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INTRODUZIONE
Prima dell’intervento operato dalla UE nel 2003, ciascuno stato aveva tradizionalmente
utilizzato una propria definizione per classificare le Piccole e Medie Imprese, ad esempio
in Italia il limite era di 250 impiegati che salivano a 500 in Germania e scendevano a 100
in Belgio.
Oggi, invece, l'Unione Europea ha uniformato il concetto di Piccola e Media Impresa come
segue:
- Un impresa è definibile come “media” , quando il numero dei dipendenti è inferiore
a 250, quando il fatturato annuo non supera i 50 milioni di Euro o il totale
dell'attivo dello Stato Patrimoniale non supera i 43 milioni di Euro.
- Un impresa è definibile come piccola, quando il numero di dipendenti è inferiore a
50, quando il fatturato annuo o il totale dell'attivo dello Stato Patrimoniale annuo
non superino i 10 milioni di Euro.
Il presente lavoro si pone come obiettivo principale quello di studiare in maniera
approfondita come le Piccole e Medie Imprese (Small-to-Medium-sized Enterprises)
possano creare sinergie, affrontare le difficoltà di un radicale cambiamento organizzativo
ed operare efficacemente all’interno di alleanze in R&S in un contesto ambientale che
dagli anni ’70 vive un profondo e continuo cambiamento.
In particolare, l’elaborato è stato suddiviso in tre sezioni:
Nella prima parte si è ritenuto opportuno studiare come le SME operanti in economie
emergenti, verrà riportato l’esempio specifico di alcune imprese del settore manifatturiero
argentino, possano superare gli ostacoli che si manifestano in presenza di una volontà di
internazionalizzazione del prodotto attraverso l’utilizzo di un meccanismo di governance
relazionale basato sulla creazione di legami orizzontali e verticali che garantiranno alle
imprese dei vantaggi competitivi nel campo dell’innovazione del prodotto,
dell’approvvigionamento delle materie prime ed in una migliore produttività aziendale; il
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conseguimento di tali efficienze collettive renderà più agevole alle SME, operanti in
contesti nazionali caratterizzati dall’assenza di infrastrutture e dalla carenza istituzionale
nel supporto all’esportazione, l’accesso al mercato globale riducendo al minimo gli sforzi
economici che invece si sarebbero presentati ad una Piccola o Media Impresa che avrebbe
puntato singolarmente all’internazionalizzazione del prodotto.
Nella seconda parte dell’elaborato è stata approfondita la comprensione del processo di
cambiamento organizzativo posto in essere dalle imprese che si trovano a dover
fronteggiare le mutevoli e continue sfide che sorgono in un contesto dinamico come può
essere il mercato in cui l’impresa stessa opera. È stata inoltre discussa la fondamentale
importanza del processo di “sensemaking”, che nel contesto aziendale è inteso come quel
processo interpretativo attraverso il quale i membri dell’organizzazione comprendono e
condividono le idee che hanno portato ad una profonda modifica della struttura
organizzativa; si è evidenziato l’apporto fornito dalla ricerca-azione nella comprensione
delle esigenze dei vari interpreti aziendali, ed infatti attraverso tale strumento è stata
riconosciuta l’importanza del manager intermedio dato che egli risulta essere il principale
incaricato di apportare quelle modifiche dettate dal cambiamento organizzativo, si è giunti
a questo risultato attraverso il fondamentale mezzo utilizzato dalla ricerca-azione: le sedute
di Sparring, tali sedute grazie all’utilizzo delle “interventive question” hanno permesso un
confronto tra le idee ed i sentimenti che i vari interpreti aziendali (dirigenti, manager ed
impiegati) manifestano durante le fasi del cambiamento organizzativo. Grazie
all’approfondimento di tali tematiche è stato dimostrato come sia possibile per l’impresa
lavorare attraverso i vari paradossi che vengono a crearsi nella delicata fase del
cambiamento organizzativo, facendoli passare da delle semplici definizioni delle
problematiche che venivano a crearsi durante tale periodo a delle lenti attraverso le quali
poter focalizzare i problemi di appartenenza, performance ed organizzazione per poi poterli
affrontare e risolvere, garantendo così alle SME un ulteriore fonte di vantaggio
competitivo.
