Introduzione
2
Operare una scelta tra le due forme organizzative alternative è un
operazione piuttosto complessa. Nel corso del lavoro si utilizzerà una teoria
che fornisce al lettore alcuni criteri di selezione: la teoria dei costi di
transazione di O.E. Williamson
4
.
L’obiettivo di questa tesi di laurea è quello di offrire un quadro quanto più
completo possibile del dibattito tuttora aperto su riviste, monografie e
convegni, e di dare un contributo in termini di riflessioni sul fenomeno
dell’outsourcing in generale (prima parte) e dell’IT in particolare (seconda
parte). Nella terza parte si descrive un caso aziendale che contiene delle
considerazioni conclusive, espressione e frutto dell’esperienza accumulata
durante lo sviluppo del presente studio.
Questa parte introduttiva ha lo scopo specifico di descrivere brevemente
come il cambiamento degli scenari competitivi e delle strategie ha
4
O.E. Williamson, la cui formazione universitaria è prevalentemente tecnica (Ingegnere al MIT),
sviluppa il proprio interesse verso i problemi economici e, soprattutto, organizzativi attraverso una
serie di esperienze di lavoro, presso istituzioni governative e di ricerca che operano per le grandi
corporation americane. Nel 1966 inizia a lavorare con la Commissione Antitrust ed entra in
contatto con i teorici dell’analisi economica del diritto. Tale esperienza indirizzerà largamente il
suo interesse verso gli aspetti contrattuali nelle questioni di organizzazione industriale ed
economica in generale. Nell’articolo “The Vertical Integration of Production: Market Failure
Consideration” (1971) sviluppa alcune delle sue maggiori intuizioni: la costosità della
contrattazione, l’importanza degli investimenti in risorse specifiche per porre in essere un
contratto. Queste considerazioni confluiscono nella teoria dei costi di transazione che è contenuta
nel suo libro del 1975, “Markets and Hierarchies: Analisys and Antitrust Implications” (Free
Introduzione
3
modificato nel tempo, i rapporti di fornitura tra le imprese. Il passaggio
dalla gerarchia alle reti d’imprese e, di riflesso, la problematica
dell’outsoucing di IT non possono essere considerati senza un’analisi del
cambiamento nel modo di porsi delle imprese verso l’ambiente esterno.
Si può semplificare l’analisi dell’evoluzione della strategia organizzativa
considerando due variabili: “l’organizzazione interna e il rapporto con
l’ambiente esterno”
5
.
• L’organizzazione interna può essere orientata al prodotto o al processo.
- L’orientamento al prodotto si basa sulla parcellizzazione dei compiti per
funzioni aziendali, con attività standardizzate in procedure formali
controllate da specifici sistemi; in breve l’organizzazione è funzionale alla
realizzazione del prodotto.
- Nell’orientamento al processo
6
, l’attenzione è incentrata sulla qualità dei
processi produttivi; pertanto i membri dell’organizzazione condividono
cultura ed informazioni, in una struttura meno parcellizzata e gerarchica,
orientata al gruppo.
Press) che costituisce la sua opera fondamentale. Ora, O.E.Williamson é professore nella Yale Law
School of Organization and Management.
5
Merli G. “Comakership” ISEDI [1990], pag. 13.
Introduzione
4
• Il rapporto con l’ambiente esterno può essere orientato al mercato o alle
operazioni.
- Un’azienda orientata al mercato coglie direttamente da questo le proprie
opportunità di business: in base a ciò pianifica e organizza le proprie
risorse.
- Nell’orientamento alle operazioni il punto di vista è ribaltato; infatti in
questo caso il business aziendale ruota attorno alle risorse che si trovano già
all’interno, sostanzialmente know how tecnologico e di prodotto.
La combinazione delle due macrovariabili (organizzazione interna e
rapporto con fattori esterni) può essere sintetizzata in una matrice, quale
quella qui di seguito presentata, che individua quattro modelli organizzativi
diversi, che rappresentano altrettanti modi diversi di intendere il rapporto
cliente/fornitore .
6
Un processo è “un insieme di attività che richiede uno o più input e crea un output che ha valore
per il cliente” . Hammer- Champy “ Ripensare l’azienda” - Spealing & Kupfler [1995], pag. 41.
Introduzione
5
figura.1. MATRICE ORGANIZZAZIONE/RAPPORTO CON IL MERCATO.
Fonte: Merli G. Ibidem, op. cit. pag. 12
Il modello “Burocratico”, quello contrassegnato dalla lettera A, individua
l’azienda di stampo tayloristico operativa fino agli anni ‘50-‘60
7
, dove sono
riconosciuti come elementi costitutivi del business unicamente il prodotto e
7
Tuttavia non manca una corrente di pensiero che ritiene ancora attuale tale modello di impresa.
