in una concezione collaborativa dei rapporti politici fra entità di diversa
natura(stati, enti pubblici, associazioni, persone fisiche..), sia
nell’ordinamento internazionale che in quelli statali, che improntano i loro
rapporti su una base tendenzialmente paritaria
3
. Il federalismo è una
ideologia che può, quindi, caratterizzare principi di comportamento adottati
da una costituzione statale, anche prescindendo da una caratterizzazione
tecnicamente federale di quest’ultima, investendo non solo unicamente il
settore giuridico istituzionale ma altresì quello sociale, economico,
spirituale-culturale.
L’organizzazione federalistica dei poteri all’interno dello Stato, prende
piede con la fine del secolo diciottesimo, in contraddizione con la
precedente rigorosa concentrazione dei poteri nelle mani di un apparato
governativo unico nata, nell’età del Rinascimento e della Riforma, con
l’avvento della figura moderna dello Stato
4
; in non pochi casi, essa nasce
dall’esigenza di salvaguardare le libertà fondamentali e i fondamentali
con l’affermarsi della concezione che la sovranità è indivisibile. Si prospettano, così, due nuove tesi, l’una alternativa
all’altra: che la sovranità risieda negli Stati membri o che essa appartenga allo Stato federale. Se sovrani sono gli Stati
membri, lo Stato federale si presenta come una loro creazione. Muovendo da questa premessa si può giustificare un
eventuale ”diritto di secessione” degli Stati membri stessi e riconoscere loro la potestà di annullare taluni atti
dell’autorità centrali. Se invece, si intende lo Stato federale come uno Stato unico, dotato di sovranità, ecco che la
secessione dei suoi Stati membri non può considerarsi come un “diritto”, né si può riconoscere a questi ultimi la potestà
di annullare proventi dal Centro. E’ da notare che la sfera di autonomia degli Stati membri è sempre garantita da una
Costituzione rigida, alla cui revisione gli Stati membri sono chiamati in varia guisa a partecipare. Cfr. N:OLIVETTI
RASON e L. PEGORARO, Esperienze federali contemporanee, Padova, 1996, pp. XIV-XV
3
Nella seconda metà del nostro secolo vari giuristi, e primo tra essi J. C. Friederich rifiutarono la statica equazione
“federalismo=instaurazione di uno stato federale in senso stretto” e ad attribuire al termine un significato largo, coprente
l’insieme dei processi onde gli ordinamenti tendono a ripartire, in varia maniera e misura, verso l’interno e verso
l’esterno, i poteri politici tra distinti centri o livelli di governo; processi di “federalizzazione” che vanno studiati nella
loro mobile dinamicità. Cfr. G. BOGNETTI, Federalismo, in Digesto delle discipline pubblicistiche, Torino, 1991,
p.275
4
Codesta concentrazione dei poteri spazza via, nella prima fase dell’epoca moderna, vecchi istituti e formazioni
,politiche sociali che in diverse guise legavano l’individuo. Lo Stato a forte concentrazione di poteri, lo Stato unitario,
diventa così di per sé un presidio per la libertà individuale. E lo diventa tanto di più quando poi nell’ordinamento
giuridico la “costituzione materiale”, e spesso anche quella “formale”, enuncia i diritti fondamentali dell’individuo che
quell’apparato governativo, che ha il monopolio dei poteri politici, deve rispettare e, in sostanza , di solito rispetta. Cfr.
Ibidem., p.275
diritti dell’individuo, ma, soprattutto, nasce per salvaguardare beni di ben
altro tipo: come l’eliminazione di conflitti militari tra preesistenti distinte
comunità o per il raggiungimento dell’unità delle stesse, nell’ottica di una
comune e vigorosa politica di potenza, o per far crescere la ricchezza di
tutte.
