer. Per fare questo ci siamo affidati ad un
percorso evolutivo, che ci porta ad analizzare un panorama che ha ottenuto un enorme
successo – creativo ed economico - in ambito cinematografico e televisivo. Una traiettoria
che segue delle tappe cronologiche e che testimonia l‟evoluzione di stili di regia, punti di
vista, strutture narrative e codici della messa in scena.
La nostra indagine non si è soffermata solo sui principali codici della rappresentazione di
questo universo di finzione (meglio, di paura), ma anche sulle pratiche di fruizione che lo
caratterizzano. Vogliamo mostrare come nel panorama audiovisivo attuale, alcuni
personaggi assumano un senso, che travalica il testo audiovisivo, per approdare in tutta la
cultura popolare. Abbiamo scelto così, come supporto teorico, una disciplina che, se ha
come ambito di riferimento principale la comunicazione, non può essere estranea allo studio
delle pratiche culturali. Stiamo parlando della semiotica. Una semiotica che, nelle sue
diverse fasi di sviluppo e nelle sue varie linee di ricerca si è definita come la disciplina che
studia i sistemi e i processi della significazione, di costruzione del senso. Per questo nel
corso della sua vita, l‟ambito semiotico ha cercato di organizzare ed articolare i processi di
costruzione e di espressione del senso, all‟interno dei diversi sistemi culturali (cinema,
televisione, arte e non solo), elaborando modelli che cercassero di rendere conto, attraverso
schemi e gerarchie per livelli di analisi, della complessità dei significati propri ai fenomeni
culturali.
Questo ambito, dunque, non si occupa esclusivamente di comunicazione – vale a dire dei
processi di scambio di messaggi e contenuti – anche se tale ambito della comunicazione non
può non rivestire un ruolo primario. La semiotica cerca tuttavia di considerare anche la
comunicazione come processo di senso: una pratica culturale che, fra le altre, va studiata,
scomposta e analizzata nelle sue diverse componenti e nel ruolo dei partecipanti. Ecco allora
un primo vantaggio nell‟utilizzare il metodo semiotico, nell‟analisi dell‟universo dei serial
killer: la ricerca della comparatività fra culture e sistemi strategici, con lo scopo di
esplicitarne le differenze, l‟efficacia e le diverse rappresentazioni. Pensiamo ad esempio alle
diverse modalità di operare degli assassini seriali, all‟allestimento di mondi e alle possibilità
di un confronto tra di esse. Grazie alla strumentazione metodologica di cui si è dotata, la
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semiotica è in grado di analizzare indifferentemente i partecipanti ad una data azione, siano
essi esseri umani o oggetti. Nel secondo ambito rientra tutta la strumentazione degli
individui oggetto di questo studio; dagli strumenti più rudimentali a quelli più eleganti e
sofisticati. Anche le ambientazioni, i luoghi d‟azione degli attanti non sfuggono ad
un‟analisi semiotica e nella maggior parte dei casi si prestano ad un‟attenta scomposizione e
ricomposizione.
Nel nostro lavoro, siamo partiti analizzando una forma narrativa che è inscritta già nella
natura del serial killer: la serialità. Constatiamo infatti come, sia in ambito cinematografico
che televisivo, i testi che narrano le vicende di questi assassini, si affidano spesso a
narrazioni frammentate su diversi episodi, caratterizzati da un procrastinarsi della soluzione
degli eventi. È il caso dell‟assassino interpretato da Hannibal Lecter, del serial killer storico
Jack lo Squartatore o del più recente Saw l‟enigmista. Personaggi che troviamo nel corso del
secondo capitolo, dove oltre a loro, hanno diritto di cittadinanza altre figure
dell‟immaginario (Freddy Krueger, Henry pioggia di sangue, John Doe) e alcuni registi che
si sono cimentati con le trame sugli assassini seriali. Abbiamo scelto alcuni autori che per
stile di regia, innovazione di linguaggio e periodo di attività, sono piuttosto eterogenei tra
loro. Da Hitchcock a David Fincher passando per Dario Argento e Wes Craven, ognuno di
questi interpreti ha contribuito all‟affermazione del genere serial killer. E‟ questa la tesi
forte del secondo capitolo: a nostro avviso, più che un semplice filone, l‟universo sugli
assassini seriali si può definire come un genere indipendente, identificabile per alcune
caratteristiche dei codici visivi, sonori e comunicativi che li differenziano da altre storie del
genere noir, thriller o crime.
