6
Chiesa orizzontale, che considera cioè l'essere umano nel suo contesto terreno, in funzione
del quale si deve lavorare e pregare Dio, così il CAEM, attraverso i suoi insegnamenti,
aveva introdotto nel quadro della difesa nazionale un indirizzo non più verticalizzato in
senso ortodosso e tradizionale bensì orizzontale, per cui la patria era concepita come un
insieme, il popolo peruviano come un fine e non più un mezzo ai fini della difesa
nazionale"
2
...
Queste nuove idee, coltivate nell'ambiente del CAEM, si confrontarono con la realtà del
Paese nel 1965, quando nella regione di Cuzco scoppiò la guerriglia e i militari vennero
incaricati di reprimerla. In un'intervista, il Generale Arturo Valdez Palacio affermava che
"la lotta alla guerriglia aveva permesso ai militari di constatare che il male non era radicato
nella guerriglia in sé; quest'ultima era semplicemente l'effetto di una causa superiore e
differente. Si erano esaminati i contratti dei salariati dell'agricoltura: qualche foglia di coca
e un po' d'alcool al giorno e poi terre improduttive e incolte che, una volta rese produttive,
ritornavano proprietà di alcuni latifondisti della Sierra e della Ceja de Selva, e venivano
amministrate con criteri retrogradi e feudali".
3
A conclusioni analoghe sono pervenuti alcuni studiosi del fenomeno rivoluzionario
peruviano: fra questi David Scott Palmer
4
, il quale sostiene che attraverso una
combinazione di studio intenso (svolto principalmente attraverso il CAEM) ed esperienze
concrete la struttura militare si era fatta più coerente e più edotta sotto il profilo
istituzionale. Queste esperienze riguardavano i programmi di azioni civiche, la breve lotta
anti guerriglia del 1965 e il disaccordo con gli Stati Uniti sugli inutili sforzi compiuti dalla
Forza aerea peruviana per acquistare aerei da combattimento. Scott Palmer prosegue
affermando che il concetto di sicurezza si estese progressivamente sino a includere la
politica nazionale e lo sviluppo economico allontanandosi da quello primitivo della difesa
delle frontiere
5
, concludendo con l’osservazione che le Forze Armate sono pervenute al
potere con una ideologia riformista di sviluppo sufficientemente chiara.
Il Generale Juan Velasco Alvarado, capo indiscusso sino al 1975 del processo
riformatore, dichiarò che la Rivoluzione era stata, sin qui, concettualmente autonoma,
indipendente da qualsiasi influenza straniera, profondamente peruviana ed equidistante dal
capitalismo sfruttatore e dal comunismo oppressore, e aggiunse che non vi era stato nessun
2
Intervista del Generale Francisco Morales Bermudes. Ibid.
3
(vedere nota 2).
4
Presidente de Latin American and Caribbean Studies, Foreing Service Institute.
5
David Scott Palmer in Interamerican Economic Affaires Washintong D.C. vol 3p 1984.
7
altro obiettivo se non quello d'innalzare l'uomo peruviano a un livello di dignità tale per cui
da oggetto passasse a essere soggetto non alienato dal proprio destino.
E’ interessante, come Luigi Einaudi faceva notare e come si legge in un documento
riservato della Rand Corporation degli Stati Uniti reso pubblico negli anni 70,
nell’esaminare l'esperienza di un gruppo di militari peruviani e brasiliani il fatto che questi
studiavano negli Stati Uniti in scuole di livello superiore, questo per prepararsi in diverse
discipline della Pubblica Amministrazione e della politica, specializzandosi in materie
collegate ai settori bancario, petrolifero e dell'economia in generale, con l'apparente finalità
di prepararsi a governare in forma istituzionale.
Per poter avere qualche possibilità di successo nella trasformazione di strutture sociali
ed economiche, arcaiche e feudali, e iniziare il cammino verso un socialismo nuovo –
opinione espressa dal General Velasco Alvarado nel suo testamento politico- i militari
golpisti avrebbero dovuto mettere in atto piani e programmi di azione e di governo
previamente elaborati. Tuttavia, per quanto strano possa apparire, dall'esame dei numerosi
documenti su questo tema sembra che non vi siano stati progetti ben definiti, per lo meno
nella fase iniziale. Lo stesso General Velasco usava difatti affermare: "Azione
rivoluzionaria senza teoria rivoluzionaria".