Schematicamente, i principali tipi di sistemi di distribuzione federalistica di
poteri politici, tra soggetti istituzionali distinti, sono stati, oltre al già citato
Stato federale, i seguenti
5
:
a)l’unione confederale di Stati. Qui una pluralità di stati conferisce, a una
autorità politica centrale, una serie di poteri per la cura di alcuni interessi
comuni particolari, di solito concernenti la difesa e la politica estera, ma,
talvolta, anche materie economiche, attraverso un trattato internazionale, il
quale attribuisce allo Stato il diritto di recesso.. Le decisioni dell’autorità
centrale vincolano gli Stati membri e valgono, verso l’esterno, come
decisioni di tutti essi, ma, salvo casi assolutamente eccezionali, norme e
comandi dell’autorità centrale non penetrano negli ordinamenti statuali a
vincolare direttamente i singoli individui
6
.
b)La organizzazione sovranazionale di Stati. In questa figura i tratti sono
analoghi a quelli dell’unione confederale. Le materie assegnate alla
competenza dell’autorità centrale sono, peraltro, di natura economico
sociale e non hanno a che fare con la difesa. Qualche volta, la robustezza e
l’articolazione istituzionale dell’autorità centrale, sono ragguardevoli e
maggiori che nell’unione confederale e, le norme e comandi di questa,
raggiungono immediatamente, all’interno dei singoli ordinamenti statali, gli
individui.
c)Lo Stato regionale. In questo Stato sono i poteri delle “regioni” ad essere
enumerati e limitati a materie particolari. La loro stabile pertinenza alle
5
Cfr., Ibidem, p.276
6
Mentre nel modello più antico di Confederazione la normativa dell’apparato centrale non si rivolgeva direttamente
agli individui, nel modello più recente, invece, pur restando inalterata la struttura del sistema, la normativa in questione
può anche concernere la sfera del soggetto privato e disciplinare rapporti individuali. Cfr. A. LA PERGOLA, Sguardo
sul federalismo e suoi dintorni, in a cura di L. PEGORARO e A. REPOSO, Letture introduttive al diritto pubblico
italiano e comparato, Padova, 1995, p.199 ss.
regioni e il loro rispetto, sono, comunque, ”garantiti” dalla costituzione
”rigida” dello Stato. I poteri delle regioni possono essere talvolta assai
vasti: non includono peraltro mai, o quasi mai, poteri giurisdizionali. Le
regioni come tali non partecipano di solito al procedimento di revisione
della costituzione statale. Alla regione non è riconosciuto il diritto di
separarsi dallo Stato.
Le forme espresse dai processi “federalistici” cambiano di contenuto e di
ruolo a seconda che si inseriscano nel contesto dell’una o dell’altra delle
due forme di Stato, che, nel corso della storia, la civiltà occidentale ha
saputo produrre: il modello dello Stato liberale e il modello della
democrazia sociale.
Il modello costituzionale ideale dello Stato liberale si ispira ad una idea
fondamentale principale: quella della separazione della società civile dallo
Stato apparato. La società civile si compone di individui cui vanno
riconosciute sfere inviolabili di libertà in tutti i campi in cui possono
esplicarsi le attività umane. Lo Stato deve appunto definire, con precise
norme giuridiche, quelle sfere e badare che esse vengano di fatto rispettate
da tutti; ma, oltre questo contatto, secondo il modello costituzionale
liberale, lo Stato non ha molti ragioni di ulteriori incontri con la società
7
.
Data questa esigenza di separazione tra società civile e Stato, il modello
costituzionale liberale ravvisa la necessità, per meglio garantire
l’attuazione, di procedere a una particolare divisione dei poteri nell’ambito
dell’organismo stesso dello Stato-apparato. Tre funzioni vengono
identificate come le fondamentali dello Stato-apparato: la normativa,
l’esecutiva e la giurisdizionale; le due ultime da svolgersi nel rigoroso
rispetto dei precetti posti dalla prima.
7
Lo Stato solo eccezionalmente e per la tutela di interessi supremi potrà interferire, con regole e controlli,
nell’autorganizzazione e nel libero sviluppo della società. Ad esso non è proibito in assoluto di intervenire sul mercato;
ma lo potrà fare solo marginalmente e per motivi specialissimi. Cfr. G. BOGNETTI, op. cit., p.277
Tra gli organi componenti il legislativo, almeno uno deve essere
rappresentativo della società civile, affinché le norme dell’ordinamento non
tradiscano le aspettative di libertà nutrite in seno a quella. Il Giudiziario
deve essere indipendente dagli altri poteri per applicare nelle controversie,
con massimo rigore, il diritto prestabilito dalla funzione normativa; deve
inoltre poter giudicare, per la piena sicurezza degli individui, anche della
conformità degli atti esecutivi alle norme.
