4l’attenzione degli studiosi e che anch’essa, al pari di tanti altri
componimenti di Basilio, attenda ancora un’edizione critica moderna,
che certamente porrebbe le basi per una migliore comprensione del
testo.
Il presente lavoro, lungi dall’avere pretese scientifiche, si
propone di inserire l’omelia in un preciso contesto storico-culturale e
di comprenderne il vero messaggio, apparentemente semplice e
lineare, ma in realtà, come vedremo, ricco di importanti spunti di
riflessione. Per raggiungere tali obiettivi, bisognerà studiare
attentamente il testo, partendo dal livello formale e contenutistico fino
a giungere a quello culturale e religioso. Dopo un capitolo
introduttivo, in cui si cercherà di analizzare le caratteristiche più
salienti dell’intera produzione di Basilio di Seleucia, con particolare
riguardo per l’omelia 27, si offrirà al lettore una versione in lingua
italiana che, in qualche punto, sarà inevitabilmente di tipo
congetturale, anche perché il testo manca di edizione critica. Pur
riconoscendone i limiti, si osservi che essa è la prima versione in
lingua moderna e che l’unica di cui si disponga è quella in latino
presente in PG a fronte del testo greco. Alla versione farà seguito un
ampio commento, in cui il testo sarà esaminato in tutti i suoi aspetti,
5soprattutto in rapporto alle principali fonti cristiane, allo scopo di
comprendere la posizione, non sempre chiara, della Chiesa nei
confronti degli spettacoli. I dati emersi dalla ricerca saranno, infine,
messi in relazione con le testimonianze sui G.O. di Antiochia, che
saranno considerati una sorta di “modello” anche per quelli di
Seleucia, per i quali, come vedremo, non si dispone di notizie
specifiche.
Partendo dall’omelia di Basilio, cercheremo di comprendere il
“nuovo” significato dei G.O. nella Tarda Antichità e di chiarire il
motivo, o meglio i motivi, per cui il nostro vescovo-omileta, pastore
di anime impegnato ad istruire i fedeli con l’interpretazione
ermeneutica delle Sacre Scritture, abbia sentito l’esigenza di
accantonare il genere esegetico per comporre un attacco diretto contro
i G.O.
CAPITOLO I
BASILIO DI SELEUCIA E LA SUA OPERA
1. Basilio di Seleucia
Poche e scarne sono le notizie sulla vita di Basilio di Seleucia,
in Isauria, di cui si ignorano il luogo e la data di nascita
1
. Arcivescovo
di Seleucia dopo Dexiano
2
a partire dal 440 d.C.
3
, egli non è celebrato
tra i santi né nei menologi, né nei Martirologii latini. Ebbe una parte
singolare negli avvenimenti che portarono al Concilio di Calcedonia
nel 451, tenendo un atteggiamento ambiguo e oscillante: cominciò col
votare contro il monofisismo nella Sinodo di Costantinopoli del 448,
poi si dichiarò a favore di Eutiche nell’altro concilio tenuto ad Efeso
nel 449 – il cosiddetto Latrocinium Ephesinum – e infine al Concilio
di Calcedonia sottoscrisse il tomus di papa Leone Magno Ad
Flavianum, che condannava Eutiche e Dioscoro
4
. Malgrado questa
incostanza, la sua professione di fede del 448, un commento alla
1
Poche sono anche le informazioni su Seleucia di Isauria, della quale Basilio forse fu il
personaggio più illustre. Per la storia della città cfr. Honigmann in PW, II, 1203-04, s. v. Seleukeia;
tra gli studi archeologici più recenti cfr. Eyice, pp. 15-30 e Hellenkemper, pp. 191-204.
2
Cfr. PG 85, 9-10, dove si legge: «In ms. Caesareo apud Nesselium, v, p. 96, vocatur
archiepiscopus».
3
Secondo Voicu, invece, l’inizio dell’attività episcopale deve essere collocato tra il 444/448: cfr.
DPAC, I, coll. 498-499.