Conosciamo bene anche le innovazioni a livello linguistico e narrativo delle ultime serie
tv: anche queste non potevano esimersi dalla rappresentazione di personaggi tanto
misteriosi, quanto avvincenti proprio da un punto di vista semiotico, per la loro ripetitività
di uno schema e per il fare strategico che li caratterizza. Un prodotto forse un po‟
dimenticato che presenta degli elementi molto interessanti da questo punto di vista, è il
serial di Wes Craven, Freddy‟s Nightmare, dove la dimensione onirica assume una
posizione centrale nella narrazione. Una serie molto interessante in prospettiva linguistica,
è anche la settima stagione di CSI Scena del crimine, che analizziamo nel quarto capitolo,
un testo che regala degli interessanti spunti proprio a livello di organizzazione del testo.
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La serie tv Dexter, prodotta da Showtime Network, si pone alla fine di un ipotetico
percorso di elaborazione di strategie comunicative, all‟interno del panorama serial killer.
Questo personaggio, che analizziamo approfonditamente nel corso del quinto capitolo, tenta
di offrire una nuova chiave di lettura all‟assassino seriale, cercando di farci pensare con la
sua testa e di vedere con i suoi occhi. In particolare nel nostro esame, abbiamo preso in
considerazione la dimensione audiovisiva, che secondo Greimas è il livello della
testualizzazione
1
, ovvero dove si uniscono espressione e contenuto. Nelle serie di ultima
generazione, questa dimensione ha assunto una grande importanza, differenziando i testi tra
loro e avvicinando questi prodotti alle produzioni cinematografiche. L‟identità visiva delle
serie tv non si gioca più su un numero chiuso di elementi (eventi, personaggi,
ambientazioni) e sull‟uso di un montaggio base, ma punta su componenti stilistiche
complesse, che contribuiscono a segnalare l‟identità della serie. Per questo nell‟affrontare il
testo Dexter, abbiamo proceduto ad un lavoro di scomposizione del flusso audio e video. In
particolare per quel che riguarda i codici sonori, i creatori della prima stagione, hanno
sfruttato in modo perfetto la voice-over, mentre in ambito visivo, flashback e primi piani
sono le strategie ricorrenti in questo testo.
Le teorie di Greimas si sono rivelate un importante supporto teorico nell‟analisi dei testi
incentrati sull‟universo dei serial killer, in particolare al momento di presentare il modello
attanziale che caratterizza questi individui. Il quadrato semiotico elaborato da Greimas è il
principale strumento per lo studio del testo a livello di grammatica fondamentale: serve ad
articolare le isotopie sottostanti ad un testo. Esso ci dà la struttura elementare del significato
dei testi, ovvero le prime articolazioni del senso all‟interno di un micro-universo semiotico.
Per Greimas, isotopia è la ricorrenza in un testo dato di semi, o categorie semiche, che gli
assicurano omogeneità. Il quadrato può essere definito come lo sviluppo logico di una
categoria semica binaria. Si parte da due semi fra loro opposti e per la precisione contrari,
che in virtù della loro contrarietà, fanno parte di una sola categoria semica a due membri.
Ad esempio:
BIANCO - NERO
1
A.G. Greimas, J. Courtes. Semiotica. Dizionario ragionato della teoria del linguaggio. Bruno Mondadori, Milano
2007. pp 359 – 360.
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Ad ambedue i semi si applica l‟operazione logica della negazione, in modo da generare il
contraddittorio di ciascuno di essi (ad esempio bianco conduce a non bianco). Il risultato è
la seguente struttura composta di quattro lati.
I due termini in alto, fra loro contrari, sono connessi dalla linea della contrarietà; le coppie
collegate dalle diagonali sono coppie di contradditori. I due termini in basso sono detti
subcontrari e fra loro si può spesso individuare un termine che li combina, come in questo
caso grigio (né nero né bianco). I lati verticali del quadrato, chiamati deissi sono quelli che
rappresentano la relazione più interessante che consente di uscire dallo schema: è una
relazione di presupposizione. In effetti non nero suggerisce, indica o rende possibile bianco,
mentre il termine non bianco fa lo stesso con nero.