8
Confederazioni di Stati e Stati federali assumono, durante l’epoca liberale,
forme e contenuti particolari che appaiono proprio dettati dal bisogno di
meglio servire l’idea-base della giusta separazione tra Stato e società;
l’impulso principale fu quello di rinforzare le condizioni di pace tra una
pluralità di Stati e di potenziarne, unendole, le capacità di difesa-offesa nei
confronti di Stati terzi, ma anche di eliminare, in campo economico e in
altri campi , alcune interferenze dello Stato che potevano intralciare il
libero, utile spiegarsi dell’iniziativa privata individuale
9
L’avvento del secolo ventesimo ha profondamente modificato il concetto
prevalente in Occidente del rapporto ideale tra Stato e società civile;
l’esigenza di un regolamento statale abbastanza intenso nella vita
economico-sociale della comunità crea, intorno al sistema economico e di
libertà degli individui, una serie di restrizioni e limiti. Il modello
costituzionale del nesso tra società civile e Stato non è più dunque,
complessivamente, quello liberale della “separatezza”, ma un modello
nuovo, di “parziale compenetrazione”, cui suole darsi il nome di “sociale”.
8
Il sistema americano rappresenta, durante l’epoca liberale, l’esempio più compiuto e perfetto di Stato federale costruito
per attuare i valori del modello costituzionale liberale. La divisione “orizzontale” dei poteri, adottata dagli americani sia
a livello di Stati membri sia a livello di Stato centrale in una versione particolarmente idonea a ritardare i processi
decisionali, serviva a suo modo ad assicurare l’autonomia della società civile: Ad essa si aggiungeva una divisione
“verticale” dei poteri che lavorava con grandissima efficacia al medesimo effetto. Stato centrale e Stati membri si
ripartivano le materie su cui legiferare e svolgere amministrazione senza possibilità in genere di interferenze reciproche
nelle sfere attribuite alle competenze dell’uno e degli altri. Cfr., Ibidem, p.279
9
Così fu per l’atto di rinnovamento della Confederazione Elvetica del 1815, per la Costituzione degli Stati uniti del
1787 e nella Germania imperiale. Cfr. G. LUCATELLO, Lo Stato federale, in Novissimo Digesto italiano, Torino,
1971, Vol. XVIII
L’affermarsi negli ordinamenti occidentali del modello costituzionale
“sociale” ha prodotto, come era inevitabile, anche una profonda
modificazione nel sistema liberale della divisione “orizzontale” dei poteri
10
Il federalismo del tipico Stato federale contemporaneo è divenuta da
“dualista”, cooperativo. Si vuol dire con ciò, in primo luogo, che le
competenze normative dello Stato centrale sono ora sempre estesissime in
campo economico-sociale, anche se, di questo campo, non coprono
necessariamente tutti i settori: esse non escludono in genere analoghe
competenze degli Stati membri nelle stesse materie, ma si sovrappongono a
queste e, nella concorrenza, prevalgono su di esse, talvolta e anche spesso,
lasciando, peraltro, spazi alla legislazione periferica che viene così in
qualche modo a “cooperare”, da posizione subordinata, con quella centrale.
La cooperazione del nuovo federalismo si può realizzare anche, in secondo
luogo, sul piano amministrativo: nel senso che lo Stato centrale in certi
campi, detta le regole, che spetta poi alle amministrazioni degli Stati
curarne l’esecuzione
Nel tipico Stato federale contemporaneo lo Stato centrale ha anche
acquisito poteri di imposizione tributaria, conformi all’esigenza di una
ridistribuzione equitativa delle ricchezze, propria del modello così detto
“sociale”
11
.