Nella terza ed ultima parte dell’elaborato, dopo aver evidenziato come sia importante per
una SME la creazione di un’alleanza nel settore di Ricerca & Sviluppo, si è passati allo
studio dei criteri alla base della selezione del partner ideale cui l’impresa può decidere di
affiancarsi in tale alleanza. È stato notato come sia possibile classificare i potenziali
partner in base alle relazioni precedenti avute con essi in un arco di tempo stimato nei
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cinque anni precedenti, giungendo così alla definizione di Partner Amici, Partner
Conoscenti e Partner Sconosciuti ognuna delle quali con delle caratteristiche idonee alle
diverse esigenze che l’impresa focale può manifestare, così l’impresa che avrà una
preminente preoccupazione di tutela del proprio patrimonio intellettuale farà ricadere la
propria scelta su di un Partner Amico dato che questa categoria di partner nonostante sia
caratterizzata da un basso livello di asimmetria informativa, fattore che consentirebbe un
atteggiamento opportunistico del partner riguardo le tecnologie di base dell’impresa focale,
è caratterizzata anche da un forte livello di fiducia riposto nel partner stesso, fiducia che si
viene a creare nel susseguirsi di relazioni precedenti avute nell’arco di tempo prima
menzionato. Viceversa, l’impresa che ha esigenza di giungere ad una radicale innovazione
del prodotto, farà ricadere la propria scelta su di un Partner Sconosciuto dato che la totale
asimmetria informativa tra i due membri di questa alleanza in R&S permetterà alle imprese
di cooperare senza che si creino quelle fasi di stallo dovute alla coesione di vedute che
invece si manifesta con un Partner Amico. Si è poi dimostrato come attraverso una giusta
selezione dei partner sia possibile la protezione del patrimonio intellettuale e delle
tecnologie di base per quelle SME operanti in un mercato che non può garantire mezzi
giuridici di protezione del patrimonio intellettuale, quali possono essere le strutture
organizzative con base azionaria; evidenziando poi che invece in contesti dove è possibile
una scelta di tali mezzi di tutela del patrimonio intellettuale, questi sono presenti in
alleanze strette con Partner Sconosciuti e sono viceversa assenti in alleanze nel campo di
R&S con Partner Amici, questa linea di ragionamento dimostra come la fiducia riposta nel
partner sia un mezzo di tutela del patrimonio intellettuale con efficacia paragonabile ad una
struttura organizzativa con base azionaria.
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CAPITOLO 1
ACCESSO AL MERCATO GLOBALE PER LE SME
1.1 - LE SME IN ECONOMIE EMERGENTI
La liberalizzazione dei mercati dei beni e servizi pone specifiche questioni per le SME
delle Economie in transizione e in via di sviluppo; in generale, anche nelle economie di
quel tipo più avanzate, le dotazioni infrastrutturali, le istituzioni finanziarie, la disponibilità
delle risorse umane qualificate, l'interfaccia pubblico/privato, sono meno sviluppate che nei
Paesi Membri dell'OCSE.
L'economia globale emergente pone contemporaneamente delle sfide e delle opportunità
alle SME delle Economie emergenti e in transizione. Da un lato, le imprese di questi paesi
godono di una maggiore capacità di accesso alle opportunità dei mercati, delle tecnologie e
della finanza internazionali. D'altra parte, le stesse possono essere esposte alle forze
competitive per le quali non sono sufficientemente preparate. Per i Governi si tratta di
accertarsi che le distorsioni interne, che danneggiano le SME, siano tempestivamente
rimosse e di fissare adeguate condizioni istituzionali e regolamentari che possano offrirle
una base più solida per partecipare al commercio mondiale.
