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Lavorare sull’orecchio attraverso la musica ristabilisce e potenzia il fluire di questo
dialogo che sempre si instaura tra esecutore e ascoltatore i quali trovano il punto di
incontro e di contatto nell’esperire tutto fisico e corporeo delle medesime emozioni.
Compartecipazione: Suonare mettendosi costantemente all’ascolto; ma anche ascoltare-
come se fossimo noi a suonare.
Tomatis ha lavorato sull’orecchio da otorinolaringoiatra, con un approccio ‘medico’
trattandolo da organo al pari degli altri ma riconoscendogli l’importanza che solo un
musicista poteva dargli.
Le teorie, il percorso di ‘allenamento’ che ha elaborato, funzionano.
Averlo sperimentato per un anno intero mi ha messo di fronte alla curiosità di andare
oltre e capire quali fossero i principi neurofisiologici di miglioramenti che settimana
dopo settimana sperimentavo su di me, come pianista, come insegnante, come persona.
Capire quindi il ruolo che l’orecchio aveva svolto nella mia maturazione e crescita.
L’approdo sono state le neuroscienze della musica, una branca di studi che presenta
un approccio tutt’altro che ‘emotivo’ e che vede la musica non solo come prodotto
culturale ma piuttosto come qualcosa che ha fondamenta biologicamente radicate.
Un approccio analitico e scientifico, in cui la Musica in tutte le sue componenti viene
analizzata come sotto il vetrino di un microscopio e soprattutto lontano
dall’immediatezza, dal sogno, dalla meraviglia. Un approccio con poche concessio-
ni all’immaginazione e al mistero ma piuttosto portato a cercarne una spiegazione
razionale.
Certamente un tipo di approccio lontano dal mio mondo, da me.
Mi sono mossa in un mondo nuovo privo ai miei occhi dell’Incanto della musica, ep-
pure con un fascino senza pari,
guidata, consigliata, supervisionata da medici che hanno unito alla professionalità
l’amicizia:
il Prof. Salvatore Macrì, il Dott.Giuseppe Rocca e il Dott.Pietro Tiraboschi.
Questa ‘full immersion’ mi ha permesso di guardare con altri occhi, o dovrei dire a-
scoltare con altre orecchie, il percorso fatto, permettendomi di trovare l’anello di
congiunzione fra Metodo Tomatis e neuroscienze e capire quindi perché un lavoro
siffatto sull’orecchio avesse potuto apportare tanti benefici alla totalità del mio modo
di essere;
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perché e come le emozioni della musica potessero essere comunicate e recepite.
Mentalità la mia che ho definito lontana da quella scientifica, ma che forse non lo è
poi così tanto. La questione mi ha appassionato a tal punto da elaborare una ipotesi
personale sul ruolo giocato da alcune funzioni neurologiche cioè i neuroni a spec-
chio e sul funzionamento di tale percorso che, dal mio punto di vista (quello di chi ha
la pretesa di definirsi, nel suo piccolo, pianista)aiuta e serve a realizzare lo scopo
principale e fondamentale dell’interprete:suonare comunicando autenticamente
se stessi.
Il lavoro è stato diviso in quattro capitoli o, meglio, sezioni musicali come mi
sembrava fosse più opportuno vista la natura dell’argomento.
So di essere stata a volte prolissa e di aver forse peccato di tecnicismo. Tuttavia, ai fini
della comprensione, non era possibile fare diversamente. Spero di essere stata però
chiara.
La prima sezione è dedicata al Metodo Tomatis, all’orecchio e alle componenti
dell’esecuzione musicale che sono direttamente coinvolte e correlate ad esso.
La seconda al ruolo della lingua madre nell’esecuzione musicale con uno sguardo
particolare alle differenze che si riscontrano nei tipi di ascolto italiano e russo. Que-
sta parte da anche conto della scelta del programma esecutivo diviso tra Mozart, che
ha un ruolo fondamentale nel percorso Tomatis, ed autori dell’area russa.
