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con la pubblicità hanno ben poco a che fare, ma che sono utili per avere una
visione globale su chi era Armando Testa, sul suo genio, sulla sua creatività
e sulla sua continua ricerca; verrà analizzata la sua opera pittorica, le seri-
grafie, le cartoline augurali e l’ultimo splendido Testa. Per concludere que-
sta prima parte, il quinto capitolo tratterà la produzione realizzata per il Ca-
rosello, si partirà dalle sue invenzioni: Pippo l’ippopotamo, Papalla, Stob-
bia, Caballero e Carmencita fino alla discussione dei caroselli più famosi.
La seconda parte, basata sulla consultazione di alcuni siti web e di video
presenti nella “rete”, sarà invece orientata ad un approccio critico nei con-
fronti dell’odierna Armando Testa. Nel corso di questa parte si vedrà come,
dopo la scomparsa di Armando Testa, il lavoro proseguito dal figlio Marco
si caratterizzi per un’opera assai mediocre, sprovvista di una vera e propria
bibliografia in riguardo. Verrà messa a confronto, con pratici esempi,
l’innovazione, la ricerca, lo studio e la sperimentazione fatta da Armando
Testa con la produzione decisamente più modesta fatta oggi dall’omonima
agenzia. Nello specifico si andranno ad analizzare: stampa, affissione, pub-
blicità televisiva ed infine il caso Lavazza.
Parte I
Armando Testa: un passato di innovazione e ricerca
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1. Armando Testa. L’identità
1.1. Una breve biografia
1
Nato a Torino nel 1917, Armando Testa frequenta la Scuola Tipografica
Vigliardi Paravia dove Ezio D’Errico, pittore astratto, gli fa conoscere l’arte
contemporanea, a cui guarderà sempre con grande interesse. Nel 1937, a
vent’anni, vince il suo primo concorso per la realizzazione di un manifesto,
un disegno geometrico ideato per la casa di colori tipografici ICI. Dopo la
guerra lavora per importanti case come Martini & Rossi, Carpano, Borsalino
e Pirelli. Lavora anche come illustratore per l’editoria e crea un piccolo stu-
dio di grafica. Nel 1956 nasce lo Studio Testa dedicato alla pubblicità non
solo grafica ma anche televisiva. Alcune delle aziende che si servono dello
Studio Testa diventano ben presto leader di settore: Lavazza, Sasso, Carpa-
no, Simmenthal, Lines. Vince nel 1958 un concorso nazionale per il manife-
sto ufficiale delle Olimpiadi di Roma del 1960. Nascono poi, fra gli anni
Cinquanta e i Settanta, immagini e animazioni filmate per la televisione che
sono rimaste nella storia della pubblicità, legati a slogan entrati nel linguag-
gio comune: il gioco grafico fra bianco/nero e positivo/negativo per il dige-
stivo Antonetto (1960); le perfette geometrie della sfera sospesa sulla mezza
sfera per l’aperitivo Punt e Mes (1960); i pupazzi conici di Caballero e
Carmencita per il caffè Paulista di Lavazza (1965); gli sferici abitanti del
pianeta Papalla per Philco (1966); Pippo l’ippopotamo azzurro per i panno-
lini Lines (1966-67); l’avvenente bionda Solvi Stubig per la Birra Peroni
(1968). Come primo riconoscimento istituzionale del suo lavoro, è invitato a
tenere la cattedra di Disegno e Composizione della Stampa presso il Poli-
tecnico di Torino dal 1965 al 1971. Nel 1968 riceve la Medaglia d’oro del
1
Cfr. http://www.armandotesta.it/it/venezia2009.html.
