12 - INTRODUZIONE
di indagare le ricadute sulla realtà, è stata il maggiore sprone allo studio di
questo tema.
Il percorso seguito durante la ricerca si può in parte ritrovare lungo lo
svolgersi dei cinque capitoli di questo scritto, nei quali si sono sostanzialmente
ripercorse le pratiche di valutazione: si è innanzitutto individuato l’ambito di
applicazione della valutazione (l’Università), si sono presentati gli aspetti che
compongono l’attività valutativa (oggetti indagati e tecniche utilizzate), si è
scelto un argomento di approfondimento sul tema (la valutazione della didatti-
ca da parte degli studenti), ci si è soffermati sulle ricadute finanziarie di questa
pratica, ed infine sono state presentate le conclusioni più interessanti.
In particolare nel capitolo primo, dopo aver presentato i soggetti inte-
ressati e le loro relazioni, si è considerata l’istituzione come una organizzazione
complessa, un vero e proprio “Sistema Università” di relazioni e compiti. Si è al-
lora proceduto alla descrizione del concetto attraverso l’applicazione di tre dif-
ferenti modelli interpretativi, per cogliere gli elementi essenziali e individuare
le possibili funzioni che la valutazione può ricoprire.
Nel capitolo successivo si è analizzato l’attuale sistema di “Valutazione
nell’Università” attraverso le attività del CNVSU, guidati dall’intenzione di dare
una doppia rappresentazione della realtà. Nella prima parte sono presentati gli
intenti e le aspettative istituzionali del Comitato e del Ministero, analizzati at-
traverso la normativa di riferimento e le proposte fatte per implementare la va-
lutazione. Un quadro che ha cercato di descrivere le proposte del CNVSU verso
gli ambiti universitari di riferimento (principalmente gestione amministrativa,
didattica e ricerca), evidenziandone però, se del caso, i limiti connessi, ricono-
sciuti o avanzati da altri. Nella seconda parte del capitolo, invece, si è passati
dalla visione macro, a quella micro degli Atenei. Descritti i compiti formali dei
Nuclei di Valutazione (l’organo locale di riferimento del CNVSU), si è analizza-
ta la loro attività, delineando un quadro non completamente aderente alle a-
spettative, poiché all’interno delle Università la valutazione non sempre è con-
cepita come un utile strumento ed occasione per l’individuazione dei punti di
forza e di debolezza del sistema, ma come obbligo normativo, e ciò non fa che
limitare le potenzialità di questa pratica. Tuttavia è anche possibile individuare
situazioni nelle quali i Nuclei ricoprono un ruolo fondamentale per la speri-
mentazione sul campo di nuove tecniche e pratiche di valutazione. Per mostra-
re questa doppia tendenza si è presentato il caso esemplificativo dell’attività dei
Nuclei di Valutazione delle Università delle Lombardia.
Nel terzo capitolo si entra nel dettaglio dell’argomento che si concentra
intorno ad una pratica valutativa specifica: la “Valutazione della didattica da parte
degli studenti”. Innanzitutto ci si è soffermati sul problema fondamentale di
INTRODUZIONE - 13
questa attività, cioè la definizione dei suoi significati, delle sue funzioni e po-
tenzialità, e dei suoi limiti, perché la valutazione operata dagli studenti è in par-
te diversa da quanto la popolazione studentesca in genere crede, non avendo
sufficienti informazioni in merito. I concetti di didattica, percezione, opinione,
frequenza, se non correttamente definiti, rischiano di indurre a credere che il
compito affidato agli studenti sia maggiore di quanto lo è veramente, e a perce-
pire come vera e propria valutazione della didattica un’indagine concentrata
più sugli aspetti accessori alla didattica. La seconda parte del capitolo, ripren-
dendo lo schema e le intenzioni del precedente, si suddivide in due filoni, uno
dedicato alle proposte avanzate da CNVSU di un modello unico di questionario
per la valutazione al fine di ottenere dati di comparabilità nazionale, l’altro de-
dicato al lavoro dei Nuclei, presentando le reali applicazioni. Si scelgono ancora
tre casi concreti di valutazione della didattica di altrettanti Atenei, usati come
esemplificazione delle proposte e delle sperimentazioni affrontate.