Il terzo capitolo l’ho dedicato alle neuroscienze, agli studi e agli esperimenti fatti in
questo campo che mi sono sembrati rilevanti ai fini dell’obbiettivo di questo lavoro.
La congiunzione tra Tomatis e Neuroscienze e le conclusioni personali sono state ri-
portate nella ripresa.
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PRIMO TEMA: IL METODO TOMATIS
1) La Storia
Alfred Tomatis (Nizza 1920-Parigi 2001), prima che otorinolaringoiatra ed esperto di
psicoacustica è stato una sorta di guru, uno di quegli uomini straordinari in anticipo
sui tempi che la storia ‘produce’ una volta ogni cento anni, le cui ipotesi sono state
oggi ulteriormente suffragate dai passi avanti compiuti nel campo della tecnologia e
delle neuroscienze.
Figlio di un cantante d’opera, fin dal 1945 si è dedicato alle ricerche sull’audizione
per indagarne il legame con linguaggio, apprendimento, memoria, psiche.
Esaminando gli operai degli arsenali, ebbe modo di constatare come spesso la sordità
professionale,1 dovuta al forte rumore, si rifletteva nel timbro della voce e che ciò
avveniva per la diminuzione nell’ascolto delle frequenze più acute (4000hz). In labo-
ratorio, lavorò accanto a cantanti che a loro volta avevano problemi di vocalità e che
presentavano traumatismi uditivi simili.Constatò che le frequenze non integrate
dall’orecchio corrispondevano anche a quelle assenti dallo spettro vocale del sogget-
to: una volta recuperate si veniva a modificare anche la qualità stessa della voce. Nel
caso dei cantanti il loro udito era stato rovinato dall’essere stati i più vicini ascoltato-
ri di una voce, che, al massimo della potenza, può raggiungere i 140db.
Da qui l’enunciazione del cosiddetto ‘Effetto Tomatis’ dimostrato alla Sorbona nel
1957, secondo cui“la voce contiene solo le armoniche che l’orecchio è in grado di
sentire”.
Ovvero le frequenze del suono che l’orecchio non riesce a percepire, sia per lesioni
fisiche che per motivi psicologici, sono le stesse che la voce non riesce ad emettere.
Se si restituisce all’orecchio la possibilità di intendere correttamente, istantaneamen-
te e inconsciamente si migliora anche l’emissione vocale. In parole povere, ad un
atto uditivo corrisponde una emissione particolare che determina a sua volta un
atto vocale.
Un buon orecchio, un buon ascolto ha come controparte una buona qualità, to-
nalità e controllo di voce.
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Intesa come meccanismo di difesa non riconducibile a cause organiche.
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Situazioni di trauma emotivo a volte accompagnate da trauma fisico possono
portare all’esclusione di alcune frequenze come meccanismo di protezione e
adattamento.
Si determina così una reale chiusura all’informazione sonora effetto, ma al tem-
po stesso causa, di un rilassamento dei muscoli a livello dell’orecchio medio che,
rimanendo inattivi, possono perdere tonicità. L’orecchio faticherà a percepire i
suoni in modo completo e corretto e l’informazione sonora inviata al cervello
non potrà che essere parziale.
A fini terapeutici, nel 1954 Alfred Tomatis creò un macchinario detto Orecchio Elet-
tronico capace di modificare le possibilità di ascolto attraverso un sistema di filtri e
restituire all’orecchio la capacità di sentire correttamente le frequenze perdute. Un
metodo quindi di rieducazione fisica all’ascolto.
Col tempo, proseguendo le sue ricerche, lavorando e sperimentando con cantati lirici
come Maria Callas e Placido Domingo e di musicisti musicisti del calibro di Zino
Francescatti e avvalendosi anche di altre discipline, quali la pedagogia e la psicolo-
gia, Tomatis portò alla luce funzioni dell’orecchio fino ad allora insospettate, spie-
gando anche la relazione fra audizione, fonazione, corpo e psiche.