Le risorse finanziarie dello Stato sociale sono, di solito, superiori a quelle di
cui possono disporre tutti insieme gli Stati membri. Questa maggiore
disponibilità determina il fenomeno, non infrequente, di “trasferimenti in
10
Il Legislativo, tra i poteri dello Stato, ha in genere perso quella posizione di centralità e preminenza che prima gli
apparteneva. IL suo posto è stato sotto più profili assunto dall’Esecutivo che, meritandosi d’essere chiamato ormai
Governo, ha intrapreso a dar veramente l’indirizzo all’intera macchina dello Stato apparato. Il Giudiziario rimane il
garante imparziale e indipendente dell’attuazione del sistema normativo: ma esercita spesso il suo potere non in prima
istanza ed ha a che fare con un sistema normativo infinitamente più complicato e dai contenuti e dai contorni assai più
incerti di quello dell’epoca liberale. Cfr. G. BOGNETTI, op. cit., p.282
11
Lo Stato centrale, che in epoca liberale doveva contentarsi dell’imposizione indiretta e in particolare dei prelievi
daziari sul commercio con l’estero, ora può stabilire imposte dirette sui patrimoni e sui redditi in modo tale da
procurarsi i mezzi finanziari per sviluppare e mantenere una rete robusta di servizi “sociali”. Cfr. G. BOGNETTI, op.
cit., p.283
dono” di fondi dalle casse statali centrali a quelle periferiche; il quale,
insieme agli elementi sopra menzionati, contribuisce al considerevole
aumento della statura politica dello Stato centrale rispetto agli Stati membri,
nei quali era assai alta in epoca liberale
12
.
La lentezza dell’azione dello Stato centrale è un pericolo che incombe negli
ordinamenti federali contemporanei: un pericolo che è stato in genere
superato, sia strutturando la composizione dell’organo rappresentativo delle
autonomie territoriali in modo che sia meno ”rappresentanza di Stati” di
quanto non fosse in passato, sia riducendo i poteri di detto organo, sia
utilizzando altri congegni istituzionali idonei ad accelerare i tempi di
decisione e ad eliminare poteri sostanziali di veto, sia, soprattutto,
attraverso la modificazione del sistema della divisione “orizzontale “dei
poteri.
Caduta l’antica pretesa, che toccasse per intero alla politica “dare un ordine
alla società” attraverso un azione generale e accentrata di governo, la
struttura del tradizionale sistema politico di sta, via via, trasformando,
specialmente nell’ambito europeo, in un nuovo sistema di attori politici
autonomi ma interdipendenti, dando così vita ad un policentrismo non solo
economico e sociale, ma anche, nei fatti, già politico
13
. E lo Stato, nella sua
azione di governo, sempre meno infrequentemente, è chiamato a contrattare
o a cooperare di necessità con attori privati collettivi.
12
Nell’ambito del modello liberale la capacità dello Stato membro di autodeterminarsi nelle vastissime aree di sua
esclusiva competenza, senza riguardo a ciò che faceva lo Stato centrale, era piena. Oggi, lo Stato membro, anche se
opera in territori a lui strettamente riservati, non può in concreto decidere senza tenere conto delle decisioni che lo Stato
centrale prende nell’ambito che gli è riconosciuto. Questa dipendenza è ovviamente anche maggiore nelle aree di
competenza concorrente. Nell’insieme, lo Stato membro deve oggi cooperare, da posizione tendenzialmente
subordinata: la sua azione finisce sempre per essere più o meno condizionata da quella sviluppata dallo Stato centrale.
Cfr. Ibidem, p.291
13
La sovranità dello Stato-nazione viene sfidata e ridefinita tanto in senso ascendente (si pensi ai fenomeni della
globalizzazione o del rafforzamento dell’Unione Europea), quanto discendente(si pensi al fenomeno della
frammentazione, di cui la forte tendenza verso il decentramento in favore di aree locali, regionali o metropolitane,
rappresenta l’aspetto certo meno inquietante). Cfr. AA.VV., Autonomie regionali e Federalismo solidale, Milano, 1996,
p.19
Dalle veloci trasformazioni in atto, sembra così profilarsi una nuova figura
di Stato, chiamato a ridefinire le proprie aree di competenza e a coordinare
orizzontalmente la sempre più robusta rete di relazioni tra attori economici-
sociali interni e internazionali. Per l’altro verso, la struttura policentrica
richiede, con maggiore forza, una redistribuzione di poteri e di funzioni tra
il governo centrale e autonome organizzazioni di settore a carattere privato
II. “Stato federale: esperienze e culture a confronto”
Dal momento in cui tredici colonie del nuovo continente decisero, di
comune accordo, di tagliare ogni legame politico con la madrepatria e di
qualificarsi come altrettanti Stati sovrani e dunque originari, il federalismo
diventa un elemento determinante della storia americana . Gli “Articoli di
Confederazione”, predisposti nel 1777, ebbero breve vigenza: dal 1781 al
1789. Accettati con qualche difficoltà dagli Stati, non sembrarono costituire
un legame abbastanza solido per far fronte ad esigenze comuni che non
fossero quelle della difesa.