Nel capitolo quarto l’attenzione si è concentrata sul rapporto valutazio-
ne e ricadute, in termini finanziari, nelle Università. In effetti, come suggerito
dallo stesso CNVSU e dal Ministero, si è assunto che l’incremento finanziario
(almeno percentuale) sia in parte indice di una buona funzionalità del sistema
di valutazione nazionale. Naturalmente, questa ipotesi è sostenuta dal fatto che
parte del finanziamento attuale (il Fondo di Finanziamento Ordinario, FFO) si
basa su un modello di ripartizione delle quote che si avvale dei risultati delle
valutazione del CNVSU e dei Nuclei di Valutazione. Dopo una prima parte de-
dicata alla descrizione degli elementi fondamentali che delineano le “Risorse fi-
nanziarie” del mondo universitario, si è optato per la presentazione dei risultati
di otto anni di applicazione del modello di riparto dell’FFO, che sembra dare
buoni frutti, e per la descrizione dell’attuale capacità di autofinanziamento del-
le Università, assunta come indice dello sviluppo delle stesse, che ha messo in
evidenza l’esistenza di differenze, talora pressanti, tra le Università.
Infine le “Conclusioni”. Ci si è soffermati su due aspetti principali: il
primo fa riferimento al vero e proprio concetto di valutazione e all’esigenza di
parlare di più di una valutazione; il secondo sull’importanza della comunica-
zione tra le parti interessate, per l’acquisizione della consapevolezza e della re-
sponsabilità legata alle pratiche valutative. In questa parte dello studio è sem-
brato interessante inserire un cenno autobiografico, per dare maggiore concre-
tezza alle affermazioni e come esempio di quanto sia necessario approfondire il
discorso comunicativo tra le parti interessate, pur nella consapevolezza dei li-
miti connessi alle impressioni di un solo studente.
Capitolo Primo
Il Sistema Università
“[L’Università] è un’organizzazione, anche se è
un’organizzazione sui generis, dove le dimensioni
strutturali sono meno importanti di ciò che vive
al loro interno: i valori, le tradizioni, le culture, i
linguaggi, i significati e le modalità delle intera-
zioni soggettive. Ma anche questi aspetti, per
fluidi e immateriali che siano, non possono essere
pienamente compresi, e quindi tanto meno fatti
oggetto di politiche, senza tenere conto dei conte-
sti organizzativi in cui si collocano”.
Benadusi L., 1997
1.1 Il sistema Università e il suo modello di valutazione
La valutazione di un’organizzazione-sistema, come quello universitario,
non può essere realizzata, se non se ne ha una chiara e corretta rappresentazio-
ne. La descrizione dell’Università attraverso una serie di modelli interpretativi
permette di abbandonare la concezione di un’organizzazione meramente buro-
cratica, a favore dell’idea di un sistema più complesso, caratterizzato da legami
scarsamente connessi, tra una molteplicità di soggetti, con differenti aspettative.
È possibile, allora, pensare all’Università come un sistema sui generis.
1.1.1 Gli elementi che compongono il sistema Università
La struttura organizzativa universitaria può essere descritta scompo-
nendola nei due livelli principali che la caratterizzano: gli organi di governo; le
strutture e le attività didattiche e scientifiche
2
. Per il raggiungimento dei suoi
fini istituzionali, l’Università si avvale, quindi, da una parte, di strutture ge-
Università
struttura a
due livelli
2 Lo statuto dell’Università degli Studi di Milano recita, all’art. 1, comma 3: “L’Università si articola in strutture
scientifiche, didattiche e di servizio [...], organizzate in modo da favorire il raggiungimento delle finalità istituzionali cui
sono ordinate”.
16 - CAPITOLO PRIMO
stionali, tecniche ed amministrative (gli organi di governo), dall’altra di struttu-
re volte direttamente alla pratica didattica e a quella scientifica. Si individuano,
inoltre, livelli decisionali differenti, per responsabilità e funzioni, con il compito
di gestire un intero Ateneo sia nelle sue forme generali che in quelle particolari.
L’insieme dei ruoli e delle strutture impiegate rende chiaramente l’idea della
complessità dell’intero sistema (fig. 1 e 2).
Fig. 1 e Fig. 2 - Gli organi di governo e le strutture e le attività didattiche e scientifiche
Consiglio
d’Amministrazione
Collegio dei Revisori
dei Conti
Consulta
Università
Enti Locali
Direzione
amministrativa
Divisioni
amministrative
Conferenza degli
studentiNucleo di
Valutazione
Comitato per lo
sport universitario
Commissione di Ateneo
per la ricerca scientifica
Comitati di Area
Senato Accademico
Rettore
Facoltà
Centri
di servizio
Dottorati
di Ricerca
Dipartimenti
Istituti
Commissione per
la didattica
Facoltà
Corsi
di Laurea
Corsi
di Diploma
Servizi
didattici integrativi
Scuole
di specializzazione
Sistema
bibliotecario
Centri
di ricerca
Fonte: elaborazione schema da www.unimi.it.