Oggi il suo metodo viene applicato in oltre 250 centri in Europa ed in America in tut-
ti i campi di applicazione in cui l’orecchio è chiamato in causa: apprendimento delle
lingue straniere, trattamento dei problemi legati all’emissione vocale, ma anche cura
di disturbi di apprendimento ed autismo.
Un orecchio non allenato si lascia ingannare dalla frequenza del suono fondamentale
che maschera la totalità dello spettro armonico. Questo modo di ascoltare si riflette
anche nella vocalità, nella difficoltà di controllo di timbro, che a sua volta è determi-
nato dalle armoniche elevate; spesso la voce si presenta piatta, senza energia e priva
di modulazioni. Il campo di applicazione del training Tomatis si allarga così enor-
memente a quanti usano la voce.
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2) LE FUNZIONI DELL’ORECCHIO
Già a partire dagli anni ’50, in seguito anche agli studi e agli esperimenti di Tomatis,
gli scienziati cominciarono ad interessarsi alle funzioni ‘non mediche’ dell’orecchio.
Oggi tali studi si sono intensificati grazie alle nuove tecniche messe a servizio delle
neuroscienze ed hanno permesso di rilevare che esso è un organo sensoriale con im-
plicazioni che vanno al di là della ‘semplice’ facoltà di udire.
Guardiamone le funzioni :
1) Percezione ed analisi dei suoni senza distorsione.
2) Prima distinzione e spazializzazione degli acuti e dei gravi, ossia captazione della
fonte sonora e sua localizzazione nello spazio.
3) Filtro selettivo nei confronti di suoni che si vogliono ascoltare rispetto a quelli
che si vogliono evitare.
4) Trasmettitore di energia al cervello.
Con un lavoro di analisi fatto dalle cellule ciliate le onde sonore vengono trasforma-
te in impulsi nervosi che raggiungono il cervello sotto forma di energia2 che verrà
ceduta e ridistribuita poi a tutto il corpo.
5) Grazie al vestibolo, collegato alla coclea, mantenere equilibrio e verticalità, ba-
se per una corretta postura; regolare i muscoli e coordinarli; percepire la fonazione
caratteristica di timbro, cadenza, ritmo, giustezza e musicalità.
6) Regolare, stimolare e mantenere l’equilibrio neurovegetativo.
7) Controllare ritmo e cadenze migliorandone l’esecuzione.
8) Sviluppare l’autocontrollo vocale tramite la mira dei suoni da parte dell’orecchio
direttivo che, secondo Tomatis, è sempre il destro3.
9) Controllo dell’abilità musicale in tutte le sue componenti:espressive, postura-
li, mnemoniche, di apprendimento.
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Ciò spiega il motivo per cui i suoni gravi, ritmati, sebbene siano poco energizzanti, inducono il corpo a muover-
si, e perché vivere in ambienti insonorizzati (anecoici) o poveri di frequenze acute, può provocare stanchezza e
mancanza di concentrazione.
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Esso permette di mandare le informazioni, attraverso il nervo acustico, direttamente all’emisfero sinistro, sede
del linguaggio.
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3) L’ORECCHIO ELETTRONICO
Orecchio elettronico fu chiamato nel 1953 da Jaques Bourgeois su una rivista musi-
cale la ‘macchina per ascoltare’ oggi usata da musicisti, psicologi, medici, linguisti,
pedagogisti, che applicano le tecniche del Tomatis ai propri campi.