14
La vigente Costituzione federale degli Stati Uniti d’America nasce, per così
dire, dalle ceneri della Carta Confederale.
La Costituzione federale rafforzava il vincolo perpetuo di unione che gli
“Articoli di Confederazione” aveva istituito tra gli Stati membri. Al debole
apparato centrale della Confederazione, costituito essenzialmente dal
Congresso, chiamato ad esercitare le sole competenze che gli erano state
espressamente attribuite, la Costituzione sostituì uno Stato centrale, che era
uno Stato vero e proprio, informato al principio della separazione dei
14
Ma spesso affiora anche la volontà di eliminare, in campo economico e in altri campi, alcune interferenze dello Stato
che possono intralciare il libero utile spiegarsi dell’iniziativa individuale: meno intralci statali per una società civile che
dovrebbe, almeno per vari aspetti, unificarsi e operare liberamente su tutto il territorio soggetto alla potestà degli Stati
confederati. Cfr. G. BOGNETTI, op. cit., p.277
poteri( Legislativo, Esecutivo, Giudiziario) e a quello dei “controlli” e
“contrappesi” tra di essi
15
.
L’attribuzione di poteri al nuovo Stato centrale se, da una parte, era piena,
quasi esclusiva e illimitata per ciò che riguarda la politica di difesa e la
politica estera in genere, dall’altra, era invece assai cauta e circoscritta per
ciò che riguarda l’intervento nelle faccende economiche e sociali interne
dell’Unione.
L’effetto complessivo della ripartizione dei poteri in materia economico-
sociale tra Stati membri e Stato centrale fu dunque, nell’America liberale, il
formarsi di una potente, indiretta garanzia, per l’autonomia della società
civile in quell’area e per la sua esenzione da eccessivi controlli statali
provenienti da qualsiasi parte, periferica o centrale che fosse.
La Carta di Filadelfia entrò in vigore nel 1789. Ma già in sede di “ratifica”
si era fatta strada l’esigenza di una sua immediata integrazione. I primi dieci
emendamenti del 1791
16
completarono il disegno originario e formarono una
specie di Bill of Rights della Costituzione federale. Il mancato riferimento al
sindacato giudiziario di legittimità degli atti normativi
17
, fu colmato dalla
Corte suprema federale che stabilì, con una serie di sentenze, che i giudici
dovevano svolgere questa funzione e potevano farsi interpreti, anche in
modo “estensivo”, del dettato costituzionale.
Gli Stati Uniti d’America entrarono appieno nella tipologia dello Stato
federale costituendosi come “modello paradigmatico” di tale forma di Stato,
15
A rinforzare l’autorità centrale creata dagli “Articoli di Confederazione” fino a farla divenire un vero e proprio Stato i
padri fondatori americani furono in parte di certo indotti dal pensiero che solo così gli Stati Uniti, sicuri nella loro pace
interna, avrebbero potuto far fronte, nell’arena internazionale, a colossi militari-economici quali Gran Bretagna, Francia
e Spagna. Ma sembra che in misura maggiore essi vi fossero indotti anche dal desiderio di meglio assicurare la
“giustizia” sul territorio americano, cioè, data la loro idea di “giustizia”, gli istituti di un libero mercato di dimensioni in
prospettiva continentali. Cfr. G. BOGNETTI, op. cit., p.278
16
Nove di questi disciplinano alcuni diritti fondamentali, mentre l’ultimo chiarisce che i poteri non demandati dalla
Costituzione alle autorità federali, o da essa non vietati agli Stati, sono riservati ai rispettivi Stati o al popolo. Cfr. N.
OLIVETTI RASON, Vecchio e nuovo nel federalismo degli Stati Uniti d’America, in N. OLIVETTI RASON, L.
