of Information Act (FOIA), avrebbe chiesto la sua completa declassificazione,
completata solo nel dicembre 2006.
Ma perchè l’FBI di J. Edgar Hoover impiegò uomini e numerose risorse per tenere
sotto controllo un musicista e pacifista di fama mondiale, che cercava solo di esprimere
liberamente le proprie opinioni sulla guerra del Vietnam e sui problemi sociali? Per
quali motivi la musica rock e in particolare le canzoni di John Lennon divennero una
minaccia politica diretta nei confronti del governo degli Stati Uniti? Cosa è stato tenuto
nascosto per così tanto tempo nel dossier relativo a John Lennon, da non rilasciarlo
completamente fino a poco tempo fa adducendo addirittura motivi di sicurezza
nazionale? Quale fu il contesto sociale, politico e culturale che fece da sfondo allo
“scontro” tra John Lennon e la Casa Bianca? Infine, gli Stati Uniti di quegli anni
potevano essere considerati veramente una democrazia a tutti gli effetti, quando i limiti
nell’esercizio del potere venivano superati continuamente e la cultura del segreto ne
diventava una delle caratteristiche principali?
Ho cercato di dare una risposta, seppure parziale, a ciascuna di queste domande
nelle pagine che seguono. Ho utilizzato diversi tipi di fonti per la mia ricerca: saggi
storici, biografie, articoli, documentari, film, canzoni e siti Internet. Numerose sono
state anche le fonti originali consultate, in particolare: i documenti relativi al dossier
dell’FBI su John Lennon, le memorie del cantante inglese raccolte nella sua
autobiografia, le sue canzoni più impegnate e il recente documentario di David Leaf e di
John Scheinfeld U.S.A. contro John Lennon presentato alla Mostra di Venezia nel
2006. Ho diviso il mio elaborato in tre parti. Nel primo capitolo sarà descritto il contesto
sociale, culturale e politico degli anni ’60 e dei primi anni ’70, ossia lo sfondo davanti a
cui avvenne lo scontro tra John Lennon ed il governo degli Sati Uniti. Saranno
evidenziati da una parte i grandi cambiamenti avvenuti in quel periodo, in campo
sociale, culturale, musicale e degli stili di vita, dall’altro la “reazione” del sistema a tali
sconvolgimenti, in particolar modo dopo l’elezione di Richard Nixon. Verrà inoltre
dedicata un’attenzione particolare alla contestazione popolare e giovanile alla guerra del
Vietnam e ai tentativi di repressione attuati dall’establishment. Questa prima parte si
chiuderà infine con lo scandalo del Watergate e la fine dell’età di Nixon.
Nel secondo capitolo invece si parlerà dettagliatamente di John Lennon. Partendo
dalla musica di protesta americana dei primi anni ‘60, si giungerà a parlare della vita e
della carriera artistica di John Lennon: dagli esordi al successo con i Beatles, fino alla
carriera da solista e alla tragica fine. Sarà esaminato in modo specifico il periodo in cui
2
John Lennon andò a vivere a New York insieme alla moglie Joko Ono. Si cercherà
soprattutto di mettere in evidenza l’aspetto politico e sociale delle canzoni e delle
attività pacifiste e di protesta di John Lennon, che dovette lottare strenuamente contro il
governo degli Sati Uniti per continuare a svolgere liberamente la propria attività
artistica e per poter esprimere le proprie idee. Infatti, considerato un “ospite
indesiderato” dalla Casa Bianca, dal 1971 John Lennon cominciò sia ad essere oggetto
di indagini da parte dell’FBI per ordine delle più alte cariche politiche, sia ad essere
vittima allo stesso tempo anche di una sorta di complotto ordito dall’Immigration and
Naturalization Service (INS) per espellerlo definitivamente dagli Stati Uniti. Per questa
parte, come detto, mi è stato prezioso l’utilizzo del recente documentario U.S.A contro
John Lennon, ricco di interviste ai protagonisti di quel periodo e d’immagini riguardanti
John Lennon.Infine, nel terzo ed ultimo capitolo, verrà narrata la lunga storia del
rilascio dei documenti del dossier relativo a John Lennon, avvenuta gradualmente nel
corso degli anni grazie all’azione legale indetta dal professor Jon Wiener contro l’FBI.