Applicare il quadrato allo studio della figura del serial killer, significa identificare le
isotopie sottostanti al testo. Una volta identificato che nel testo ricorrono semi collocabili in
qualcuna delle posizioni del quadrato, dobbiamo completare lo schema con le
manifestazioni rintracciabili nel testo. Abbiamo elaborato quindi un quadrato applicabile al
fare del serial killer in generale. Altri esempi di quadrato semiotico li troviamo nei paragrafi
dedicati a i testi Henry pioggia di sangue, Millennium e Dexter.
Il modello semiotico che analizza il soggetto, si suddivide in fare, sapere e sentire.
Dobbiamo allora domandarci qual è la modalità del fare del serial killer: è un fare di tipo
strategico, che possiamo definire semiotico, in quanto prevede una perfetta organizzazione
dello spazio e del tempo. Ma è anche un fare che rimanda ai corpi distrutti, alterati delle
vittime. La dimensione del segno diventa allora preminente. Anche lo spazio può rimandare
in alcuni casi ad un orrore atmosferico, pensiamo ad esempio agli ambienti di Seven (1995)
e Zodiac (2007), entrambi realizzati da David Fincher. Per quanto riguarda il sapere
peculiare del serial killer, questo è di tipo istintivo: non prevede un‟interpretazione di segni,
BIANCO NERO
NON
NERO
NON
BIANCO
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si basa esclusivamente sulle proprie pulsioni omicida, che spesso sono legate a ricordi di
eventi del passato. In fine la dimensione del sentire: le passioni del serial killer si
distinguono in molti casi tra due facciate, una manifesta e una nascosta. L‟esempio di
Dexter è sicuramente il più interessante, dove convivono le due sfere pubblica e omicida.
Una delle cose che viene sempre messa in scena in questo testo è lo scontro tra pubblico e
privato, di cui l‟attante-protagonista è sempre cosciente.
Questo testo offre degli ottimi spunti per scoprire l‟evoluzione della cultura partecipativa
del fandom: la fan-community di Dexter, viene analizzata nel corso del sesto capitolo, in cui
abbiamo applicato le teorie di Henry Jenkins sul modello di narrazione transmediale
(transmedia storytelling), in grado di allargare l‟esperienza di fruizione di un testo
audiovisivo.
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1. STRATEGIE DELLA SERIALITA’ TELEVISIVA E CINEMATOGRAFICA
I due media, televisivo e cinematografico, hanno trovato nel corso della loro storia, una
compagna di viaggio affidabile con cui condividere le proprie storie, dilemmi e successi: la
serialità. Una serialità che si afferma già dalla seconda metà dell‟Ottocento, con i primi
romanzi a puntate, che si diffondono grazie ad una stampa di tipo popolare e ad una
diffusione capillare sia in Europa che negli Stati Uniti. Passando poi, per il formato
feuilleton e per il fumetto la cui nascita è datata 1895, in contemporanea quindi a quella del
cinema, la serialità si afferma come meccanismo narrativo soprattutto in Francia con la serie
di film realizzati attorno al ladro mascherato Fantomas
2
, ma anche in America, dove i
protagonisti di questi film a puntate sono inizialmente femminili, come nel caso di The
Perils of Pauline (1914).
In ambito cinematografico, gli operatori del settore comprendono subito i potenziali della
serializzazione e l‟efficacia commerciale di un tale modello narrativo, che si consolida negli
ultimi anni, soprattutto grazie alla televisione. Con la nascita di questo medium, la serialità
trova il suo maggior successo nei prodotti di finzione, dove può migliorarsi, sperimentare
nuove tipologie di racconto e discorsive.
In questo paragrafo, presentiamo i due modelli di racconto seriale che si sono affermati al
cinema e in televisione: la saga e la serie. In entrambi dobbiamo dire che, le storie sui serial
killer, hanno trovato quasi sempre un motore di successo, basti pensare a due casi
cinematografici come Nightmare (Wes Craven, 1984) e Il Silenzio degli Innocenti (Jonathan
Demme, 1991), e a quello televisivo più recente: Dexter (Sara Colleton, John Goldwyn,
2006).