PEGORARO, Esperienze Federali Contemporanee, Padova, 1996, p.86
17
All’art.6 della Carta Costituzionale si indica come “legge suprema del Paese” la Costituzione stessa, le leggi federali
ad essa conformi e i trattati stipulati o da stipulare sotto l’autorità degli Stati Uniti. Cfr., Ibidem, p.85
solo dopo aver superato i travagli della guerra civile e della successiva
ricostruzione
18
.
Il riparto delle competenze tra Stato centrale e Stati membri, tracciato dalla
Costituzione, sembrava orientato ad evitare, per quanto possibile, le
interferenze tra i due livelli. Le disposizioni a riguardo erano state
inizialmente interpretate in questo senso; e tale interpretazione risultava
essenzialmente ribadita dopo la conclusione della guerra
Poi, nella terza decade di questo secolo, le cose cambiarono. Cambiarono
per dare attuazione ad un programma politico, voluto dal Presidente
Roosevelt, il New Deal. Il programma contemplava pesanti interventi dello
Stato centrale, specie nei settori economico e sociale, e segnava il passaggio
del modello liberale ad un modello nuovo, riconducibile, in qualche misura,
allo Stato sociale. E’ da rilevare che tale “rivoluzione” non fu attuata per
mezzo della revisione costituzionale. Lo fu, invece, attraverso una
“rilettura”
19
, una interpretazione davvero “estensiva”, del testo originario e,
in particolare, della cosiddetta Commerce clause, cioè della disposizione
costituzionale che affidava al Congresso la disciplina del commercio con gli
Stati terzi, tra gli Stati membri e con le tribù indiane. Così, il federalismo
statunitense passava dallo schema “dualista” allo schema “cooperativo”,
che sbilanciava fortemente il riparto delle competenze a favore del centro.
Per un verso, le competenze del centro sono progressivamente aumentate e
la Corte suprema, pur con qualche oscillazione, ha costantemente
legittimato la normativa congressuale, anche quando invadevano
palesemente la sfera di competenza originariamente riservata agli Stati. Va
tuttavia notato che nella giurisprudenza più recente si possono ravvisare
18
Fino alla conclusione della guerra di secessione, numerosi Stati membri si consideravano sovrani e risultarono tali in
più di un contrasto con l’Ente centrale. Inoltre, nello stesso periodo di tempo, si affermò in una parte del Paese la tesi
degli Antifederalisti che attribuiva carattere statuale non all’Ente centrale, bensì agli Stati membri: da questa prospettiva
la Costituzione era un “patto” che univa più Stati sovrani. Cfr., Ibidem, p.86
19
Inizialmente, la Corte suprema si era opposta a questo nuovo corso promosso dall’esecutivo con l’avallo del
Legislativo; in seguito, però, sia perché l’orientamento della maggioranza dei giudici che la componeva era mutato, la
stessa Corte rinunciò a difendere i principi rigidamente liberali cui si era tradizionalmente informata. Cfr. G.DE
VERGOTTINI, Stato federale, in Enciclopedia del diritto, Milano, 1990, Vol. XLIII, p.836
sintomi di una qualche inversione di tendenza. La cooperazione si è poi
manifestata tra gli Stati che hanno dato, in più occasioni, esecuzione alle
iniziative delle autorità centrali, secondo le linee di una cooperazione
verticale, largamente sperimentata anche in Europa.
L’assetto degli Stati Uniti, nella realtà odierna, è senz’altro ancora
riconducibile alla tipologia classica dello Stato federale, ma, si tratta di un
federalismo complesso, al quale il gioco delle forze politiche, i rapporti tra i
Poteri e le interrelazioni tra Centro e periferia conferiscono una certa
fragilità.
Quello tedesco è un esempio di grande importanza del modello di “sistema
federale” accentuato dal “sistema capitale reticolare
20
. Associato a un forte
coefficiente di cultura e solidarietà nazionale, esso ha dimostrato la sua
vitalità nella riunificazione attuata, con successo economico, in cinque anni,
senza dare corso a una inversione di tendenza a favore dell’accentramento.
In breve, la Germania ha un sistema di interdipendenze orizzontali con un
coordinamento centrale che appare di tutto rispetto. Esso è stato definito
”Kooperativer Foederalismus”, per evidenziare l’aspetto della cooperazione
nella federazione tra gli Stati componenti(Länder), in applicazione dei due
principi di sussidiarietà e solidarietà.