Non si può comunque non ricordare che nel 1974 (a ben cinque anni di distanza
dall'inizio del golpe) il Governo rivoluzionario delle Forze Armate rese pubblico un
documento denominato "Plan Inca" che nel suo complesso rivelava una dottrina politica
abbastanza coesa. Secondo i suoi autori, il documento sarebbe stato alla base delle
principali decisioni governative sin dall'inizio del processo riformista. Tuttavia i dubbi sorti
all'epoca sulla data effettiva della messa a punto del documento portano ad affermare che
all'inizio del processo rivoluzionario le misure adottate dai militari furono più emotive che
razionali, caratterizzate da una evidente superficialità e approssimazione di quanti avevano
contribuito a prepararlo, abituati alla vita nelle caserme, segnati dalla lotta alla guerriglia e
influenzati dagli insegnamenti progressisti dei loro professori del CAEM, credevano
probabilmente che le secolari strutture socioeconomiche si sarebbero potute modificare
definitivamente con molta buona volontà e con un certo numero di provvedimenti
legislativi del Governo.
Con questo saggio mi propongo di comparare gli obiettivi auspicati dal regime militare
(alcuni molto ambiziosi ed altri contraddittori tra di loro), con i risultati effettivamente
raggiunti. I governanti militari si erano impegnati a dare impulso allo sviluppo economico
del Paese e a migliorare radicalmente la distribuzione della ricchezza; a ristrutturare la
8
società su basi di maggior equità e su nuovi concetti di proprietà; ad ampliare la
partecipazione politica; a porre fine ai conflitti tra le diverse classi sociali, ad accentuare i
valori nazionali e a creare un "nuovo uomo peruviano"; a superare la dipendenza esterna e
a fare del Perù un leader del Terzo Mondo. Tuttavia, i risultati raggiunti hanno reso gli
obiettivi iniziali utopici perché non sono mai stati raggiunti.
Inoltre in questo saggio, intendo ricercare laddove sia possibile, una valida risposta ai
seguenti quesiti:
- ammesso che in Perù vi fossero nel 1968 condizioni storiche ed economiche
necessarie e sufficienti per un'azione riformatrice dal basso, perché essa non ebbe luogo?
- può giustificarsi nel contesto socio – politico- economico del Perù nel 1960 un
movimento riformatore promosso dall'alto verso il basso dall'Istituzione militare?
- fu un processo rivoluzionario di tipo socialista, di centro o di destra?
- quale fu il contenuto ideologico dei principali attori militari?
- si può considerare, come è stato prima affermato, che nell'ambito di certi parametri la
rivoluzione abbia avuto successo?
- quale furono le reazioni delle masse popolari, dei sindacati, dei partiti tradizionali e
dell'oligarchia a seguito delle riforme introdotte dai militari?
La situazione del Paese
L'obiettivo del regime di dare un nuovo impulso allo sviluppo dell'economia del Paese
non venne raggiunto. Fin dall'inizio si registrò nel Paese un significativo declino segnato
dal crollo della produttività sia nel settore agricolo che nel settore industriale. Quanto alla
bilancia dei pagamenti ci fu un rapido deterioramento e l'indebitamento verso l'estero
aumentò fino ad arrivare a livelli senza precedenti.
Nonostante fossero stati appassionatamente proclamati i principi di giustizia sociale e di
equa distribuzione del reddito, i governanti militari non riuscirono a migliorare l'arcaico
sistema tributario del paese, che, al contrario, divenne, ancor più iniquo. Né, pur avendo
sostenuto con forza la necessità di fondamentali riforme strutturali, riuscirono ad adottare
misure significative per la popolazione di più basso reddito. Anzi, alla luce di qualche
indicatore - come per esempio il consumo di calorie e le statistiche sulla salute- i "poveri"
del Perù erano, alla fine, più poveri di quanto non lo fossero stati prima
6
.
6
Susan Eckstein: "The Impact of Revolution: A Comparative Analysis of Mexico and Bolivia. SAGE
Publications. Contemporary Political Sociology Series. New York, 1976.
9
Tranne alcuni aspetti della Riforma Agraria, nessuno degli esperimenti di innovazione
sociale ed economica del regime, annunciati con tanto entusiasmo, è sopravvissuto
invariato fino agli anni Ottanta. La SINAMOS
7
è scomparsa senza lasciare alcuna traccia.
La tanto lodata riforma del sistema educativo venne ampiamente neutralizzata. Il sistema
della "Proprietà Sociale" che, secondo le intenzioni dai militari era destinato a
regolamentare la maggior parte delle attività economiche, interessò soltanto alcune società
marginali. Il giudizio di Schydlowsky e Wicht
8
sulla riforma industriale fu drastico ma
abbastanza reale: "Sebbene l'obiettivo fosse quello di migliorare l'equità, potenziare
l'industria e controllare l'attività degli imprenditori, il risultato è stato quello di consolidare
un'aristocrazia di lavoratori, incrementare gli sforzi imprenditoriali nella ricerca di
soluzioni fuori dal sistema, incentivare la fuga di capitali ed evitare la creazione di nuovi
posti di lavoro."