2
Cfr. M. Dall'Asta, La vita plurale di Fantômas, in: Fantômas. La vita plurale di un antieroe. Il principe costante,
Udine 2004. pp. 13 - 46
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1.1. Strutture, trame e fidelizzazione
Grazie alla natura ripetitiva degli omicidi seriali, la rappresentazione del serial killer al
cinema, ha puntato in diversi casi alla creazione di sequel, come nei due esempi
precedentemente menzionati e in quello del più recente Saw l‟enigmista (James Wan, 2005).
Se i sequel, seguono di norma le nuove avventure di un personaggio (Indiana Jones, Rambo,
Robocop), dopo almeno tre film si inizia a parlare di serie. Ricordiamo che nella serie di
film, al contrario del sequel, non vi è stretta continuità con la storia precedente e la vera
connessione tra i film è data dal riapparire dell‟eroe o dei protagonisti più rilevanti. Ad
esempio in Saw, in cui si narra la storia di un perfido architetto dell‟omicidio, abbiamo una
continuità temporale nel racconto, solo nei primi tre film in cui il protagonista è ancora
vivo. Nei successivi episodi di Saw, troviamo un classico tema del sequel, quello della
discendenza. Morto il protagonista, le gesta del serial killer vengono emulate da uno stuolo
di discepoli/ammiratori. Quindi in questo caso vediamo che la continuità è garantita da uno
schema di azioni più che da un personaggio.
Nel paragrafo 2.1.1. tratteremo più approfonditamente della tendenza del cinema alla
serializzazione. Per il momento ricordiamo che il modello di maggior successo, che si è
consolidato in ambito cinematografico è quello della saga, dove l‟universo narrativo non
appare mai chiuso, ma sempre aperto alla dilatazione e all‟estensione. Come esempio basti
pensare a tutte le saghe cinematografiche sui supereroi, dove si punta alla creazione di
mondi co-possibili, esperibili grazie all‟ideazione di uno spazio partecipativo in cui si
muove lo spettatore. Riprendiamo la definizione di saga elaborata da Umberto Eco:
“La saga è una successione di eventi, apparentemente sempre nuovi, che interessano, a
differenza della serie, il decorso storico di un personaggio e meglio ancora di una genealogia di
personaggi. Nella saga i personaggi invecchiano, la saga è una storia di senescenza, (di
individui, famiglie, popoli o gruppi)
3
”.
Sia la saga che la serie tv, sono amalgamate dal meccanismo della ripetizione: universi
che si caratterizzano per elementi ricorrenti, che ne rendono possibile l‟identificazione allo
spettatore; allestimento di mondi possibili ed espandibili; ricorrenza dei personaggi e il tipo
3
Tratto da: U. Eco, L‟innovazione nel seriale. in: V. Innocenti, G. Pescatore, Le nuove forme della serialità televisiva.
Archetipolibri, Bologna 2008. pag. 93
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di narrazione. Sono caratteristiche atte alla fidelizzazione dello spettatore, che vuole
ritrovare, gli elementi del mondo di finzione, a cui si è affezionato di puntata in puntata
nella fruizione del testo globale. Nella saga cinematografica, la componente commerciale
viene sfruttata a pieno, soprattutto grazie al settore del merchandising, alla creazione di
eventi che prevedono il coinvolgimento dello spettatore e alla realizzazione di parchi di
divertimento tematici, basati sull‟universo di finzione.
Per quanto riguarda la narrazione a serie televisiva siamo stati testimoni, negli ultimi anni
di sperimentazioni di successo all‟interno di questo formato, che hanno condotto al
consolidamento di un modello multilineare. Innanzitutto l‟organizzazione globale del testo,
è caratterizzata da una maggiore complessità rispetto alla saga. Una stagione si può
articolare generalmente su dodici o ventiquattro episodi, ognuno dei quali rappresenta un
segmento narrativo, con all‟interno dei punti di svolta (o nodi narrativi) e un cliffhanger
principale. Ma la chiusura dell‟episodio non è l‟unica: notiamo infatti che gli episodi, sono
inseriti in una stagione, che a sua volta può essere inglobata in un gruppo di stagioni. Oltre
alla chiusura del formato, abbiamo la chiusura delle linee narrative, che può coincidere o
meno con quella dell‟episodio. Se pensiamo alle serie televisive degli anni ‟80, come La
signora in giallo o Magnum P.I., notiamo come ci sia totale coincidenza tra una linea
narrativa principale e la chiusura dell‟episodio, senza alcuna evoluzione nel complesso della
stagione. Sulla sponda opposta troviamo quelle serie in cui c‟è coincidenza tra una stagione
e le narrazioni: ad esempio in Lost (J.J. Abrams, 2004), le diverse linee narrative travalicano
gli episodi e le stagioni, e si risolvono nella loro totalità, solo alla fine dell‟ultima stagione.
