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che ci provoca, ma sempre dal punto di vista globale, cioŁ dal punto di vista
delle conseguenze sui lavoratori e sull azienda della leadership, e non dal punto
di vista di chi esercita una modalit di leadership rispetto ad un altra e di come si
comporta per ottenere i suoi risultati.
E indubbio, infatti, che il tipo di leadership esercitata dipende fortemente dal
contesto in cui si muove l azienda (ambiente stabile o instabile, bassa o alta
tecnologia, ecc.), ma dipende anche dal singolo dirigente porre in atto dei
comportamenti idonei e far si che si ottenga da lui ci che gli viene richiesto.
Partendo da queste considerazioni Ł nata la seguente ricerca, volta ad analizzare
l utilizzo del tempo da parte dei dirigenti, per vedere le conseguenze che provoca
un mal utilizzo del tempo stesso, dal punto di vista organizzativo e personale e
dal punto di vista psicologico.
Scopo di questa ricerca Ł analizzare il modo di rapportarsi con il lavoro, la
ripartizione del tempo nel corso della giornata lavorativa, e le conseguenze che
ci genera nei dirigenti, cervelli pensanti di ogni azienda e proprio per questo
soggetti privilegiati della ricerca.
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1.2 OBIETTIVI
L obiettivo principale sar quello di rendere evidente l importanza di uno studio
del genere in ogni contesto organizzativo, non come una-tantum , ma come una
risorsa strategica da utilizzare al pari delle altre risorse.
Partendo dall ipotesi che il tempo sia mal distribuito tra gli impegni, lo scopo
finale sar quello di individuare delle modalit di risparmio del tempo o di
riconversione del tempo sprecato, cioŁ di acquisire la capacit di ottimizzare il
proprio tempo lavorativo mediante una migliore formazione al ruolo, una
migliore gestione e responsabilizzazione delle risorse (anche con l uso dello
strumento della delega ), una migliore comunicazione aziendale e una migliore
capacit di organizzazione personale.
Obiettivo secondario, ma non per questo di minor importanza, sar di mettere in
evidenza le correlazioni tra tempo di lavoro e tempo libero e tra stress e malattie
psicosomatiche. Integrando le parti nel tutto, vedremo quanto Ł importante un
equilibrio psichico adeguato per la vita sociale e lavorativa, e quanto questo
equilibrio dipenda proprio dai comportamenti adottati dai singoli e dalla capacit
di programmare il proprio tempo.
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1.3 METODOLOGIA E STRUTTURA DEL LAVORO
La metodologia adottata Ł estremamente semplice, poichØ questo lavoro non
vuole avere la pretesa di essere esaustivo, ma vuole solo essere un campanello
d allarme per chi si riconosce nelle situazioni critiche che saranno descritte, con
la sola pretesa di aver raccolto vari contributi e averli uniti in una sintesi la piø
completa possibile.
Nel secondo capitolo sar fatta un analisi della letteratura, per vedere come, nel
tempo, si Ł evoluta la figura del capo, come si Ł modificato il suo modo di
rapportarsi con superiori e collaboratori, e cosa si pu fare per essere al passo con
i tempi, per rendere la leadership un valore aggiunto e non solo un dare ordini
gerarchicamente verso il basso.
Si cercher di vedere, inoltre, l importanza della flessibilit e della leadership
situazionale nella conduzione di una moderna azienda e si introdurr l argomento
uso dello strumento della delega .
Saranno descritti, inoltre, alcuni fra i meccanismi di comunicazione primaria e
secondaria che operano all interno di ogni azienda.
Si vedr , poi, l importanza dei valori aziendali e della cultura, intesa come
insieme di regole condivise da parte dei membri dell azienda che permette di
risalire al clima, ai valori aziendali e alle filosofie auspicabili e possibili per
quella data organizzazione.
Saranno affrontati, infine, i vari tipi di leadership e i contesti in cui esse possono
essere piø o meno auspicabili e piø o meno adeguate alla situazione ambientale;
nell ambito dello stile di leadership e dei contesti possibili, saranno esaminate le
differenze che si possono riscontrare tra contesti e stili di conduzione diversi.
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Nel terzo capitolo saranno analizzati alcuni aspetti che trattano di salute mentale
in rapporto al tempo di lavoro, con l analisi di una ricerca sul rapporto tra stress e
lavoro manageriale, e saranno fornite alcune indicazioni operative per
riconoscere i sintomi da stress lavorativo e i possibili rimedi per prevenirlo o
ridurlo.
Gestire lo stress e imparare a combattere e a contenere l ansia dipende molto da
come Ł impostata la programmazione del tempo e da come il manager impara a
leggere ed interpretare i segnali d allarme che il proprio fisico gli manda quando
c Ł un sovraccarico a livello psichico.