Il macchinario messo a punto dal prof.Tomatis ha la funzione di migliorare
l’ascolto e la capacita di distinzione dei suoni, esponendo l’ascoltatore a sequen-
ze di suoni filtrati appositamente per escluderne le basse frequenze in modo par-
ticolare musica di Mozart e canto gregoriano, e sollecitare così costantemente i
muscoli dell’orecchio medio cioè lì dove comincia la distinzione tra ascoltare e senti-
re. Potremmo definirla una microginnastica volta a rinforzare e allenare tali mu-
scoli al fine di ripristinarne un movimento corretto ed aumentare la tonicità.
L’orecchio interno, per poter ascoltare i suoni filtrati, dovrà esercitare il controllo sui
tre ossicini (vedi par.5) di quello medio, aumentandone di fatto anche la capacità fi-
sica di ascolto.
L’orecchio elettronico permette di modificare il messaggio sonoro attraverso due ca-
nali possibili verso le cuffie: il primo che mette in tensione i muscoli di staffa e mar-
tello, il secondo che ne provoca l’allentamento.E’ in questa continua tensione e
distensione che si effettua quella microginnastica che stimola la capacità di mes-
sa a fuoco dell’orecchio.
Man mano che si migliora il potere selettivo, i suoni verranno percepiti con meno di-
storsione e analizzati con precisione su tutta la gamma delle frequenze.
Attraverso un ciclo intensivo di 2-3 ore al giorno per un totale di 20/30 ore, con una
pausa tra un ciclo e l’altro volta a favorire l’adattamento, in un primo momento
l’informazione musicale passa attraverso l’orecchio elettronico prima di giungere al
soggetto mediante una cuffia. Durante questa prima parte di training uditivo, il sog-
getto ascolta senza interventi sul piano fonatorio.
Man mano che l’orecchio si abitua, la musica verrà inviata sempre più filtrata.
Negli interventi successivi si passa da un ascolto passivo a sedute attive nelle quali
vengono effettuati degli esercizi vocali che permettono di autoascoltarsi e padroneg-
giare al meglio il circuito orecchio-voce. I pazienti infatti leggono, cantano mentre
l’orecchio elettronico rimanda la loro stessa voce.
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Per permettere all’orecchio di mettersi automaticamente e spontaneamente all’as-
colto della sorgente sonora, condizionando i muscoli dell’orecchio medio, il macchi-
nario è costituito da due canali e da una basculla, che permettono il passaggio del
flusso sonoro dal canale che assicura il rilassamento a quello che corrisponde alla
messa in ascolto. La bascula regola i passaggi tra i due canali aprendosi e chiudendo-
si, provocando il continuo movimento di tensione-rilassamento e condizionando
progressivamente la muscolatura che, in seguito, sarà in grado di farlo da sola. Nel
corso delle sedute, l’intensità sonora viene progressivamente ridotta a sinistra per
preparare l’orecchio destro a divenire direttore e far prevalere l’ascolto a destra. Solo
quando tale condizionamento sarà stato acquisito l’orecchio sarà realmente in grado
di decodificare il flusso sonoro, riacquistando la sua funzione di ascolto. Il dia-
framma uditivo si aprirà in tutte le sue potenzialità, aumentando il potere seletti-
vo dell’orecchio, cioè la capacità di percepire e analizzare tutte le frequenze di un
suono, da quelle cosiddette fondamentali a quelle più elevate.
Tale funzione, se risulta necessaria per tutti, in modo particolare lo sarà per un musi-
cista il cui orecchio è costantemente chiamato all’analisi dei suoni che compon-
gono la frase musicale al fine della migliore resa esecutiva di essa.
Quando per diverse ragioni l’orecchio ha perduto o non ha mai acquisito la fa-
coltà di ascolto, la muscolatura dell’orecchio medio non riesce più ad assicurare
l’apertura che permette ai suoni di penetrare nell’orecchio interno.
Il percorso dello stimolo attraverso le vie nervose verso il cervello viene reso
difficile perché manca la trasmissione.