IL SISTEMA UNIVERSITÀ - 17
Gli organi di governo sono rappresentati da tre figure principali: Retto-
re, Senato Accademico e Consiglio d’Amministrazione. Accanto a questi si af-
fianca un’altra serie di organi che fa riferimento ai precedenti tre: Collegio dei
Revisori dei Conti, Conferenza degli Studenti, Commissione d’Ateneo per la ri-
cerca scientifica e i Comitati di Area, Consulta Università-Enti Locali, e Nucleo
di Valutazione.
Le strutture didattiche e scientifiche sono composte da: Facoltà, Dipar-
timenti, Istituti, Consigli di Coordinamento Didattico, Commissioni per la Di-
dattica, Scuole di Specializzazione e Dottorati di Ricerca.
Un Ateneo non comprende solo queste parti, ma conta una lunga serie
di altre strutture: Centri Interdipartimentali di Ricerca, di Servizio e d’Ateneo,
di Ricerca non convenzionati; Centri e Consorzi Interuniversitari; Sistema Bi-
bliotecario d’Ateneo (con la Commissione d’Ateneo per le Biblioteche); ed infi-
ne, Comitato per lo Sport Universitario.
Pur essendo solo una rapida rassegna dei soggetti istituzionali presenti
nell’organizzazione di un Ateneo, si può facilmente comprendere come
l’impegno per coordinare e gestire esigenze ed obiettivi specifici necessiti di no-
tevole attenzione.
Dalla descrizione degli organi e delle strutture presenti negli Atenei, è
possibile rappresentare il sistema
3
Università attraverso l’elaborazione di un
modello. Come ogni modello, quello presentato di seguito non può tenere con-
to di tutte le forme particolari che l’organizzazione universitaria utilizza per il
raggiungimento dei suoi scopi, ma d’altra parte esso consente di avere un’idea
semplificata e chiara dei suoi aspetti organizzativi essenziali rintracciabili inol-
tre nella gran parte dei sistemi educativi.
Università
come
sistema
Il modello si compone di un insieme principale, il sistema organizzativo
universitario generale, che si articola in due sottosistemi: il sottosistema orga-
nizzativo-manageriale e il sottosistema sociale. A loro volta queste due sottou-
nità possono essere viste come costituite da altre componenti (fig. 3).
Il sottosistema organizzativo-manageriale riunisce in sé le variabili or-
ganizzative e le logiche gestionali, così suddivisibili:
Sottosistema
organizzativo
manageriale
3
Con il termine sistema si intende la singola organizzazione Università come “un insieme di parti strettamente
interrelate tra loro dalle cui relazioni dipendono le prestazioni complessive del sistema stesso”, da. Negro G., Qualità
totale a scuola, Il Sole 24 ORE, Milano, 1995, pag. 29. In questo senso “l’organizzazione è un sistema di attività in-
terdipendenti che connettono coalizioni instabili di partecipanti, questi sistemi sono radicati nell’ambiente e dipendono
da continui interscambi con esso”, da Butera F., E. Donati, Le microstrutture, in Costa G., R.C.D. Nacamulli, Trat-
tato di organizzazione, Utet, Torino, 1997.
18 - CAPITOLO PRIMO
Fig. 3 – Il Sistema Università
Visione, missione e valori. Sono tre elementi che “forniscono una chiara
struttura entro la quale il lavoro degli individui ha significato”
4
. Le domande alle
quali quest’area risponde sono: cosa dovrebbe essere l’Università nel futuro?
Qual è la sua vocazione? Sulla base di quali credenze si muovono i soggetti par-
tecipanti?
SISTEMA
UNIVERSITÀ
SOTTOSISTEMA
ORGANIZZATIVO-
MANAGERIALE
Visione, missione,
valori
Struttura
organizzativa
Sistemi
gestionali
Strategia
SOTTOSISTEMA
SOCIALE
Relazioni tra
Università e comunità
Relazioni tra
Università e studenti
Relazioni tra struttura
ministeriale e decentrata
Relazioni tra i diversi
livelli decisionali
Visione,
missione,
valori
Strategia. Si riferisce al progetto di sopravvivenza, di crescita e di svi-
luppo dell’organizzazione, attraverso le relazioni con l’ambiente esterno e quel-
le al suo interno. Essa fa riferimento alla disponibilità delle risorse e al campo di
azione sul quale sfruttare queste risorse.
Strategia
Struttura organizzativa. Definisce le funzioni, i ruoli e le responsabilità
di ogni attore del sistema. È il livello dove valori e strategia prendono forma
Struttura
organizzativa
4
Negro G., 1995, pag. 31.
IL SISTEMA UNIVERSITÀ - 19
per implementarsi e dare vita all’organizzazione stessa: il processo attuato deve
rispondere a determinate esigenze, quali razionalizzazione e standardizzazio-
ne.