Nel quarto capitolo, infine, si vedr come ottimizzare il proprio tempo lavorativo,
partendo dall analisi di una ricerca sull uso del tempo nelle aziende italiane e
individuando delle linee guida per l azione, mediante l uso di alcuni pratici
accorgimenti
Ecco, quindi, che sapersi programmare e ritagliare del tempo diventa una risorsa
eccellente per trovare un giusto equilibrio personale, che si riverser in ogni
ambito e sar motivo di crescita personale e professionale.
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Capitolo secondo EVOLUZIONE ORGANIZZATIVA E
GESTIONE DEL TEMPO
Nel presente capitolo sar fatta una rapida analisi riguardante l evoluzione della
figura dirigenziale e il suo modo diverso di rapportarsi con il lavoro e i
collaboratori.
Questo cambiamento comporta un concetto diverso di leadership, non piø
ancorato a schemi rigidi, ma flessibile e contingente in base alle situazioni e ai
diversi contesti ambientali.
L uso dello strumento della delega diventa fondamentale per una conduzione
aziendale efficace, perchØ permette di motivare e responsabilizzare i collaboratori
e di recuperare delle risorse temporali.
E necessario rendere piø efficaci e trasparenti i meccanismi di comunicazione
aziendale e capire che solo creando e solidificando una cultura d azienda
condivisa si pongono le basi per un rafforzamento stabile dell organizzazione.
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2.1 EVOLUZIONE DELLA FIGURA DEL CAPO
Nel corso degli anni si Ł venuta modificando la figura del capo ed Ł interessante
capire come si sono modificate le percezioni dei capi stesso verso i cambiamenti
sopraggiunti (Riccardi - in Novaga, I sistemi socio-tecnici, 1984).
E opportuno, quindi, fare alcune considerazioni circa le novit introdotte
dall ingresso delle nuove tecnologie, la necessit di cambiare atteggiamento, da
parte dirigenziale, di fronte a tali modifiche strutturali e organizzative e circa la
difficolt di introdurre tale cambiamento per le resistenze incontrate da parte dei
capi. E necessario intervenire con un adeguata formazione al ruolo, per far
capire che tale cambiamento non va subito, ma va vissuto come una modifica
inevitabile delle proprie abitudini tale da divenire un patrimonio personale, una
risorsa strategica da sfruttare per essere professionalmente adeguati.
Oggigiorno i capi intermedi non sono piø tecnici ma gestori di risorse umane.
Una volta il capo diveniva tale se disponeva di un bagaglio di conoscenze
tecnico-professionali superiore agli altri o se aveva fornito prova di fedelt e
attaccamento all organizzazione.
Oggi ci sono diversi mutamenti sostanziali (Elia, Lovadina, Cartoccio, Preda,
1975):
_l ampliamento delle dimensioni aziendali;
_l automazione, che ha reso meno necessaria l esperienza del capo;
_la specializzazione dei compiti: la creazione di organi di consulenza ha
esautorato il capo da alcune sue competenze specifiche.
Oggi il capo deve diventare:
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1. un coordinatore;
2. un utilizzatore di tecnici e di specialisti dei quali si avvale per migliorare il
livello dell efficienza del proprio reparto (Elia, Lovadina, Cartoccio, Preda,
1975);
3. colui che ha la responsabilit di collegare il suo gruppo di lavoro con la
rimanente parte dell organizzazione;
4. il responsabile delle prestazioni di gruppo;
5. colui che non cerca di prendere tutte le decisioni (isolatamente);
6. il cuscinetto che d flessibilit al sistema programmato collocandosi tra la
stesura formale del piano e il concreto adempimento del piano da parte
operaia (Raiteri, 1976).
La vecchia mentalit dei capi fa si che i nuovi comportamenti aziendali nei loro
confronti siano vissuti come abbandono. Ecco allora che scatta un meccanismo di
resistenza al cambiamento da parte dei capi.
Il cambiamento, infatti, trova impreparati la maggior parte dei capi ed Ł
necessario intervenire con un’adeguata formazione professionale al ruolo,
mediante corsi per la gestione delle risorse (ad es.).
Le critiche verso il cambiamento sono riassunte nei modi seguenti (Riccardi,
1984):
1. disorientamento: i quadri vedono i corsi formativi solo come un parcheggio o
come un segnale da parte aziendale per affermare che la loro posizione Ł
superata, senza per dare gli strumenti per cambiare;
2. protesta: perchØ dobbiamo cambiare solo noi? E gli altri ? ;
3. denuncia: il tema dell abbandono Ł quello che ricorre piø spesso;
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4. accettazione formale: rappresenta il dover essere e non la realt ; il
convincimento non investe tutta la persona;
5. sfiducia : verso l azienda, perchØ si teme che dopo tanto baccano tutto resti
come prima, con i quadri lasciati ai loro soliti problemi;
6. accettazione con riserva: in attesa di vedere l evolversi degli eventi.
