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Introduzione
Al giorno d’oggi la sopravvivenza delle imprese, in un quadro economico
generale caratterizzato da una crescente complessità si va facendo
sempre più ardua; la crisi economica contingente ha ridotto negli anni
sempre di più il margine di competitività detenuto dalle imprese
appartenenti ad ogni tipologia di settore, portando molte di queste a
limitare il proprio raggio d’azione se non addirittura a scomparire dal
mercato. Per poter quindi gestire un’azienda, in una congiuntura
economica segnata ormai pesantemente da una recessione iniziata nella
metà del 2011, che in Italia ormai perdura da ben sette trimestri, è
necessario orientarsi verso oculate politiche di gestione, che permettano
di ridurre e se possibile eliminare ogni tipologia di “spreco”, con la finalità
di rendere quanto più ampio possibile il seppur piccolo utile di gestione
per poter garantire quantomeno la sopravvivenza delle imprese, cercando
di proiettarsi in un futuro caratterizzato da migliori condizioni economiche
globali.
Il Supply Chain Management rappresenta lo strumento operativo
utilizzato sempre più soventemente da imprese appartenenti ad ogni
fattispecie settoriale per ottenere un miglioramento continuo delle
performance aziendali, tramite una attenta gestione delle scorte lungo
tutta la catena di distribuzione ed un orientamento all’integrazione sempre
crescente di tutte le attività e di tutto il personale coinvolto nel processo di
produzione e/o erogazione di beni e servizi.
Per poter ottenere tali risultati, la supply chain (catena di
distribuzione/fortitura) deve eccellere in una serie di dimensioni tra le
quali, quella che riesce a creare un vantaggio competitivo maggiore e che
permette di poter differenziare i propri prodotti in maniera più netta rispetto
ai propri competitors è la qualità, intesa sia come qualità di processo che
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di prodotto. Questa, deve pervadere ogni aspetto della catena di fornitura
poiché, un errore in una singola fase può ripercuotersi negativamente
sulle restanti, compromettendo così la qualità totale riassunta nell’output
finale della filiera.
Tali concetti e strumenti, inizialmente considerati ed implementati
unicamente da aziende di medio-grande dimensione, con il passare del
tempo si sono fatti strada anche in realtà aziendali di dimensioni più
esigue; oggigiorno infatti, anche le piccole imprese hanno orientato la
propria gestione nella suddetta direzione, perseguendo, in particolar modo
quelle appartenenti al comparto agroalimentare, per la particolare tipologia
di prodotti offerti, il raggiungimento di livelli qualitativi sempre crescenti. La
cooperativa “Nuovo Cilento” qui in esame, rappresenta un’eccellenza nel
settore produttivo oleario nazionale e grazie ad un’attenta osservanza
delle metodologie e delle norme poste in essere nel corso degli anni,
riesce a risentire in maniera ridotta delle difficoltà sistemiche perseguendo
appunto l’eccellenza qualitativa, sia nella gestione dei singoli processi
aziendali interni, che nella realizzazione di prodotti qualitativamente
superiori tesi a generare la piena soddisfazione dei consumatori finali.
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CAPITOLO 1
DALLA LOGISTICA TRADIZIONALE AL SUPPLY CHAIN
MANAGEMENT
1.1 L’evoluzione organizzativa della catena di fornitura
A partire dalla seconda metà degli anni ottanta, si è assistito ad una
profonda trasformazione del mercato globale che ha comportato una
transizione da un’economia industriale di produzione, dove il prezzo di
vendita era determinato dal costo industriale di produzione maggiorato di
un margine di contribuzione, ad un’economia industriale di mercato, dove
il prezzo di vendita invece viene appunto determinato dalle forze presenti
sul mercato stesso. Tutto ciò ha spinto le aziende ad operare in un’ottica
di contrazione dei costi industriali unitari, in modo da poter ottenere un
maggior margine sulla vendita dei prodotti stessi.
Oggi si parla molto di logistica e di Supply Chain Management (SCM),
letteralmente gestione della catena di distribuzione/fornitura, spesso
senza conoscere nel dettaglio il confine di separazione tra questi due
concetti tanto interrelati, quanto comunque caratterizzati da una propria
specifica connotazione. Nei paesi anglofoni i due termini “Logistics” e
“Supply Chain” vengono usati in maniera indifferente, ma in altri paesi tra
cui anche l’Italia si tende a considerare le gestione della supply chain
come uno sviluppo del concetto di logistica.
Quindi se per logistica si intende la “gestione integrata del flusso dei
materiali di un’azienda”, il Supply Chain Management si realizza nel
momento in cui questa “gestione integrata” viene effettuata non in una, ma
in più aziende operanti nella stessa filiera produttiva, coinvolgendo in tal
modo anche i fornitori ed i clienti. In entrambi i casi si tratta di una
gestione integrata di flussi di informazioni e di materiali, ma parlando di
logistica ci si riferisce ad una singola unità aziendale, parlando invece di
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Supply Chain (SC), ci si riferisce alla filiera che comprende una pluralità di
aziende collegate tra loro in uno stesso ciclo logistico.
Dal punto di vista operativo è possibile notare una piena analogia tra i due
metodi di gestione, dato che, anche nel caso della supply chain l’insieme
delle aziende deve essere gestito proprio come se si trattasse di una
singola azienda, finalizzata a rendere più veloce il flusso dei materiali e
complessivamente rendere più efficiente la gestione complessiva, al fine
di fornire un miglioramento concreto nei servizi ed una maggiore
creazione di valore per il cliente finale.