Egli stesso l’ha poi narrata nel libro Dimmi la verità
2
in cui ha descritto
dettagliatamente i fatti del procedimento legale e in cui ha pubblicato il dossier
dell’FBI. Questa ultima parte dell’elaborato si basa in gran parte sul libro di Jon Wiener
e sugli ultimi dieci documenti del dossier declassificati solo nel dicembre 2006.Questo
mio lavoro non sarebbe stato possibile senza la disponibilità e l’aiuto del professore
Marco Sioli, che voglio ringraziare perchè mi ha permesso di lavorare su un tema che
mi stava particolarmente a cuore. Infatti, grazie a questa ricerca, ho potuto approfondire
uno degli argomenti a cui tengo di più: la canzone impegnata di protesta negli Stati
Uniti tra gli anni ’60 e ’70. Io credo infatti che la musica sia un mezzo potentissimo per
diffondere messaggi, anche politici, su scala globale, cosa che spaventò molto anche il
governo degli Stati Uniti, come si vedrà nel periodo storico qui esaminato. Infatti i testi
delle canzoni possono diffondere velocemente e facilmente idee politiche o di pace,
desideri di cambiamento e anche sogni, magari utopici, di una società migliore,
sublimandoli artisticamente in maniera spesso perfetta, come nel celeberrimo caso della
canzone Imagine di Joh Lennon.
Desidero infine dedicare questo mio lavoro ai miei fantastici genitori: Maria Grazia
e Antonio. Grazie per il vostro insostituibile affetto e supporto.
2
Wiener, Jon, Dimmi la verità. Il dossier dell’FBI su John Lennon, Selene Edizioni, Milano, 2002.
3
CAPITOLO I
L’età di Nixon
“We had private morality but not a sense of public morality. Instead of applying our
private morality to public affairs, we accepted the President’s standards of political
behaviour, and the results were tragic for him and for us”.
(Job Stuart Magruder
3
)
3
Cit. in Porter, William Earl, Assault on the Media: The Nixon Years, Ann Arbor: University of Michigan
Press, 1976, p. 37.
4
1.1 Il contesto sociale e culturale: l’eredità degli anni ‘60
Gli anni ’60 furono nel mondo intero ed in particolar modo negli Stati Uniti un
decennio di grandi cambiamenti sociali e culturali. Questo fu dovuto in gran parte
all’emergere di numerosi movimenti di contestazione verso i valori e i comportamenti
sociali tradizionali e verso le istituzioni. I protagonisti di questo attacco allo status quo,
ereditato dal decennio precedente, furono numerosi: il movimento per i diritti civili, le
organizzazioni degli afroamericani (tra cui le Black Panthers) , i pacifisti, gli studenti, il
movimento femminista, quello dei detenuti e degli indiani, e infine i movimenti per la
liberazione sessuale. Ci fu un “risveglio” collettivo, ora più pacifico, ora più violento,
che a tratti assunse le caratteristiche di una vera e propria rivoluzione contro i detentori
del potere politico, sociale, economico e culturale; come ha scritto Howard Zinn:
Fu una rivolta generale contro i modi di vivere oppressivi e artificiosi, prima di
allora mai messi in discussione. Toccò tutti gli aspetti della vita: il parto,
l’infanzia, l’amore, il sesso, il matrimonio, l’abbigliamento, la musica, l’arte, lo
sport, il linguaggio, l’alimentazione, la casa, la religione, la letteratura, la morte,
la scuola
4
.
All’inizio degli anni ’60 si affermò il movimento per i diritti civili che, composto da
neri e bianchi, lottava contro le discriminazioni razziali verso gli afroamericani, un
problema di portata nazionale dato che essi erano emigrati in massa dal Sud nelle città
del Nord per le trasformazioni subite nel settore agricolo. “We Shall Overcome”
divenne l’inno di tutto il movimento, il cui leader carismatico era il pastore battista
Martin Luther King
5
, che diffondeva messaggi incentrati sull’amore, la fratellanza e la
nonviolenza, suscitando simpatie in una grande parte della popolazione. Straordinaria fu
la marcia su Washington del 28 agosto 1963 dove circa 250.000 persone, di cui almeno
60.000 bianche, si radunarono per sollecitare il Congresso ad approvare il Civil Rights
Act
6
; la più grande manifestazione per i diritti civili che la storia statunitense avesse
4
Zinn, Howard, Storia del popolo americano: dal 1492 a oggi, Il Saggiatore, Milano, 2005, p. 370.