Pur avendo come obbiettivo la "partecipazione piena" del popolo peruviano, fin
dall'inizio, i leader militari si trovarono in difficoltà a dissolvere le tradizionali
organizzazioni di partecipazione. In seguito, furono rifiutati in maniera esplicita
dall'elettorato, la popolazione infatti mai si era entusiasmata della loro partecipazione al
governo. Insomma, pur avendo giurato di dare fine alla lotta tra le classi sociali in Perù, i
militari lasciarono un Paese colpito più che mai dal malcontento
9
.
Neanche le dichiarazioni fatte dal regime sulla trasformazione dei valori nazionali e
sulla creazione di un nuovo "uomo peruviano" ebbero maggiore successo, il "nuevo
hombre" non si trovava da nessuna parte, né se ne parla nel Perù di oggi. Probabilmente il
regime militare sarà ricordato dalle prossime generazioni più per avere ampliato la classe
media di Lima e averne legittimato le aspirazioni, che per aver ridisegnato gli ideali
nazionali.
Nonostante gli sforzi del regime per ridurre la dipendenza esterna, il Paese si trovava,
ancora nel 1980, assai vulnerabile ai cambiamenti della congiuntura economica
internazionale
10
.
7
Sinamos, istituzione di partecipazione politica costituita per organizzare e sviluppare forme di
partecipazione popolare in appoggio al regime.
8
Daniel Schydlowsoky e Juan Wicht: "Anatomia de un fracaso económico". In: "El Gobierno Militar. Una
Experiencia Peruana. 1968-1970". Lima: ed. IEP, 1985.
9
Julio Cotler: "Democracia e integración nacional en el Perú". In: "El Gobierno Militar. Una Experiencia
Peruana. 1968-1980". Lima: ed. IEP, 1985a.
10
Rosemary Thorp: "Evolución de la economía peruana". In: "El Gobierno Militar. Una Experiencia
Peruana. 1968-1980". Lima: ed. IEP, 1985.
10
Considerando le uscite in divise per il pagamento di royalties, la dipendenza tecnologica
del Perù si è forse accentuata proprio sotto il governo militare
11
. Se da una parte si cercò di
ridurre drasticamente il ruolo delle società straniere nel settore estrattivo, d’altro canto le
banche commerciali estere ampliarono decisamente la loro presenza e importanza.
Il governo, in realtà, si limitò ad eliminare solo quei gruppi imprenditoriali che avevano
acquisito un maggior potere interno (14), facendo così del Perù ancora un paese
dipendente, in modo estremo dall’esterno.
Oggi le aspirazioni del Perù a diventare leader dei paesi del Terzo Mondo sono ormai
scomparse. All'apogeo del potere del regime di Velasco, il Perù svolgeva un ruolo
preminente nel Patto Andino, nella OEA, nel gruppo dei 77, nel Movimento dei non
allineati e nelle Nazioni Unite. Oggi, invece, il Perù non attira più l'attenzione di allora, né
assume il ruolo di leader in ambito regionale e meno che mai in quello internazionale, dove
il profilo del Paese si è ridotto a dimensioni approssimativamente equivalenti al suo peso
nel contesto dell'economia e della politica mondiali (l'elezione di un peruviano, Javier
Pérez de Cuéllar, a Segretario Generale delle Nazioni Unite, fu un riconoscimento al
diplomatico, e non già un atto di considerazione verso il suo Paese natale).
La conclusione è pertanto inevitabile. Considerando gli obiettivi perseguiti dal piccolo
gruppo di ufficiali militari e dagli ideologi civili che li consigliavano, l'esperimento non
può che considerarsi fallito. Anche se all'insuccesso contribuirono una serie di fattori
strutturali, sistematici e congiunturali, dei quali parlerò in seguito, bisogna porre una certa
cautela nel formulare giudizi definitivi.
Valutando con criteri differenti l'attività di governo dei militari si può arrivare a una
conclusione opposta alla precedente, si può cioè affermare che i militari peruviani
ottennero un notevole successo. Infatti, se si può definire l'esperienza peruviana come la
realizzazione del nucleo di un programma di affermazione nazionale, di ammodernamento
dell'economia, di riformismo del sistema oligarchico imperante, di costruzione sistematica
dello Stato, allora gli obiettivi dei leader militari del 1968 e le loro ambiziose aspirazioni di
riformismo si possono considerare in gran parte raggiunte.
Quando le Forze Armate del Perù presero il potere nell'ottobre del 1968, esse cercarono
di forzare una situazione di stallo che per molto tempo aveva consentito alla classe
oligarchica dominante di evitare l'adozione di riforme elementari ,di cui il Paese aveva
assoluta necessità.