4
L’opinione secondo cui il ruolo di Basilio in questa controversia sia stato insignificante, a causa
della sua oscillazione, è respinta con decisione da Van Parys, pp. 493-514.
8cirilliana “Formula d’unione” del 433
5
, è stata incorporata nella
definizione dogmatica di Calcedonia
6
.
Continuò a sostenere questa posizione negli anni successivi del
suo episcopato, come dimostra una lettera del 458 con la quale,
insieme agli altri vescovi isaurici, di cui era metropolita
7
, chiedeva
all’imperatore Leone I di mantenere le decisioni prese a Calcedonia e
di deporre il patriarca monofisita Timoteo Eluro, che era intronizzato
ad Alessandria. La lettera, con la sua firma, ci è giunta in traduzione
latina
8
.
Incerta è anche la data di morte, ma sulla base di un frammento
papiraceo risalente al V sec. d.C.
9
, e attribuito al nostro Basilio,
Honigmann sostiene che egli fosse ancora vivo nel 468 e forse anche
dopo
10
.
5
CPG 5339.
6
Cfr. DPAC, I, col. 498.
7
Cfr. PG 85, 9.
8
Cfr. Quasten, II, pp. 530-531.
9
Cfr. Naldini, p. 139.
10
Cfr. Honigmann, pp. 174-184.
92. I suoi scritti
Nulla sappiamo sulla formazione culturale di Basilio, ma dalle
opere tradite sotto il suo nome si ricava una buona conoscenza della
letteratura antica e una buona perizia retorica.
2.1 Le omelie
Le omelie di Basilio di Seleucia hanno attirato l’attenzione
degli studiosi a partire dal IX sec., quando il patriarca Fozio recensì,
nella sua Biblioteca, alcuni scritti del nostro autore
11
. All’inizio del
cod. 168, interamente dedicato a Basilio, egli scrive: «'Anegnèsqh toà
makar…ou Basile…ou ™piskÒpou Seleuke…aj lÒgoi ie´», a questa
affermazione segue l’elenco dei titoli delle quindici omelie, tutte di
carattere esegetico, e, come vedremo in seguito, un attento giudizio
critico-letterario. È probabile, però, che questi non fossero gli unici
componimenti conosciuti dal patriarca, poiché alla fine del cod. egli
parla di «», in cui forse dobbiamo vedere dei sermoni, sebbene il testo
non ci fornisca alcuna indicazione a questo proposito.
11
Henry, pp. 159-161.
10
La tradizione manoscritta, di cui disponiamo, comincia a partire
dal X sec., anche se nel 1910 le sabbie dell’Egitto hanno restituito un
papiro che contiene frammenti dell’omelia 22 e che, con molta
probabilità, risale al V sec
12
. Tra i codici manoscritti pervenutici il più
antico e il più importante è il Florentinus Laurentianus VII, 1,
risalente agli inizi del X sec. In esso troviamo, insieme ai
componimenti di altri autori, 35 omelie attribuite a Basilio, delle quali
22 ci sono note solo attraverso questo codice
13
. Tevel, studiando le
fonti, l’origine e lo sviluppo delle raccolte liturgiche pre-bizantine e
antico-bizantine, per le quali si dispone di poche notizie, ha dedicato
grande attenzione alla tradizione manoscritta di Basilio, esaminando
attentamente le omelie riportate nel Laurentianus, in cui individua una
copia di quella che egli ama chiamare “author’s collection”
14
.