5
A riguardo si veda l’autobiografia Martin Luther, King, I have a dream, a cura di Clayborne Larson,
Mondadori, Milano, 2001.
6
Il Civil Rights Act sarà firmato dal presidente Johnson nel luglio 1964. Esso riaffermerà il diritto di voto
per tutti, proibirà la segregazione e la discriminazione nella distribuzione di fondi nell’ambito dei
programmi federali ed istituirà la Equal Employment Opportunity Commision.
5
mai visto fu incoronata dal celeberrimo discorso “I have a dream” di King, voce morale
della nazione, pronunciato sui gradini del Lincoln Memorial.
Ma non tutti gli afroamericani credevano alle parole di King e ai suoi metodi
pacifici. Poichè però le condizioni di fondo non cambiavano, prime tra tutte il razzismo
e la povertà, molti neri si avvicinarono alle idee più radicali di Malcolm X, leader
carismatico di fede musulmana che criticava le tattiche pacifiche e l’ideale
dell’integrazione del movimento di King. Malcolm X
7
era uno dei portavoci più
eloquenti del “Black Power”: i neri non dovevano fidarsi del paternalismo dei bianchi,
ma dovevano usare anche la forza per ottenere l’uguaglianza effettiva.
Nonostante la morte di Malcolm X (21 febbraio 1965), la sua influenza crebbe
soprattutto sugli afroamericani urbani e i giovani radicali. Nel 1966 Stockely
Carmichael fondò il Black Power Movement, ispirato al pensiero di Malcolm X, mentre
a Oakland, in California veniva creato il Black Panther Party (BPP) da Huey P. Newton
e Bobby Seale. Nel programma, suddiviso in dieci punti, non si parlava soltanto degli
obiettivi da raggiungere, come l’occupazione e la costruzione di abitazioni dignitose,
ma anche dei mezzi da impiegare: da quel momento in poi i neri si sarebbero dovuti
difendere dagli attacchi della polizia, anche usando armi (che in base al Secondo
Emendamento della Costituzione Americana tutti possono possedere)
8
e avrebbero
dovuto essere allo stesso tempo l’avanguardia di un’eventuale rivoluzione socialista
negli U.S.A.
La disoccupazione, il sovraffollamento dei ghetti, la povertà e la frustrazione per il
razzismo dei bianchi portarono in quegli anni anche a molti episodi di sommosse nei
ghetti di numerose grandi città: nel 1965 scoppiarono i gravissimi disordini nel ghetto
nero di Watts a Los Angeles, tra il 1966 e la “hot summer” del 1967 si sollevarono i
ghetti di Chicago, Cleveland, Newark, Detroit, San Francisco e ci furono altri episodi di
violenza in molte altre città. Centinaia furono i morti e migliaia gli arresti, ma i tumulti
erano serviti almeno a far emergere realtà urbane prima dimenticate; addirittura in
alcune metropoli sembrava che coesistessero due società separate e diseguali, una
bianca e l’altra nera.
7
A riguardo si veda l’autobiografia Malcolm X, Haley Alex, Autobiografia di Malcolm X, Rizzoli,
Milano, 2004.
8
Punto VII del programma del BPP, ottobre 1966. Si veda Bertella Farnetti, Paolo, Pantere nere: storia e
mito del Black Panther Party, Shake, Milano, 1995.
6
Negli anni ’60 fu protagonista anche il movimento studentesco, formato per lo più
da figli del baby boom del dopoguerra, di classe media, bianchi e con accesso
all’istruzione secondaria. Questi giovani cominciarono a ribellarsi ai modelli imposti
dalla società creata dai loro genitori, fondata essenzialmente sulla gerarchia e la
deferenza, sul conformismo e il patriottismo: “Alcuni si dedicarono ad attività politiche
radicali, ma molti di più adottarono nuovi comportamenti sul piano sessuale, musicale e
dell’abbigliamento”
9
. Nel 1962 fu pubblicato il manifesto degli Students for a
Democratic Society (SDS) in cui “si denunciava l’iniquità sociale ed economica, si
condannavano il senso di isolamento e l’estraneazione prodotta dalla società
contemporanea e si prospettava un sistema migliore, basato sulla responsabilità
individuale in una democrazia partecipativa”
10
. Anche se questo manifesto divenne
anche la bandiera della New Left, è riduttivo identificare la rivolta giovanile con la New
Left, che invece comprese una molteplicità di organizzazioni.