Tali autori parlano di “taylorismo democratico” e aggiornano la concezione tayloristica del
processo produttivo mediante il “coinvolgimento attivo e intelligente degli operai nel
miglioramento di un regime produttivo”. In sostanza, si riconosce l’importanza delle piccole
innovazioni che possono essere introdotte dai lavoratori all’interno del ciclo produttivo che rimane,
però, fondamentalmente standardizzato e uniforme. Vedi: Bonazzi G. “Taylor si, ma
democratico”, in “Il Sole 24 Ore” (quotidiano) del 28 aprile 94.
Introduzione
6
la tecnologia. Obiettivo specifico è quello di rendere possibile l’acquisto dei
beni prodotti a fasce sempre più ampie di consumatori, quindi, priorità
indiscussa è la “febbrile” riduzione dei costi ottenuta mediante
l’organizzazione scientifica del lavoro, ossia la standardizzazione e
scomposizione estrema delle funzioni. L’azienda è integrata verticalmente e
il ricorso a forniture esterne avviene solo per materiali di commercio
standardizzati. La politica degli approvvigionamenti è orientata a spuntare
prezzi bassi “schiacciando” il fornitore con la propria forza contrattuale.
Alla fine degli anni ‘60, inizi degli anni ‘70 viene meno il presupposto della
teoria organizzativa precedente: la prevedibilità dei fattori ambientali. Il
quadrante di riferimento è quello contrassegnato dalla lettera B (modello
“Marketing”). Il mercato presenta segni di saturazione e maggiore
turbolenza, sicché per le aziende è sempre più difficile cogliere delle
opportunità di business; ne deriva l’intensa attività di marketing di questo
periodo. La struttura gerarchica (caratteristica del periodo precedente)
“scricchiola” sotto il peso dell’esigenza di diversificare i prodotti.
L’organizzazione necessita di una maggiore autonomia dei centri periferici
a diretto contatto con il mercato. Nascono, così, le divisioni e le linee di
Introduzione
7
prodotto, secondo un’ottica di mercato interno
8
. Inizia un timido processo
di esternalizzazione di quelle fasi produttive che possono introdurre fattori
di disturbo. Tuttavia, le politiche di approvvigionamento sono
sostanzialmente le stesse della fase precedente; infatti queste sono orientate
a mantenere alta la competitività tra il numero di fornitori, per lo più piccoli
e incapaci di fronteggiare la forza contrattuale delle grandi corporation.
Le aziende quadrante B, entrano in crisi quando il mercato si addentra nella
fase di maturità, dove le scelte di consumo sono influenzate fortemente
dalla qualità dei prodotti. Nel modello “Miglioramento dei processi”
(quadrante C) fine anni ‘70, predominanza assoluta acquistano le imprese
giapponesi, che considerano un obiettivo strategico la “qualità”, intesa in
senso dinamico e come fattore immanente in ogni processo aziendale.
Priorità assoluta è, dunque, la gestione ottimale dei processi
9
. Tale
“rivoluzione qualitativa” non risparmia, certo, i rapporti con i fornitori. La
logica, infatti, è quella di esternalizzare il più possibile, ma nell’ottica di
8
Operare in ottica di mercato interno significa adottare, per quanto possibile, meccanismi di
“prezzi di trasferimento” che costituiscono “indici di ricavo per la divisione fornitrice e indici di
costo per la divisione acquirente”. Fontana F. - “Il sistema organizzativo aziendale” -
FrancoAngeli - [1993], pag.136.
9
“[...] il processo, oltre ad essere l’essenza dell’unità organizzativa, ne è anche l’aspetto prioritario
e quindi la cosa più importante. Il focus del management deve allocarsi sui processi”. Galgano A -
“La qualità totale” - Il Sole 24 Libri - [1990], pag. 116.
Introduzione
8
condivisione del business e, quindi, corresponsabilità di fornitori e clienti
nella gestione dello stesso. Tutto ciò comporta una forte esigenza di
integrazione operativa (lungo l’intera catena produttiva) ottenuta mediante
meccanismi di Just In Time (JIT)
10
. Tale approccio non rende possibile
l’intrattenimento di rapporti di fornitura con un vasto numero
d’interlocutori, che diminuiscono sensibilmente. Il predominio delle aziende
giapponesi spazza via definitivamente l’idea di “grande impresa industriale
moderna”
11
il cui concetto di eccellenza organizzativa si identificava con
quello della superiorità degli assetti organizzativi verticalmente integrati o
diversificati merceologicamente. Nascono nuovi modelli intermedi tra
gerarchia e mercato: le reti di imprese
12
. Il concetto di confine organizzativo
aziendale diviene così labile che si afferma, di forza, il concetto di “azienda
senza confini”
13
.
