1.1 Motivi e presupposti della rilevanza normativa degli acquisti
di concerto
La disciplina degli acquisti “concertati” di azioni di società quotate, oggi
delineata dal Testo Unico delle disposizioni in materia di
Intermediazione finanziaria (di seguito Tuf), emanato con d. lgs. 24
febbraio 1998, n. 58, nasce, sicuramente, dall’esigenza di regolamentare
situazioni di particolare rilievo nella definizione degli equilibri di
sistema del mercato mobiliare e dalla necessità degli organi di
vigilanza
1
di avere gli strumenti di intervento e controllo preventivo
2
opportuni per la comprensione delle reali dinamiche di scambio di
prodotti finanziari che hanno luogo nei mercati regolamentati.
L’attenzione delle Autorità di controllo si rivolge, soprattutto, all’analisi
degli effetti che determinate transazioni possano produrre in termini di
trasparenza degli assetti proprietari, mobilità e contendibilità del
controllo, stabilità e cristallizzazione dei poteri all’interno delle società il
cui capitale azionario sia oggetto di manovre potenzialmente speculative.
In questo senso, si deduce che il discorso sul fondamento della rilevanza
normativa degli acquisti di azioni concertati non può non intrecciarsi con
quello generale sull’opportunità delle OPA obbligatorie: comuni sono i
1
Il riferimento è, in via di principio, alla Consob, che, come si avrà modo di approfondire in seguito,
per volontà dello stesso legislatore del 1998, ha avuto e continua ad avere un grande ruolo
nell’interpretazione e applicazione del nuovo Testo Unico attraverso la sua attività deliberativa.
2
La regolamentazione del concerto, nella misura in cui è idonea ad evitare manovre elusive della
disciplina sull’OPA obbligatoria , per così dire, “individuale”, assume la funzione di strumento di
controllo preventivo.
2
presupposti, identico è il motivo che ha condotto il legislatore, da un lato
ad imporre l’OPA obbligatoria nei casi di cui all’artt. 106 e 108 del Tuf
(rispettivamente, OPA successiva totalitaria e OPA residuale), e,
dall’altro, a prevedere l’applicabilità di queste stesse disposizioni ai casi
indicati dall’art. 109 Tuf rubricato, appunto, “Acquisti di concerto”.
Più precisamente la previsione del suddetto art. 109 ha una funzione
antielusiva della disciplina posta dai precedenti artt. 106 e 108.
E le ragioni appaiono chiare. E’ dovere della Consob saper rilevare
sempre, in considerazione degli assetti proprietari esistenti e, quindi,
delle modalità di frazionamento dei poteri decisionali nell’ambito delle
assemblee, gli effettivi centri di potere degli organismi societari: se non
esistesse la previsione dell’art. 109 sarebbe possibile e facile per i soci
che acquisiscano partecipazioni qualificate evitare il lancio dell’OPA e
nascondere “forme coalizionali” di controllo societario.
Si pensi al caso in cui un socio X sia detentore del 10% delle azioni con
diritto di voto della società quotata Alfa e un altro socio Y ne detenga il
9% e fra i due soci esista un sindacato di voto
3
; successivamente X
acquista nuove azioni di Alfa pari all’8% del capitale e Y, a sua volta, ne
acquista il 7% ed entrambi provvedono a sindacare i titoli appena
acquistati. Orbene, se questa fosse la situazione non troverebbe
3
Il sindacato di voto è l’elemento dal quale è possibile cogliere la concertazione, dato che attraverso
di esso i due soci hanno la possibilità di controllare il voto espresso dagli altri soci aderenti e, quindi,
uniformarlo ai loro interessi.