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Ministero della Pubblica Istruzione per il suo contributo all’Arte Visiva,
mentre nel 1975 la Federazione Italiana Pubblicità gli tributa la Medaglia
d’oro come riconoscimento per i successi conseguiti all’estero. Nel 1978 lo
Studio Testa diventa Armando Testa S.p.A. che negli anni seguenti apre le
sedi di Milano e Roma e continua a siglare campagne pubblicitarie di gran-
de successo. Dalla metà degli anni Ottanta Testa, oltre che nella pubblicità
vera e propria, si impegna nell’ideazione di manifesti per eventi e istituzioni
culturali e di impegno sociale, da Amnesty International alla Croce Rossa,
dal Festival dei Due Mondi di Spoleto al Teatro Regio di Torino. Realizza
anche i marchi che contrassegnano enti culturali come il Salone del Libro e
il Festival Cinema Giovani di Torino, e il Castello di Rivoli Museo d’Arte
Contemporanea. La sua agenzia diventa la più grande fra quelle operanti in
Italia in quel settore, con sedi nelle più importanti nazioni europee. Si dedi-
ca ad una ricerca grafica e pittorica di libera creatività negli anni Ottanta e
Novanta. La pubblicità viene ormai studiata come forma autonoma di e-
spressione e comunicazione, e diverse istituzioni italiane e straniere dedica-
no a Testa mostre antologiche, che spesso comprendono la sua attività pitto-
rica. Vanno ricordati il Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano nel
1984, la Mole Antonelliana di Torino nel 1985, il Parson School of Design
Exhibition Center di New York nel 1987, il Circulo de Bellas Artes di Ma-
drid nel 1989. Sempre nel 1989 diviene “Honor Laureate” presso la Colora-
do State University di Fort Collins. Armando Testa muore a Torino il 20
marzo 1992, tre giorni prima di compiere settantacinque anni. Tra le mostre
a lui dedicate dopo la sua scomparsa, le personali di Palazzo Strozzi a Fi-
renze nel 1993, del Museo di Arte Contemporanea di Rivoli e Castel
Sant’Elmo nel 2001 e all’Istituto Italiano di Cultura di Londra nel 2004.
9
1.2. La vera identità di Armando Testa
Chi è quindi Armando Testa? Troppo facile sarebbe individuare la sua
opera e la sua figura all’interno del solo panorama pubblicitario; nei suoi la-
vori Armando Testa ha sempre fatto convivere più linguaggi, le sue creazio-
ni risultano sempre colte, come dipinti, uniche e irripetibili.
Da qualunque parte lo si voglia osservare, Testa “…rimane una delle
forze espressive più genuine del nostro paese: nella sua costante volontà di
comunicare al prossimo… il suo complesso e sempre avvincente messaggio
visivo: un messaggio che è insieme persuasivo e artistico.”
2
Partendo da questa affermazione, chi se non Gemma De Angelis
3
la mo-
glie di Armando Testa, che ha non solo partecipato alla sua vita come don-
na, ma che ha anche collaborato professionalmente con lui, potrebbe meglio
descriverci i suoi interessi e il suo pensiero? Capiremo tramite questa quali
sono state le basi e le qualità anche innate che hanno portato Armando Testa
ad essere una delle figure maggiormente rappresentative nel panorama pub-
blicitario italiano.
Gemma ci dice di lui che era un uomo dotato di enorme allegria, amore e
trasporto per ogni aspetto della vita; era carismatico, ironico, irrequieto, an-
ticonformista aveva una vitalità esuberante; intraprendeva viaggi con un in-
stancabile energia, viaggiava spesso per visitare musei e gallerie; da ognuna
di queste visite, con sé non portava via nulla di materiale ma solo emozioni
ed una forte “carica”, assorbiva tutto ciò che vedeva, elaborava ogni cosa e
dopo molto tempo magari anni, le idee balzavano fuori sotto altre forme e
sembianze. Gemma ci dice di Armando Testa che era affascinato dalle for-
me semplici, la frase che amava più di tutte era “nel meno c’è il più”
4
; forte
2
Gillo Dorfles, Armando Testa. Il segno e la pubblicità, Milano, Mazzotta, 1985, p.24.
3
Cfr. Gemma De Angelis Testa, in AA.VV., Armando Testa, Milano, Edizioni Charta, 2001,
pp. 11‐16.
4
Celebre motto di Ludwig Mies van der Rohe, direttore della scuola Bauhaus, Cfr. Gemma
De Angelis Testa, op. cit., p. 12.
10
ed incessante era il suo bisogno di disegnare, lo faceva su qualsiasi materia-
le, che fosse carta, cataloghi o libri non importava, ciò che importava era
l’irrefrenabile necessità di trascrivere con il disegno le immagini create dalla
sua fantasia.
