INTRODUZIONE
“Conosci te stesso”. Fin dai tempi dell’ordine impartito
dall’oracolo di Delfi, l’uomo ha cercato di soddisfare questo
imperativo, creando concetti e teorie in grado di rispondere agli
interrogativi sulla nostra identità: introspezione, soggettività,
coscienza e auto-coscienza, volontà, parole che ci appaiono oggi
familiari, pienamente dominabili, ma che in realtà sono più che
mai opache e sfuggenti. La realtà spesso è più complessa di
quanto possa sembrare, soprattutto quando concerne l’essere
umano e la sua domanda perenne: che cosa sono io? Noi esseri
umani, noi animali pensanti, noi unione di mente e corpo;
sinergia perfetta di macchina fisica e pilota mentale, espressione
più evoluta dell’industria naturale, prodotto di un’evoluzione
biologica che ingannevolmente sembra condurre per forza di
cose, all’essere umano. Noi così misteriosi, malgrado, nel corso
della sua storia, l’uomo abbia portato avanti una spontanea
riflessione filosofica e speculativa su se stesso, riflessione che nei
secoli ha dato forma alla cultura e alla società in cui viviamo,
nonché alle convinzioni che la contraddistinguono, come ad
esempio la percezione fondamentale di un controllo completo
sulle nostre azioni. Tale analisi è continuata anche negli ultimi
cento anni, prendendo via via le distanze dalla speculazione a
priori per dare spazio e importanza alla prova sperimentale,
conducendo a scoperte che in un passato non troppo remoto,
sarebbero apparse impossibili.
Questa tesi magistrale nasce dal desiderio di terminare il mio
ciclo di studi con una riflessione, l’ennesima, sull’uomo, e in
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particolar modo, su ciò che dell’uomo sembra essere il mistero
più insondabile: la sua mente-cervello, nella sua struttura e,
soprattutto, nel suo funzionamento. Riflettere sull’uomo e sul
suo cervello vuol dire cercare di comprendere cosa si nasconde
sia dietro alla presunzione di una superiorità vera o immaginata
sugli altri abitanti del Pianeta, sia dietro a quella materia così
povera di magia, che permane tuttavia una inesauribile fonte di
stupore: il nostro corpo. La comunità degli scienziati e dei
filosofi di oggi si divide tra coloro che, seguendo la pista iniziata
da Darwin ne L’origine dell’uomo (1871), asseriscono la
continuità tra l’uomo e gli animali, e coloro che credono invece
che tra essi esista una netta separazione, dovuta principalmente
all’attività cerebrale dell’uomo, diversa e superiore sotto molti
aspetti rispetto a quella animale. Per molto tempo infatti, si è
pensato che solo gli umani fossero capaci di pensiero, e
soprattutto di riflessione su loro stessi, ma poi si sono ottenute
prove che non solo anche altri animali pensano, ma alcuni di loro
possiedono persino una qualche forma di pensiero riflessivo.
Quello che sicuramente differenzia l’uomo dagli altri animali è,
da un punto di vista biologico, non tanto la struttura dell’organo
cervello, quanto il suo funzionamento. Uno dei prodotti più
misteriosi e più importanti di questo funzionamento complesso,
è l’emergere della coscienza, ovvero della consapevolezza del
contenuto, del valore e della funzione dei propri pensieri e stati
emozionali.
Lo studio scientifico della coscienza come prodotto della mente-
cervello, è recente; il superamento e l’eliminazione della
concezione dualistica propria della tradizione filosofica di
matrice cartesiana, sono stati il frutto della psicologia moderna,
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e più di recente delle neuroscienze, le quali con le moderne
tecniche di neuro-imaging, hanno permesso agli studiosi di
localizzare in determinate aree cerebrali, funzioni complesse,
ritenute dapprima opera di un’entità immateriale. Lo sviluppo
delle tecniche di neuro-immagine ha consentito di instaurare
nuove convinzioni e sradicarne altre, come ad esempio l’idea che
il cervello “ragioni” in termini generali per dominio, elaborando
in maniera aspecifica qualsiasi forma di input per poi
rielaborarla. Grazie al monitoraggio dell’attività neurale si è
potuto constatare che in molti casi ad un certo tipo di input
corrisponde l’attivazione di una specifica area cerebrale. Oggi la
“lettura della mente”
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è una delle frontiere dell’indagine neuro-
scientifica: gli scienziati si stanno concentrando sull’attività
conscia e inconscia relativa ai meccanismi di etero e auto-
attribuzione e sui processi di formazione delle decisioni e dei
giudizi; a questo proposito, voglio ricordare solo un recente
studio condotto da Haynes nel 2008, nel Bernstein Center
Computational Neuroscience di Berlino. Ai volontari, sottoposti
al controllo dell’attività mentale con l’ausilio dell’analisi
multivariata del pattern (MVPA), veniva chiesto di scegliere se
premere il pulsante destro o quello sinistro di un telecomando:
Haynes si stupì nello scoprire che i segnali nella corteccia
prefrontale e parietale del cervello- aree coinvolte
nell’elaborazione degli obiettivi nuovi- comparivano ben 10
secondi prima che il volontario avesse percezione cosciente della
volontà di agire. Risultati come questi si sono ottenuti in altri
esperimenti, presso altri laboratori, e sebbene siano stati talvolta
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Per lettura della mente intendiamo qui la facoltà di interpretare, anticipare e capire le
intenzioni, i desideri, le credenze degli altri e infine di noi stessi.