3
applicazione l’art. 106, 1 comma
4
, dal momento che esso considera solo
la proprietà individuale degli azionisti e, individualmente, a seguito degli
incrementi effettuati, X e Y, rispettivamente detengono il 18% e il 16%,
senza, perciò, alcun obbligo di procedere all’offerta. Tuttavia, l’esistenza
del sindacato di voto fra X e Y darebbe modo ai due soci di agire in sede
assembleare in maniera concordata e convergente e, qualora il restante
capitale della società Alfa sia eccessivamente frammentato o vi sia
frequente assenteismo dei soci, il parallelismo fra i due avrebbe un peso
determinante, nel senso che la percentuale del 34% da essi
congiuntamente detenuta e il voto uniforme che vi corrisponde sarebbero
di per sé idonei ad attribuire a X e Y il controllo della società.
Avremmo, in questo caso, assistito ad un’ operazione di trasferimento
del controllo (di fatto) sulla società alla quale, tuttavia, per le particolari
modalità con cui è avvenuta, non è possibile collegare gli effetti
predisposti dalla legge: dare rilevanza agli acquisti concertati significa,
perciò, imporre l’obbligo di OPA anche quando la percentuale del 30%
(o del 90%, trattandosi di OPA residuale, art. 108) è superata sommando
la proprietà azionaria di soggetti, legati da determinati rapporti, che
abbiano a titolo oneroso incrementato le loro partecipazioni, anche non
contestualmente.
4
L’art. 106,1 comma, prevede che “chiunque, a seguito di acquisti a titolo oneroso, venga a detenere
una partecipazione superiore alla soglia del trenta per cento, promuove un’offerta pubblica di
acquisto di azioni quotate in mercati regolamentati italiani con diritto di voto…”. La percentuale
rilevante che fa scattare l’obbligo di OPA successiva totalitaria e, perciò, il 30%.
4
Detto questo, come prima evidenziato, è chiaro che l’utilità di una
misura antielusiva è tale solo se si condividono le ragioni alla base della
disciplina legislativa cui la misura stessa si riferisce.
Stabilire l’utilità della normativa sull’OPA obbligatoria significa stabilire
quali vantaggi possono derivare dalla statuizione di un obbligo che sorge
nel momento in cui presuntivamente (come nel caso degli acquisti di
concerto di cui all’art. 109 Tuf) o effettivamente, ha luogo un
trasferimento o un consolidamento del controllo
5
.
Secondo alcuni si tratterebbe di individuare, sul piano normativo, un
trade-off tra efficienza ed equità.
L’efficienza impone di ideare una disciplina che permetta la
realizzazione di tutti e soltanto quei trasferimenti del controllo che
creano ricchezza per la società
6
, inibendo, pertanto, l’acquisizione del
controllo da parte di chi voglia soltanto sfruttarlo per trasferire risorse
dagli azionisti di minoranza a se stesso, depredando la società a proprio
esclusivo vantaggio
7
; l’equità, invece, impone che sia sempre possibile
5
E’ doveroso sottolineare che non sempre al lancio di un’OPA obbligatoria, nella prassi, si connette,
quale presupposto, un’operazione di trasferimento o consolidamento del controllo societario, visto che
il legislatore del Testo Unico del 1998 ha deciso di ancorare la statuizione dell’obbligo in parola al
verificarsi di condizioni oggettive, tra cui il raggiungimento di una percentuale azionaria fissa cd.
qualificata, che in alcuni casi è superiore a quella realmente necessaria per esercitare il controllo sulla
società. In questi termini ed in senso lato è necessario cogliere il rapporto tra OPA obbligatorie e
trasferimento del controllo.
6
Paradossalmente, in mancanza di una regolamentazione, sarebbero questi i trasferimenti più difficile
da realizzare. Gli azionisti di minoranza, essendo a conoscenza delle buone capacità e intenzioni
gestionali dell’offerente, avrebbero tutto l’interesse a non aderire all’offerta non alterando, così, la
misura della loro partecipazione, con l’aspettativa di incrementare il valore delle azioni detenute: così
facendo l’OPA fallirebbe e non si avrebbe alcun trasferimento.
