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Introduzione
Il fenomeno dell‟integrazione europea ha acquisito un‟importanza e un‟incidenza crescen-
te con il passare degli anni. Parallelamente, è aumentata, pur rimanendo ancora insufficiente,
l‟attenzione che i politici nazionali e i mezzi di comunicazione hanno dedicato alle questioni comu-
nitarie. Questo interessamento ha indubbiamente favorito lo sviluppo di una coscienza diffusa ri-
guardo all‟esistenza e alla rilevanza dell‟Unione Europea (UE). Tuttavia, la maggioranza dei citta-
dini europei non possiede ancora le cognizioni di base necessarie per comprendere pienamente
quella complessa realtà politica che è l‟Europa. La conoscenza dell‟assetto istituzionale sui generis
dell‟UE e dei processi decisionali comunitari è tuttora appannaggio di un'elite ristretta di individui
che per diversi motivi (studio, lavoro, interessi personali…) si sono avvicinati all‟Unione e hanno
appreso le caratteristiche della sua struttura e le sue modalità operative.
Questo studio si concentra sulle relazioni istituzionali intercorrenti tra il Parlamento Euro-
peo (PE) da un lato e la Commissione e il Consiglio dell‟Unione dall‟altro, in particolare su uno de-
gli strumenti a disposizione del PE nell‟esercizio delle sue funzioni: le interrogazioni parlamentari.
Cosa sono le interrogazioni? Quali funzioni assolvono? Possiamo definire un‟interrogazione parla-
mentare come una domanda rivolta dal parlamento, in veste di uno o più suoi membri, al governo
per avere informazioni su un fatto determinato o spiegazioni circa i motivi e gli intendimenti della
sua condotta.
Le interrogazioni ottemperano ad una duplice funzione: informazione e controllo. Sono strumenti di
informazione perché le risposte del governo (in questo caso della Commissione e del Consiglio
dell‟Unione) consentono ai membri del parlamento di conoscere eventi e fatti determinati.
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Non solo, in molti casi permettono ai parlamentari di acquisire una base di conoscenze specifiche
che non possiedono. Infatti, spesso la legislazione adotta un linguaggio tecnico settoriale o tratta di
particolari requisiti e parametri che non possono essere noti a tutti i parlamentari. L‟assimilazione di
questo patrimonio informativo colma queste lacune garantendo ai parlamentari le conoscenze es-
senziali per esaminare consapevolmente e deliberare scientemente su proposte di legge, pareri, riso-
luzioni e relazioni. Inoltre, il parlamento può sfruttare questo strumento per richiamare l‟attenzione
del governo su fatti che si ritiene non debbano essere trascurati ma seguiti con premura. Questo im-
portante flusso informativo non è però unilaterale ma reciproco o bidirezionale. Il governo, attraver-
so le interrogazioni parlamentari, viene a conoscenza delle convinzioni e opinioni del parlamento o
di una sua parte. Pertanto, può percepire se è opportuno cambiare atteggiamento rispetto ad un de-
terminato fatto, qualora avverta che la temperatura della maggioranza parlamentare che lo sostiene
abbia raggiunto un livello critico o ancora, può vagliare le critiche dell‟opposizione ed eventual-
mente modificare le sue posizioni su alcune questioni.
L‟istituto dell‟interrogazione assolve anche una funzione di controllo dell‟azione governativa. Il
governo può essere chiamato a giustificare la sua condotta davanti al parlamento e quindi a chiarire
le motivazioni per cui ha fatto certe scelte piuttosto che altre. In questo modo, la maggioranza par-
lamentare verifica la conformità dell‟azione dell‟esecutivo rispetto al programma presentato al mo-
mento di ottenere la fiducia del parlamento.
Nelle democrazie parlamentari contemporanee il ricorso alle interrogazioni è frequente e permette
un continuo scambio di opinioni tra il parlamento e il governo, le istituzioni che congiuntamente
esercitano la funzione di governo. Anche all‟interno del sistema di governance europeo le interro-
gazioni hanno un ruolo fondamentale moltiplicando i contatti tra il PE da un lato e la Commissione
e il Consiglio dell‟Unione dall‟altro. In questo contesto, la funzione di sorveglianza dell‟esecutivo
appare particolarmente importante in considerazione della scarsità di risorse umane e finanziarie a
disposizione del PE.