La prima ribellione studentesca si ebbe nel settembre 1964 a Berkeley, in California,
dove si formò il “movimento per la libertà di parola”: gli studenti, al motto “diffida di
chi ha più di trent’anni”, occuparono l’università in risposta della proibizione di
distribuire materiale politico fuori dai cancelli del campus e contro gli arresti di alcuni
giovani. Nel 1965 la protesta studentesca, organizzata dall’SDS, dilagò in molte altre
università: si criticavano i metodi disciplinari usati, si chiedeva un maggior
coinvolgimento nel processo decisionale universitario, si rivendicava una riforma dei
programmi di studio e l’apertura alle minoranze etniche. Iniziò così anche ad affermarsi
la protesta contro la guerra nel Vietnam
11
, che avrebbe finito per simboleggiare tutti gli
aspetti negativi della società americana. Uno degli episodi più gravi si verificò nel 1968
alla Columbia University, dove la polizia intervenne duramente contro gli studenti che
l’avevano occupata, provocando 150 feriti e arrestando 700 giovani.
Nel corso del decennio esaminato, la ribellione dei giovani s’intrecciò spesso con il
movimento per i diritti civili: alcuni simpatizzarono solamente con la lotta degli
afroamericani, altri parteciparono attivamente aderendo ai Freedom Rides, anche se con
l’affermarsi del Black Power la presenza dei bianchi nelle organizzazioni dei neri fu
sempre meno tollerata. Tra le principali conseguenze dell’attivismo studentesco ci fu la
diffusione nelle università dello scetticismo verso le istituzioni e del radicalismo
9
Vezzosi, Elisabetta, Mosaico americano: società e cultura negli U.S.A. contemporanei, Carocci, Roma,
2005, p. 53.
10
Ibid.
11
Tema che sarà approfondito nel sottocapitolo 1.2
7
politico, quest’ultimo “sostanzialmente pluralista, amorfo ed estremamente stratificato,
per cui le classificazioni risultano discutibili e le definizioni incerte”
12
.
Tutti gli anni ’60 furono contraddistinti inoltre dalla presenza della controcultura,
caratterizzata sia da una forte carica di ribellione giovanile, sia da una cultura alta adulta
che s’ispirò ai nuovi modelli culturali. Elisabetta Vezzosi ha descritto così la
controcultura tipica di quegli anni:
La controcultura giovanile nacque dal rifiuto degli elementi autoritari,
conservatori, puritani, talvolta violenti della cultura tradizionale per dar spazio ai
valori del pacifismo, dell’egualitarismo e della libera sessualità. I suoi aderenti
vedevano in una società fondata sulla natura piuttosto che sul progresso
tecnologico la chiave di volta per un futuro non alienato. La musica, l’uso di
droghe psichedeliche, l’adozione di stili di abbigliamento profondamente diversi,
la popolarità delle religioni orientali, i tentativi di vivere in comunità furono
altrettanti modi per sfidare il mondo della razionalità che li circondava
13
.
I sociologi Daniel Foss e Ralph Larkin hanno individuato tre fasi del movimento
giovanile: la prima tra il 1960 e il 1965, guidata dalla “vecchia” New Left e dal
movimento per la libertà di parola di Barkely; la seconda, tra il 1965 e il 1967, fu la fase
hippy, in cui la ribellione si basò principalmente su musica, sesso, droghe e misticismo;
la terza corrispose con l’emergere di una nuova New Left nel 1967 che cercava uno
scontro rivoluzionario nelle strade delle città
14
. Occorre sottolineare però che, salvo rari
casi, la New Left americana non abbracciava nessuna delle ideologie del socialismo
storico
15
, ma si caratterizzava sostanzialmente per l’accento posto sulla non violenza e
sull’opposizione alla guerra del Vietnam.
Le parole chiave per i giovani degli anni ’60 erano: armonia, solidarietà, pace,
natura, amore e comunità. Molti furono i cantanti folk e rock che rispecchiavano questi
valori e che divennero i miti della controcultura giovanile: il “menestrello” Bob Dylan,
i Beatles, i Rolling Stones, Jimi Hendrix (unico idolo afroamericano della controcultura
della seconda metà degli anni Sessanta), Janis Joplin e Jim Morrison dei Doors.
12
Mammarella, Giuseppe, Storia degli Stati Uniti dal 1945 a oggi, Laterza, Roma, 1992, p. 340.
13
Vezzosi, Elisabetta, Mosaico americano, op. cit., p. 52.