Gemma ci fa notare che nel campo pubblicitario come anche in quello
artistico, la curiosità in Testa era il principio basilare dal quale come una
“scintilla” prendeva vita ogni sua opera. È questo tratto comportamentale la
fonte della sua creatività che in lui affondava le radici nella tradizione pitto-
rica italiana, una creatività che aveva poco a che fare con i modelli anglo-
americani legati al marketing. Proprio dal suo amore per la pittura derivò la
rivoluzione che questo introdusse nel campo pubblicitario, Testa infatti na-
sce come pittore astratto, negli anni giovanili è la pittura ad essere la sua
massima espressione.
La continua ricerca dell’originalità gli fece esplorare ogni sentiero della
comunicazione visiva: “ha sconfinato da pubblicità a pittura, da grafica a
televisione, da design a scrittura, ha finanche ideato la facciata dell’edificio
che è sede dell’Agenzia Testa a Torino ancora oggi.”
5
Le sue creazioni dice Gemma, nascevano autonome, slegate dalla pub-
blicità e dalle committenze, erano ricerche personali; Testa era particolar-
mente interessato al segno, alla forma che poi con maestria adattava alle e-
sigenze pubblicitarie.
Affascinante, quasi ammirabile al giorno d’oggi, il pensiero che Arman-
do Testa aveva sul ruolo del pubblicitario, lo riteneva responsabile dal punto
di vista etico e culturale nei riguardi del pubblico; secondo questo la pubbli-
cità è infatti, sia testimone della comunicazione commerciale sia della storia
del paese, dovrebbe perciò avere funzione educativa e incarico di trasmette-
re il messaggio dell’arte. “Contrario alla pubblicità bieca, alla falsa moti-
vazione, alla falsa informazione, alla retorica del lava più bianco, Armando
5
Gemma De Angelis Testa, in AA.VV., Armando Testa, Milano, Edizioni Charta, 2001, p. 14.
11
riteneva che certe atmosfere corredate da ambigue parole, sotterfugi e lu-
macose motivazioni, maltrattassero l’intelligenza del pubblico e ne sfruttas-
sero l’ingenuità.”
6
Da queste parole si nota un Armando Testa che affronta
il tema pubblicità con enorme serietà, una pubblicità fatta secondo questo di
ricerca, di studio, non creazione superficiale ma rispettosa dell’intelligenza
del pubblico.
Nell’esaminare considerazioni e testimonianze di vari critici, alcune e-
mergono più di altre. Jeffrey Deitch
7
, critico, curatore, gallerista newyorkese
e molto altro, definisce Armando Testa un “modernista”, una figura chiave
che, creando nell’Italia degli anni Cinquanta un punto di contatto tra Avan-
guardia e cultura popolare ha contribuito a formare la cultura visiva italiana.
“La sua opera infatti utilizza un linguaggio modernista caratterizzato dalla
sintesi, dalla semplificazione e dalla giustapposizione surreale...” queste in-
novazioni linguistiche gli anno permesso di creare delle pubblicità “…che
catturano l’immaginario collettivo, creando al tempo stesso una nuova cul-
tura delle immagini.”
8
Lo stesso Jeffrey Deitch ci spiega poi come Armando Testa, da una pro-
spettiva contemporanea, potrebbe essere definito come uno dei primi “artisti
del commercio”; i suoi lavori infatti sono frequentemente incentrati su un
processo di fusione e sintesi, che unisce l’arte al commercio,
all’intrattenimento e al design; così facendo Testa ha plasmato una nuova
tipologia di artista, che come lui, usa un approccio multidisciplinare.
Dopo queste considerazioni, la definizione che secondo noi pare più e-
saustiva e completa, che meglio si attribuisce ad Armando Testa, è quella di
“visualizzatore globale”, data dal critico d’arte Gillo Dorfles
9
.
6
Gemma De Angelis Testa, in AA.VV., Armando Testa, Milano, Edizioni Charta, 2001, p. 16.
7
Cfr. Jeffrey Deitch, in AA.VV., Armando Testa, Milano, Edizioni Charta, 2001, pp. 25‐28.
8
Jeffrey Deitch, in AA.VV., Armando Testa, Milano, Edizioni Charta, 2001, pp. 25‐26.
9
Cfr. Gillo Dorfles, Armando Testa. Il segno e la pubblicità, Milano, Mazzotta, 1985, pp. 19‐
20.