Sistemi gestionali. Sono quelli che fanno riferimento a tutto il sistema di
informazione, di programmazione e controllo, e di decisione. Come in una ca-
tena le informazioni raccolte ed elaborate vengono trasmesse, in maniera op-
portuna, ai soggetti interessati, i quali si preoccupano di tradurle in piani e
programmi per il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Sistemi
gestionali
Sottosistema
sociale
Il sottosistema sociale sintetizza le relazioni intercorrenti tra i soggetti
coinvolti nell’organizzazione, siano essi direttamente o indirettamente interes-
sati.
Relazioni tra Università e comunità. L’Università nasce si radica e si svi-
luppa su un territorio, all’interno di una comunità, e da questa assorbe tutta
una serie di elementi, che fanno sì che la prima non sia avulsa dalla seconda.
Reciproci contributi e benefici si producono da più forti legami e relazioni.
Relazioni
tra
Università
e comunità
Relazioni tra Università e studenti. Che siano considerati utenti o clienti,
gli studenti sono una parte fondamentale dell’istituzione educativa universita-
ria. Essi possono ricoprire una molteplicità di ruoli, che su un continuum, li
può vedere semplici consumatori, informatori privilegiati o partecipanti attivi
dell’organizzazione.
Relazioni
tra
Università
e studenti
Relazioni tra struttura ministeriale e decentrata. La struttura ministeria-
le stabilisce le politiche e gli indirizzi generali, e dispensa parte delle risorse.
Tuttavia essa non è da associare solo con lo Stato ed il Ministero veri e propri,
infatti anche le parti dell’organizzazione interne agli Atenei (con compiti di
supporto e controllo) possono essere definite struttura ministeriale. Invece gli
elementi decentrati sono tutte quelle parti di professionisti o meno che rappre-
sentano il front-line del sistema (docenti, ricercatori, personale amministrativo).
Relazioni tra
struttura
ministeriale
e decentrata
Relazioni tra i diversi livelli decisionali. Le parti dell’organizzazione so-
no in continuo contatto tra loro, in relazioni più o meno stabili, più o meno for-
ti: gli organi di governo e le strutture didattiche e di ricerca, il personale docen-
te e non docente, gli uffici amministrativi e le segreterie creano una rete di rela-
zione sui generis.
Relazioni
tra i livelli
decisionali
20 - CAPITOLO PRIMO
I due sottosistemi, con le loro variabili, non sono indipendenti tra loro,
interagiscono di continuo. Fatte salve le disposizioni costituzionali e quelle sta-
tutarie d’Ateneo
5
, l’aspetto relazionale dell’Università è fondamentale per la de-
terminazione degli scopi secondari e per l’implementazione delle pratiche di
gestione ed amministrazione.
Il processo
organizzativo
frutto di
relazioni tra
interno
ed esterno
I soggetti interagenti con l’Università sono sostanzialmente due: il mon-
do che sta al suo interno e quello al suo esterno. Del primo fa parte il personale
impiegato, del secondo, invece, tutti quei soggetti che a vario titolo hanno un
qualche interesse all’esistenza e al buon funzionamento dell’Università (Stato,
enti locali, imprese pubbliche e private, studenti e famiglie). Ambiente interno
ed esterno definiscono tutto il processo organizzativo e gestionale, schematiz-
zabile nella figura 4.
Da questo rapporto tra le parti si producono obiettivi ed esigenze di du-
plice natura: quella derivante dagli impegni legislativi nazionali e autonomi e
quella scaturente dalle relazioni con le diverse parti interessate (stakeholder). A
loro volta obiettivi ed esigenze sono ridefinibili al termine del processo, nel
momento in cui vengono valutati i risultati del percorso fatto.
L’amministrazione, la didattica e la ricerca sono modificate in base
all’andamento di questo processo, per adeguarsi ai cambiamenti della realtà e-
xtrauniversitaria. La didattica si adatta parzialmente agli standard richiesti dal
mondo del lavoro, la ricerca, può anche essere commissionata da agenti esterni
(pubblici o privati). Ciò comporta l’esistenza di un sistema di pianificazione
(strategia) e amministrazione funzionale, di un processo che determini lo svi-
luppo di un’efficiente catena obiettivi risultati.
Il processo
6
, “generalmente, collegato con altri processi, così che è sempre
scomponibile in altri sottoprocessi”
7
, che si produce all’interno di questa catena
trasforma gli input in output secondo gli scopi prefissati, basandosi su pratiche
organizzative e accesso alle risorse referenti alle pratiche organizzative e alla
5
L’art. 33, comma 1 e 6, della Costituzione italiana recita: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è
l’insegnamento. [...] Le istituzioni di alta cultura, Università e accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autono-
mi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato”.