Con questo lavoro si cercherà di dimostrare come, le piccole e medie imprese, attraverso lo
sviluppo di sinergie, siano in grado di raggiungere risultati soddisfacenti nell’accesso al
mercato globale.
In molte economie in via di sviluppo, le imprese hanno la necessità di diventare
competitive sul piano internazionale, cercando in questo modo di diminuire il rischio cui
sono esposte nel mercato specifico del loro paese;
Va detto che queste imprese tendono a partire con uno svantaggio rispetto ad altre “SME”
situate in paesi che rappresentano le vere potenze dell’economia mondiale, tali svantaggi
sono rappresentati da minori tecnologie di produzione disponibile e carenza di
infrastrutture di supporto, solitamente garantite dalle istituzioni.
Un altro requisito cruciale per le SME che intendono usufruire dell'economia globale è
costituito dall'accesso alle nuove tecnologie e dalla capacità di utilizzarle. Ciò non si
applica semplicemente all'e-commercio ma alle tecnologie relative alla loro attività
principale.
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Le capacità tecnologiche variano molto tra le economie emergenti ma, all'interno di un
determinato Paese, le PMI sono tecnologicamente svantaggiate, e frequentemente, non
possono permettersi di investire nella loro propria ricerca e sviluppo (R&S) o d'impiegare
il personale di ricerca.
Nelle economie emergenti, le “SME” sono numerose ma per gli imprenditori che le
rappresentano le sfide sono continue e riguardano soprattutto gli investimenti in R&S ed il
possibile sbocco sul mercato internazionale del loro prodotto;
Un possibile metodo per aggirare questi ostacoli è offerto dalla promozione di “azioni
collettive tra SME” attraverso accordi di collaborazione tra le varie imprese o veri
raggruppamenti di imprese.
Creando queste collaborazioni, per le imprese sarebbe possibile sfruttare competenze tra
loro complementari e risolvere così problemi comuni a più imprese, condividere tecnologie
e conoscenze riguardo gli input di produzione, sviluppando in questo modo migliori
risposte alla domanda del mercato globale.
Proprio nelle economie in via di sviluppo, si riscontrano intralci a questi accordi di
collaborazione tra piccole e medie imprese, intralci dovuti a serie carenze istituzionali
(sistema legale inadatto o anche regolamentazione inefficiente) che comportano elevati
rischi per investimenti che risultano anche essere eccessivamente onerosi.
Supponiamo, per un istante, che per queste imprese sia possibile condividere competenze
tra loro complementari superando i suddetti problemi istituzionali. Ad un iniziale
investimento in risorse specifiche per il loro progetto comune non corrisponderebbe una
valutazione efficace degli eventuali vantaggi derivanti da tale azione, per non parlare dei
rischi contrattuali ai quali andrebbero ad esporsi alcune di queste aziende;
Per esempio, a causa delle carenze istituzionali del contratto di collaborazione, alcune
imprese potrebbero evadere dai loro obblighi e sfruttare “gratuitamente” i risultati
conseguiti dall’azione comune, questo problema di infrastrutture deboli e di regole
istituzionali incomplete è comune nei mercati emergenti.
Per superare difficoltà derivanti da carenze istituzionale e rischi contrattuali, le aziende
operano attraverso un meccanismo di “Governance relazionale” volto a regolare i rapporti
interaziendali con l’ausilio di metodi riconducibili a teorie quali:
La “Resource based view”, che porta alla creazione di un modello volto a coordinare sforzi
e risorse comuni ed in grado di garantire alle aziende l’accesso al mercato globale;
La “logica dei costi di transazione” e la “teoria istituzionale”, entrambe utili per aggirare
gli ostacoli istituzionali che si possono riscontrare nel corso dell’attività interaziendale.
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Questo meccanismo di “Governance relazionale” si basa su un insieme di regole, sia
formali che informali, impegni e reciproci favori che portano ad uno stretto legame tra i
partner presenti.