L’ascolto della musica filtrata, fortemente all’inizio, e in modo variabile durante la
stessa seduta fino a ritrovare progressivamente il modello iniziale, esercita
l’orecchio a rimanere costantemente
all’ascolto delle informazioni musicali ric-
che di armoniche acute, le quali, accanto
alla frequenza fondamentale, costituiscono il
corpo del suono. I suoni filtrati sviluppano
una gamma poco utilizzata solitamente nel
canale della comunicazione.
Schema dell’orecchio elettronico
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4) IL SUONO
Cenni di fisica e psicofisica.
Il suono non è che vibrazione, ossia un fenomeno provocato da una ‘perturbazione’
in un ambiente di equilibrio.
Le neuroscienze hanno dimostrato che il suono, così come lo percepiamo, altro non è
che la risposta sensoriale prodotta dal cervello. Fuori di noi non ci sono parole
né rumori né musica: è il cervello che dalle vibrazioni esterne elabora i suoni ve-
ri e propri. Come corollario di questa affermazione, si potrà anche dire quindi che
ogni vibrazione è di fatto un suono. La vibrazione è una oscillazione delle molecole
intorno alla loro posizione centrale senza un loro reale spostamento. Più grande è
l’ampiezza di tale oscillazione e maggiore sarà l’intensità del segnale che perviene
all’orecchio, ossia maggiore la sensazione di volume sonoro. Più rapida è
l’oscillazione cioè più alta è la frequenza delle vibrazioni per secondo e maggiore
sarà l’altezza della nota percepita.
Un’onda acustica viene matematicamente rappresentata se pura, priva cioè di armo-
nici, come un’onda sinusoidale, con una alternanza di massimi e minimi dello spo-
stamento.
La propagazione della perturbazione nell’ambiente è costante per tutti i fenomeni vi-
bratori (340m/secondo) e determina la diversa lunghezza d’onda dei diversi suoni, i
quali si diffondo nell’aria dalla fonte di partenza, a ventaglio.
La lunghezza d’onda a sua volta è una caratteristica conferita dall’elasticità specifica
di ogni materiale in modo funzionale a temperatura,umidità ed altezza. Più denso è il
materiale, maggiore è la velocità.
Suoni gravi presentano poche frequenze/vibrazioni (Hz) nell’unità di tempo (il se-
condo). Quelli acuti invece molte vibrazioni.
Nelle sorgenti naturali tuttavia non esistono suoni puri ma complessi.
Le sorgenti di suoni generano infatti onde acustiche costituite dalla sovrapposizione
di più suoni puri sinusoidali, per cui si distingue, tra i parametri del suono, anche la
densità ossia la ricchezza di armonici o parziali dell’onda.
L’altezza del suono viene determinato dalla parziale di frequenza più bassa, la fon-
damentale.
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La composizione frequenziale determina anche il timbro, ossia le diverse forme che
un’onda di pari intensità ed altezza può assumere.
Il suono, con il suo carattere di periodicità, invade lo spazio sia che si tratti di
musica, codice linguistico che agisce sui piani emozionali, sia che si tratti di lin-
guaggio vero e proprio, che altro non è se non uno scorrimento musicale inne-
stato su un piano sonoro modulato, su cui le sillabe si accordano ad un ritmo di
fondo.
La musica è per noi il substrato del linguaggio e la sua base.
In qualunque campo ci si trovi ad operare, che sia medico o artistico, interve-
nendo su uno di questi due modi di espressione, aventi in comune la funzione e il
ruolo dell’orecchio, si andrà ad influire sull’altro.
5) ANATOMIA E FISIOLOGIA DELL’ORECCHIO
Sostanzialmente le nostre orecchie funzionano come un’ antenna radar in grado di
captare un segnale acustico proveniente da tutte le direzioni. Tuttavia, contrariamente
a quanto molti pensano, non si occupano solo di percepire i suoni. Esse sono organo
sia dell’udito sia dell’equilibrio; un organo che, sotto tutti i punti di vista, è davvero
un miracolo di ingegneria genetica.