In alcuni testi come 24 (Joel Surnow, Robert Cochran, 2001) e il già citato Lost, gli autori
sperimentano con successo meccanismi di scansione temporale. Nel testo dedicato
all‟incidente dell‟aereo di linea australiana, si vuole far perdere allo spettatore gli elementi
classici della narrazione, il prima e il dopo, basandosi sulla costruzione di una Bibbia
articolata, che consente di giocare con i dispositivi del flashback e del flashforward quasi
all‟infinito.
In 24, il tempo passa dallo statuto di attante a quello di attore: in questa serie è il tempo
che determina la scansione narrativa e l‟orologio digitale che compare sullo schermo,
sottolinea l‟idea di frenesia e di tempo mancante che investe sia il protagonista Jack Bauer,
che gli spettatori. Quindi i personaggi sono sottomessi alla scansione temporale. Grazie
all‟utilizzo dello split-screen, si accentua ancor più la sensazione di compressione estrema
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del tempo, accadono diversi eventi simultaneamente. In questo testo abbiamo dunque una
triplice scansione: seriale (è un indicatore di precisione), diegetica (fa parte della storia, ed è
rappresentata dall‟orologio che scandisce il tempo), narrativa (riguarda gli eventi che
caratterizzano i personaggi).
In altri testi si è puntato invece su un‟ibridazione di generi
4
, per ottenere dei prodotti
sempre più coinvolgenti, che possano invitare lo spettatore ad una fruizione attiva ed
interessata, grazie a citazioni e rimandi intertestuali. E‟ il caso del più recente Flash
Forward (Brannon Braga, David Goyer, 2009), in cui oltre ad un meccanismo narrativo
interessante, che disloca la narrazione degli eventi nel futuro rispetto al presente, abbiamo
tutta una serie di teorie scientifiche sui quanti ed elementi di spionaggio, che rendono questo
testo di difficile collocazione all‟interno del sistema dei generi. Può essere visto come
prodotto classificabile nella categoria fantascienza, oppure in quella dedicata alle trame di
spionaggio/complottistiche, paragonabili per alcuni aspetti a quelle di 24
5
, ma inserite in un
contesto catastrofico globale.
Altro esempio di ibridazione di generi è il testo che analizzeremo in modo dettagliato
nella seconda parte dello studio: Dexter. Questo testo rappresenta un unicum nel panorama
audiovisivo, ed a nostro avviso definibile come prototipo. Neanche dall‟inesauribile mondo
di storie del cinema, era mai uscito in passato un serial killer che uccide per il bene della
società. L‟elemento centrale nell‟analisi di questa serie è il personaggio, inteso secondo il
modello elaborato da Casetti: il personaggio come persona (le peculiarità psicologiche, il
carattere o l‟atteggiamento), come ruolo (eroe, antieroe, aiutante) e come attante (la
funzione nella struttura narrativa)
6
. Nella serie Dexter, la dipendenza del testo dal
personaggio è totale; se si tentasse di eliminare il protagonista dalla sceneggiatura, il
prodotto perderebbe completamente di senso. Questa è una componente che troviamo sia
nelle serie di film, che nella serialità televisiva e rappresenta un elemento di continuità del
testo.
4
Con il termine genere, facciamo qui riferimento al sistema di generi elaborato all‟interno delle teorie cinematografiche.
In merito a questo argomento ricordiamo R. Altman. Film/Genere. Vita e pensiero, Milano 2004.
5
Chi più di tutti ha proposto una interessante analisi di queste trame è Franco La Polla, con particolare riferimento alla
cultura Nord Americana. Per chi fosse interessato ad approfondire, ricordiamo il suo saggio: X-Files e l‟orrore del
pensiero tra fantascienza e parodia. in F. La Polla, L‟età dell‟occhio. Il cinema e la cultura americana. Lindau, Torino
1999. pp. 243 – 251.
6
Cfr. F. Casetti, F. Di Chio. Analisi del film. Bompiani, Milano 1990. pp. 170 – 181.
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