Con questo modello vengono studiate simultaneamente tre linee teoriche, in tal modo si
portano alla luce aspetti, prima trascurati con lo studio di una singola teoria, inoltre con
tale meccanismo di governance interaziendale vengono superate problematiche legate
all’utilizzo di singoli legami verticali e/o orizzontali.
In questo contesto vi è una fitta trama di legami tale da permettere alle aziende coinvolte di
ottenere risultati collettivi nell’approdo sul mercato internazionale.
1.2 - RAGGIUNGIMENTO DI RISULTATI COLLETTIVI ATTRAVERSO
LA COORDINAZIONE INTERAZIENDALE
Le alleanze strategiche rappresentano una delle alternative strategiche a disposizione delle
imprese per crescere, svilupparsi, ottenere vantaggi competitivi e realizzare delle
differenze rispetto ai propri competitor.
Le alleanze possono essere definite come quelle strategie di collaborazione in cui le
imprese combinano le loro risorse e competenze al fine di generare un vantaggio
competitivo. Sono accordi di scambio, attività per la condivisione di risorse e competenze
tra le imprese volte allo sviluppo e alla distribuzione congiunta di beni e servizi. Quindi le
imprese che prendono parte ad un’alleanza possono sviluppare risorse e competenze in loro
possesso ed al contempo, lavorando con i partner, possono sviluppare risorse e competenze
aggiuntive che saranno poi fonti per un nuovo vantaggio competitivo.
Il tema del valore economico delle relazioni di mercato è oggetto di una crescente
attenzione da parte degli studiosi dell’economia d’impresa e degli operatori aziendali
A cominciare dagli anni novanta, l’analisi del successo di numerose imprese sul mercato
mondiale, focalizza l’attenzione sulle risorse e le competenze dell’impresa come base
fondamentale della manovra strategica il cui obiettivo prioritario è la massimizzazione dei
profitti.
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È così che inizia la diffusione della teoria chiamata Resource Based View secondo la quale
se l’ambiente circostante è instabile, l’insieme delle risorse e delle competenze espresse
dall’impresa possono costituire una base più efficace e stabile su cui definire l’identità
d’impresa. Quanto più è elevato il mutamento dell’ambiente esterno, tanto più le risorse e
le competenze debbono sostenere le manovre per una strategia a lungo termine.
Il padre di tale teoria è Jay B. Barney (1991), il quale è stato seguito da altri importanti
autori quali Margaret Peteraf (1993).
L’impresa è definita come un insieme eterogeneo di risorse e di competenze che
rappresentano la base prioritaria per la realizzazione di un vantaggio competitivo e la
determinante principale della redditività è l’impresa stessa; la chiave della redditività è lo
sfruttamento delle differenze che intercorrono tra le imprese.
La Resource Based View richiede che ci si renda consapevoli della validità effettiva delle
competenze di cui l’impresa dispone attraverso tre tipi di verifica:
• che la scelta della strategia si fondi effettivamente sulle principali risorse e
competenze dell’impresa
• che le risorse siano pienamente utilizzabili
• che la base delle risorse disponibili dell’impresa sia integrata con altre
opportunamente scelte.
Le risorse sono i beni e le altre disponibilità che l’impresa utilizza per rispondere alle
opportunità ed alle minacce del mercato.
Peteraf ha identificato tre tipologie di risorse:
-Le risorse tangibili: sono le più facili da identificare e da valutare perché le
risorse finanziarie e le risorse fisiche sono identificate e valutate nei documenti contabili e
finanziari. Come ad esempio gli immobili, i macchinari, le materie prime, le attrezzature, il
capitale di terzi ed il capitale circolante.
-Le risorse intangibili: risultano invece poco visibili dalla lettura dei dati contabili
e finanziari.
Risorse Tangibili
Risorse Intangibili
Risorse Umane.
RISORSE: