VI
INTRODUZIONE
Il secolo appena trascorso, il cosiddetto Secolo Breve
1
, oltre ad essere stato caratterizzato da
sanguinosi conflitti, dall‘Olocausto, può a ragione essere definito il secolo dell‘energia e delle
armi nucleari.
A partire da Hiroshima, il possesso di tali mezzi ha rappresentato per gli Stati fonte di prestigio e
di potere, garantendo la sicurezza e lo status di grandi potenze.
In successione, dopo gli Stati Uniti, Unione Sovietica, Gran Bretagna, Francia e Cina (le 5
potenze detentrici di un seggio permanente al Consiglio di Sicurezza dell‘Onu), sono riuscite ad
acquisire armi nucleari, creando, di fatto, un esclusivo e ristretto gruppo di potenze atomiche.
Il monopolio di questi Stati, col trascorrere del tempo, è risultato sempre più precario, nuove
potenze od aspiranti tali, l‘India, a partire dal 1974 (anno della bomba atomica ―pacifica‖), e di
seguito il Pakistan, hanno fatto da battistrada ai nuovi progetti da parte di Paesi in cerca di
affermazione e, soprattutto, di garanzie di sicurezza, sfidando il razzismo nucleare
2
degli Stati
Uniti e l‘apartheid nucleare del Trattato di Non Proliferazione Nucleare (NPT)
3
.
I progetti nucleari nordcoreani (giunti oramai ad uno stadio successivo a quello del test nucleare)
e, soprattutto, il programma di sviluppo atomico della Repubblica Islamica dell‘Iran (considerato
un elemento perturbatore della pace e della sicurezza in Medio Oriente), sono oggetto attento di
studio ed analisi ed affrontati, quasi quotidianamente, dai mass-media.
Un‘analisi più critica dell‘attuale situazione di rischio di proliferazione, tuttavia, non deve far
dimenticare come, proprio a partire dal 1949, con la prima atomica sovietica,
4
e la rottura del
monopolio statunitense, ogni nuovo tentativo di appartenenza al club nucleare sia stato
1
Il Secolo breve è il titolo di un saggio dello storico Eric J. Hobsbawm, in cui sono analizzate le svolte storiche di
un secolo - il ventesimo - la cui estensione temporale può essere racchiusa in due date: 1914-1991. Per l‘autore
l'inizio del Novecento non va individuato nell'anno 1900 ma nel 1914, con lo scoppio della prima guerra
mondiale, mentre il suo termine può essere collocato, piuttosto che nel 1999, nel 1991, anno della caduta e del
conseguente dissolvimento dell'Unione Sovietica. Secondo Hobsbawm il Secolo breve ―è finito in un disordine
mondiale di natura poco chiara e senza che ci sia un meccanismo ovvio per porvi fine o per tenerlo sotto
controllo‖. Sul punto Hobsbawm Eric J., Il Secolo breve - 1914-1991, collana BUR, Rizzoli, Milano, 2006.
2
L‘India ha sempre percepito il regime di non proliferazione nucleare, di cui gli Stati Uniti sono ancora i paladini,
come razzista e come progetto coloniale per negare al paese i frutti del proprio lavoro e gli strumenti per
garantire la sicurezza. Sul punto Perkovich George, India's Nuclear Bomb - The Impact on Global Proliferation,
University of California Press, February 2002, p. 206;
3
Il termine venne utilizzato da Indira Ghandi per indicare il monopolio nucleare detenuto dalle potenze atomiche,
utilizzando anche, quale strumento legale, il Trattato di Non Proliferazione; Aronson Shlomo and Brosh Oded.,
The Politics and Strategy of Nuclear Weapons in the Middle East: Opacity, Theory, and Reality, 1960–1990—An
Israeli Perspective, State University of New York Press, Albany, 1992, p. 41;
4
L‘esperimento venne tenuto il 29 agosto 1949 a Semipalatinsk in Kazakistan. Sul punto: Holloway David, Stalin
and the bomb: The Soviet Union and Atomic Energy 1939-1956, Yale, Yale University Press, 1995, p. 198;
Sudoplatov, Pavel e Anatolij, Incarichi speciali – le memorie di una spia del KGB, Rizzoli, Milano, 1994, p.294.
VII
osteggiato dalle due super potenze, ogni tentativo di proliferazione nucleare era considerato un
ulteriore rischio sistemico per il bipolarismo allora in atto.
5
Il nucleare britannico nacque da un progetto indipendente, avversato dagli USA, mentre
l‘atomica francese rappresentò una sfida, al monopolio strategico e di deterrenza statunitense,
nell‘ambito del Patto Atlantico
6
.
La ricerca dell‘arma nucleare da parte cinese divenne uno dei motivi della rottura del blocco
comunista, con rischi non remoti di un conflitto fra l‘Unione Sovietica e la Repubblica popolare
cinese.
L‘insieme degli Stati nucleari (NWS Nuclear Weapon State per usare la terminologia del NPT)
ha un‘evidente caratteristica comune, le varie potenze atomiche sono membri del Consiglio di
Sicurezza, sono tutti grandi potenze o potenze regionali (tra cui le nazioni vincitrici del Secondo
conflitto mondiale) od aspiranti potenze regionali e, per sottolineare questa condizione ed
affermare il loro status, hanno testato, tutte, uno o più ordigni nucleari.
In questa cerchia ristretta, tuttavia, spicca per la sua atipicità Israele; da più di 40 anni la piccola
nazione ebraica, dimensionalmente e demograficamente ridotta, con scarse risorse naturali,
politicamente isolata nel Medio Oriente arabo e nel consesso internazionale, ha una capacità
nucleare.