Fisiologicamente l’orecchio risulta formato da tre parti.
1) L’orecchio esterno. Costituito da padiglione, condotto uditivo e timpano ha fun-
zione di raccolta delle onde sonore, che andranno a mettere in vibrazione la membra-
na timpanica, situata nel fondo del condotto acustico esterno, che separa l’orecchio
esterno da quello medio. La sua funzione è quindi quella di amplificatore e filtro.
2) L’orecchio medio. E’ una sorta di apparecchio di ricezione e trasmissione del se-
gnale uditivo dall’orecchio esterno a quello interno. È formato da una cavità piena di
aria contenente tre ossicini, martello incudine e staffa, che ricevono le vibrazioni
dalla membrana timpanica ed a loro volta trasmettono le onde sonore al vero e pro-
prio organo dell’udito che è la coclea, situata nell’orecchio interno. Questi tre ossici-
ni articolati fra di loro assolvono tre compiti fondamentali: trasmettere le vibrazioni,
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amplificare ed ammortizzare gli sbalzi sonori per mezzo di un sistema di muscoli che
agiscono per via riflessa.
Martello e staffa presentano due muscoli, il primo flessore, il secondo estensore, i
quali devono operare sinergicamente e in modo equilibrato. Il muscolo del martello
assicurerà la funzione selettiva del timpano, quello della staffa le regolazioni
dell’orecchio interno, affinché siano rilevate, come vedremo meglio in seguito, le se-
quenze ritmiche a livello del vestibolo e quelle frequenziali a livello della coclea. Se i
due muscoli non operano sinergicamente e uno prevale sull’altro, si possono creare
delle vere e proprie ‘chiusure’ o comunque delle disarmonie funzionali. Se prevale
l’azione della staffa che è un estensore, si determina un affievolimento dei liquidi
endolinfatici con relativo assorbimento delle frequenze più acute, che non vengono
più percepite, a vantaggio al contrario dei suoni gravi. La disarmonia si evidenzierà
non solo nell’emissione vocale ma anche in una disarmonia corporea. Una eccessi-
va tensione del martello al contrario va ad incidere sui suoni gravi che, strettamente
correlati al corpo determineranno una difficoltà nell’integrazione della percezione di
esso.
A livello neuronale esistono due sistemi nell’orecchio medio: uno parte dal cosiddet-
to 5° paio cranico destinato all’innervazione del muscolo del martello, l’altro dal 7°
destinato a quello del muscolo della staffa.
Questi sono i gruppi di nervi a cui i tre ossicini dell’orecchio medio rispondono. In-
teressante è che al 5° paio fanno riferimento anche tutti i muscoli della faccia, mentre
al 7° quelli della masticazione, cosa che ci permette di capire il forte legame esistente
tra i muscoli dell’orecchio e tutti gli elementi della faccia coinvolti anche nella fona-
zione. La staffa ed il suo muscolo assicurano la stabilità delle pressioni liquide
dell’orecchio interno al momento della ricezione dei suoni, martello ed incudine in-
vece le tensioni timpaniche funzionalmente a ciò che si vuole percepire.
3) L’orecchio interno. Si presenta come una sacca ossea detta labirinto, che a sua
volta si compone del vestibolo e della coclea. La coclea è una struttura piccolissima,
con una forma simile ad una conchiglia di lumaca che facilita la sua funzione, quel-
la prettamente uditiva: elaborare e trasformare i segnali sonori in segnali nervo-
si che raggiungeranno la corteccia uditiva ove avviene la reale percezione cioè il
riconoscimento del suono. Tale elaborazione avviene grazie alla presenza nella co-
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clea di una membrana posta alla sua base con una organizzazione tonotipica, ossia
tale da vibrare in diversi punti a seconda delle diverse frequenze.