7
E’ possibile che si attui un trasferimento di questo tipo a causa della cosiddetta “coazione a
vendere”. Con questa espressione ci si riferisce alla condizione degli azionisti destinatari dell’offerta
che, non riuscendo a coordinarsi fra loro, data l’eccessiva dispersione ed organizzare una collettiva
astensione dall’offerta capace di determinarne il fallimento, per il timore di ritrovarsi proprietari di
5
agli azionisti di minoranza o dispersi tutelarsi di fronte alle conseguenze
dannose di operazioni sulle quali, in mancanza di specifiche norme, non
hanno potere di veto (cd. “tutela dell’exit).
8
In altre sedi si è sottolineato come, sul piano funzionale, l’OPA
obbligatoria sia lo strumento idoneo ad assicurare a tutti gli azionisti una
partecipazione pro rata al cd. “premio di controllo” (o “premio di
maggioranza”), quale valore attualizzato dei benefici monetari e non che
derivano dalla detenzione di un pacchetto azionario di controllo, al netto
dei relativi costi (dovuti alla spesa per la gestione della società), per il
principio della parità di trattamento degli azionisti
9
. In questa prospettiva
l’OPA rappresenterebbe il prezzo del controllo che l’acquirente paga in
sede di offerta e che, proprio grazie a quest’ultima, viene distribuito fra
tutti gli azionisti, chiamati ad aderire alla pubblica offerta e non solo a
colui che vende il pacchetto di controllo
10
.
Accennando al fatto che l’operatività del suddetto principio della parità
di trattamento come fondamento dell’obbligo di OPA è stata da taluni
azioni deprezzate per la cattiva condotta gestionale del nuovo controllante, si convinceranno a vendere
al più vantaggioso prezzo d’offerta .
8
Cfr. L. ENRIQUES, “L’ Opa per il controllo”, su www.cedif.org (Centro di Diritto e Finanza).
L’autore condivide la scelta del legislatore del 1998 in materia di OPA obbligatorie, valutando lo
scarso funzionamento dell’autonomia statutaria in un contesto come quello italiano.
9
E’ ormai minoritario l’orientamento secondo cui del premio di controllo debba beneficiare solo il
cedente del relativo pacchetto azionario, perché esso rappresenta la remunerazione dei costi sopportati
per raggiungere la partecipazione qualificata o per controllare l’operato degli amministratori. Così
scrive P. MONTALENTI, “Disciplina delle Opa/Commento all’art. 10, l. 18 febbraio 1992, n. 149”,
in Leggi civ. comm.,1997, p. 247.
10
Il premio di maggioranza fa sì che le azioni rientranti nel pacchetto azionario di controllo abbiano
un valore maggiore rispetto alle altre azioni della medesima società, per il fatto che unitariamente
considerato il pacchetto ha un valore più alto della somma del valore delle singole azioni che lo
compongono .
6
contestata
11
, in questa sede vale la pena di non soffermarsi oltre sulle
ragioni e l’utilità della normativa attuale delle OPA obbligatorie, che
taluni pure hanno messo in dubbio
12
limitandosi a sottolineare che (e
questo in maniera inconfutabile) essa introduce una novità rispetto al
passato che molti attendevano da tempo
13
, della quale, in precedenza vi
erano solo deboli tracce e, che, tenendo conto di quanto negli anni a
seguire le cronache finanziarie, anche molto recenti, ci hanno raccontato,
il nostro sistema non può che ritenere provvidenziale: la
regolamentazione degli “acquisti di concerto”.
11
Cfr. M. PAGANO – F. PANUNZI – L. ZINGALES, “Osservazioni sulla riforma della disciplina
dell’Opa, degli obblighi di comunicazione del possesso azionario e dei limiti agli incroci azionari” in
Riv. Soc., 1998, p.153. La tesi sostenuta è che suddetto principio “si riferisce al rapporto tra la
società da un lato e gli azionisti dall’altro. Non riguarda il rapporto tra gli azionisti della società o
tra gli azionisti esistenti e quelli potenziali di una società”. Altre sono le obiezioni mosse all’attuale
disciplina delle OPA obbligatorie anche sul piano dell’efficienza economica.
12
Cfr. M. GATTI., “Opa e struttura del mercato del controllo societario”, Milano, Giuffrè, 2004, p.
264 e ss.
L’autore espone le sue personali perplessità sul fatto che la normativa italiana sulle OPA obbligatorie
non si estenda, sotto il profilo oggettivo, anche alle azioni prive di voto o con voto limitato a materie
diverse da quelle di cui all’art. 105, c. 2. Al di là del fatto che una scelta di questo tipo “caratterizzi
ben poche altre regolamentazioni (nel Regno Unito, infatti, l’offerta va estesa “to the holders of any
class of equity share capital whether voting or non voting”, in Francia a “la totalitè du capital”), chi
scrive presume che una scelta del genere possa incentivare il ricorso alle non-voting shares da parte di
emittenti i cui gruppi di controllo vogliano sottrarsi all’obbligo di OPA per cedere più agevolmente il
pacchetto di controllo, essa costituendo potenzialmente uno “strumento di arbitraggio anti-OPA
obbligatoria”, anche se “finora non si è osservato, tra le società assoggettate all’OPA obbligatoria un
deciso out-put da strutture one share, one vote”, forse per i “non risibili svantaggi paralleli” derivanti
dall’emettere azioni prive del diritto di voto.
13
Per tutti E. BERLANDA, “La disciplina delle offerte pubbliche di acquisto” in Riv. Soc., 1995, p.
889.
7
1.2 Il “concerto” nella l. 149/1992
Come già detto, gli acquisti di concerto, come fattispecie idonea a
fondare un obbligo solidale di lancio di offerta pubblica di acquisto a
carico dei soggetti presuntivamente indicati come “concertanti”,
rappresentano una delle innovazioni introdotte dal Tuf.
La precedente normativa in materia di offerta pubbliche di acquisto e di
scambio, contenuta nella l. 18 febbraio 1992, n. 149, cd. “l. OPA”, nulla
disponeva al riguardo o, meglio, non conteneva una norma che, come
oggi quella all’art. 109 del Tuf, disciplinasse l’ipotesi degli acquisti
concertati in maniera specifica e completa.
Tuttavia, la dottrina ha costantemente individuato un labile riferimento al
“concerto” nell’art. 10, 4 c. della suddetta legge. La disposizione citata
recitava:”…Qualunque patto o accordo che comporti per gli aderenti
limitazioni o regolamentazioni del diritto di voto, obblighi o facoltà di
preventiva consultazione per l’esercizio dello stesso, obblighi circa il
trasferimento di azioni, ovvero qualunque accordo per l’acquisto
concertato, deve essere comunicato, a pena di inefficacia, alla Consob,
entro cinque giorni dalla data di stipulazione…”: al di là del dato
letterale, si intuisce che, in questa sede normativa, la cd. azione di
concerto (o, comunque, “situazioni, vicende o comportamenti di soggetti
i quali potessero venir ricondotti in qualche modo alla comune
8
accezione che tale figura presenta nell’ambito delle più significative
legislazioni straniere nelle quali essa è disciplinata
14
) non aveva
un’autonoma e compiuta rilevanza. La richiamata disposizione
conteneva, infatti, solo un richiamo al “concerto”, peraltro nell’ambito
della disciplina dei patti relativi all’esercizio del diritto di voto, non
come elemento costitutivo di una nuova fattispecie giuridica quale
presupposto di un obbligo di OPA.
Tuttavia, vi è stato chi, argomentando, questa volta, dal comma 3 del
suddetto art. 10
15
, che contiene un esplicito riferimento al controllo di
fatto realizzato attraverso un sindacato di voto, ha ritenuto che detta
norma, attribuendo rilevanza al cd. controllo congiunto, ossia ad una
tipica situazione assimilabile all’agire di concerto, finisse per richiamare
, sia pure non esplicitamente, tale nozione.