11
Dennis L. Gilbert: "The end of the peruvian revolution: a class analysis". Studies in comparative
international development, nº 15. Pag. 15-38. N.Y.
11
Misure che già da tempo erano state introdotte in altri Paesi dell'America Latina, in Perù
continuavano a essere considerate rivoluzionarie; i tradizionali interessi dei latifondisti
esercitavano da tempo il più rigoroso controllo sull'agricoltura, sulle finanze, sulla politica
e sui mezzi di comunicazione, nonostante fra i settori più avanzati della cultura nazionale
ci fosse un consenso generale su quanto si sarebbe dovuto intraprendere per alleviare la
miseria ed il sottosviluppo. Perfino in alcuni settori della stessa oligarchia dominante si
avvertiva la necessità di avviare un embrione di riforma agraria mediante una più equa
distribuzione della terra, di estendere l'educazione e il sistema sanitario pubblico e
l'integrazione della popolazione indigente e indigena, di ampliare il suffragio e la
partecipazione politica, di creare uno Stato con strutture più forti, ecc.
Tuttavia, nonostante l'accordo sulla necessità e urgenza di tali misure a livello di
intellettuali, politici, tecnocrati, leader sindacali, non vi era stata nessuna autentica azione
riformatrice.
Gli inutili sforzi per cambiare uno dei sistemi di proprietà terriera meno egualitari del
mondo, dimostravano in primo luogo che l'establishment peruviano era riuscito dapprima a
evitare che si dibattesse la questione, poi che si evitasse l'applicazione delle riforme, e
infine che le poche iniziative prese non avessero successo.
Il successo, sia pur limitato all’esperienza di una riforma agraria nella regione di
Convención, propiziata dai militari durante la loro partecipazione al governo tra il 1962 e il
1963, rafforzò, tra i quadri militari, la convinzione che "la riforma dall'alto" avrebbe potuto
evitare il sorgere di una minaccia alla sicurezza nazionale proveniente dalla mobilitazione
della classe contadina
12
.
Anche le proposte per rafforzare lo Stato peruviano, in modo da far sì che gli
investimenti esteri fossero destinati a servire gli interessi nazionali, erano molto diffuse tra
le maggiori forze politiche e tuttavia la loro attuazione era stata sempre rinviata. Quasi tutti
gli osservatori politici ed economici nel Paese avevano da tempo segnalato l'urgente
necessità di rafforzare le anemiche strutture pubbliche del Paese; pur tuttavia, a metà degli
anni Sessanta, il sistema di esazione tributaria si basava solo sull'efficacia del sistema
bancario privato, che, naturalmente, per tale servizio, pretendeva forti provvigioni dallo
Stato.
12
Dirk Kruijt: "La revolución por decreto". Lima, Mosca azul editores, 1989.
José García Salazar, 1974: "Discurso-memoria del presidente de la Corte Suprema". El peruano. Lima, 19
de marzo.
12
Durante gli anni Sessanta gli investimenti dello Stato peruviano erano più bassi,
proporzionalmente, di quelli di qualsiasi altro paese latino-americano e in questi anni il
Perù si affrettò a rilasciare concessioni a investitori esteri nei settori minerari, petroliferi e
manifatturieri e fu proprio l’incapacità del Presidente Belaunde di risolvere la controversia
con la International Petroleum Company, affiliata della Standard Oil del New Jersey, che
era nata per mettere fine a un anomalo sistema di ingiusta deroga alla legislazione
peruviana a favore della stessa International Petroleum Company, che costituì il simbolo
della dipendenza esterna.
Per alcuni di questi problemi, alcuni timidi progressi si erano verificati nel corso del
governo Belaunde. Tuttavia nel 1968 si era pervenuti a una situazione di stallo su diversi
punti con un profondo e generalizzato senso di frustrazione. Una delle principali cause
delle difficoltà era radicata nel potere del Parlamento di opporsi a qualsiasi cambio o
rinnovamento, e nell'influenza preponderante che, in tale istituzione, esercitavano i
rappresentanti degli interessi oligarchici tradizionali.
Un elemento di debolezza era costituito dall'incompetenza dei quadri ministeriali del
governo Belaunde: ciò era emerso ad esempio dall'incerta e contraddittoria gestione
dell'affaire della International Petroleum Company.
A questo genere di difficoltà i militari seppero dare fin da subito risposte immediate.
Il decisionismo del Governo Militare
Il nucleo programmatico dei militari di Velasco, condensato nel primo proclama del 3
ottobre 1968 e poi sviluppato nel successivo documento provvisorio di pianificazione
elaborato nei tre mesi successivi alla data del golpe, in sintesi contemplava l'adozione di
misure e di piani di governo che già facevano parte dei principali partiti peruviani, Acción
Popular, APRA e Partito democristiano.