Questi, pure legati alla prevalenza del diritto federale negli ambiti di
competenza della Federazione, sono liberi nella scelta di soluzioni
organizzative; ad esempio, sono loro che disciplinano in forma di legge
l’organizzazione comunale che è, poi, concretizzata dal diritto statuario dei
comuni. Ne seguono differenze fra i modelli organizzativi dei Länder
21
,
20
Con questo si indica il trasferimento di funzioni politiche e/o amministrative da un’unica capitale ad altre città senza
cambiamenti nelle competenze funzionali trasferite, che dunque rimangono di carattere nazionale. I poteri e le funzioni
trasferite non danno autonomia rispetto allo Stato centrale, come accade invece applicando il principio di sussidiarietà
nelle sue traduzioni regional-federali, Cfr. AA. VV., Autonomie regionali e federalismo solidale, p.44
21
Occorre distinguere tre tipi di ripartizione territoriale, distinti in base alle dimensioni dei Länder: in quelli più estesi,
l’amministrazione centrale è completata da un’amministrazione deconcentrata in distretti, ma operante sotto le direttive
del governo dei Land; nei Länder più piccoli si è rinunciato a tale deconcentrazione. Ora sotto il governo e certi uffici
centrali dei Land troviamo direttamente le autonomie dei circondari e comuni; nelle città-Stato(Amburgo, Berlino,
Brema) lo Stato è nello stesso tempo comune e circondario, cosicché rimane un solo livello amministrativo ampliato
causate sia da tradizioni storiche, sia da situazioni demografiche e pratiche,
sia da scelte politiche diverse.
In applicazione del principio di autonomia, le spese pubbliche dei singoli
Länder sono finanziate principalmente con tributi propri e, inoltre, mediante
compartecipazione con lo Stato centrale ad altri tributi. La Federazione e i
Länder si ripartiscono infatti imposte di grande rilevanza come quella sui
redditi da capitale, sulle società, sulle persone fisiche e sul valore aggiunto
I compiti comuni della Federazione e dei Länder rimangono, in linea di
principio, compiti di quest’ultimi, ma la Federazione coopera al loro
adempimento, e ne seguono alcune competenze federali. Si tratta delle
materie concernenti la costruzione di università, la struttura economica
regionale, la struttura agraria e la protezione delle coste del mare, la
programmazione dell’istruzione e gli aiuti finanziari della Federazione ai
Länder. Ne risulta un obbligo di coordinarsi fra livello federale e quello dei
Länder, ma non c’è nessun controllo specifico.
Alla legislazione sulle materie di competenze federale corrisponde, invece,
un’amministrazione federale propria. Se ne può parlare già menzionando i
ministeri federali. Il loro ruolo è, però, determinato dalla preparazione della
legislazione federale e dai compiti di controllo menzionati, ma meno da
attività propriamente amministrativa orientata ai cittadini. Nelle materie
propriamente amministrative prevalgono, invece, autorità federali speciali
create per compiti singoli, anche in forma di enti di diritto pubblico. In parte
sono previste direttamente dalla Legge Fondamentale, ma possono essere
stabilite anche tramite legge federale semplice, se c’è una competenza
legislativa federale. Tali autorità federali sono numerose, soprattutto per
compiti che possono essere adempiuti da una sola autorità centrale.
Secondo leggi speciali, le amministrazioni federali possono però essere
organizzate anche con un’infrastruttura, cioè autorità su livello medio o
però da un decentramento più o meno sviluppato dall’ amministrazione della città. Attualmente i Länder gestiscono più
del 40% della spesa pubblica, la Federazione circa il 35% mentre il resto, nella misura del 25%, è gestito dagli enti
locali Cfr. S. GAMBINO, G. FABBRINI, Regione e governo locale fra decentramento istituzionale e riforme.
Esperienze e culture a confronto, Rimini, 1997, p.110. Cfr. AA. VV., op. cit., p.46
anche inferiore; questo vale, ad esempio, per l’amministrazione federale
delle finanze e dogane, dei fiumi come delle vie d’acque, delle assicurazioni
sociali. della difesa, ecc.