L’art. 1, comma 1, dello Statuto dell’Università di Milano: “finalità primaria [dell’Università] è la promozione
della cultura, della ricerca, delle professionalità di grado superiore, dell’educazione e della formazione della persona con il
contributo, nelle rispettive responsabilità, di tutte le sue componenti [...]”.
L’art. 2, comma 1, dello stesso: “L’Università afferma il ruolo essenziale della ricerca scientifica e tecnologica per
l’avanzamento delle conoscenze e per il conseguimento di obiettivi di rilevante interesse scientifico, culturale, economico
e sociale”.
L’art. 3, comma 2, dello stesso: “L’Università provvede a i tutti livelli di formazione universitaria intesi alla prepara-
zione ed alla specializzazione delle figure professionali e scientifiche previste dagli ordinamenti didattici vigenti”.
6
“Il processo è un cambiamento di stato: un oggetto fisico o un oggetto immateriale [...] cambia di sta-
to/posizione/valore/utilizzabilità a seguito dell’esercizio di una serie di attività e con l’uso di specifiche tecnologie”, da
Butera F. e E. Donati, Le microstrutture, in Costa G. e R.C.D. Nacamulli, Trattato di organizzazione, Utet, Torino.
7
Gola M. et al., La metodologia di valutazione della qualità dei processi e dei prodotti delle attività universitarie, Bozza
di lavoro CampusOne, 2001, pag. 15.
IL SISTEMA UNIVERSITÀ - 21
necessità di procurare le risorse. Obiettivi, risorse, gestione e risultati costitui-
scono gli anelli principali di questa complessa catena.
Fig. 4 – Rappresentazione concettuale del sistema di gestione d’ateneo
Questa complessità può dirsi duplice, per la varietà di funzioni e re-
sponsabilità implicate nel processo, e per la “natura e [...] le peculiarità del settore
[educativo]”
8
.
Il contesto in cui gli attori svolgono le loro attività è caratterizzato da
una serie di variabili umane, relazionali e ambientali particolari (gli attori prin-
cipali, i docenti, sono dei professionisti, e non semplici impiegati, i quali intera-
giscono direttamente con i loro studenti, in un ambiente come quello di
Parti
Interessate
Esigenze ed
obiettivi
Sottosistema
Sociale
Risorse
Processo
formativo
Analisi dei risultati
e miglioramento
RicercaAmministrazione
Sottosistema
organizzativo-
manageriale
8
Negro G., 1995, pag. 19.
22 - CAPITOLO PRIMO
un’aula). Inoltre le diverse esigenze, che scaturiscono da questa molteplicità di
relazioni e dalle parti interessate, creano un ambiente peculiare, nel quale ogni
fruitore ha necessità che vuole vedere soddisfatte. L’utente non è da intendersi
esclusivamente con lo studente o l’impresa che si avvale della consulenza
dell’Università, ma anche con gli attori principali dell’istituzione stessa, come i
docenti e il personale tecnico e amministrativo, i quali esprimono anch’essi a-
spettative tra loro differenti
9
.
L’Università si caratterizza allora per una complessità “fatta di contestua-
lità con il cliente [parti interessate], di variabilità di contesti, di non completa definibi-
lità del risultato finale, di forte incidenza della variabilità umana, di parziale standar-
dizzabilità degli elementi, di coinvolgimento di istituzioni diverse”
10
, che ha fatto
propendere per una ridefinizione del suo tessuto organizzativo nella prospetti-
va del legame debole.
Complessità
del sistema
1.1.2 L’Università attraverso l’applicazione di modelli interpretativi
Fino a questo punto ciò che ha permesso di determinare l’Università
come organizzazione complessa sono stati: i diversi e numerosi soggetti inte-
ressati alle pratiche ed ai risultati della stessa, le componenti relazionali diffuse
e molteplici, ed infine l’importanza del fattore umano. È possibile, però, dare
un quadro più definito ed attento su ciò che si intende come complessità del si-
stema universitario, attraverso l’applicazione di una serie di modelli (burocrati-
co, professionale, dell’anarchia organizzata e del garbage can), con i quali de-
scrivere non solo le componenti del sistema universitario, ma anche le reali re-
lazioni che intercorrono tra queste.
Un fattore importante di cui tenere conto nell’applicazione di questi
modelli è, però, la peculiarità strutturale del sistema universitario. Oltre ad un
sistema organizzativo-manageriale, che si rivolge soprattutto agli aspetti di co-
ordinamento e controllo tra le parti interne ed esterne, nell’Università bisogna
considerare l’elemento fondamentale delle attività pratiche di insegnamento e
ricerca, svolte dai professionisti
11
. Considerare anche questo aspetto permette
di porre delle critiche giustificate, nel momento in cui si vuole inquadrare il si-
stema universitario all’interno di un determinato modello concettuale.