La vibrazione della membrana provoca a sua volta uno spostamento delle cellule
sensoriali dette ciliate (cellule di Corti), che rivestono le pareti della coclea stessa e
che fluttuano in un liquido, anche esse organizzate quasi come una tastiera del piano-
forte. Le cellule ciliate trasformano l’energia vibrazionale in segnale elettrico nel gi-
ro di soli 10 microsecondi emettendo un segnale elettrochimico che andrà a sua volta
ad attivare le relative terminazioni nervose, i neuroni, afferenti al nervo acustico. Le
fibre nervose veicolano i messaggi sonori e si raggruppano nel ganglio di Corti. Qui i
neuroni gangliari formano il nervo cocleare o acustico le cui fibre per l’appunto, con-
tattano le cellule ciliate più interne; altre fibre del nervo invece si ramificano sino ad
entrare in contatto con le ciliate esterne, a loro volta in contatto con quelle che pro-
vengono dalle vie mediane della percezione (fascio olivo-cocleare).
La maggior parte delle cellule ciliate risponde vibrando ad alte frequenze; solo
poche decine di esse si occupano dell’analisi dei suoni gravi.
Ciascuna cellula tuttavia risponde di preferenza ad una frequenza. I suoni gravi sono
elaborati dalle cellule apicali, quelli acuti dall’estremità opposta ossia dalla base del
canale; Dalla complessità di un testo musicale al calore di una voce, fino al rumore di
fondo, la ricchezza delle nostre esperienze uditive dipende da queste cellule ciliate
che sono i recettori dell’orecchio interno.
Il vestibolo è una cavità ovale situata all’ingresso della coclea. Si compone di ca-
nali semicircolari, dall’utricolo e dal sacculo e rappresenta la parte più arcaica
dell’orecchio, quella deputata all’equilibrio. L’utricolo organizza i movimenti ri-
guardo alla dimensione orizzontale, a livello della testa; il sacculo di quella verticale,
a livello della colonna; i canali invece servono a cogliere le angolazioni e d affinare
le nozioni posturali in rapporto allo spazio.Sono questi gli organi che danno ragione
della posizione che la testa assume nello spazio in condizioni sia statiche che dinami-
che; da questi dipendono di fatto tutti i muscoli del corpo, quelli della verticalità
come quelli della postura.
Utricolo, sacculo e canali semicircolari però sono anche gli organi che percepiscono
i ritmi, le cadenze, le sequenze di frequenze.
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Il vestibolo misura gli spostamenti di grande ampiezza che corrispondono ai
movimenti corporei, la coclea quelli minimi che corrispondono ai movimenti di
suoni. Uno analizza i movimenti, l’altra i suoni. Il primo individua le sequenze
ritmiche, integrando così il ritmo, la seconda quelle frequenziali.
Un corpo nella corretta posizione determinerà un apparato cocleare nella posizione
più favorevole all’ascolto e una padronanza perfetta del corpo e dei comporta-
menti che controllano i movimenti e i gesti nell’esecuzione musicale come anche
dell’emissione vocale nel caso di cantanti.
È l’orecchio che, come dice Tomatis, orchestra e dirige la danza del corpo anche
quanto ad equilibrio, ritmo e movimento.
6) COME SENTIAMO
Quando sentiamo, il suono passa per il timpano, il quale, paragonabile alla membra-
na di un tamburo, si allenta e si stende per adattarsi alla impedenza acustica, grazie ai
muscoli di martello e staffa. A sua volta il nervo vago si inserisce proprio nel timpa-
no attraverso il nervo auricolare con implicazioni importanti sul sistema neurovege-
tativo ( si veda il paragrafo su ‘ansia’).
Il meccanismo è generato dalla variazione di pressione provocata dall’onda sonora.
I processi biomeccanici della funzione uditiva hanno luogo nell’orecchio interno, do-
po che il medio, attraverso l’azione di leve dei suoi tre ossicini, ha amplificato la
pressione dell’onda. L’energia sonora presente nell’aria può infatti essere trasmessa