Quindi non fu tanto l'originalità dei loro programmi che richiamò l'attenzione (con
eccezione dell'esperienza di cogestione e autogestione), bensì la loro capacità di mettere in
pratica idee già concepite
13
.
Ad esempio, a pochi giorni di distanza dal golpe, e cioè il 9 ottobre 1968, i leader
militari annunciarono alla popolazione l'espropriazione di tutti i beni della International
Petroleum Company ltd., controllata dalla Standard Oil of New Jersey, e l'occupazione
13
Abraham F. Lowenthal: "El Experimento Peruano Reconsiderado". In: "El Gobierno Militar. Una
Experiencia Peruana, 1968-1980". Lima: ed. IEP, 1985.
13
manu militari dei giacimenti e della raffineria di Talara. Il 4 ottobre avevano già dichiarato
nulli i contratti sottoscritti dal precedente Governo con la stessa International Petroleum
Company. Un problema che i politici civili peruviani non erano stati capaci di affrontare
durante un'intera generazione venne, così liquidato in pochi giorni dall'avvento al potere
dei militari.
Le Forze Armate agirono con altrettanta decisione in altri settori, anche se dovettero
lasciar passare un certo tempo affinché si formasse il necessario consenso interno
14
. Nel
giugno del 1969 decisero di varare un'importante riforma agraria. Con notevole audacia,
essi incominciarono dalle ricche aziende della costa, produttrici di zucchero. Nel corso dei
cinque anni tale riforma si estese rapidamente sino a diventare uno dei processi di
mutamento più estesi dell'emisfero.
Già nel 1973 le Forze Armate avevano messo in pratica gran parte dei programmi
annunciati nel 1968
15
e nel 1975 l'esperienza peruviana era giunta a un punto tale, per cui
alcuni autorevoli leaders militari temevano che avrebbe potuto rappresentare una seria
minaccia per gli interessi istituzionali dell'organizzazione militare. In quegli anni si
registrarono alcuni cambiamenti di tendenza ad opera degli stessi militari e del loro leader
Velasco (tanto prima come dopo la sua destituzione). Tuttavia il processo riformatore non
si arrestò, né vennero distrutte le sue principali conquiste.
Nel 1980, quando militari lasciarono il potere, gran parte del loro programma di azione
poteva considerarsi realizzato. Il sistema di proprietà della terra era stato sostanzialmente e
permanentemente modificato
16
.
Benché l'apparato pubblico fosse aumentato a un ritmo più rilevante di quanto in realtà
potesse essere amministrato, si era raggiunto l'obiettivo di rafforzare lo Stato. La
pianificazione nazionale era stata istituzionalizzata. Altrettanto si può affermare circa
l'incremento del numero dei cittadini partecipanti attivamente alla vita politica come
riflesso della crescita dell'elettorato attivo a seguito della decisione dei militari di estendere
il voto agli analfabeti. Analogamente si era ampliato il numero ed il potere delle
organizzazioni per mezzo delle quali i peruviani potevano tutelare i rispettivi interessi, cioè
cooperative, sindacati e organizzazioni comunali.
14
David Scott Palmer: "Peru: The Authoritarian Tradition". Praeger Publishers, N.Y. 1980. Pag. 102-103.
15
Abraham F. Lowenthal: "Peru's Ambiguos Revolution", 52 Foreign Affairs 4 (luglio 1974).
16
Abraham Lowenthal: "El Experimento Peruano Reconsiderado". Ibid.
14
Sebbene durante tale periodo non sia stato in grado di superare la dipendenza estera,
agli effetti dei rapporti internazionali, il Paese seppe mantenere statura nazionale, dignità e
fiducia in se stesso
17
.
Se una gestione governativa dovesse essere valutata in base al numero di decreti legge,
decreti, risoluzioni e altre fattispecie di norme imperative, il Governo rivoluzionario delle
Forze Armate meriterebbe la più alta distinzione. Infatti nel periodo che va dall'ottobre del
1904 a quello del 1968, furono promulgati 17.062 leggi con una media di 266 per anno, ma
durante i dodici anni durante i quali la Giunta Militare governò il Paese, l'attività legislativa
raggiunse una media di 513 decreti legge all'anno.
In questo delirante affanno legislativo, in questa ricerca utopica di conseguire un futuro
in cui il benessere degli sventurati e degli umili si sarebbe potuto raggiungere attraverso
una serie di misure imposte da un potere superiore, venne ricercato un cammino nuovo,
alternativo a quelli contrapposti di comunismo e capitalismo.