9
Il sistema universitario (e in generale quello educativo), deve considerare anche il fondamentale aspetto del-
le risorse umane, che a differenza di altre organizzazioni conta la partecipazione di professionisti (o semipro-
fessionisti), nello svolgimento delle attività didattiche e di ricerca.
10
Negro G., 1995, pag. 20.
11
cfr. nota 9.
IL SISTEMA UNIVERSITÀ - 23
Il modello burocratico, in ottica weberiana, è caratterizzato da: gerar-
chia, autorità, regole per il personale, specificazioni procedurali, impersonalità.
Tutti questi caratteri sono rintracciabili all’interno del sistema Università. C’è,
ad esempio, autorità e gerarchia di poteri e funzioni negli organi governativi; ci
sono regole definite e iter standardizzati per la pratiche amministrative. Per
quanto riguarda il coordinamento e il controllo delle funzioni esercitate, questo
modello, con chiari riferimenti alla possibilità di applicazione di strumenti di
razionalità classica
12
, è “ottimale per la trasmissione top-down degli indirizzi politici
decisi”
13
, tanto più in un sistema che anche a livello nazionale si dimostra buro-
cratizzato e centralistico. E questa trasmissione ottimale è data ancor più dal
fatto che, come ogni struttura sociale, essa “è un insieme di comportamenti reiterati
e in qualche modo standardizzati [...] che vincola le interazioni tra i soggetti del proces-
so [...]”
14
, e che risulta facilmente gestibile. Il modello burocratico è applicabile
al sistema manageriale, ma non alle attività di insegnamento e ricerca, perché il
modello non riesce a descrivere opportunamente il ruolo dei professionisti, in
parte slegato dalla rigida applicazione di comportamenti standard e reiterati. È
infatti possibile affermare che “il modello burocratico non è di fatto applicabile alle
organizzazioni formate da professionisti, ove la risorsa fondamentale – che è la compe-
tenza – appartiene non a chi si trova al vertice di una gerarchia amministrativa ma ai
singoli membri che in casa operano come erogatori del servizio”
15
.
Il modello
burocratico
È possibile provare a rappresentare il sistema Università attraverso il
modello professionale, che cerca di considerare il ruolo dei professionisti, carat-
terizzati da “un corpo di conoscenze e di competenze, un prolungato periodo di forma-
zione per acquisirlo, l’accettazione sociale della legittimità della loro qualifica di esperti,
e una cultura professionale contenente idee relative all’etica, agli standard e alle modali-
tà di organizzazione”
16
. Il vertice organizzativo non è in grado di controllare il
processo attuato da questi soggetti, in quanto essi operano nel chiuso delle loro
aule, direttamente a contatto con gli studenti, oppure nell’attività di ricerca, si
affidano al solo giudizio di altri esperti. Si può affermare, quindi, l’esistenza di
una comunità nella comunità, in quanto i professionisti formano in autonomia
un comunità professionale, che si autogestisce, “detentrice di un proprio sapere
pratico che è irriducibile a qualsiasi generalizzazione […] a priori”
17
. L’impressione
che se ne ricava è appunto l’esistenza di due realtà quasi indipendenti: la prima
Il modello
professionale
12
cfr. nota 22.
13
Benadusi L., Politica e organizzazione della scuola, in Morgagni E. e A. Russo, L’educazione in sociologia. Testi
scelti, Clueb, 1997, pag. 484.
14
Benadusi L., 1997, pag. 481.
15
Benadusi L., 1997, pag. 487/8.
16
Benadusi L., 1997, pag. 488.
17
Benadusi L., 1997, pag. 489.
24 - CAPITOLO PRIMO
organizzativa, con regole formali e meccanismi di controllo, strumento per
l’implementazione della seconda realtà, fatta di meno regole e più iniziative del
singolo professionista, di maggiore autonomia, che sfugge alla standardizza-
zione e alle pratiche razionali pure.
“In realtà né il modello burocratico […] né quello professionale […] si adattano
senza difficoltà alle istituzioni scolastiche. Essi si collocano ai due estremi di un campo
di variazione entro il quale si addensa la maggior parte delle situazioni reali […]”
18
. Al-
lora, come alternativa a questi due modelli, definibili tighty coupled (a legame
forte), è stata introdotta una terza prospettiva che tenta di conciliare queste due
posizioni alternative, cercando di dare una descrizione più fedele anche del si-
stema Università. In effetti la compresenza di burocrazia e professionalismo
non può essere risolta né affermando la loro indipendenza ed autonomia reci-
proca, né sostenendo una forte influenza e controllo della prima sul secondo.