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tacciati di artificiosità, se ne trae l’impressione di aver valicato
un limite, aver confutato alcune idee tradizionalmente ritenute
inattaccabili. Lo spazio che abitualmente definiamo come
coscienza, quello spazio che ogni istante della nostra esistenza
chiamiamo in causa nell’agire e nel pensare, nel valutare e nello
scegliere, è molto diverso da un monitor che lascia guardare
senza veli le immagini al suo interno. E’ uno spazio ben diverso,
sul quale sicuramente si ha assai meno controllo di quanto si
pensasse, e che proprio per questa ragione suscita un
grandissimo interesse. Ma allora, se ciò che facciamo, scegliamo,
decidiamo, non dipende dalla nostra volontà cosciente, e se
questa volontà cosciente non è altro che la capacità di
interpretare l’attività inconscia del nostro cervello, che spazio
rimane alla responsabilità umana, al libero arbitrio, all’idea di
agire in base a quello che riteniamo più opportuno? Su questi
interrogativi il dibattito prolifera.
Questa tesi si occupa precisamente di queste nuove prospettive
sulla coscienza umana; in particolare, mi sforzerò di mostrare
che l’immagine che la psicologia e la neuroscienza ci forniscono
della coscienza introspettiva, pone radicalmente in discussione
quella che fino a poco tempo fa ne hanno avuto i filosofi. Oggi si
può ben dire che all’io auto-trasparente di Descartes è sostituito
un io opaco a se stesso. Esaminerò il dibattito attuale sulla
capacità introspettiva umana, evidenziando le principali
posizioni in gioco e valutandone la tenuta; analizzeremo le teorie
che si sforzano di salvaguardare gran parte dell’introspezione
cosciente (Goldman, Nichols e Stitch) per poi prendere in esame
all’estremo opposto, la posizione di Peter Carruthers, il quale
ritiene che di introspezione si possa parlare soltanto in relazione
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agli stati percettivi. La posizione della comunità scientifica
odierna, sembra propendere per la visione di Carruthers, forte di
numerosi esperimenti e test condotti su soggetti affetti da
neuro-patologie, come gli split-brains, che mostrano come in
determinate situazioni, il nostro cervello compia
un’interpretazione a posteriori dell’attività neurale, di cui tenta
di dare una spiegazione logica e pertinente con l’idea di sé. E’ il
caso della confabulazione, fenomeno già evidenziato a livello
teorico da Freud nei suoi studi su pazienti in sonno ipnotico.
Questa visione di un uomo integralmente prodotto dall’attività
neurale, risulta assolutamente contro-intuitiva; dobbiamo
cominciare a far spazio quantomeno all’idea di un essere umano
diverso da come siamo abituati a pensarlo; diverso, non
necessariamente migliore o peggiore. Personalmente, non ho la
sicurezza di molti –tra i tanti mi viene da pensare a Daniel
Dennett- quando affermano che nello svelare l’ultimo mistero
dell’uomo, non si cela il rischio di perdere quel pizzico di
meraviglia al quale a volte fa bene appellarsi per sentirsi più
forti. Sono certa altresì, che il risultato di questa ricerca sarà un
essere umano che, nell’indagare se stesso, scopre profondità
inimmaginabili che lo rendono, al di là delle posizioni favorevoli
o contrarie alla vicinanza con gli altri animali, un essere speciale
per complessità, grado d’evoluzione e mistero.
Questa tesi si divide in quattro parti: nel primo capitolo,
ripercorrerò le trasformazioni che il concetto di coscienza ha
subìto, concentrandomi soprattutto nel percorso dell’ultimo
secolo; attraversando le varie fasi storiche e culturali, dagli studi
sull’inconscio di Freud al comportamentismo di Watson, per
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arrivare alla rivoluzione cognitivista e ai primi esperimenti
scientifici atti a dimostrare come in alcune situazioni, il nostro
accesso cosciente ai contenuti mentali sia pressoché inesistente.
Gazzaniga e i suoi studi sulla confabulazione saranno il punto di
arrivo di questa prima fase.
Nel secondo capitolo, mi concentrerò sulla descrizione
dell’introspezione, dapprima nella sua accezione integrale e
completamente dominabile, per aprire poi la strada alle
successive idee di una coscienza opaca e di una capacità
introspettiva ridotta al minimo; analizzerò le posizioni di
Goldman e quelle di Nichols e Stich, per sottoporle poi al vaglio
dell’evoluzione e delle ricerche neuro-scientifiche.
Il terzo capitolo è invece interamente dedicato all’analisi
dell’“introspezione divisa e parzialmente eliminata” di Peter
Carruthers; approfondirò il dibattito relativo ai processi di etero
ed auto-attribuzione per concludere poi verso quella che sembra
essere la posizione più plausibile al momento attuale, nonostante
alcune discordanze e controversie.
Nel quarto e ultimo capitolo, concluderò la mia riflessione-
basandomi principalmente sulla posizione di Wegner- sulla
precarietà della volontà cosciente, cercandone dimostrazioni
anche in casi di danni strutturali al sistema nervoso, responsabili
dell’alterazione della capacità di controllo sulle azioni umane.
Nelle conclusioni, cercherò di lasciare un’idea il più chiara
possibile di quello che attualmente è il punto d’arrivo di un
dibattito, come vedremo, molto acceso; non si troveranno
conclusioni definitive e risposte certe, ma quantomeno sarà
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ultimato un lavoro di valutazione analitica delle ipotesi più
credibili.