14
Cit. in Vezzosi, Elisabetta, Mosaico americano, op. cit., p. 86.
15
Anche perchè, dopo il periodo maccartista e la proibizione per legge del Partito comunista americano
nel 1954, gli aderenti si erano ridotti a poche migliaia, schedati e sorvegliati dall’FBI di J. Edgar Hoover.
8
L’evento-icona più importante della controcultura giovanile fu il festival rock di
Woodstock, dove nell’agosto del 1969 circa 400.000 persone si riunirono per ballare,
cantare, esprimere liberamente la propria sessualità e consumare droghe.
Negli anni ’60 ci fu anche una forte presa di coscienza da parte delle donne
americane: cominciarono a uscire riviste, giornali e libri sulla storia del femminismo. Le
donne si battevano per l’uguaglianza nel lavoro e per il diritto ad abortire, ottenendo dei
risultati molto buoni: per esempio nel 1967 fu vietata la discriminazione sessuale nei
luoghi di lavoro collegati all’amministrazione federale.
Ci furono anche numerose rivolte nelle prigioni, per la differenza di trattamento tra
ricchi e poveri, per il razzismo diffuso e l’antagonismo tra i detenuti. Anche i nativi
americani iniziarono a farsi sentire per far sopravvivere la propria cultura: uscirono
libri, giornali ed i primi film dalla parte dei nativi. L’episodio più drammatico fu
l’occupazione di Alcatraz (novembre 1969) da parte di seicento indiani, per protestare
contro il trattamento subito dai bianchi nel corso della storia americana.
In conclusione, gli anni ’60 furono un periodo di grandi cambiamenti, in cui la gente
iniziò a prendere coscienza dei propri mezzi e a protestare contro il ceto dirigente.
L’ondata di tumulti spaventò la parte conservatrice dell’America, che cercò con ogni
mezzo di contenere i dissidenti: il sistema oscillò, ma non crollò. La reazione della
“maggioranza silenziosa”, che non aveva partecipato al rinnovamento del decennio,
avrebbe portato poco dopo all’elezione del repubblicano Richard Nixon che, a partire
dal 1968, avrebbe fomentato un inasprimento della repressione nei confronti dei
dissidenti che avrebbe raggiunto un livello altissimo, superando abbondantemente i
limiti previsti da un sistema democratico e violando in molti casi i diritti civili e politici
dei cittadini, protetti dalla Costituzione e dalle leggi.
1.2 L’ascesa di Richard Nixon
Richard Milhous Nixon nacque il 9 gennaio 1913 in un paesino californiano di
nome Yorba Linda. Nato in una famiglia dalle condizioni economiche modeste, si
laureò in giurisprudenza alla Duke University School, specializzandosi in diritto
costituzionale e scienze politiche. Nel 1940 aprì uno studio legale nella sua città natale e
si sposò. Nel 1942 Nixon si traferì a Washington, dove venne assunto presso un ufficio
governativo. Grazie alle conoscenze e agli incontri nella capitale, capì ben presto di
avere buone possibilità d’intraprendere una carriera politica brillante, ma, proprio per
9
agevolare questo sogno, si dovette arruolare in Marina, combattendo nel Pacifico nel
corso del Secondo conflitto mondiale.
Nel 1946, dopo essere stato congedato con il grado di capitano di corvetta, l’unità
locale del Partito Repubblicano della California meridionale lo scelse come sfidante del
deputato democratico in carica Jerry Voorlus. Nixon che era pragmatico e realista,
voleva vincere a tutti i costi: ci riuscì, dopo però aver infamato l’immagine pubblica di
Voorlus con l’accusa di comunismo. Quattro anni dopo, l’anticomunismo di Nixon
riemerse in occasione della corsa al Senato: attaccò la concorrente democratica per il
seggio in Senato Helen Gahagan Douglas con l’appellativo di “ dama rosa” e vinse
anche questa volta.
Erano gli anni del Maccartismo: una caccia alle streghe ai danni di tutti coloro che
fossero sospettati di essere comunisti o sovversivi, iniziata nel 1950 dal senatore
repubblicano Joseph R. McCarthy
16
che, mentendo, aveva dichiarato di possedere prove
evidenti della presenza di spie comuniste all’interno dell’apparato statale; egli noltre,
aveva accusato l’amministrazione Truman (democratico) di avere un approccio soft nei
confronti del comunismo. Nixon appoggiò questa caccia ai comunisti, sostenuta anche
dal direttore dell’FBI J. Edgar Hoover, più per opportunismo che per ideologia; la sua
immagine di “paladino” della giustizia crebbe quando incastrò e fece arrestare Hiss, un
importante funzionario del Dipartimento di Stato, con prove inconfutabili della sua
collaborazione con spie sovietiche
17
.