La terza prospettiva in esame è quella detta del legame debole, o loose
coupling
19
, in grado di specificare meglio la complessità dell’organizzazione
Università (K. E. Weick
20
). Essa sottolinea come la realtà organizzativa scolasti-
ca, e in particolare universitaria, sia caratterizzata da una debolezza strutturale,
all’interno della quale le varie parti sono relativamente autonome. Docenti e
comparto amministrativo lavorano indipendenti gli uni dall’altro: insegnamen-
to e ricerca, che vengono fatte coincidere con le attività più importanti, risulta-
no parzialmente separati dalle funzioni di governo e amministrazione. Si assi-
ste quindi ad una parziale “divisione del lavoro che separa le aree del management,
cui spetta la definizione della policy, della strategia complessiva dell’organizzazione, e le
aree esecutive, cui viene affidata la responsabilità centrale dell’organizzazione”
21
. Pen-
sare all’Università come una pluralità di componenti aiuta a focalizzare una re-
altà fatta di parti, tra loro unite, in quanto aventi almeno uno scopo comune (le
finalità istituzionali cui sono ordinate le Università), ma con legami deboli in
quanto gli strumenti per il raggiungimento delle finalità preposte sono molti, e
ogni parte predilige quelli per cui è competente. Basti pensare “all’interruzione o
Il modello
del legame
debole
18
Benadusi L., 1997, pag. 492.
19
Come scrive Landri P., “il modo di considerare la debolezza delle connessioni organizzative della scuola muta radi-
calmente all’interno di una serie di contributi, in parte convergenti e in parte eterogenei tra loro, che possono essere ri-
compresi nella prospettiva del loose coupling”, da Il tessuto organizzativo della scuola, pag. 57, in Benadusi L., R.
Serpieri (a cura di), Organizzare la scuola dell’autonomia, Carocci, Roma, 2002; per questa eterogeneità si è scel-
to di considerare gli argomenti comuni dei diversi contributi, tralasciando le specificità, e facendo più diret-
tamente riferimento a quelli più vicini alla realtà dell’Università; anche le critiche ai modelli a legame debole
sono stati volutamente trascurate, per l’eccessiva particolarità e scarsa importanza che presentano ai fini di
questo studio.
20
Il contributo di riferimento è K. E. Weick, Le organizzazioni scolastiche come sistemi a legame debole, 1976.
21
Landri P., 2002, pag. 57.
IL SISTEMA UNIVERSITÀ - 25
all’affievolimento delle linee di autorità che si verifica a livello micro allorché si passa
dall’amministrazione […] all’insegnamento […]
22
”.
Tuttavia, poiché si può ancora parlare di questo sistema come di un caso
anomalo di burocrazia, risulta inevitabile allontanarsi da questa prospettiva e
soprattutto dalla concezione della razionalità classica, adottando la visione del-
la razionalità limitata
proposta da Simon
23
, per avere una maggiore somiglianza
tra modello del loose coupling e realtà.
Questa nuova ottica ha fatto elaborare due concettualizzazioni: quella
dell’anarchia organizzata e quella del cestino dei rifiuti (garbage can). Le orga-
nizzazioni descritte da questi due modelli (pressoché uguali) “si distinguono per
la problematicità delle preferenze manifestate, per l’oscurità delle tecnologie impiegate e
per la fluidità della partecipazione”
24
.
L’anarchia
organizzata
e il
garbage can
Innanzitutto si ha la problematicità delle preferenze; l’organizzazione
non opera su singole finalità, ma al contrario ogni attore che partecipa al fun-
zionamento dell’organizzazione è portatore di proprie preferenze; queste non
sono, tra l’altro, il frutto di un ragionamento aprioristico, ma il più delle volte
esse si creano ed evolvono durante lo sviluppo del processo. Maggiore è la dif-
ferenziazione delle funzioni all’interno dell’organizzazione, maggiori sono le
aspettative esprimibili dagli attori, spesso anche incompatibili e mal definite,
proprio per la loro genesi processuale.
Problematicità
delle
preferenze
manifestate
In secondo luogo, il processo di trasformazione di input in output non è
chiaro ai soggetti, poco consapevoli di come esso avvenga; l’organizzazione
stessa, in un ambiente di incerta tecnologia, “si muove a tentoni, con il solo aiuto di
prassi dettate dall’apprendimento di eventi della propria esperienza passata e grazie ad
un intuito pragmatico esercitato ogni qualvolta la necessità lo impone”
25
.
Tecnologia
incerta
Infine, come già evidenziato in precedenza, i soggetti interessati
all’Università sono molti e con molte esigenze, così che, i confini tra interno ed
esterno non risultano avere una chiara definizione, ma sfumano nell’incertezza
e nella mutevolezza. Gli stakeholder, in una fluida partecipazione, cambiano di
Fluidità della
partecipa-
zione
22
Benadusi L., 1997, pag. 493.