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Recentemente, è cresciuta in modo esponenziale l‟attenzione rivolta ai caratteri del siste-
ma politico dell‟UE, a seguito dell‟emersione del problema del deficit di democrazia. Con questa
espressione si tende a sottolineare la scarsa rappresentatività del corpo elettorale europeo di molte
istituzioni comunitarie e l‟assenza di meccanismi idonei a garantire la responsabilità dei decisori per
le loro azioni (accountability). L‟urgenza di risolvere il problema è cresciuta con l‟aumento delle
competenze dell‟Unione che ha comportato ulteriori limitazioni della sovranità nazionale degli stati
membri. Essendo il PE l‟unica istituzione comunitaria dotata di una legittimità democratica diretta,
fino ad oggi l‟itinerario prescelto dai governi per tentare di colmare il deficit è stato quello della
progressiva parlamentarizzazione del sistema politico comunitario. La decisione di optare per que-
sta direzione può essere agevolmente spiegata rinviando alla tradizionale cultura politica europea,
così plasmata dalla sedimentazione delle esperienze politico-istituzionali dei secoli scorsi. Questo
processo ha garantito al PE l‟attribuzione di poteri legislativi, la dotazione di maggiori strumenti di
controllo e il riconoscimento del potere di agire in giudizio davanti alla Corte di Giustizia Europea
(CGE), aumentando la sua autorevolezza tra le istituzioni comunitarie. Tuttavia, il processo di par-
lamentarizzazione è ancora incompleto e non è l‟unica strada percorribile. Numerosi autori e studio-
si hanno avanzato interessanti proposte alternative per incrementare il controllo democratico sulle
istituzioni dell‟Unione. Alcuni hanno avanzato la suggestiva ipotesi di un‟elezione parlamentare del
presidente della Commissione che coinvolga i parlamenti nazionali e il parlamento europeo (Attinà,
2000). Questa proposta prevede due distinti momenti: nella prima fase, a livello dei parlamenti na-
zionali, si dovrebbero svolgere le elezioni primarie, mentre nella seconda fase i candidati eletti a li-
vello nazionale entrerebbero in competizione per la carica di presidente della Commissione che sa-
rebbe attribuita dal PE. Una simile procedura, che ricalca il modello nordamericano, apporterebbe
indiscutibilmente dei vantaggi: maggiore democratizzazione e trasparenza nell‟elezione del presi-
dente della Commissione, coinvolgimento diretto dei parlamenti nazionali, maggiore attenzione dei
cittadini europei alle questioni comunitarie che irromperebbero nel dibattito politico nazionale. I
principali difetti consisterebbero nella scarsa forza associativa delle federazioni partitiche transna-
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zionali e nell‟assenza di salde strutture di collegamento tra le arene politiche nazionali e le federa-
zioni stesse. Non mancano autori che indagano la possibilità e l‟opportunità di democratizzare
l‟Unione Europea (Schmitter, 2000). Schmitter sostiene che l‟UE è un‟entità politica “eccezionale”,
ovvero che si discosta dai modelli tradizionali sia delle organizzazioni internazionali sia degli stati-
nazione, e rivisita, sulla base del modello comunitario, le istituzioni chiave delle moderne democra-
zie: cittadinanza, rappresentanza e processi decisionali. Avanza delle proposte di riforma, voluta-
mente modeste nella portata, che investono questi tre ambiti. Tra queste, possiamo sottolineare
l‟istituzione di referendum a livello europeo, la formalizzazione giuridica e il finanziamento comu-
nitario del sistema di rappresentanza degli interessi, modifiche delle procedure decisionali del Con-
siglio dell‟Unione attraverso l‟adozione di un sistema di collegi determinati in base alla grandezza
relativa delle rispettive popolazioni (collegio degli stati molto popolati, mediamente popolati e scar-
samente popolati) e in cui la rappresentanza in parlamento e la ponderazione dei voti nel Consiglio
si ispira al principio della proporzionalità proporzionale (ovvero calcolata riferendosi alla radice
quadrata della popolazione dello stato membro) e le decisioni sono improntate ai principi della per-
tinenza funzionale (uno stato partecipa solo alle deliberazioni dei settori nei quali adotta le politiche
comuni) e delle maggioranze convergenti (l‟approvazione di una decisione è subordinata al voto fa-
vorevole del collegio dei paesi grandi e di almeno uno degli altri due collegi). Infine, l‟autore giun-
ge alla conclusione che attualmente non esiste né la volontà politica né la necessità funzionale di
democratizzare l‟UE. Altri (Caporaso, 2004) hanno indagato l‟applicabilità del concetto di demo-
crazia al contesto europeo. Caporaso definisce un demos europeo in base a criteri di identità civica e
culturale e, in un secondo momento, riconosce l‟UE come uno Stato in quanto dotata di un sistema
di autorità pubblica che produce leggi con effetti vincolanti. Infine, valuta il grado di democrazia
dell‟UE secondo il criterio della responsabilità dell‟esecutivo nei confronti del legislativo: sostiene
che sussiste uno squilibrio di potere a vantaggio dell‟esecutivo europeo che si sta riducendo a segui-
to dell‟adozione di un sistema di correttivi che rafforzano i parlamenti nazionali e il PE.