Con l’immagine di uomo efficiente, fermo e incorruttibile, nel 1952 venne scelto
dal generale Eisenhower come suo vice. Nonostante l’accusa montata dalla stampa
avversaria di aver promesso favori in cambio di finanziamenti, Nixon intraprese per otto
anni una brillante carriera diplomatica, viaggiando per tutto il mondo per conto del
presidente Eisenhower. Si recò in Vietnam, dove si convinse che fosse utile sostenere la
Francia contro i Vietnamiti; la sua missione più importante fu però quella di preparare
gli incontri di Camp David tra il presidente americano e Kruscev.
Poichè le condizioni di salute di Eisenhower non erano delle migliori, furono
devoluti più poteri a Nixon, che divenne così il vicepresidente più potente della storia
americana. I risultati ottenuti da Nixon furono così buoni da spalancargli la strada come
16
McCarthy era presidente della Sottocomissione permanente d’indagine della Commissione del Senato
per il controllo delle attività governative.
17
Per questo periodo si veda Cartosio, Bruno, Anni inquieti. Società, media, ideologie negli Stati Uniti da
Truman a Kennedy, Editori Riuniti, Roma, 1992.
10
candidato per il Partito Repubblicano nelle presidenziali del 1961. Ma, per soli
centomila voti, fu sconfitto dal candidato democratico John Fitzgerald Kennedy che
riuscì a riscuotere più simpatie, grazie a una maggior capacità comunicativa e a una
maggiore attenzione posta ai problemi sociali.
Nixon decise così di riprendere l’attività di avvocato in California, ma continuò fino
al 1968 a compiere viaggi per conto proprio in numerosi Paesi, tra cui l’Unione
Sovietica; egli aveva una visione “imperialista” degli Stati Uniti e avrebbe sempre
concentrato i propri sforzi sulle relazioni internazionali tra questi e il resto del mondo.
Nel 1967 conobbe Henry Kissinger a New York. Il primo impatto dello studioso su
Nixon non fu molto positvo; lo descrisse così: “L’uomo più pericoloso, tra i concorrenti,
che possiamo avere come presidente”. Poi ebbe origine la collaborazione tra i due:
Kissinger iniziò a fare il doppio gioco, passando informazioni segrete su Johnson a
Nixon per vincere la campagna elettorale per le elezioni del 1968. Sarà poi scelto da
Nixon come consigliere per la Sicurezza Nazionale.
Il 1968 fu uno degli anni più drammatici della storia nazionale. Il 4 aprile venne
ucciso Martin Luther King mentre era affacciato al balcone della sua camera d’albergo a
Memphis. Già considerato da tempo un “fantoccio al servizio dei comunisti” dal
direttore dell’FBI Edgar Hoover, King era diventato un bersaglio prioritario
dell’Agenzia dopo essersi schierato apertamente contro la guerra del Vietnam. L’FBI
aveva infatti cercato di rovinare la sua reputazione pubblica spiandolo nella vita privata
con mezzi illegali; King aveva ricevuto anche una lettera anonima che lo invitava al
suicidio
18
. Alla notizia della morte del leader afroamericano, seguirono riots e
manifestazioni di protesta nelle principali città, dove ci furono numerosi episodi di
violenza.
Sempre nello stesso anno, ci fu un’altra tragica morte: la sera del 5 giugno, Robert
Kennedy, fratello del defunto presidente, venne assassinato in un albergo di Los
Angeles da Shiran Bishara Shiran, un arabo giordano, per ragioni mai chiarite. Robert
Kennedy stava guadagnando ampi consensi nelle primarie per ottenere la nomination
18
Molte sono le prove a sostegno della tesi che la morte di King fu architettata dall’FBI. Alla notizia
dell’assassinio infatti, gli agenti dell’ufficio di Atalanta festeggiarono. Inoltre, l’FBI cercò di distruggere
il matrimonio di King informando la moglie Coretta dei comportamenti sessuali del marito. Infine,
Hoover aveva deciso di indurre King al suicidio, prima che fossero rivelati i “segreti” della sua vita
privata, non idonea per un sacerdote. Si veda a proposito Gentry, Curt, Il primo poliziotto d’America: da
Roosevelt a Nixon, la vita e i segreti di J. Edgar Hoover, capo dell’FBI, A. Mondadori, Milano, 1996.