23
“L’assunzione di un processo decisionale basato sul paradigma della razionalità limitata richiama la necessità di assu-
mere che non esiste la possibilità di definire anticipatamente la decisione sicuramente migliore, ma ogni decisione va ve-
rificata, va monitorizzata per definire la capacità di produrre il risultato atteso. [...] Una teoria che abbandona
l’utopistica tensione alla razionalità assoluta, per ricondurre il processo decisionale all’interno di una teoria dell’attore
che spiega il comportamento decisionale anche alla luce delle dinamiche psicologiche e sociologiche che governano
l’interazione fra gli attori all’interno del campo decisionale”, Schizzerotto A., premessa al volume curato da Bertin
G. (a cura di), Valutazione e sapere sociologico: metodi e tecniche di gestione dei processi decisionali, FrancoAngeli,
1995, Milano.
24
Cohen M. D., March J. G. e Olsen J. P., Un modello di scelta organizzativa a ‘cestino dei rifiuti’, in March J. G.,
Decisioni e organizzazioni, Il Mulino, Bologna, 1993, pag. 287.
25
March J. G., 1993, pag. 288.
26 - CAPITOLO PRIMO
continuo, e si assiste alla “variazione dei partecipanti alle opportunità di scelta e il
loro diverso coinvolgimento ed attenzione ai processi decisionali”
26
.
Il processo organizzativo e quello decisionale sono più complessi di
quanto può apparire non tenendo conto di queste tre caratteristiche, proprio
per la delegittimazione che infliggono alla razionalità classica. Anche perché ol-
tre a queste tre caratteristiche, e le loro conseguenze, le anarchie organizzate si
strutturano intorno a quattro elementi debolmente legati tra loro. Questi sono:
le opportunità di scelta, i problemi, le soluzioni e i partecipanti. Tra loro non e-
siste un ordine logico definito, ma nel processo si ripropongono al soggetto in
modo casuale, tanto che, paradossalmente, l’ottenimento di un risultato può es-
sere il frutto dell’applicazione di una soluzione ad un problema che non si è an-
cora presentato
27
. La comprensione della situazione diventa chiara agli attori
nel momento in cui questi agiscono e manifestano delle preferenze, e non già a
priori attraverso un chiaro procedimento razionale. Il modello è detto a cestino
di rifiuti a sottolineare come il flusso di scelte, soluzioni, problemi e partecipan-
ti sia disordinato e confuso. Il modello del garbage can “indica [...] come talune
organizzazioni [...] possano continuare a sopravvivere, nonostante le loro condizioni
‘normali’ di funzionamento violino così ripetutamente le caratteristiche del modello ra-
zionale di organizzazione. [Queste] appaiono degli oggetti dai contorni sfumati ed in
continua ridefinizione, [nei quali] la razionalità [...] non precede, ma succede
l’azione”
28
.
Continua
violazione del
modello
razionale di
organizzazione
Per descrivere l’attività di un’organizzazione come quella universitaria,
gli stessi autori utilizzano un vocabolario che poco si adatta ai concetti di razio-
nalità, cui dovrebbe essere sottoposta. Miscuglio di scelte, intruglio di proble-
mi, miscela di soluzioni e guazzabuglio di richieste sono alcune delle parole
utilizzate dagli ideatori di questo modello
29
per descrivere il modo in cui le or-
ganizzazioni procedono nelle loro attività, senza disporre di scopi coerenti e
condivisi.
Un
vocabolario
ad hoc
La definizione poco chiara dei confini e delle sfumature del processo or-
ganizzativo sono associate ad un’altra caratteristica dell’Università, che contri-
buisce ad enfatizzare i caratteri di questo modello descrittivo: la quasi-
decomponibilità
30
del sistema.
26
Landri P., 2002, pag. 59.
27
Come il paradosso insito nel concetto di anarchia organizzata, così le soluzioni non seguono i problemi, ma
viceversa gli attori attuano le loro scelte mano a mano che il processo si dipana. March J. G. (1993), a tal pro-
posito esemplifica questo concetto sostenendo che l’acquisto di un personal computer per un ufficio sia da
interpretare come la soluzione che anticipa problemi non ancora manifesti nell’organizzazione.
28
Landri P., 2002, pag. 61.
29
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, questo modello è stato elaborato dagli autori con un esplicito
modello di simulazione computerizzata di un processo decisionale.
30
A questa caratteristica sono state associate interessanti e diverse funzioni e disfunzioni (alcune delle quali
importanti per cogliere la peculiarità dei sistemi di valutazione), per le quali si rinvia ai testi in bibliografia.