Israele non ha mai testato armi nucleari (esistono dubbi in tal senso), non dichiara il possesso e,
metodicamente, da decenni attua una politica di disinformazione ed ambiguità, alternando fughe
di notizie in merito alla propria opzione nucleare
7
, a dichiarazioni ufficiali in cui si nega
5
La situazione, trova un chiaro riferimento negli studi sulla ―modellistica dei sistemi internazionali‖ di Kaplan;
nella sua analisi evidenzia le differenze strutturali fra complessi d‘interazioni diversi, identificando l‘esistenza di
sei configurazioni di rapporti internazionali (1) bilancia di potere, 2) bipolarismo elastico, 3) bipolarismo rigido,
4) gerarchico, 5) universale, 6) dell‘unità del veto. Kaplan, individuava gli elementi specifici del bipolarismo
detto ―elastico‖, che aveva caratterizzato lo scenario delle relazioni internazionali post II Guerra Mondiale, in
due blocchi contrapposti, controllati rispettivamente da una superpotenza. In tale bipolarismo vi era la presenza,
oltre dei due blocchi, di organizzazioni sopranazionali e transnazionali partecipanti al complesso di rapporti
internazionali ed in grado, comunque, di influenzare le relazioni fra i poli antagonisti. L‘armamento dei
contendenti, termonucleare, creava connessioni dirette fra le percezioni e le reazioni delle componenti
sistemiche, in presenza di una qualsiasi variazione del potenziale bellico di una parte, immediatamente si
avevano dei riflessi e delle ripercussioni sull‘altra, e sull‘intero complesso (corsa agli armamenti). Gli apparati
nucleari assicuravano la reciproca deterrenza e le esigenze di stabilità e controllo interno, nessuno dei blocchi
avrebbe potuto vincere quello che era un gioco a somma zero. Sul punto Kaplan Morton, System and Process in
International Politics, New York, Wiley, 1967.
6
Il 13 febbraio 1960 ci fu il primo esperimento nucleare francese con l'esplosione nel deserto algerino di un
ordigno di 70 Kiloton, con l‘avvio della force de frappe – forza d‘urto. Tertrais, Bruno, La France et la
dissuasion nucléaire, La Documentation Française, Paris, 2007, p.14.
7
Il primo ministro israeliano, Ehud Olmert, nel dicembre 2006, un'intervista ad una tv tedesca, SAT1, ammetteva
indirettamente che Israele possiede armi di distruzione di massa. Nel parlare della minaccia costituita dall'Iran,
Olmert affermava che: l'Iran aspira ad avere armi nucleari come "l'America, la Francia, Israele e la Russia".
Fonte ANSA 12 dicembre 2006. Sul punto anche Maurizi,Stefania, Vi racconto il segreto della bomba atomica
(segreta) di Israele, in ―Il Venerdì de La Repubblica‖, 12 Gennaio 2007, p. 34.
VIII
decisamente il possesso di armamenti di distruzione di massa, adottando sistematicamente una
politica di denial and decept, di occultamento ed oblio del suo crescente arsenale.
E‘ questo il risultato di una politica di silenzio ed ambiguità, perseguita da decenni da parte del
governo israeliano che, in ragione del silenzio e del velo di segretezza (sempre più labile) che
avvolge l‘opzione nucleare, rappresenta un fattore condizionante nelle relazioni e nelle strategie
dei diversi Stati del Medio Oriente.
Israele, nel corso della sua vicenda storica contemporanea, attraverso un percorso iniziato poco
dopo la dichiarazione d‘indipendenza (maggio 1948), è riuscito ad acquisire una capacità
nucleare, sovente non considerata e spesso sottaciuta, da molti analisti ritenuta di livello
quantitativo e qualitativo molto elevato.
Il paradosso dell‘atomica di Gerusalemme si evidenzia nel fatto che, sebbene il possesso di
ordigni nucleari da parte di Israele sia considerato uno dei segreti peggio custoditi al mondo,
essendo un fatto noto e comprovato
8
, dovremo riferirci alla bomba israeliana come alla bomba
che non c‘è, poiché mai ufficialmente testata e dichiarata.
Questi due elementi indicano la particolarità epistemologica ed il senso politico connessi al
nucleare ebraico: assenza e sua contemporanea notorietà; la bomba israeliana è invisibile ma
conosciuta e sempre presente.
9
Lo stato di Israele è stato il sesto paese al mondo
10
, ed il primo nel Medio Oriente, ad acquisire la
capacità di armamento nucleare; il programma atomico fu iniziato circa 50 anni fa, quando
furono avviati i lavori di costruzione della principale infrastruttura nucleare a Dimona, nel
deserto del Negev, non lontano da Beersheba.
Verso il 1966-67 era già stata superata la soglia nucleare
11
ed alla vigilia della Guerra dei Sei
Giorni oramai vi era una rudimentale capacità nucleare (2 ordigni.)
12
.
8
Le dichiarazioni e le fotografie scattate all‘interno dell‘impianto nucleare di Dimona nel deserto del Negev, dal
tecnico Mordechai Vanunu hanno mostrato al mondo intero la capacità tecnologica e produttiva di Israele; sul
punto Hounam Peter, Headline: Revealed - the secrets of Israel's nuclear arsenal/ Atomic technician Mordechai
Vanunu reveals secret weapons production, Sunday Times, October 5, 1986, da www.timesonline.com;
9
Gli editori del giornale inglese ―The Economist‖ evidenziarono questo paradosso, e le contraddizioni insite nel
nucleare israeliano, proprio nella scelta dei titoli per due articoli relativi all‘atomica di Israele: il primo articolo
riferito a The Bomb that Never Is, in ―The Economist‖, 19 ottobre 1991, il secondo per l‘articolo della settimana
successiva chiamato: The World's Worst-Kept Secret, in ―The Economist‖, 26 ottobre 1991, articoli citati in
Pilat, Joseph F., Virtual Nuclear Weapons, Los Alamos National Laboratory, US Department of Energy, October
1996, p.10.; da www.osti.gov;
10
Dunn Ross, Israel Ranked Sixth Nuclear Power by the United States, in ―The New York Times‖, 9 October
1999; da www.nytimes.com;
11
Termine col quale tecnicamente viene definito il superamento della fase sperimentale e l‘inizio della successiva
fase di produzione di ordigni. Sul punto Cohen Avner and Bur William, Israel crosses the threshold, in ―Bulletin
of the Atomic Scientists‖, Vol. 62, n. 3May/June 2006, 23-30.
12
Sul punto. Ne'eman Yuval, Israel in the Nuclear Weapons Age, in ―Nativ‖, September 1995, p. 38; Cohen
Avner, Israel and the Bomb, Columbia University Press, New York, 1998, p. 273.
IX
Agli inizi degli anni ‘70 lo status nucleare di Gerusalemme divenne un fatto presumibile
13
anche
se Israele, diversamente dalle altre Potenze nucleari, mantenendo un comportamento
assolutamente distinto, sino ad oggi non ha mai dichiarato di essere una potenza nucleare,
seguendo una politica ed una prassi inaugurata negli anni 60, dal Primo Ministro Levi Eshkol,
che indicava come Israel would not be the first nation in the Middle East to introduce nuclear
weapons
14
.
Tutti i Primi Ministri israeliani, successori di Eshkol, hanno pedissequamente seguito l‘ambigua
politica declaratoria, oramai nota come politica dell‘opacità nucleare.
La politica nucleare israeliana, o meglio l‘opzione nucleare
15
, rappresenta uno dei cardini
fondanti l‘assetto strategico e di sicurezza dello Stato ebraico; nel corso degli anni ha
rappresentato una sfida al monopolio atomico delle grandi potenze, una realtà ed un traguardo
del sionismo ed ha influenzato e permeato tutta la vita di Israele, con enormi riflessi in campo
strategico, politico e geopolitico.
L‘ambiguità nucleare (od opacità per usare il termine coniato da Avner Cohen e Benjamin
Frankel)
16
, ha rappresentato la manifestazione finale di un processo spontaneo, e non
programmato, di evoluzione della politica strategica nucleare, con conseguenze politiche e
militari di grande rilievo.
Il programma deve essere considerato una parte importante della fase sionista della storia
israeliana, che rappresenta il periodo di realizzazione di grandi progetti, finalizzati al nation-
building, per tale motivo, la realizzazione dell‘arsenale nucleare è risultata decisiva, sin
dall‘inizio, nell‘assicurare l‘esistenza di Israele dai rischi derivanti da un attacco arabo
congiunto.
Nel presente lavoro, quindi, cercheremo di valutare gli effetti, le conseguenze e le ripercussioni
determinate dallo sviluppo dell‘opzione nucleare israeliana, nel corso del tempo, analizzando i
condizionamenti che questa ha avuto in campo strategico e politico nonché le ragioni strategiche
(e geopolitiche) che ne hanno determinato la nascita, analizzando gli effetti dell‘opzione nucleare
13
Smith Hedrick, U.S. Assumes the Israelis Have A-Bomb or Its Parts, in ―New York Times‖, July 18 1970, p.1.
14
Levi Eshkol utilizzò per la prima volta l‘impegno a non introdurre armi nucleari in un ―memorandum of
understanding‖ che stipulò con gli Stati Uniti nel Marzo 1965, la formula che è divenuto oramai un mantra per il
governo israeliano costituisce uno dei pilastri chiave delle relazioni di sicurezza fra Israele e USA. La paternità
della frase di rito va ascritta a Ben Gurion, che la usò verbalmente nel 1962, ed un anno dopo dal Viceministro
della Difesa, Shimon Peres, che la utilizzò in risposta ad un‘interrogazione fattagli dal Presidente John F.
Kennedy; Cohen Avner, Israel and the Bomb, p. 119.
15
Risulta preferibile utilizzare il termine opzione in quanto, per l‘ambiguità di fondo della politica di Israele in
campo nucleare, considerato il fatto che Israele ha lasciato nel vago il significato esatto del termine ―nuclear
introduction‖, attualmente, viene assunto come significato minimo di non introduzione il non testare, non
possedere e non produrre armi nucleari. Sul punto ritorneremo quando affronteremo il concetto d‘opacità.
16
Cohen Avner and Frankel Benjamin, Opaque Nuclear Proliferation in Benjamin Frankel (ed.) Opaque Nuclear
Proliferation, Frank Cass, London, 1991, p.12.
X
sulle politiche di sicurezza e deterrenza d‘Israele, e, quindi, sulla geopolitica e strategia
israeliana.
In particolare, andremo a vagliare se l‘attuale strategia e politica nucleare (che trova origine già
nel pensiero di Ben Gurion – Primo Ministro a partire dal 1948 anno di fondazione dello Stato
d‘Israele)
17
sia valida ed idonea a produrre deterrenza e sicurezza.
La ricerca, nella considerazione che le questioni di ordine strategico e di sicurezza, per loro
natura, sono originate ed inserite in un determinato contesto storico, geografico e politico, avrà
inizio con un esame dei lineamenti storici di Israele (Primo capitolo), per comprendere le ragioni
basilari della strategia israeliana ed i motivi di fondo del programma atomico.
Analizzeremo alcune tappe fondamentali della Storia ebraica, antica e contemporanea, in
particolare, che riteniamo essere fondamentali nella formazione della strategia israeliana e nella
creazione di quelle iconografie
18
, così radicate nella geopolitica di Israele, che ci permetteranno
di valutare, in seguito ed unitamente ad un‘analisi geografica, il contesto geopolitico e strategico.
I lineamenti storici, pertanto, costituiscono il supporto da cui partire per esaminare, nel
successivo Capitolo 2, i lineamenti della geopolitica israeliana, in cui affronteremo l‘analisi
geopolitica dei fattori geografici, la geografia israeliana ed i rapporti con le Grandi Potenze, per
giungere ai modelli relazionali fra Israele e le potenze egemoni od aspiranti tali.
In tale ambito, dopo aver delineato sinteticamente la geopolitica dello Stato ebraico,
esamineremo gli aspetti demografici, verificando come la demografia rappresenti un problema di
sicurezza nazionale, cui rispondere con diverse opzioni, connesse al rapporto fra sicurezza fisica
dello Stato e proiezioni demografiche future.
Connesso all‘aspetto geopolitico, vi è il problema delle risorse idriche, particolarmente rilevanti
nel contesto geografico e topografico della regione.
L‘acqua rappresenta un fattore di attrito con gli Stati confinanti e con l‘Autorità Palestinese, ben
potendo risultare un elemento in grado di aumentare i rischi conflittuali.
Per finire, nel secondo capitolo, esamineremo gli aspetti connessi alla geopolitica delle
immagini, elementi di rilievo nella valutazione della percezione che ogni Stato ha della propria
17
La memoria dell‘Olocausto, considerazioni geopolitiche, la mancanza di risorse e la convinzione da parte di Ben
Gurion che la scienza e la tecnologia giocassero un ruolo fondamentale nella realizzazione del Sionismo, tutto
questo contribuì alla formazione del programma nucleare.
18
Nella costruzione teorica di Jean Gottmann, geografo francese, l‘iconografia è il legame che unisce gli individui
assieme, in forma di società politiche connesse ad uno spazio. E‘ fatta di elementi materiali ed immateriali,
coscienti ed incoscienti che tendono a forgiare l‘identità di un gruppo su un territorio. Si veda sul punto,
Gottmann Jean, Spatial Partitioning and the Politician‘s Wisdom, International Political Science Review, Vol.1,
nr. 4, 1980, p. 432-455; Prevelakis George, The relevance of Jean Gottmann in today‘s world, EKISTICS, vol.
70, n. 422/423, September-December 2003, p 295-298.
XI
collocazione nell‘ambito del sistema globale, e l‘analoga sensazione che gli altri componenti, il
sistema, hanno di un determinato attore statale.
L‘esistenza d‘identità multiple ed iconografie conflittuali, infatti, unitamente alle esigenze di
sicurezza d‘Israele, rappresenteranno lo scenario da cui partire per analizzare la strategia
israeliana. Nel Capitolo 3, quindi, evidenzieremo i principi fondamentali della strategia
israeliana, i cui elementi, distinti in fattori condizionanti, elementi politico-militari ed
operazionali, rappresentano la logica prosecuzione degli aspetti storici e geopolitici indicati.
Nel capitolo 4 prenderemo in esame la parte storica relativa al programma nucleare, tracciando i
passaggi e le tappe fondamentali, gli eventi della politica internazionale ed i personaggi che
hanno indirizzato ed interagito nel percorso di acquisizione dello strumento nucleare.
Nella parte finale del capitolo, poi, verificheremo se le motivazioni specifiche, che hanno
condotto Israele all‘opzione nucleare, trovino un riscontro concettuale nelle teorie della
proliferazione, analizzando i principali termini connessi alla dottrina nucleare ed al concetto
d‘introduzione di un‘arma atomica.
Nel Capitolo 5, tratteremo il problema delle interazioni politiche e strategiche determinatesi a
causa del progetto israeliano, trattando le influenze reciproche fra Israele e Stati Uniti, Unione
Sovietica in genere, e mondo arabo nello specifico.
In tale ambito vedremo come l‘acquisizione della capacità nucleare sia stata sempre osteggiata
sino al fatto compiuto, da tutti gli attori internazionali, per paura delle ripercussioni in campo
strategico a livello locale (area mediorientale) ed in campo politico a livello globale (rapporti di
forza e di deterrenza fra le due superpotenze).
Nel capitolo 6 esamineremo il dibattito strategico israeliano sull‘arma atomica, dibattito ristretto
alle èlite politico-militari, mai pubblico, ma di notevole impatto e di fondamentale importanza.
Verranno, in seguito trattati il problema della deterrenza nei suoi aspetti generali e nell‘accezione
strategica israeliana, con una successiva valutazione dell‘efficacia del deterrente israeliano in
alcuni conflitti arabo-israeliani e regionali (1967 - 1973 e 1991 Prima Guerra del Golfo) nonché
la questione attinente l‘evoluzione dottrinaria conseguente alla fine del monopolio nucleare nella
regione.
Illustreremo, in seguito, il Project Daniel, uno studio elaborato inizialmente nel 2003, ed in corso
di costante aggiornamento, sviluppato in forma privata da un gruppo di ricercatori israeliani e
statunitensi, in cui è stato valutato il futuro strategico di Israele, alla luce delle nuove minacce.
Il progetto, per la sua valenza, ha di fatto già influenzato alcune scelte politiche del governo
israeliano, quali ad esempio l‘abbandono della Striscia di Gaza nel 2005 e forse la rivelazione
XII
accidentale circa l‘esistenza di un arsenale israeliano fatta dal Premier Olmert nel 2006, di cui
alla nota 6.
Di particolare attualità il capitolo 7 ove saranno sviluppati, nell‘ordine, alcuni lineamenti del
progetto nucleare iraniano, le motivazioni che sottendono allo sviluppo atomico, l‘evoluzione dei
rapporti strategici fra Israele e l‘Iran nonché la definizione di minaccia esistenziale.
Esamineremo le diverse opzioni possibili da parte dello Stato ebraico, verificando la possibile
scelta di una forma peculiare di opacità da parte della Repubblica Islamica, infine, sarà vagliata
l‘ipotesi proliferatoria nell‘area, con l‘analisi dei rischi di un Medio Oriente multinucleare.
1
CAPITOLO 1
LINEAMENTI STORICI
1.1 Generalità
L‘esame degli elementi storici risulta particolarmente importante nello studio della geopolitica e
della strategia in genere, e israeliana nello specifico.
La Storia determina e influenza, in connessione con altri fattori di ordine sociale, culturale e
religioso, la formazione delle iconografie; la storia ebraica prima, e israeliana poi, con tutte le
sue iconografie ha inciso considerevolmente nell‘elaborazione geopolitica e, di conseguenza, nel
pensiero strategico.
La geografia, altresì, in quanto fattore oggettivamente dominante le relazioni fra gli Stati, è il
principale elemento condizionante la politica internazionale; la posizione geografica rappresenta
il destino di uno Stato dato che, mentre la scelta delle alleanze e degli avversari è sempre frutto
di un calcolo politico e di un bilanciamento fra interessi contrapposti
1
, le nazioni confinanti sono
obiettivamente presenti, a prescindere da ogni valutazione politica e/o strategica; all‘uopo
risultano sempre valide le parole del Primo Ministro britannico Palmerston, profferite nel 1848
avanti il Parlamento inglese (House of Commons), con cui affermava che la Gran Bretagna non
aveva alleati eterni e nemici perpetui, solo gli interessi britannici erano eterni e perpetui e quegli
interessi erano un dovere da seguire
2
.
La storia dello Stato d‘Israele costituisce uno dei drammi più sorprendenti della nostra epoca; la
formazione statuaria è frutto di un insieme di cause e radici diverse, tutte concorrenti nella
costruzione di un‘entità, ancora oggi controversa e sovente avversata.
In prima istanza, lo Stato ebraico è frutto del sionismo
3
, un‘ideologia nazionalista laica, un
movimento che ha preceduto e preparato la formazione della struttura statale.
4
Il sionismo ha rappresentato la base ideologica necessaria a coagulare le diverse correnti del
nazionalismo ebraico di origine europea, ed è un prodotto dell‘illuminismo europeo, del
1
De Gaulle acutamente osservava che ―gli Stati non hanno amicizie ma solo interessi permanenti‖, sul punto
Segre Vittorio Dan, Le metamorfosi di Israele, Utet, Torino, 2008, p. 183;
2
Oded Eran, Greece: A Strategic Alternative to Turkey?, INSS Insight No. 201, August 20, 2010; da
http://www.inss.org.il;
3
Dal nome del colle Sion dove sorgeva la Città di David, metafora del nuovo Stato ebraico.
4
Barnavi Eli, Storia d'Israele. Dalla nascita dello Stato all'assassinio di Rabin, Bompiani, 2001, p.9.
2
nazionalismo secolare e dei pregiudizi antiebraici dell‘Europa occidentale e orientale
5
, risultando
un‘ideologia aliena dal contesto geografico in cui, poi, si venne a manifestare.
L‘idea fondamentale e l‘auspicio di fondo del moderno sionismo erano quelle di stabilire una
nazione ebraica indipendente in Palestina, non per dogma religioso ma per necessità storiche e
politiche.
Il sionismo mirava a riunire gli ebrei in esilio nella loro terra ancestrale, Eretz-Israel, per
restaurare la sovranità ebraica
6
.
I padri fondatori del movimento
7
consideravano la Palestina, un territorio demograficamente
deserto, da conquistare, poiché al momento dell‘arrivo dei primi coloni e pionieri in Terra Santa,
non vi era alcuna coscienza nazionale, fra gli arabi del luogo, che potesse opporsi
all‘insediamento ebraico, mentre, concetti secolari, quale la nazione e la sua espressione di Stato
5
Ibid., p. 11.
6
Ai suoi inizi il movimento fu ampiamente democratico, diversificato nelle posizioni ideologiche (da Destra a
Sinistra) e credeva nella possibilità di un accordo e compromesso con la popolazione araba in ordine alla
spartizione della terra. Durante i primi anni, non considerava la violenza come presupposto per l‘acquisizione
della terra ambita, questo a causa dell‘ignoranza delle reali condizioni sociali, geografiche e demografiche della
regione.
7
I rabbini Yehuda ben Shelomoh Alkalai, Zevi Hirsch Kalischer e Moses Hess gettano le basi del pensiero
sionista nella Russia di fine Ottocento durante il regno di Alessandro II; Lev Pinsker in un pamphlet pubblicato a
Berlino nel 1882, propugna la fine dell‘assimilazione nella società dei gentili e la necessità di un focolare
nazionale. La figura fondamentale è pero quella di Theodor Herzl, un ebreo austriaco ben assimilato nella società
europea, che viveva e lavorava a Vienna quale corrispondente per un giornale. Lontano dalle vicende sioniste e
dell‘Europa orientale, fu progressivamente coinvolto nella causa ebraica a causa dell‘affare Dreyfus, un ufficiale
francese di origine ebraica falsamente accusato di tradimento e spionaggio, proprio per la sua fede ebraica. Il
caso Dreyfus portò Herzl a scrivere Der Judenstaat (Lo Stato degli ebrei) nel 1897 e, attraverso la sua opera, a
farne il principale leader della causa sionista mondiale. Nel suo lavoro Herzl propugnava la creazione di uno
stato ebraico, ove gli ebrei da tutto il mondo potessero veramente essere assimilati. Le sue idee e i suoi scritti
furono diretti agli uomini di stato europei e ai ricchi e facoltosi ebrei, nella speranza potessero fornire i
finanziamenti necessari al movimento e all‘opera di emigrazione ebraica in Palestina. All‘inizio Herzl considerò
la situazione e il desiderio ebraico di emigrare in Palestina alla stregua di altri movimenti di colonizzazione in
atto da parte dei paesi europei. Era speranzoso che l‘Europa fosse simpatetica con la sua causa e supportasse gli
sforzi. Era, comunque, disposto ad accettare qualsiasi terra disponibile per stabilire una nazione ebraica, tuttavia,
la sua idea era totalmente avversata dagli elementi il gruppo detto gli Amanti di Sion che ritenevano accettabile
solamente la terra di Palestina. Nel congresso indetto nel 1897 a Basilea, con lo scopo di stabilire
l‘organizzazione sionista, la maggior parte dei delegati proveniva dall‘est europeo ed era parte del gruppo sopra
citato. I documenti ufficiali del congresso stabilirono che ―lo scopo del sionismo è di creare per il popolo
ebraico una patria in Palestina protetta dalla legge‖. Herzl era favorevole alla diplomazia e cercò di influenzare
l‘Impero Ottomano per ricevere l‘approvazione all‘insediamento e all‘idea di uno stato ebraico. I suoi sforzi
erano avversati dai membri sionisti dell‘est Europa, più propensi a una presenza ―de facto‖ nell‘area, piuttosto
che a lunghi e prolungati patteggiamenti e sforzi diplomatici. La Sublime Porta, in ogni modo, era contraria a
forme istituzionalizzate di emigrazione ebraica accettando che solo singoli individui potevano entrare
nell‘Impero, non distinte comunità con obiettivi e scopi politici. Herzl continuò le sue pressioni sull‘Impero
Ottomano sino al 1902, dopodiché tornò a concentrare i suoi sforzi sulla Gran Bretagna, con cui discusse la
possibilità di un territorio per la nazione ebraica, al di fuori della Palestina. Alla morte di Herzl nel 1904, non vi
era ancora nessuna soluzione diplomatica per la nazione ebraica. Herzl organizzò il primo convegno sionista
mondiale a Basilea nel 1897 e in esso furono poste le basi per la graduale penetrazione ebraica in Palestina,
grazie all'acquisto da parte dell'Agenzia Ebraica di terreni da assegnare a coloni ebrei originari dell'Europa e
della Russia, per poter poi conseguire la necessaria maggioranza demografica e il sostanziale controllo
dell'economia che potessero giustificare la rivendicazione del diritto a creare a un'entità statale ebraica. Sul punto
Barnavi Eli, Storia d'Israele, pp. 14-19;
3
moderno, erano essenzialmente estranei fra individui vincolati da legami di ordine clanico e
tribale.
Una successiva coscienza nazionale palestinese emerse come risposta difensiva al movimento
sionista, ma rimase ristretta, essenzialmente, alle classi più elevate e istruite, di norma proprietari
terrieri arabo-palestinesi dimoranti in Siria e Libano
8
.
Lo scontro inevitabile fra aspirazioni sioniste e movimento arabo palestinese cominciò a
trasformarsi in una guerra totale fra gli schieramenti, nel momento in cui divenne chiara ai
gruppi contendenti la natura inconciliabile e contraddittoria degli obiettivi dei rispettivi gruppi
nazionali, in competizione per la terra e la superiorità demografica.
Oltre al sionismo, la nascita di Israele risultò fortemente catalizzata dall‘Olocausto, la
distruzione, il massacro degli ebrei europei da parte del Reich hitleriano.
Se il sionismo fornì la base ideologica del nuovo Stato, solamente la tragedia dei campi di
sterminio consentì al movimento di superare le divisioni interne e l‘ostilità degli ebrei assimilati;
per la prima volta, infatti, l‘adesione alle idee sioniste era totale da parte di tutti gli ebrei giacché
la contemporanea simpatia dell‘opinione pubblica mondiale avrebbe, in seguito, permesso un
rapido passaggio dalla fase movimentista, pseudo statale dell‘Agenzia Ebraica, allo Stato ebraico
vero e proprio
9
.
Israele è, anche, frutto del particolare legame storico e religioso fra ebraismo, diaspora ebraica
ed Eretz Israel, la terra d‘Israele.
Il nesso indissolubile fra la religione nazionale e la Terra Promessa, in un contesto ambientale
avverso e ostile come quello dell‘esilio, infatti, consentì alle comunità diasporiche di continuare
a pregare per il ritorno a Gerusalemme, mantenendo la centralità della terra perduta nel culto e
nella religione.
Il legame spirituale con la Palestina è stato fondamentale per consentire agli ebrei il
mantenimento della religione atavica, impedendo la progressiva trasformazione e decadenza in
setta religiosa, destinata alla sparizione.
10
La storia antica di Israele rappresenta la parte più mitologica e radicata dell‘iconografia ebraica;
il particolare collegamento alla Terra d‘Israele, promessa da Dio ad Abramo, il ricordo del
Tempio e delle distruzioni, l‘esilio forzato, tutto concorse nel sedimentarsi nel recondito degli
8
Morris Benny, Vittime. Storia del conflitto Arabo-Sionista 1881-2001, BUR, Milano, 2001, pp. 40-44;
9
Barnavi Eli, Storia d'Israele, pp. 22-23.
10
Ibid. p.10.
4
ebrei, rappresentando nei secoli la spinta fondamentale al ritorno, all‘Aaliyah, alla risalita verso
la Terra d‘Israele.
11
Gli elementi citati contribuirono, dunque, alla formazione dello Stato ebraico, divenuto
indipendente il 14 maggio del 1948.
Al momento dell‘indipendenza Israele aveva una popolazione di circa 800.000 abitanti, di cui
650.000 ebrei e 150.000 arabi
12
. Nel 1973, dopo appena venticinque anni, vi erano circa
2.750.000 ebrei e, circa 480.000 arabi, mentre, nel 2009, secondo l‘autorevole CIA - The World
Factbook
13
, gli abitanti erano oltre 7.200.000, di cui oltre 5.500.000 ebrei e i rimanenti arabi,
drusi, circassi ecc.
Durante questo periodo l‘afflusso migratorio fu veramente enorme, per esempio, solo agli inizi
degli anni ‘90, è stato calcolato siano giunti in Israele circa un milione di ebrei dall‘ex Unione
Sovietica.
Gli emigranti arrivati nel corso dei decenni, parlavano lingue diverse e avevano differenti
tradizioni culturali; la maggior parte era povera e priva d‘istruzione e andava integrata nello stato
nascente e in fase di formazione, nel contempo, minacciato nella sua esistenza dal pericolo di
annientamento da parte degli stati arabi confinanti.
Agli enormi problemi d‘integrazione e sicurezza, andavano, pertanto, aggiunte le difficoltà di
ordine sociale derivanti dalle divisioni e dalle fratture esistenti nel mondo ebraico, fra la
popolazione della diaspora in fase d‘immigrazione e gli israeliani stessi, già insediati.
14
Elementi di contrasto correvano lungo le linee etniche: circa la metà degli immigrati proveniva
dai Paesi Occidentali (e aveva vissuto direttamente la tragedia dell‘Olocausto), mentre la
rimanente parte era composta di ebrei provenienti dai paesi arabi, specialmente dal 1948.
Le divergenze etniche, poi, si sommavano alla tradizionale divisione fra ebrei orientali (sefarditi)
ed ebrei occidentali (askenaziti), con difformità in campo culturale, teologico e di culto.
15
Infine, si deve aggiungere l‘ultima situazione di divisione fra ebrei ortodossi (ostili alla
formazione di uno Stato ebraico giacché contrario alla stretta interpretazione talmudica) ed ebrei
sionisti non ortodossi; quest‘aspetto di contrasto risulterà particolarmente rilevante nella vita
sociale e politica stessa d‘Israele, con una continua tensione fra una maggioranza laica e una
11
Ibid. p. 10.
12
Cohen Abner, Il popolo d‘Israele, in ―I popoli della Terra‖, vol. 16, Mondadori, Milano, 1971, p. 39.
13
Central Intelligence Agency, The World Factbook 2009, da www.cia.gov;
14
Cohen Abner, p. 40.
15
Ibid. p. 40.
5
risoluta minoranza religiosa, in grado di influenzare notevolmente la società israeliana in ragione
del sistema elettorale proporzionale esistente
16
.
Alla luce di tutto questo, oggi Israele è una democrazia di tipo occidentale, con un sistema
politico efficiente, un‘avanzata economia di mercato ed una società libera, scientificamente e
culturalmente all‘avanguardia.
Come tutto questo sia stato possibile in appena sessanta anni è veramente sorprendente e,
verosimilmente, va imputato al fatto che gli ebrei condividono una storia e una cultura, che
risalgono a migliaia di anni fa, un passato idealizzato in cui fu conquistata la Terra di Israele e si
sviluppò una civiltà
17
, culturale e spirituale (da cui, in seguito, trasse le sue origini il
cristianesimo), immortalata nei testi dell‘Antico Testamento.
Durante i secoli bui dell‘esilio e della diaspora, le tradizioni e la promessa del ritorno alla
madrepatria
18
furono mantenute vive dai riti e dalle cerimonie religiose.
Alle centinaia di anni di emarginazione seguì l‘esperienza dell‘Olocausto, che inferse una ferita
profonda a tutti gli ebrei, europei e non, divenendo mito e iconografia fondante lo Stato
d‘Israele
19
, sovrapposta a un‘ideologia - il sionismo - nata per riportare gli ebrei nella Terra
d‘Israele e, in seguito, fornire un rifugio sicuro
20
.
16
Israele è una democrazia parlamentare con un Presidente della Repubblica, capo dello Stato, ed un Primo
Ministro, capo del governo. Il sistema parlamentare è unicamerale (la Knesset) con durata della singola camera
di sette anni. Il Primo Ministro è il leader del partito con maggior numero di seggi in Parlamento. A causa del
sistema elettorale proporzionale, lo spettro politico è molto frammentato, con la presenza di piccoli partiti che
esercitano un potere non proporzionato alle preferenze ottenute a causa della soglia parlamentare al 2% dei voti
per accedere alla Knesset ed alla necessità dei loro pochi voti per formare governi di coalizione. Le elezioni sono
tenute ogni 4 anni, sovente anche in intervalli minori per le difficoltà a mantenere unite coalizioni eterogenee. La
durata media dei governi israeliani è di 22 mesi, per le reazioni interne al processo di pace, l‘influenza eccessiva
dei partiti religiosi e gli scandali, che portano alla rottura delle alleanze. Israele non ha una costituzione scritta
bensì 11 leggi fondamentali che stabiliscono il ruolo del governo ed enumerano i diritti fondamentali. Vi è un
sistema giudiziario indipendente con tribunali e tribunali distrettuali, con al vertice la Corte Suprema, molto
attiva ed autorevole, le cui sentenze risultano molto influenti nella politica e nella società. Sul punto Migdalovitz
Carol, Israel: Background and Relations with the United States, CRS Report for Congress, nr.RLRL3746,
Washington, September 8 2008, p. 3;
17
Gli ebrei si percepiscono più che una nazione come una civiltà connessa ad un determinato territorio,
significativo per la civiltà stessa; il territorio, poi, venne conquistato da altre civiltà, ritornando in mano ebraica
nel 1948; sul punto Aronson Shlomo and Brosh Oded., The Politics and Strategy of Nuclear Weapons in the
Middle East: Opacity, Theory, and Reality, 1960–1990—An Israeli Perspective, State University of New York
Press, Albany, 1992, p. 3-4;
18
Per migliaia di anni gli ebrei della Diaspora hanno brindato la sera precedente la Pasqua al motto: il prossimo
anno a Gerusalemme, segno della speranza e della loro fede nel ritorno.
19
La ferita profonda inferta dall‘Olocausto nella società israeliana tende a scendere ad un vittimismo denunciato
come nevrosi dall‘ex Presidente della Knesset ed intellettuale, Avraham Burg, un‘infelicità che tocca anche chi
non ha mai vissuto lo sterminio, definita sempre da Burg, un caso limite di ―sterminio retroattivo‖. Sul punto
Lerner Gad, Scintille, Feltrinelli, Milano, 2009, p. 241; altrettanto interessante sul rapporto tra nascita,
formazione e consolidamento di Israele ed Olocausto è Segev Tom, Il settimo milione. Come l‘Olocausto ha
segnato la Storia di Israele, Mondadori, Milano, 2001, pp.10-11;
20
Cohen Abner, Il popolo d‘Israele, p. 40.
6
Gli israeliani sono intimamente convinti che loro, e solo loro, saranno in grado di proteggersi e
difendere tutti gli ebrei dal ripetersi di una simile catastrofe: ogni ebreo israeliano si considera il
sopravissuto da secoli di persecuzione.
21
In Israele il passato è racchiuso nel presente in ogni momento della vita.