Ci si avventurò nell'applicazione di misure destinate a rimpiazzare o sostituire la
gestione individuale della proprietà (espressione concreta della proprietà privata
tradizionale), con altri modelli quali l'autogestione e la cogestione, che implicavano una
forma di proprietà collettiva. Si adottarono modelli diversi di gestione della proprietà,
alcuni enfatizzanti il ruolo dello Stato e altri, collettivistici, con effetti che causarono
profonde trasformazioni nella vita economica e sociale del Paese.
17
Lowenthal, Ibid.
15
Capitolo 1 STORIA POLITICA DEL PERÙ
18
Storia politica
La storia politica del Perù ha inizio con il denominato Impero Incaico, benché la
denotazione storica sia tuttora oggetto di studi.
L'attività economica di maggior spicco era l'agricoltura, del tipo definito da Wittfogel
come cultura agraria fondata su un potere politico autocratico-burocratico e su un'ideologia
religiosa strutturata sulla predizione del governante. I sistemi di irrigazione e le strade
costituivano i cardini produttivi.
La conquista spagnola, favorita dalle strade già costruite, fu intrapresa da Francisco
Pizarro nel 1526 e durò venticinque anni, concludendosi con l’instaurazione del Vicereame
che chiuse una parentesi di guerre tra gli stessi conquistadores. Intorno alla metà del
Settecento la riorganizzazione imperiale del Perù si sfaldò, seguì quella della Nueva
Guinea e quella de Rio de la Plata che contribuirono a diminuire l’importanza
amministrativa di Lima.
In base a una serie di decisioni di politica commerciale fu sottratto a Lima il dominio
commerciale sull'altipiano dell'alto Perù e quello delle zone commerciali dell'interno della
regione di Rio de la Plata. L'offensiva commerciale di Buenos Aires aveva la meglio anche
in Cile, anche se non in modo così completo, soprattutto perché nonostante la perdita del
commercio dell'alto Perù fosse grave, come grande centro argentifero, rimase sempre il più
importante dell'America meridionale spagnola. Di fatto tali perdite trovarono senza dubbio
anche un compenso che consistette in un aumento considerevole della produzione
dell'argento al sud delle terre del basso Perù .
Le miniere d'argento (e d'oro nella zona di Puno), con una estrazione per il valore di
circa quattro milioni di pesos all'anno, continuarono a essere la base dell'economia e del
commercio d'oltremare peruviani.
18
I dati riportati in questo capitolo sono stati tratti, in forma sintetica, dalle opere dei seguenti autori:
Tulio Halperin Donghi: Storia dell'America Latina. Piccola biblioteca Enaudi. Giulio Enaudi ed., 1968 e
1972.
Francisco García Calderón: El Perú Contemporáneo.
Jorge Basadre: Historia de la República del Perú. Tomo IX Ed. Historia. Lima, 1964.
José Carlos Mariátegui: Siete Ensayos de Interpretación de la Realidad peruana.
Victor Andrés Belaunde: La Realidad Nacional.
Aníbal Ismodes Cairo: Sociología del Perú.
Martínez de la Torre: Apuntes para una interpretación marxista de la Historia Social del Perú.
Eudocio Ravines: El Camino de Yenan.
16
La sierra meridionale, più grande e massiccia di quella settentrionale, fu il grande centro
della popolazione indigena peruviana con la città di Cuzco, già capitale degli Inca. Essa era
formata da città agricole, che avevano la funzione di rifornire di risorse di prima necessità i
centri urbani, e dai quei centri urbani in cui si svolgeva un tipo di commercio che seguiva
le oscillazioni della produzione mineraria, un’agricoltura di consumo basata sul mais e la
patata e un allevamento. Inoltre, la produzione delle città agricole della sierra meridionale
doveva soddisfare le esigenze di una classe di signori spagnoli, di una classe di indigeni e
ancor più dell’apparato politico ed ecclesiastico che vivevano quasi esclusivamente della
terra.
La popolazione era costituita da poco più di un milione di abitanti, dei quali il 60%
erano indiani, il 24% meticci e il 4% schiavi negri.
I limiti territoriali del vicereame peruviano soffocavano il commercio di Lima, abituato
a muoversi in un ambito più vasto e costretto, ora, ancor più che nel passato, a spartire
molto disegualmente i suoi guadagni con il commercio della madrepatria di cui fu
intermediario (in Perù, come in tutta l'America spagnola, quasi tutto il denaro trovò in
modo esageratamente facile la strada della madrepatria).
L’agricoltura, come principale fonte di ricchezza, venne sostituita dallo sfruttamento
minerario e dal commercio, e, spezzandosi l'equilibrio tra città e campagna, con
predominio delle zone urbane, i valori culturali furono modificati su modelli europeizzanti.
La cosmovisione dell'uomo latino-americano, con tutta la sua valenza magico-religiosa, fu
alterata in modo sostanziale e la conquista si trasduceva in una frustrazione dello sviluppo
autonomo della cultura latino-americana
19
.
