serie di iniziative del debitore aventi come finalità quella di contrastare
l’azione esecutiva
1
.
In particolare in alcuni casi la contestazione aveva ad oggetto
l’esistenza o l’ammontare del credito, in altri casi consisteva in una
“eccezione di nullità” di atti processuali. In quest’ultima ipotesi, poi,
erano previsti termini di decadenza e il giudizio doveva essere deciso
con sentenza, peraltro inappellabile qualora l’eccezione di nullità fosse
stata respinta
2
.
In questo contesto, in cui la normativa si presentava frastagliata e
spesso di difficile interpretazione, fu di grande rilievo l’opera di
sistemazione della materia svolta dalla dottrina dell’epoca, che giunse in
generale a distinguere tra “opposizione di merito” e “opposizione
d’ordine” o “di forma”.
Più precisamente, nell’impostazione del Carnelutti
3
, l’opposizione
di merito è diretta all’accertamento negativo, totale o parziale, del debito
o della sua esigibilità, mentre l’opposizione d’ordine è volta
all’accertamento delle nullità nel processo d’esecuzione per l’assenza di
1
Per l’espropriazione mobiliare potevano prendersi in considerazione gli artt. 579, 580, 645,
649, 655, mentre a proposito dell’espropriazione immobiliare rilevavano gli artt. 660, 695, 696, 697,
702.
2
Per questo motivo era molto importante stabilire quando ci si trovasse di fronte ad un caso
di eccezione di nullità; per un esame delle conclusioni a cui giunse la dottrina e la giurisprudenza
dell’epoca v. MATTIROLO, Trattato di diritto giudiziario civile italiano, V, Torino 1932, 774 ss.
3
CARNELUTTI, Lezioni di diritto processuale civile. Processo di esecuzione, III, Padova,
1929-1933, 323 ss.
5
uno dei suoi presupposti, ovvero di uno o più atti del procedimento
esecutivo che manchi delle forme previste dalla legge
4
.
Diversa è l’opinione del Satta
5
, che amplia l’area dell’opposizione
di merito del debitore; l’Autore ritiene, infatti, che tale opposizione sia
“diretta a escludere la pretesa esecutiva del creditore per:
a) mancanza delle condizioni sostanziali dell’azione;
b) mancanza delle condizioni formali dell’azione esecutiva;
c) mancanza delle condizioni processuali della modificazione
esecutiva.”
L’opposizione di forma del debitore, invece, è “diretta ad escludere
la pretesa esecutiva del creditore: per vizio dell’atto costitutivo della
singola modificazione esecutiva prodotta” e, quindi, “si riferisce alla
illegalità, e quindi alla nullità dell’atto esecutivo”.
2. Nel momento in cui si procedette alla redazione di un nuovo
Codice di rito, il legislatore tenne ben presenti gli insegnamenti della
precedente dottrina
6
. Non a caso il Codice di procedura civile del 1940
4
Questa ricostruzione è accolta da LIEBMAN, in Le opposizioni nel processo di esecuzione,
Roma, 1936.
5
SATTA, L’esecuzione forzata, Milano, 1937, 365.
6
Osserva ORIANI, in L’opposizione agli atti esecutivi, Napoli 1987, 5-6, che la necessità di
prevedere una disciplina generale in materia di opposizioni nasceva dall’insuccesso del codice del
1865 “dove la presenza di normative in parte diverse per l’espropriazione mobiliare e per quella
immobiliare faceva sorgere, ogni qualvolta una disposizione dettata per l’una non era riprodotta per
l’altra, il solito interrogativo: si tratta di una norma eccezionale (come tale non applicabile ai casi non
previsti) o invece costituisce espressione di un principio generale (come tale estensibile)?”.
6
dedica al tema delle Opposizioni l’intero Titolo V, al cui interno si
rinviene una distinzione tra opposizione all’esecuzione (art. 615),
opposizione agli atti esecutivi (art. 617) e opposizione di terzo
all’esecuzione (art. 619), che sembra ricalcare, almeno in parte la
sistemazione che era stata data dalla dottrina sotto la vigenza del vecchio
codice.
Limitatamente all’espropriazione forzata, poi, il codice di procedura
civile disciplina una particolare forma di opposizione c.d. distributiva
(artt. 511, 2° comma e 512 c.p.c.), diretta a risolvere le contestazioni che
possono sorgere nella fase di distribuzione del ricavato.
Tradizionalmente si afferma che l’opposizione agli atti esecutivi
costituisce lo strumento attraverso il quale controllare il corretto
svolgimento del processo di esecuzione (il cosiddetto quomodo), mentre
l’opposizione all’esecuzione e l’opposizione di terzo costituiscono
opposizioni di merito, dirette, cioè, a contestare la legittimità
dell’esecuzione (l’an)
7
.