Il ruolo del capo, dunque, Ł stato messo in discussione da molti fattori. Al giorno
d oggi tale ruolo risulta essere piø fluido, difficile da definire in modo stabile e
univoco. I quadri si sentono capi per nascita (capo naturale), per investitura (della
direzione), capi di mestiere (ruolo tecnico), capi coordinatori (gestori di risorse
umane).
Tali concezioni sono a volte legate a tratti personali e individuali; molto spesso
derivano anche dagli stili di management aziendale, dalla posizione organizzativa
e dalle lavorazioni cui sono preposti.
I capi possono, allora, essere suddivisi in quattro categorie (Riccardi, 1984):
1. sentimentalismo : c Ł connotazione sentimentale, con un legame affettivo
molto forte verso l azienda. Sono persone che si sono trovate di fronte a
fenomeni difficili, un tempo risolti dalle strutture aziendali, e che ora devono
affrontare da soli senza essere preparati. Per lo piø sono capi anziani, con
cultura professionale alta, livello di studi medio e quasi sempre con
un’esperienza monoaziendale significativa;
2. progressismo : sono gi capi di tipo nuovo, per lo piø giovani, che hanno
escogitato aggiustamenti personali non perchØ costretti dagli eventi ma per
convinzione personale. Il livello culturale di solito Ł alto, l esperienza di
lavoro Ł diversificata a livello di settori aziendali e posti di lavoro. Sono le
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persone per le quali l azienda ha investito di piø in formazione reale e che non
sono stati promossi repentinamente sul campo dall oggi al domani;
3. incertezza : sono capi chiusi in se stessi, non abituati a dialogare, ambigui. Di
solito hanno un comportamento alternante seguendo in modo conformistico
l andamento delle cose e non facendo alcun tentativo per influire in un senso o
nell altro. Qui si trovano persone di recente nomina, ma anche un certo
numero di anziani che hanno cercato di stare a galla in tutte le situazioni. Ci
possono essere persone con esperienze diversificate a anche a cultura
monoaziendale. Riescono a sopravvivere nelle piccole battaglie di ogni giorno,
perchØ le evitano, e di fronte a grosse difficolt sono tagliati fuori. Di solito
non sono apprezzati nØ dal vertice nØ dalla base;
4. autoritarismo : capi di vecchia maniera, vecchio stile. Sono per lo piø di
provenienza operaia, il loro settore aziendale Ł quello della produzione. Per il
resto le caratteristiche sono simili a quelle descritte per i sentimentalisti.
Costoro non solo rimpiangono i tempi passati, ma cercano di ripristinarli. Tutti
i dipendenti sono, per loro, dei fannulloni che devono essere controllati o, per
dirla secondo McGregor (1960), sono del tipo X.
Per quanto si pu constatare dai risultati di alcuni interventi formativi e di
sensibilizzazione, i capi, di fronte alle proposte di cambiamento in generale,
hanno dimostrato e mostrano notevoli resistenze (Novaga, 1977). Si ha
l impressione che, forse per il ruolo ricoperto in passato o per la mancanza di
una preparazione culturale allargata in alcuni, l assunzione di nuovi modelli sia
di difficile attuazione per il capo intermedio oggi, specialmente per quelli che
sono stati descritti nelle categorie sentimentalismo , autoritarismo e
incertezza . Molte di queste difficolt sono dovute anche a responsabilit delle
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aziende, le quali non hanno pensato per tempo che il ruolo andava evolvendosi.
La causa principale di queste difficolt Ł il senso di isolamento percepito dai capi
all interno delle aziende, che si manifesta in due direzioni : dal vertice e dalla
base. Il rischio Ł che questo isolamento lasci in libert forze estremamente
reattive e motivate negativamente sia nei confronti dell azienda che nei confronti
della base operaia. La fascia intermedia potrebbe quindi svolgere la funzione di
terzo incomodo, tra base e vertici aziendali, ritardando o vanificando ogni sforzo
di soluzione positiva dei problemi di lavoro.
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2.2 LA LEADERSHIP SITUAZIONALE E LA GESTIONE DEL
TEMPO MEDIANTE LO STRUMENTO DELLA DELEGA
Ancora oggi Ł troppo in voga, indipendentemente dal contesto o dal tipo di
lavorazione dell azienda, una visione a piramide della struttura societaria, in cui
il manager Ł posto in cima e tutti gli impiegati stanno giø, nella base. In mezzo ci
sono diversi livelli di management.