1.2 Lineamenti storici (dalla’Antichità all’indipendenza dello Stato d’Israele)
L‘attuale Stato di Israele comprende una porzione significativa di quella che una volta era
chiamata Palestina. Tremila anni fa il territorio era conosciuto dagli ebrei quale Eretz Israel, la
terra d‘Israele, mentre ancora prima l‘area era chiamata Canaan
22
. Le risultanze archeologiche
indicano che il popolo ebraico deriva dalla fusione fra la popolazione originaria di Canaan e tribù
di origine semitica
23
.
Nel periodo compreso fra il 1800/1500 a.c., infatti, una stirpe semitica, gli ebrei (hapiru), lasciò
la Mesopotamia insediandosi in Canaan, ove erano stanziate diverse tribù di origine Ittita,
Filistea, verosimilmente formate da genti provenienti da Micene (antichi greci che si erano
insediati da Micene)
24
.
Secondo il racconto biblico, le origini degli ebrei si fanno risalire ad Abramo, per le Tanakh
(Scritture ebraiche) ad Abramo, chiamato da Dio, fu promessa una lunga discendenza e la terra
di Canaan
25
. Seguendo la narrazione profetica, dopo la schiavitù in Egitto e la successiva
liberazione da parte di Mosè, le dodici tribù ebraiche ritornarono nella terra promessa, Canaan,
iniziando la progressiva conquista del territorio, durata alcuni decenni.
21
Ibid. p. 39.
22
Smith Charles D., Palestine and the Arab-Israeli Conflict, Bedford/St. Martin‘s, Boston MA, 2007, p.1;
23
Ibid. p. 3;
24
Sul punto The Jewish Kingdoms of Ancient Judah and Israel al sito www.mideastweb.org/Israelpalbib.htm;
25
Religion Facts, History of Judaism, http://www.religionfacts.com/judaism/history.htm
Figura 1. – Dislocazione delle 12 tribù di
Israele verso l’anno 1100-1000 a.c.
Fonte Middle East web al sito www.
www.mideastweb.org
7
Verso il 1050 a.c., i Filistei si spostarono nelle aree occupate dagli ebrei; per contrastare la
minaccia degli invasori, il Profeta Samuele consacrò Saul quale primo Re di Israele, il novello
sovrano regnò per brevissimo tempo poiché rimase ucciso in battaglia, durante il primo anno di
guerra.
Il comando ricadde, allora, su David, un pastore addestrato dai Filistei, che unì le tribù di Israele
e sconfisse il nemico, stabilendo attorno all‘anno 1000 a.c. il Regno di Israele.
David, il re più vittorioso della storia ebraica, e il cui regno beneficiò di una forte indipendenza,
stabilì Gerusalemme quale centro politico e religioso, trasferendovi l‘Arca dell‘Alleanza, la
reliquia più sacra degli ebrei e simbolo della loro unità.
Il sovrano, tuttavia, non costruì alcun tempio e solamente Salomone, suo figlio, costruì il Tempio
dell‘Arca dell‘Alleanza a Gerusalemme.
26
Alla morte di Salomone (925 a.c.), le popolazioni del nord del reame rifiutarono di riconoscere
quale successore suo figlio, di conseguenza il regno fu diviso in due parti: Israele a nord e
Giudea a sud.
La suddivisione del regno d‘Israele determinò un primo e decisivo indebolimento delle due
entità, per cui la parte settentrionale, Israele, divenne agevolmente soggiogabile da potenze
esterne, venendo conquistata dagli Assiri e completamente distrutta nel 722 a.c.
Verso la fine del VI secolo a.c., col crollo dell‘Impero Assiro ed il passaggio dei poteri
all‘Impero babilonese, anche la parte meridionale dell‘area occupata dalle tribù israelite fu
occupata (586 a.c.): infatti, i babilonesi conquistarono il Regno di Giuda, distruggendo il Tempio
e allontanando la popolazione ebraica in esilio permanente, al di fuori della terra promessa.
26
Gold, Dore, The Fight for Jerusalem, Regnery Publishing, Washington, DC., 2007, p. 47
Figura 2. La regione palestinese ai tempi di Re David
Fonte Middle East web
8
Cinquanta anni dopo, il Re persiano Ciro conquistò Babilonia: il sovrano consentì a un gruppo di
ebrei di tornare a Gerusalemme per ricostruirla ed iniziare l‘insediamento nella città.
Un gran numero di ebrei rimase, comunque, in Babilonia stabilendo la prima comunità della
diaspora ebraica.
La restaurazione dello stato ebraico, sotto la veste di protettorato persiano, durò dal 530 al 331
a.c., sino a quando Alessandro il Grande, nel conquistare l‘Impero Persiano, sottomise tutto
Israele.
Fra il 520 e il 525 a.c. fu ricostruito il Secondo Tempio, nuovamente saccheggiato dai Greci nel
167 a.c.
Nel 64 a.c. i Romani cominciarono la conquista dell‘area, ponendo sul trono Erode, re dei giudei
sino al 4 a.c.
Durante il Regno di Erode il Tempio venne ricostruito e ampliato, con la contemporanea
acquisizione da parte degli ebrei di una certa autonomia religiosa e di diritti giuridici e
legislativi, attraverso un corpo chiamato Sinedrio, la più alta rappresentanza ebraica consentita
dai Romani.
Il regno di Giudea era un ―clientes‖ di Roma, suddiviso nei distretti di Giudea, Galilea e Perarea;
l‘area centrale, comprendente Gerusalemme, era la Giudea vera e propria.
Nel 66 d.c. la stanchezza verso la dominazione straniera e una setta fanatica, gli Zeloti, diedero
impulso alla prima sfida contro il potere romano; la ribellione fu soffocata nel sangue, nel 70
d.c., con la distruzione del Tempio da parte delle Legioni romane, comandate da Tito figlio
dell‘imperatore Vespasiano.
Tutto ciò che ancora oggi rimane del Tempio, è il muro occidentale, meglio conosciuto come
Muro del Pianto, il luogo più sacro del Giudaismo, fulcro della fede e sito di forte
contrapposizione con i fedeli mussulmani.
Fig. 3 - La Palestina all’epoca dell’occupazione romana
Fonte Middle East Web