Peraltro, nell’impostazione originaria del legislatore del 1940,
l’opposizione agli atti esecutivi avrebbe dovuto consentire un controllo
7
Tra le tante voci in tal senso VERDE - CAPPONI, Profili del processo civile. Processo di
esecuzione e procedimenti speciali, Napoli 2006, 214 ss; MANDRIOLI, Opposizione all’esecuzione,
voce in Enc. Dir., XXX, Milano 1980, 432; BUCOLO, Il processo esecutivo ordinario, Padova 1994,
1085; CASTORO, Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, Milano, 1995, 711; PICARDI,
Appunti di diritto processuale civile. I processi speciali, esecutivi e cautelari, Milano 2002, 144.
7
limitato alla mera regolarità formale della procedura, da effettuarsi in un
giudizio in unico grado definito con sentenza non impugnabile
8
Ciò lo si ricava non solo dalla lettera dell’art. 617 c.p.c., nel quale si
dispone che l’opposizione si rivolge “alla regolarità formale del titolo
esecutivo e del precetto” e “alla notificazione del titolo esecutivo e del
precetto e ai singoli atti di esecuzione”; ma anche e soprattutto dal
sottofondo ideologico che ha accompagnato la redazione della nuova
disciplina del procedimento esecutivo: la volontà del legislatore era
quella di isolare la fase esecutiva dalle forme e dai problemi di natura
cognitiva; questi, infatti, si presumevano risolti in via pregiudiziale dal
titolo esecutivo, per questo nella fase di esecuzione, diretta unicamente
ad attuare un diritto già accertato, l’elemento centrale è costituito dal
rispetto delle forme imposte dalla legge al creditore procedente e al
giudice
9
.
In realtà il disegno del legislatore non trovò mai una concreta
attuazione, poiché la dottrina offrì immediatamente una lettura estensiva
8
In questo senso si è parlato di un rimedio assimilabile ad una sorta di “reclamo interno” al
processo esecutivo: cfr. VERDE – CAPPONI, Profili del processo civile cit., 224.
9
Nella Relazione al Re, illustrativa del nuovo codice di procedura civile si legge: “tutto il
processo esecutivo, ma specialmente quello di espropriazione immobiliare, era dominato finora dalle
forme, e perfino dalla terminologia, del processo di cognizione: le garanzie del contraddittorio e della
collegialità, che sono preziose e insopprimibili quando si tratta di decidere, si trovano impiegate fuor
di luogo nel processo di esecuzione, dove non si tratta più di decidere ma di operare in conformità di
un titolo già di per sé esecutivo. […] Tale distinzione è stata tenuta sopra tutto presente nel
disciplinare la materia delle opposizioni del debitore e dei terzi; riservate le forme del processo di
cognizione a quei soli casi in cui l’opposizione rende veramente necessaria una decisione con tutte le
garanzie formali ad essa inerenti, il restante procedimento esecutivo è stato sveltito e purificato dai
residui delle forme contenziose”.
8
dell’istituto: si affermò, infatti, che l’opposizione agli atti esecutivi fosse
esperibile non solo dal debitore o dal terzo assoggettato alla procedura
esecutiva, ma anche dai creditori
10
e dai terzi verso i quali è stato posto
in essere un atto esecutivo
11
, e che il suo oggetto riguardasse non solo la
regolarità formale dell’atto esecutivo, come lasciava, invece, intendere la
lettera della norma, ma anche l’opportunità e la congruenza dello
stesso
12
.
3. La questione non tardò a porsi all’attenzione della
giurisprudenza, che agli inizi degli anni ’50 fissò quei caratteri
fondamentali dell’opposizione agli atti esecutivi che ancora oggi sono
generalmente ritenuti dei punti fermi in materia.
Un primo passo è costituito dalla sentenza della Corte di Cassazione
del 29 febbraio 1952 n. 558
13
, che, rilevando come il secondo e il terzo
comma dell’art. 618 c.p.c. dovessero essere considerati abrogati per
10
FURNO, Disegno sistematico delle opposizioni nel processo esecutivo, Firenze 1942, 182:
“non si può, d’altro canto, escludere in linea assoluta che tale interesse sorga anche, talvolta, nel
soggetto (o nei soggetti) attivo dell’esecuzione: giacché, segnatamente nell’ipotesi di un
provvedimento inopportuno, può benissimo darsi il caso che l’inopportunità pregiudichi, non il
debitore, ma piuttosto il creditore […].”
11
CARNELUTTI, Istituzioni del nuovo processo civile italiano, II, Roma 1942, 683 e nello
stesso senso ZANZUCCHI, Manuale di diritto processuale civile, III, Milano 1945, 273. ANDRIOLI, in
Commento al codice di procedura civile, III, Napoli 1947, 261-262, fa riferimento in particolare
all’aggiudicatario inadempiente, al terzo detentore di cose del debitore, delle quali quest’ultimo può
direttamente disporre, i detentori dell’immobile soggetto al rilascio, il terzo pignorato.
12
CARNELUTTI, Istituzioni cit. III, 671, 679; ZANZUCCHI, Manuale cit. III, 270 ss; ANDRIOLI,
Commento cit. III, 257; FURNO, Disegno cit., 187 ss, dove l’Autore parla, in particolare, di “controllo
politico” affidato al giudice dell’esecuzione.
13
Pubblicata in Foro It., 1952, I, 1039.
9