12
Il papiro proviene dagli scavi eseguiti in Oxyrhynchos da E. Pistelli nel 1910: per un esame
dettagliato cfr. Naldini, pp. 139-46
13
Il Laurentianus VII, 1 è codex unicus, perché tutte le altre testimonianze degli stessi testi, come
le edizioni stampate, possono essere ricondotte a questo cod. Le omelie contenute in questo ms.
corrispondono ai nn. 1-9 e 11-36 in PG 85. Le 22 omelie, per le quali tale cod. rappresenta l’unica
testimonianza e che non hanno tradizione indipendente nelle raccolte liturgiche, possono essere
divise in 3 gruppi: a) 11 riguardano il VT, b) 10 riguardano il NT, c) 1 è un sermone occasionale
composto dopo un disastro. Il manoscritto è codex unicus anche per i seguenti testi: l’opera di
Giustiniano “Contro i tre Capitoli”; la “Dissertatio contra Iudaeos” scritta da un anonimo autore
della “Theognosia” nel 907 o 908 (che è anche il terminus post quem per l’intero manoscritto); 5
omelie di Asterio di Amasea. Per gli altri testi il ms. può essere considerato molto importante,
sebbene non l’unico testimone.
14
Tevel, pp. 396-401; egli definisce una “raccolta d’autore” come: “a collection of tests (not
necessarily all the texts that have been preserved) of a single author, which was compiled during
his life-time or relatively shortly after his death”. Le raccolte di questo tipo, furono una fonte
importante per coloro che misero insieme raccolte liturgiche bizantine e pre-bizantine, utilizzate
dal clero anche nei secoli successivi per offrire ai fedeli i testi dei grandi Padri della Chiesa.
11
Solitamente le “raccolte d’autore” contengono le omelie che
trovavano posto nel calendario liturgico bizantino e, per questo, hanno
avuto una vera e propria funzione selettiva. Il Laurentianus, invece,
comprende anche testi che non avevano funzione liturgica – quindi
l’intera produzione di Basilio – e ciò, secondo lo studioso, è una prova
del fatto che lo scriba, in questo caso, abbia copiato una raccolta
esistente e pronta per circolare, contenente una serie di testi che erano
già rari ai suoi tempi e che dovevano essere interessanti dal punto di
vista teologico e dogmatico-storico.
Dal confronto tra i codici pervenuti, emerge chiaramente la
maggiore attendibilità del Laurentianus: qui è possibile, infatti,
osservare alterazioni di varia natura, ma la qualità può essere definita
costante e il testo, nel suo complesso, è sobrio, disadorno e non esteso.
La forma e l’ordine che troviamo in questo codice non sono
probabilmente gli stessi dati da Basilio o dal suo “editore”; vari indizi,
inoltre, portano a pensare che le 55 omelie conservate – complete o
frammentarie – nel Laurentianus fossero divise in due volumi.
Un’interessante indicazione, in questo senso, è data dall’ultima omelia
di Basilio riportata nel Laurentianus
15
: qui la presenza di una lacuna
15
Cfr. hom. 1, PG 85, 36.
12
testuale e di alcune corruzioni suggerisce l’idea che questo testo fosse
l’ultimo di un primo volume e che abbia subito questi danni a causa
della sua posizione. L’ipotesi che questo volume contenesse le stesse
35 omelie di Basilio, così come sono offerte dal codice in esame, è
confermata dal fatto che le 15 omelie ricordate da Fozio sono tutte
presenti, anche se con un ordine diverso, nel Laurentianus.
Tevel estende il concetto di “raccolta d’autore” anche ad altri
manoscritti liturgici. Tra questi il più interessante è il cod. Vlatadon 6:
qui 5 testi sono esplicitamente assegnati a Basilio e 2 riportano
l’ambigua espressione “τοà aÙtoà”. Dei testi attribuiti a Basilio, però,
due non ricorrono nel Laurentianus e probabilmente derivano da un
secondo volume della “raccolta d’autore” o da una copia più ampia
che includeva più omelie rispetto a quelle contenute nel Laurentianus.
Questi testi, studiati nei dettagli, dimostrano inoltre uno stretto legame
con il codice più antico.
Un altro esempio dell’esistenza di una “raccolta d’autore” ci è
offerto dal codice Athos Lavra B 119, risalente al sec. XII, che, su un
totale di 22 testi conservati, ci ha tramandato 5 omelie di Basilio.
L’aspetto più interessante di questi testi è che quattro di essi sono
generalmente, ma falsamente, attribuiti ad Atanasio e non ricorrono