11
per il Partito Democratico, “rivendicando il trono in memoria del fratello
19
”. Lo
storico Giuseppe Mammarella ha descritto così la tesissima e drammatica corsa alla
Casa Bianca del 1968:
La campagna elettorale del ’68 fu una delle più drammatiche nella storia degli
Stati Uniti. Su di essa si riflettè la violenza civile e politica che si era manifestata
nel paese negli anni precedenti e che stava raggiungendo livelli critici, nonchè le
frustrazioni e le tensioni accumulatesi attorno alla questione vietnamita
20
.
Adottando una linea politica più moderata e centrista per attrarre i voti della “zona
grigia” dell’elettorato, costituita dagli indecisi, Nixon finì per prevalere sul candidato
democratico Humphrey, vice di Johnson, per soli 300.000 voti ( - 1%). Durante le
primarie aveva promesso che, se fosse stato eletto, avrebbe “finito la guerra ed ottenuto
la pace”, in un contesto in cui tutti convenivano a concludere l’avventura vietnamita con
una soluzione negoziata onorevole. Si parlò anche di un suo “ piano segreto per il
Vietnam” che però non era mai esistito. La “maggioranza silenziosa” del Paese,
conservatrice e provinciale, l’aveva scelto per arginare i tumulti sociali e culturali che
scuotevano il sistema in quegli anni.
Nell’anno dell’elezione del presidente repubblicano Richard Nixon, a riprendere il
sopravvento è l’America della maggioranza silenziosa, quella della provincia
profonda, della classe lavoratrice media, la piccola e piccolissima borghesia
imprenditoriale, categorie che pur rappresentando nei numeri la maggioranza
degli americani, erano rimaste (o si erano volontariamente) escluse dalla rinascita
culturale del paese
21
.
Nixon s’insediò così alla Casa Bianca; per la carica di procuratore generale scelse
l’amico John Mitchell che, come Hoover, era convinto che il “sistema giudiziario
americano soffrisse di un’eccessiva preoccupazione per l’equo trattamento degli
imputati
22
”. Tra i primi a rendere omaggio al nuovo presidente vi fu Hoover che
conosceva bene Nixon, i cui files risalivano al lontano 1939. Nixon avrebbe chiesto
19
Ibid., p. 443.
20
Mammarella, Giuseppe, Storia degli Stati Uniti dal 1945 a oggi, op. cit., p. 365.
21
Assante, Ernesto e Castaldo, Gino, Blues, jazz, rock, pop, Einaudi, Torino, 2004, p. 459.
22
Gentry, Curt, Il primo poliziotto d’America, op. cit., p. 450.
12
periodicamente consigli all’anziano e potentissimo direttore dell’FBI, mettendogli in
cambio a disposizione tutti i fondi necessari per la costruzione del nuovo monumentale
FBI Building
23
.
Nixon decise di avviare una politica internazionale di distensione e di disimpegnarsi
dalla guerra in Vietnam sempre più impopolare, dopo l’escalation scatenata dal
predecessore Johnson. Abbandonata l’idea di vincere militarmente in Vietnam, Nixon
pensò di emulare la strategia del 1953 di Eisenhower che, appena eletto, aveva
minacciato il ricorso alle armi nucleari per smuovere il processo di pace relativo alla
guerra di Corea. Nixon la battezzò la “teoria del pazzo” e, spiegandola a Haldeman,
disse: “Voglio che i Vietnamiti credano che ho raggiunto il punto in cui farei qualsiasi
cosa pur di porre fine alla guerra. Faremo giungere alle loro orecchie che per Dio,
sapete che Nixon è ossessionato dai comunisti. Non riusciamo a fermarlo quando è
arrabbiato e ricordatevi che tiene il dito sul bottone nucleare. Vedrai che Ho Chi Minh
in persona in due giorni sarà a Parigi a chiedere la pace”
24
. Parlerò più in dettaglio della
questione del Vietnam nel sottocapitolo successivo.
Importante a livello internazionale fu anche la scelta nel 1971, quando Nixon
sospese la convertibilità del dollaro, poichè il Paese era nel mezzo di una difficile crisi
monetaria: la fine del gold standard fu dovuto principalmente all’inflazione cronica
prodotta dal deficit di bilancio per le esorbitanti spese militari prodotte dal conflitto
vietnamita.