10
“Nell’approccio di innovazione organizzativa il JIT viene guardato come una “filosofia
aziendale” tendente al miglioramento dell’efficienza della produzione attraverso le leve:
• la lotta indiscriminata agli sprechi;
• il miglioramento continuo dei processi esistenti;”
Chiacchierini E. - “Tecnologia e produzione” - Ed. Kappa [1993], pag.367.
11
Vaccà S. in Bazzigaluppi G - “Tecnologia, organizzazione e società” - FrancoAngeli - [1992],
pag 117.
12
Butera F. “Il castello e la rete” - FrancoAngeli - [1990].
13
Barney J.B. e Ouchi W.G. “Organizational Economics” - J.B.Publishers - [1990].
Introduzione
9
In estrema sintesi, tale forma organizzativa si compone di un’unità centrale
e di una o più unità periferiche legate le une alle altre da “rapporti”. Tali
rapporti possono consistere in: relazioni, accordi, alleanze
14
.
Tale scenario porta all’ultimo quadrante che individua l’azienda “Mercato
interiore” che sintetizza il modello occidentale (forte orientamento al
marketing) e quello giapponese (forte orientamento alla qualità dei
processi). Lo scenario competitivo odierno e “futuribile” si allontana da
quelli relativi agli altri quadranti; i mercati sono globali e caratterizzati da
una forte complessità ambientale che comporta la ricerca di fattori critici di
successo, come la gestione del tempo (time to market
15
). Tutto ciò ridisegna
le caratteristiche della produttività e della competitività spostandone il
fulcro dall’interno (saper fare - gerarchia) all’esterno (saper acquisire -
mercato). Fattore distintivo dal modello precedente è l’integrazione
tecnologica: cliente e fornitore sviluppano congiuntamente i prodotti/servizi
ognuno mettendo a disposizione la propria tecnologia esclusiva.
14
Lorenzoni P. “Accordi, reti e vantaggio competitivo” - EtasLibri - [1990].
15
Peters T “Al di là dell’eccellenza” - FrancoAngeli - [1988].
Introduzione
10
Parte Prima:
---
La grande impresa in transizione
dalla gerarchia al mercato.
Capitolo Primo.
“La teoria dei costi di transazione e crisi dell’economia classica”.
Premessa.
Questo primo capitolo ha lo scopo di fare il punto all’interno del dibattito
sulle alternative di “make or buy”, valide per l’IT e non, mediante la
trattazione del modello dei costi di transazione. Ciò è necessario per
raggiungere due obiettivi:
• capire le motivazioni economiche alla base delle decisioni di outsourcing
di una funzione aziendale;
• interpretare il passaggio dalla gerarchia al mercato.
La struttura logica del capitolo si sviluppa secondo il seguente percorso:
H.Simon, mediante la sua critica serrata, mette in discussione il principio di
razionalità assoluta, “dogma” degli economisti classici. Alle conclusioni di
Simon si riallacciano gli economisti istituzionali
16
. Questi si pongono i
seguenti quesiti: perché le aziende in parte realizzano in proprio alcune
attività e in parte ricorrono a contratti di fornitura (mercato)? Produrre
tutto internamente (gerarchia) è un’alternativa efficiente? Si vedrà che a
tali quesiti hanno risposto due teorie antagoniste: la teoria classica e,
appunto, la teoria istituzionale con la “prospettiva gerarchia/mercato” di
O.E. Williamson.
16
“Le istituzioni sono le forme strutturali-organizzative in cui si articolano le attività umane”
Cracchi - Bianchi M. “Istituzioni e neoistituzionalismo” , in L’Industria (Il Mulino - Periodici) n°1
Parte I Cap.1: La teoria dei costi di transazione e crisi dell’economia classica.
12
1-1. H.Simon e la razionalità limitata: crisi del
paradigma classico.
H.Simon in una delle sue prime opere “Il comportamento amministrativo”,
si colloca in una tendenza più ampia di critiche mosse nei confronti del
modello economico classico
17
. Quest’ultimo considera gli individui come
esseri razionali in grado di decidere senza essere influenzati da agenti
emotivi come bisogni, ansietà e paure. La logica delle scelte umane è
tipicamente individualistica, in un contesto sociale caratterizzato
dall’elevata competizione tra gli individui per la sopravvivenza, il successo
e il potere. In sostanza, primeggia il concetto di “homo economicus”,
capace, in ambito decisionale, di scegliere sistematicamente l’alternativa
ottimale confacente ai propri obiettivi. E’ proprio tale concezione dell’uomo
che induce gli economisti classici ad affermare che gli uomini sono sempre,
o generalmente, razionali.