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L‟annosa questione del deficit di democrazia e i diversi espedienti proposti per arginarlo, mettono
in risalto la complessa trama di relazioni interistituzionali esistenti a livello comunitario e gli intri-
cati rapporti tra istituzioni UE da una parte e stati membri e istituzioni nazionali dall‟altra. Crocevia
fondamentale è il Parlamento Europeo. Da ciò si evince l‟importanza degli studi sui poteri del PE e
sulle sue relazioni con la Commissione e il Consiglio dell‟Unione (Westlake, 1994; Corbett, 2001;
Bardi – Ignazi, 2004). Le interrogazioni sono lo strumento informativo e di controllo più usato
dall‟Europarlamento; nonostante ciò, molti studi concentrano il loro interesse su istituti, quali ad
esempio la mozione di censura o la doppia investitura che, se da un lato creano un legame forte tra
il PE e la Commissione, dall‟altro sono così raramente utilizzati da non permettere un‟analisi
dell‟evoluzione temporale di questo rapporto. Lo studio delle interrogazioni supera questi limiti e
consente di indagare il mutamento progressivo dei rapporti tra il PE e le altre istituzioni.
L‟analisi empirica e statistica dei dati sulle interrogazioni non è fine a se stessa. Non è me-
ramente uno studio quantitativo sulle interrogazioni rivolte dagli eurodeputati alle istituzioni comu-
nitarie, ma è volta ad individuare una serie di tendenze generali e a collocarle all‟interno di una cor-
nice i cui bordi sono tratteggiati dalle dinamiche evolutive subite dall‟UE in questi anni.
L‟approccio metodologico adottato è quello classico delle analisi empiriche. Il primo passo consiste
nella formulazione di ipotesi di ricerca cui segue la raccolta dei dati utili. Tuttavia, sono state ri-
scontrate delle divergenze tra le varie fonti disponibili, riconducibili a differenti metodi di classifi-
cazione dei dati (considerare tutte le interrogazioni o solo quelle a cui è stata data risposta, fare rife-
rimento alla data di adozione o a quella di risposta o ancora a quella di pubblicazione sulla Gazzetta
Ufficiale delle Comunità Europee, se un‟interrogazione è presentata da diversi deputati considerarla
unica o pari al numero di autori...). Per questo motivo, la fonte di provenienza dei dati è indicata
con accurata precisione sotto ogni tabella o grafico. La completezza dei dati sulle interrogazioni
scritte relative alle ultime due legislature rende possibile un‟analisi comparata sul periodo 1994-
2004 attraverso l‟incrocio di alcune variabili: gruppo politico, stato membro rappresentato, istitu-
zione dell‟Unione interrogata, anno di presentazione dell‟interrogazione. Quindi, sui dati sono state
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eseguite una serie di operazioni matematiche e statistiche (medie aritmetiche, variazioni percentuali,
indici di correlazione statistica…) che hanno consentito di estrapolare alcuni sottogruppi di dati si-
gnificativi e individuare delle linee di tendenza generali. In alcuni casi è stata importante la costru-
zione di rappresentazioni grafiche dei dati rilevanti per illustrare differenze o similitudini e consen-
tire una più semplice comparazione e interpretazione dei dati. L‟ultima fase, la più delicata e
importante, è quella della verifica delle ipotesi preliminari. Ciò è indispensabile al fine di evitare
che l‟analisi si riduca ad una mera successione di speculazioni su dati quantitativi.
Il primo capitolo ha una funzione introduttiva: definisce sinteticamente i caratteri fonda-
mentali dell‟UE e descrive la struttura e i poteri del Parlamento Europeo. Il secondo capitolo tratta
della verifica delle ipotesi sull‟evoluzione temporale delle interrogazioni parlamentari mentre nel
terzo si indaga l‟utilità percepita dei vari tipi di interrogazione da parte degli eurodeputati.
Nel quarto capitolo si definiscono le ipotesi sulle istituzioni interrogate, ovvero destinatarie delle
interrogazioni, e si verifica la sussistenza di tali ipotesi sulla base dei dati empirici. Nell‟ultimo ca-
pitolo i dati sulle interrogazioni sono incrociati con altre due importanti variabili: gruppi politici e
nazionalità dei deputati. L‟obiettivo è accertare se tali fattori influiscono sui lavori parlamentari e
sulla presentazione di interrogazioni in senso stretto.