Per vincere anche le presidenziali del 1972 contro il candidato democratico George
McGovern, Nixon elaborò una grande mossa diplomatica, studiata minuziosamente dal
segretario di Stato Kissinger: l’apertura economica e politica verso la Repubblica
Popolare Cinese. Come ha scritto Mario Del Pero, nell’ottica del realista Kissinger, che
considerava le relazioni internazionali come un sistema bipolare, l’apertura alla Cina era
funzionale ad “evitare un predominio sovietico in Estremo Oriente e a cooptare la Cina
in un’azione congiunta di contenimento regionale dell’Unione Sovietica [...]
25
”. Il
viaggio a Pechino nel febbraio 1972 fu l’azione di politica estera più importante della
sua presidenza: primo presidente a recarsi in Cina, Nixon incontrò Mao Zedong e i due
si accordarono a contrastare l’avanzata nell’Asia orientale di ogni altro Paese
23
Nixon sapeva bene che Hoover era a conoscenza di tutti i suoi segreti e che perciò, per evitare ricatti,
l’avrebbe dovuto trattare con rispetto e diplomazia. Anche l’ex-presidente Johnson consigliò a Nixon,
appena eletto, di tenerselo buono: “Dick, ti accorgerai di non poter fare a meno di Edgar.” Ibid.
24
Karnow, Stanley, Storia della guerra del Vietnam, Biblioteca universale Rizzoli , Milano, 1994, p. 394.
25
Del Pero, Mario, Henry Kissinger e l’ascesa dei neoconservatori: alle origini della politica estera
americana, GLF editori Laterza, Roma; Bari, 2006, p. 83.
13
(l’avvertimento a Mosca era inequivocabile). Wiiliam R. Keylor ha scritto nel suo
recentissimo libro:
Effettivamente, la principale vittima del riavvicinamento cino-statunitense fu
l’Unione Sovietica. “Giocando la carta cinese”, Nixon e Kissinger speravano di
indurre il Cremlino ad assumere un atteggiamento più cooperativo nell’ambito del
controllo delle armi strategiche e della distensione politica in Europa. Anche il
ritiro militare statunitense dal Vietnam, che in quel momento era oggetto dei
negoziati di Parigi, era diretto ad aumentare la pressione su Mosca, liberando
forze militari cinesi dalla regione meridionale per trasferirle lungo la frontiera
sovietica
26
.
Se il “machiavellico” Nixon e il “Metternich d’America” avevano stupito il mondo
già con questa mossa diplomatica, quegli anni sarebbero stati ricordati soprattutto per lo
scandalo del Watergate, scoppiato sei mesi prima della sua rielezione nel novembre
1972 (argomento che sarà trattato alla conclusione di questo capitolo).
1.3 Il Vietnam e la contestazione alla guerra
Dopo la conclusione della Seconda Guerra Mondiale, cominciò nel Vietnam una
lotta per l’indipendenza guidata da Ho Chi-Minh, capo dei comunisti Vietminh, contro
la dominazione francese in Indocina. Questa guerra si concluse nel 1954 con gli accordi
di Ginevra, che stabilirono il ritiro dei Francesi da tutta l’Indocina e la divisione del
Vietnam in due stati: uno comunista di Ho Chi-Minh a Nord, con capitale Hanoi; l’altro
filo-occidentale del cattolico Ngo Dinh Diem a Sud, con capitale Saigon.
L’impegno americano in Vietnam era cominciato già nel 1950, con la decisione del
presidente Truman di aiutare i Francesi a conservare il dominio dell’Indocina: si
credeva così di bloccare l’espansione della Cina comunista verso il Sud-est asiatico.
Alla fine degli anni Cinquanta i consiglieri militari statunitensi al seguito dell’esercito
sud-vietnamita erano diventati 900, mentre le spese militari tra il 1954 e il 1961
ammontavano già a 1.5 miliardi di dollari
27
.
26
Il tema delle relazioni internazionali di quel periodo della Guerra Fredda è complesso e non può qui
essere analizzato in modo completo. Si veda Keylor, William R., Un mondo di nazioni: l’ordine
internazionale dopo il 1945, a cura di Daniela Vignati, Guerini scientifica, Milano, 2007, p. 267.
27
Ibid., p. 249.
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