16
Il comma 3 appena ricordato può avere, forse, il merito di aver dato in
chiave prodromica al legislatore del 1998 uno spunto per
l’individuazione delle fattispecie rilevanti oggi ai sensi dell’ art. 109 del
Tuf, alla cui lett. a) il nesso fra patti parasociali e controllo si pone come
14
Così, L. A. BIANCHI, “Sub art. 109”, in AA. VV., “La disciplina delle società quotate nel testo
unico della finanza:D. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58/Commentario” a cura di P. Marchetti – L. A.
Bianchi, Milano, Giuffrè, 1999, p. 430.
15
L’art. 10, 3 c. così recitava:”…Qualora non sia possibile individuare uno o più azionisti di controllo
ai sensi del comma 2°, l’obbligo di cui al comma 1° sussiste quando si intende acquisire, direttamente
o indirettamente, tramite interposta persona o la partecipazione a sindacati di voto, una
partecipazione non inferiore a quella posseduta, direttamente o indirettamente,per il tramite di
interposta persona o di società fiduciaria, dall’azionista, ovvero, nel caso in cui esistano sindacati di
voto, dagli azionisti in possesso della maggioranza relativa dei voti esercitabili nell’assemblea
ordinaria….”.
16
Così L.A. BIANCHI, “Sub art. 109”, cit., menziona la tesi di DI SALVO – PROVIDENTI,
“Esperienze”, p. 50.
9
elemento fondante di quella che, sicuramente, rappresenta l’ipotesi più
rilevante, normativamente ed empiricamente, di acquisto concertato
nell’ambito nel nuovo quadro normativo.
Eppure, numerose sono le differenze strutturali tra l’obbligo di OPA
corrispondente all’ipotesi dell’ormai abrogato art. 10, 3 comma, l.
149/1992 e quello scaturente invece dall’attuale art. 109, lett. a) del Tuf.
Innanzitutto, nel vigore della vecchia legge, mancando un riferimento
preciso all’elemento della solidarietà come costitutivo dell’obbligo di
OPA, la dottrina ha sempre quasi pacificamente ritenuto rilevante, anche
nell’individuazione dei soggetti obbligati all’offerta, esclusivamente la
posizione di colui che detenga la maggioranza delle azioni sindacate,
essenzialmente sulla considerazione sistematica che il co-controllo o il
controllo congiunto è nozione eccezionale, peraltro sempre più ristretta
nel nostro ordinamento, ove la regola è rappresentata dal controllo
solitario
17
.
Quest’impostazione sembra essere confermata anche dalla
comunicazione Consob 24 luglio 1992, n. 99005380, dove la
Commissione testualmente stabilisce che “qualora un soggetto controlli
il sindacato in virtù delle pattuizioni in esso contenute, ed al sindacato
17
Così L. A. BIANCHI, “Sub art. 109”, cit., p. 254; BASSO R., “Sub art. 109”, AA. VV.
“Commentario al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria”, a cura di
G. Alpa – F. Capriglione, Padova, 1998, p. 109.
10
sia riferibile più del 50% del capitale ordianario, il soggetto è
considerato controllante di diritto”.
18
E’ chiaro che la dottrina maggioritaria configurava il rapporto di
controllo come un rapporto unisoggettivo, cioè un rapporto che fa capo
ad un solo dominus
19
, anche in quelle situazioni in cui contribuissero a
creare la situazione di controllo a favore di un unico soggetto tutti i soci
sindacati ( si pensi al caso di un socio X, aderente ad un patto di
sindacato, che detenga il 20% della azioni della società Y e che, pur
essendo la sua quota di per sé inidonea ad attribuirgli il controllo della
società, sia comunque in grado di controllarla (di fatto), visto che può
controllare il sindacato, disponendo della maggioranza delle azioni
sindacate e visto che il sindacato delibera a maggioranza con l’obbligo
per la minoranza dissenziente di uniformarsi in sede assembleare).