Dal punto di vista organizzativo invece, il confronto tra logistica
tradizionale e Supply Chain Management rimarca maggiori differenze.
L’introduzione della logistica in un’azienda comporta unicamente degli
adattamenti strutturali, mentre, la creazione di un rapporto di SCM tra più
aziende, necessita una pressoché totale redistribuzione di responsabilità,
definizione di sistemi informativi e/o operativi e così via. È inoltre
necessaria la predeterminazione dei criteri di ripartizione dei vantaggi
conseguibili con la nuova organizzazione e lo studio della gestione degli
eventuali rischi che possono generarsi con l’utilizzo del nuovo sistema
gestionale.
La scelta tra una buona gestione logistica e la possibilità di integrarsi con
altre aziende a vari livelli della filiera dipende da una serie di fattori;
quando ad esempio un’azienda troverà conveniente integrarsi
verticalmente con i propri fornitori diretti, probabilmente tenderà a
mantenere con i restanti fornitori un rapporto basato sui principi della
logistica tradizionale. Lo stesso discorso può essere fatto in riguardo al
rapporto con i clienti; sarà conveniente arrivare ad una gestione della
supply chain solamente con clienti di notevoli dimensioni o comunque
ritenuti strategici, mentre con gli altri sarà “sufficiente” attrezzarsi a fornire
loro il prodotto quando lo vogliono e come lo vogliono, muovendosi ancora
una volta secondo i principi della logistica tradizionale.
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In molte aziende quindi vengono messe in atto contemporaneamente
entrambe le politiche di gestione del flusso dei materiali e delle
informazioni, ognuna delle quali indirizzata ad un particolare segmento di
fornitori e clienti. Tra il concetto di logistica e gestione della supply chain vi
è quindi una serie di interrelazioni, ma se considerate dal punto di vista
organizzativo, si tratta di concetti a se stanti seppure complementari tra
loro.
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1.2 Il Supply Chain Management
Il Supply Chain Management con il passare degli anni ha iniziato a
ricevere un’attenzione da parte dei manager, dei ricercatori e dei
consulenti aziendali sempre crescente. L’opera intitolata “Supply Chain
Management: Logistics cathes un with strategy” realizzata da Oliver e
Weber nel 1982, viene da molti considerata come la pubblicazione
apripista riguardante il tema del SCM. In quest’ opera, “ la gestione della
catena di fornitura” veniva sviluppata in riguardo a tecniche di riduzione
delle scorte all’interno di aziende facenti parti della stessa filiera
produttiva.
A partire da questo concetto si è articolata una vasta gamma di
pubblicazioni sul tema, che ha generato un’ampia proliferazione di
definizioni. Da questa vasta gamma, è comunque possibile delineare un
comune riferimento a quelle che sono le due principali aree di attività a
partire dalle quali il SCM si è sviluppato, che sono:
L’approvvigionamento e la gestione dei fornitori;
La logistica.
Molti autori convengono nel ritenere che l’integrazione tra queste due aree
di attività crei quello che appunto viene definito come Supply Chain
Management, tanto che, è possibile affermare che lo stesso sia pervaso
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Marini G., Logistica e Supply Chain Management, IPSOA, Milano, 2011, p. 5 e ss.
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da due anime: la prima più concentrata sulle relazioni a monte tra
l’impresa e la rete dei fornitori, la seconda invece, maggiormente attenta
alle relazioni a valle della catena del valore
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in merito ai sistemi di
distribuzione e ai rapporti con i clienti finali. In tal modo, è possibile vedere
il SCM da due differenti prospettive a seconda del punto di osservazione:
la prospettiva “a monte” e quella “a valle”.
Seguendo la prima prospettiva, il SCM è sinonimo di “integrazione con i
fornitori” e può essere visto come un’evoluzione delle modalità tradizionali
di gestione delle funzioni di approvvigionamento e di acquisto; le imprese
non considerano più i fornitori come “nemici”, ma come partner con i quali
perseguire obiettivi comuni, quali ad esempio:
l’incremento della produttività;
la riduzione delle scorte;
la riduzione del tempo del ciclo di produzione;
l’aumento della soddisfazione dei clienti, etc.
Seguendo tale prospettiva il SCM si rifà quindi a concetti quali, la
subfornitura snella o lean supply e il partnership sourcing, che spiegano
come l’impresa possa sviluppare nel migliore dei modi i processi,
utilizzando le migliori tecnologie e competenze detenute dai fornitori.
Per quanto riguarda invece la prospettiva a valle, il SCM viene visto come
sinonimo di “integrazione del sistema logistico”. Da questo punto di vista il
SCM si traduce nella messa in atto di tecniche volte alla gestione integrata
delle risorse nella distribuzione fisica e nella pianificazione e controllo
della produzione, con l’obiettivo, di rendere minima l’instabilità della
domanda e incrementare la visibilità dell’intera filiera per ciascun attore,
garantendo in tal modo un servizio sempre migliore che possa portare ad
una diminuzione delle scorte, dei costi di trasporto, nonché delle
tempistiche di consegna.
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Per catena del valore si intende un modello che descrive la struttura di un’organizzazione come
la sommatoria di un insieme di processi.