La conquista provocò un immediato spopolamento a causa di una nuova malattia, fino
ad allora sconosciuta agli aborigeni, il vaiolo; fu fomentata la tratta degli schiavi negri,
obbligati a lavorare come minatori sfruttati dai conquistadores.
Meticci, zambos e mulatti andarono ad aggiungere il proprio contingente umano alla
razza dominante europea e alla sua discendenza nata in America, designata con il nome di
"criolla".
La dominazione degli spagnoli durò tre secoli, fino al 1821. In Perù, i giudizi sull'effetto
della loro presenza sono piuttosto polemici e dividono i peruviani in ispanisti e indigenisti.
Si tratta di posizioni estreme, riflesso di nostalgie del passato spesso manipolate a scopi
politici dalla Repubblica per individuare conservatori e rivoluzionari.
19
Grace Atlas, ecc.
17
Il Vicereame ha avuto effetti sociali e politici permanenti che ancora oggi fanno sentire
la propria influenza.
Alcuni di questi effetti hanno contribuito a migliorare le condizioni del residente
peruviano, altri ne hanno sminuito il modo di agire, per esempio, la religione cattolica é
stata la base dell'integrazione di indî e meticci nella cultura occidentale; la lingua
castigliana ha aperto loro la porta della comunicazione universale; il regime
amministrativo ha diviso il Paese in modo gerarchico; la giustizia si é forgiata sul modello
spagnolo; le abitudini e i costumi di un'importante fetta di popolazione si sono
occidentalizzati e sono state abbandonate pratiche non molto discoste dalla brutalità; si
sono costruite città ed é nata la prima luce democratica. A carico della conquista bisogna
annoverare il prestigio dell'autoritarismo non solo politico, ma anche sociale; il
conquistador e la sua discendenza hanno costituito una specie di riflesso ritardato delle
cattive abitudini feudali introdotte in Spagna dalla Reconquista, trasferite in America e
quindi in Perù; si fece strada una società urbanizzata che trascurò la popolazione aborigena
e si impossessò delle principali risorse.
In questo modo si smantellò la società su schemi diversi rispetto a quelli validi per la
storia asiatica o dell'Europa del Medioevo.
Le razze sono state la causa dell'organizzazione pseudo-feudale quali il possesso della
terra, il latifondismo, i titoli nobiliari della Corona con una prevalenza della nobiltà di toga
sulla nobiltà di spada, estenuata alla fine della Conquista. La segmentazione feudataria si
sarebbe mantenuta molto forte nei primi anni della Repubblica e molte caratteristiche
sarebbero ricomparse nella stratificazione classista del secolo, approfondendo
ulteriormente l'opposizione tra le classi e rendendo imprescindibili riforme sociali radicali.
Nel 1968 si pensò di poter risolvere il problema attaccando le basi economiche. I fatti
hanno invece dimostrato, con un plateale fallimento, l'inconsistenza di tale tesi. Le
decisioni, frutto di una concezione feudataria della società, ricomparvero non appena si
presentò l'occasione propizia, e il conflitto razziale non fu solo etnico ma anche culturale, il
ché costituì un ostacolo alla definizione di un'identità nazionale. Parte della responsabilità,
in questo senso, va attribuita alla Repubblica che non si mosse socialmente perdendosi in
retoriche aride.
18
La crisi dell'indipendenza
Nell'agosto 1820 José de San Martín, a capo di poco più di quattromila soldati, partiva
da Buenos Aires per liberare il Perù. Le sue forze erano insufficienti per vincere i ventimila
soldati dell'esercito regio, ma San Martín intendeva utilizzarle per accelerare la
disgregazione del vecchio traballante regime coloniale. Contava sulle difficoltà crescenti
della guerra e sui disagi provocati dal blocco per indebolire la lealtà dei grandi signori
creoli della costa verso il sovrano. Una volta apertosi il cammino, era disposto a sfruttare il
malcontento sempre presente negli indiani della sierra. L'aristocrazia peruviana avrebbe
potuto esser conquistata alla causa patriottica anche per questa via, nella misura in cui
avesse scorto nella rapida vittoria degli argentini e dei cileni un ostacolo al diffondersi
dell'agitazione indigena fomentata dai due opposti schieramenti.