La natura di sistema interdipendente della Germania è ulteriormente
enfatizzata dalla capitale reticolare discendente direttamente dalla
articolazione urbana di poli di grande dignità culturale, amministrativa,
economica. Questo ha portato, dopo la seconda guerra mondiale, a
distribuire funzioni centrali tra città diverse dalla capitale Bonn. Basti citare
due casi, tra i molti, di grande rilevanza: Francoforte è sede della Banca
centrale, Karlsruhe è sede della Corte suprema federale. Ma quasi tutte le
città più importanti della Germania fanno parte di questo sistema di capitale
reticolare con importanti funzioni federali. La stessa riunificazione tedesca,
con lo spostamento della capitale a Berlino e con tutto il significato storico
e simbolico che ciò comporta, non porterà a modificare il sistema di
capitale reticolare tedesco, che neppure vedrà cancellato il ruolo di Bonn,
dove resteranno vari ministeri.
BIBLIOGRAFIA
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AA. VV., Federalismo regionalismo e autonomie differenziate. Atti
del Convegno internazionale. Palermo-Taormina, 24-28
settembre 1985, Palermo, 1991
M. ALBERTINI, Il federalismo, Bologna 1993
G. BOGNETTI, Federalismo, in Digesto delle discipline
pubblicistiche, 4°ed., 6, Torino, 1991
S. GAMBINO, G. FABBRINI, Regione e governo locale, fra
decentramento istituzionale e riforme.
Esperienze e culture a confronto,
Rimini, 1997
LA PERGOLA, Sguardo sul federalismo e suoi dintorni, in,
PEGORARO e A. REPOSO., Letture introduttive al
diritto italiano e comparato, Padova, 1995
G. LUCATELLO, Confederazione di Stati, in, Enciclopedia giuridica,
VIII, Roma, 1988
, Stato federale, in, Novissimo digesto Italiano,
XVIII, Torino, 1971
N. OLIVETTI, L. PEGORARO, Esperienze federali contemporanee,
Padova, 1996
G. DE VERGOTTINI, Stato federale, in Enciclopedia del Diritto,
XLIII, Milano, 1990
CAPITOLO 1
1. 1 “ Dal Congresso di Berlino del 1878 alla proclamazione del Regno
di Serbia ,Croazia e Slovenia del 1918 ”.
1. 1. 1 “ La nascita dei movimenti nazionali nell’Ottocento”
L’Ottocento fu un secolo di profondi mutamenti, a caratterizzare i quali
concorsero numerosi e differenti fattori. La crisi delle grandi cornici
dinastiche multinazionali che dominavano la regione (Austria e Impero
Ottomano ) e le spinte alla modernizzazione intrecciate con l’aspirazione a
profonde riforme di natura politica ed economica spingevano l’intera area
alla ricerca di nuove fonti di legittimazioni dei poteri in grado di condurre
ad altrettanto inediti assetti territoriali.
Al verificarsi di tanto profondi sconvolgimenti economico-sociali
corrispose , nei Balcani ,la diffusione di una concezione moderna della
nazione la quale si fondava sull’idea di una comunità fondata sull’unità di
lingua e nazione dettata in parte da ragioni mistiche e in parte da eredità “
naturali “
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. Fu così esaltata la specificità del gruppo come un dato
strutturalmente refrattario a contaminazioni e, quindi, in grado di resistere
nel tempo, nonostante le condizioni più sfavorevoli
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.
a) Serbia
Spetta al popolo serbo il merito di aver acceso, agli inizi del secolo XIX, la
prima scintilla di rivolta che si propagherà rapidamente agli altri popoli
balcanici.
Sempre più indifesi di fronte alle vessazioni ed alle pretese dei signori
locali, grazie anche all’indebolimento dell’apparato amministrativo centrale
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Questa concezione della nazione e fra gli altri attribuita all’opera di due filosofi tedeschi vissuti nella seconda metà
del Settecento ,Johann Gottfried Herder e August Ludwing von Schlozer ,chiamati a svolgere la loro opera
d’insegnamento nella grande Russia di Caterina II
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Stefano Bianchini “ La Questione Jugoslava “ Giunti Gruppo Editoriale ,Firenze 1996 p.12