In un azienda moderna, aggressiva e concorrenziale, Ł invece preferibile ed
auspicabile adottare una visione piø dinamica dell organizzazione aziendale, in
cui capovolgere la piramide, in modo che i manager si trovino giø, alla base.
Quando questo succede si verifica un sottile ma potente rovesciamento di ruoli e
di responsabilit . I manager, cioŁ, cominciano a lavorare per i propri dipendenti,
e non viceversa. Se il manager, infatti, comincia a pensare che i dipendenti siano
responsabili e che a lui tocca semplicemente fornire delle risposte, si trover a
lavorare sodo per metterli in condizione di raggiungere i risultati concordati.
Capir cos che il suo compito non consiste nello sbrigare personalmente tutto il
lavoro, o in alternativa nel sorvegliare i dipendenti affinchØ non commettano
qualche errore. Si tratta invece di tirarsi su le maniche e di aiutarli a vincere,
perchØ, se vincono loro, ha vinto anche lui.
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Significativa Ł, a questo proposito, l esperienza di una grande azienda di servizi
italiana che, a met degli anni 90, ha lanciato la sfida a se stessa per ottenere la
certificazione di qualit ISO 9001. Enorme Ł stato lo sforzo, negli anni precedenti
la richiesta di certificazione, per passare da una cultura monopolistica e statica ad
un approccio dinamico e pluralistico, aperto alle novit e basato sulla qualit
totale, che ha investito e rovesciato come un calzino tutta l azienda stessa, dai
vertici massimi fino all ultimo impiegato periferico.
Un passo importante Ł stato di creare, all interno dell azienda, dei gruppi di
lavoro, con l incarico di redigere delle istruzioni operative, delle norme tecniche
e operative e delle modalit di comportamento; lavoro questo che, delegato per
anni agli alti vertici dell azienda o comunque a personale non direttamente
operativo relativamente a ci che stava facendo, aveva, da sempre, prodotto
risultati non adeguati alla dinamicit aziendale tipica degli ultimi anni.
Ecco quindi che si Ł creata, con il rovesciamento della piramide, la condizione
ideale per ottenere un lavoro efficace ed efficiente, coinvolgendo in questi gruppi
di lavoro il personale di base, quel personale, cioŁ, che proprio perchØ a contatto
giornaliero con il lavoro operativo e con le esigenze ad esso connesso, piø di ogni
altro Ł competente a descriverne le modalit di esecuzione.
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Inoltre non Ł trascurabile l aspetto motivazionale che tali iniziative suscitano nel
personale interessato da questi progetti, in quanto le persone, responsabilizzate in
prima persona, si dedicano anima e corpo per l ottenimento del risultato.
Caratteristica comune del manager deve allora essere la capacit di saper
individuare tra i suoi collaboratori quelli che hanno piø o meno bisogno di aiuto
per intraprendere tale cammino.
Essenziale diventa allora la capacit di un leader di non essere strategicamente
statico, ma di saper usare una leadership situazionale, cioŁ usare tattiche diverse
per persone diverse.
Per un sacco di tempo si Ł pensato che ci fossero solo due stili di leadership,
quelli chiamati democratico e autoritario.
I manager democratici erano accusati di essere troppo morbidi e di poche pretese,
e i loro oppositori autoritari di essere troppo duri e oppressivi.
Un manager completo, invece, non deve ridursi in uno di questi due estremi, ma
deve essere flessibile, usando differenti stili di leadership per differenti
situazioni.
Esistono quattro fondamentali stili di leadership, che sono (Blanchard K.,
Zigarmi P., Zigarmi D., 1987):
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STILE 1 : DIRIGERE
Il leader fornisce direttamente istruzioni specifiche e controlla
strettamente le fasi di esecuzione.
STILE 2 : ADDESTRARE
Il leader continua a dirigere e a controllare, ma spiega anche il perchØ
delle sue decisioni, sollecita suggerimenti e incoraggia a compiere progressi.
STILE 3 : SOSTENERE
Il leader facilita e sostiene gli sforzi dei dipendenti verso la meta e divide
con loro la responsabilit delle decisioni.
STILE 4 : DELEGARE
Il leader delega ai dipendenti la responsabilit di ogni decisione e lascia
che risolvano da soli qualsiasi problema.
Questi quattro stili sono una combinazione dei due fondamentali comportamenti
che un manager deve essere in grado di adottare quando vuole influenzare gli
altri: il comportamento direttivo e il comportamento di sostegno (Blanchard K.,
Zigarmi P., Zigarmi D:, 1987).