Le prime fasi di questa cauta conquista ebbero successo. Allo sbarco a Pisco si
accompagnò una sollevazione spontanea a Guayaquil e quindi seguì una rivolta a Trujillo e
in quasi tutto il Perú settentrionale, il cui intendente -il marchese da Torre Tagle, un ricco
creolo nominato in base alla nuova politica adottata dagli spagnoli- passò dalla parte dei
rivoluzionari. Nel sud la campagna della sierra teneva in stato d'allarme la retroguardia di
Lima; agli inizi del 1821, il generale in capo, legittimista, La Serna rovesciava il viceré
Pezuela e, approfittando dell'avvento in Spagna dei costituzionalisti iniziava trattative con
San Martín. I due generali si accordarono per la costituzione di un Perú indipendente e
monarchico. Il progetto non fu accettato dagli ufficiali monarchici, ma in seguito
all'indebolimento per logoramento e per l'inazione dell'esercito regio, i patrioti, in luglio,
riuscivano a occupare la capitale peruviana. Venne costituito un governo autonomo in Perú
con San Martín, come protettore. Tale governo si dimostrò il più conservatore di tutti
quelli formatisi nella atmosfera di ostilità alla politica radicale imperante dopo il 1815. Le
posizioni conservatrici riflettevano le idee del protettore del Perù e soprattutto tendevano
con tutte le forze a guadagnarsi l'appoggio dell'aristocrazia di Lima, necessario per
consolidare il nuovo ordinamento. I fatti dimostrarono ben presto l'opportunità di tale
cautela. I legittimisti erano ancora padroni di Callao. Nella sierra proseguivano le
operazioni, ugualmente logoranti per i legittimisti e per i liberatori. Il progetto originario di
liberazione del Perú risultava di difficile attuazione per le insufficienze militari degli
invasori, i quali, però, contavano di superarle grazie agli appoggi locali. Ma anche se,
all'inizio, erano riusciti a indebolire la capacità di resistenza dei legittimisti, gli aiuti
dell'elemento locale erano stati e continuavano a essere inadeguati: nel 1822 non si
intravedeva ancora la fine dell'impresa peruviana, a meno di ricevere nuovi rinforzi esterni.
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Gli aiuti potevano giungere solo da settentrione, ove Simón Bolívar aveva già terminato
la parte essenziale della sua opera liberatrice. Risultato immediato dell'aiuto richiesto da
San Martín fu l'incontro tra i due liberatori a Guayaquil nel luglio 1822. Il fatto che San
Martín venisse accolto come ospite dal presidente colombiano in una città che il Perù
considerava sua, era di per sé un indice del rapporto delle forze in gioco. Non è noto il
contenuto delle conversazioni, salvo per le versioni fornite posteriormente e da parte
interessata, ma è chiaro il risultato. San Martín, dopo aver dichiarato di esser disposto a
continuare la guerra sotto il comando di Bolívar, annunciò la decisione di ritirarsi dal Perú,
condizione posta da Bolívar per la sua cooperazione. La situazione era totalmente cambiata
rispetto al 1817: Bolívar, e non San Martín, poteva contare sulle risorse di uno stato
organizzato.
Bolívar, nel 1823, fu in grado di entrare in Perú, dove trovò la rivoluzione in sfacelo. La
costituente del 1822 aveva subito accolto le dimissioni di San Martín e aveva eletto un
triunvirato: in dicembre proclamava la repubblica e sconfessava le trattative iniziate in
Europa per trovare un re da insediare sul trono peruviano. La guerra non veniva condotta
con eguale energia e, a febbraio, la guarnigione di Lima imponeva José de la Riva Agüero
come presidente della repubblica. Era questi un aristocratico della capitale che fin dagli
inizi si era schierato per la causa della rivoluzione. Riva Agüero organizzò la lotta con
maggior energia ma non con maggior successo dei suoi predecessori, e allorché, in seguito
a una serie di sconfitte, Lima venne abbandonata momentaneamente, il parlamento lo
destituì approfittando della presenza di Sucre, alla testa di un esercito colombiano.
L'aristocratico di Lima, nominatosi maresciallo durante la sua breve permanenza al
governo, riparò a Trujillo, il fortilizio rivoluzionario del settentrione. Il parlamento riunito
a Lima, sotto minaccia, proclamò presidente il marchese di Torre Tagle e sollecitò
vivamente Bolívar ad accorrere personalmente in Perù, il quale giunse a Lima per ricevere
il titolo di Liberatore a pieni poteri militari e civili fino alla conclusione della guerra. Il
parlamento gli concesse tutti i poteri e si dedicò alla redazione di una costituzione
straordinariamente liberale: ma questa, proclamata nel novembre 1823, non venne mai
applicata.
Bolívar trovò in Perù una situazione ancora più grave di quanto appariva dal rapporto
delle forze militari. La debolezza della rivoluzione di Lima, nata tardi e sotto lo stimolo
brutale dell'invasione argentino - cilena, metteva in forse la sua sorte futura. Da Trujillo,
Riva Agüero conduceva trattative con Bolívar e anche con i legittimisti, e a questi ultimi
proponeva la costituzione di un Perù indipendente, sotto un re della casa dei Borbone