1995, pag. 185. Commons, Coase e O.E. Williamson, i maggiori rappresentanti di questo filone di
pensiero, utilizzano come sinonimi i termini “istituzione”, “organizzazione” e “gerarchia”.
17
Gli “economisti classici” vengono individuati mediante il criterio temporale considerando il
“periodo dalla pubblicazione della ricchezza delle nazioni di Adam Smith (1776) a quella dei
Principii di J.S.Mill (1848)”. Gli economisti appartenenti a questo periodo sono definiti “classici”.
Dasgupta A.K. “La teoria economica da Smith a Keynes” - Il Mulino - [1987], pag.23.
Parte I Cap.1: La teoria dei costi di transazione e crisi dell’economia classica.
13
Non esiste, secondo questi autori, la necessità di determinare l’assetto
organizzativo efficiente dell’impresa, in quanto il concetto prevalente è
quello di “armonia”, che si manifesta in modo naturale per effetto dei
“benefici” apportati dalla ricerca dell’interesse personale. Infatti: “Ogni
individuo si sforza continuamente di trovare l’impiego più vantaggioso
possibile per qualunque capitale di cui possa disporre. In effetti, è al suo
proprio vantaggio che egli mira e non a quello della società. Ma la
considerazione del suo proprio vantaggio lo porta naturalmente, o meglio
necessariamente, a preferire l’impiego più vantaggioso per la società”
18
.
Questa forza immanente viene definita come “mano invisibile”
19
.
Pertanto, l’ipotesi organizzativa classica tralascia, in toto, quelli che sono i
fattori psicologici degli individui ed è proprio per questo motivo che un
autore quale F.W.Taylor, definito “classico” insieme a H.Fayol nell’ambito
della teoria organizzativa
20
, pone come obiettivo essenziale quello di
individuare la sequenza dei movimenti e le procedure che devono essere
svolte da ciascun lavoratore, con la convinzione che sia possibile
18
Smith A. in O’Brien D.P. “Gli economisti classici” - Il Mulino - [1984] pag. 55
19
O’Brien D.P Ibidem, pag. 65.
Parte I Cap.1: La teoria dei costi di transazione e crisi dell’economia classica.
14
determinare l’unico ciclo di operazioni capace di portare al massimo
risultato (one best way). Taylor, rispettando il concetto di armonia, nega (a
livello teorico) la possibilità di attriti tra lavoratori e imprenditori, in quanto
con la razionale organizzazione del lavoro è possibile raggiungere migliori
livelli di produttività consentendo, da un lato, l’aumento dei salari e,
dall’altro, la massimizzazione del profitto per l’imprenditore. Conseguenza
di tale costrutto è la semplificazione della vita sociale al punto di trattare le
organizzazioni come la somma di una molteplicità di individui
compiutamente razionali e motivati al lavoro soltanto da incentivi
economici.
H.Simon inizia la sua critica rovesciando completamente il paradigma
classico, attaccando il concetto di razionalità assoluta. L’autore definisce un
comportamento razionale “ogni scelta di quelle alternative che si ritengono
mezzi adatti al raggiungimento dei fini voluti”
21
o la costruzione di catene
fine-mezzo di questo tipo, qualora il fine ultimo venga raggiunto
gradualmente mediante obiettivi intermedi.
20
Il parallelismo qui instaurato tra gli economisti classici da un lato, e il pensiero di Taylor e Fayol
dall’altro, deve intendersi nella condivisione da parte di questi autori del concetto di razionalità
assoluta dei lavoratori e imprenditori.
21
Simon H.A. “Il comportamento amministrativo” - Il Mulino - [1967] pag. 121.
Parte I Cap.1: La teoria dei costi di transazione e crisi dell’economia classica.
15
“L’uomo amministrativo”, che Simon contrappone all’homo economicus
classico, è caratterizzato da un comportamento intenzionalmente ma
limitatamente razionale
22
, in quanto è incapace di porre in essere
validamente catene fine-mezzo del tipo suddetto.
Le motivazioni che rendono impossibile un comportamento oggettivamente
razionale sono da ritrovarsi innanzitutto nella capacità limitata della mente
umana di valutare le infinite conseguenze delle proprie scelte, in quanto
“finite” sono le informazioni a cui questa può accedere. Ancora più ardua
risulta la scelta della migliore alternativa tra tutte quelle possibili, pertanto,
la mente umana in un processo decisionale deve forzatamente far ricorso a
modelli drasticamente semplificati della realtà pervenendo così, non già a
soluzioni ottimali, come nel modello classico, ma semplicemente
soddisfacenti.
22
Simon H.A. Ibidem, pag. 125.