La complessità del rapporto tra partecipazione ad un sindacato di voto ed
esercizio del controllo ai fini OPA è stata poi a lungo analizzata dalla
dottrina con più frequente e costante riferimento ai sindacati a
maggioranza, trascurando il diverso profilo dei sindacati all’unanimità
20
,
nei quali non è dato ravvisare un singolo soggetto controllante solitario,
18
Stesso orientamento la Consob ha espresso in altre comunicazioni con le quali ha negato la
sussistenza dell’obbligo di OPA qualora non fosse possibile individuare un solo soggetto che
acquisisse il controllo. (Si v. pure com. n. 97002825 del 30 aprile 1997, relativa ad una fattispecie di
controllo congiunto “su base perfettamente paritetica”).
19
Così G. SBISA’, “Patto di sindacato e OPA”, in Contratto e Impresa, 1992, II, p. 659..
20
Questi vengono espressamente equiparati, nella loro irrilevanza a fini OPA, ai sindacati a
maggioranza ai quali aderiscano solo due soci, detentori della medesima quota azionaria, che abbiano
sindacato tutte le loro azioni, in ragione del potere di veto spettante a ciascuno dei partecipanti alla
convenzione, Cfr. R. LENER, “La nuova disciplina delle offerte pubbliche d’acquisto”, in Riv. Dir.
Civ., 1999, II, p. 269.
11
ma soltanto l’agire in comune, il “concerto”, appunto, consente agli
aderenti l’esercizio dell’influenza dominante. Per questo motivo, proprio
con riferimento a questo genere di accordi alcuni autori hanno ipotizzato
la rilevanza di una situazione di controllo congiunto : il controllo, infatti,
in questo caso, è detenuto, non già dal sindacato (che non è un soggetto
giuridico), bensì dagli azionisti, così come sembra prevedere il terzo
comma, là dove fa riferimento a “più azionisti di controllo” e agli
“azionisti in possesso della maggioranza relativa”. E, si badi, non da
ciascun azionista singolarmente considerato (ipotesi di co-controllo), ma
dal gruppo dei soci sindacati unitariamente considerati (ipotesi di
controllo congiunto in senso proprio) : nel primo caso, infatti, si
rischierebbe, paradossalmente, di assoggettare all’obbligo di OPA
qualsiasi trasferimento azionario compiuto dai soci aderenti, anche di
una sola azione, con successiva adesione al sindacato (trattandosi
comunque di trasferimento da un soggetto ritenuto controllante ad un
altro), mentre, nel secondo caso, opportunamente, solo il trasferimento
della globalità delle azioni comporterebbe l’obbligo di offerta pubblica.
Tutto questo in contrasto con quanto ha ritenuto un autore
21
, secondo il
quale il riferimento normativo a più azionisti di controllo, o possessori
della maggioranza relativa debba interpretarsi non in termini di
contitolarità del rapporto di controllo, secondo quanto prima esposto, ma
21
Così R. COSTI, “I sindacati di blocco e di voto nella legge sull’Opa”, in Banca, Borsa, 1992, p.
480.
12
in termini di duplicità del controllo stesso; l’obiezione a questa tesi è che
, se si può pensare che vi siano due azionisti di controllo sindacati (uno
diretto e uno indiretto), non è chiaro come due soci possano essere
contemporaneamente detentori della maggioranza relativa delle azioni
22
.
L’individuazioni del soggetto controllante è naturalmente funzionale a
riconoscere colui sul quale, in caso di acquisto azionario con successiva
allocazione della quota acquistata al sindacato (tale da creare un
situazione di controllo attraverso di esso), graverebbe l’obbligo di offerta
pubblica di acquisto, ma è fondamentale sottolineare, ai fini della
discussione sull’evoluzione normativa della fattispecie degli acquisti di
concerto, che, pure nei casi in cui parte (minoritaria) della dottrina si era
spinta a rilevare una situazione di cd. controllo congiunto tramite patto di
sindacato, ad essa mai si correlava un obbligo di OPA solidale, cioè
gravante su tutti i soci sindacati partecipi del controllo, giungendo, così,
alla configurazione di una fattispecie di OPA obbligatoria, quale quella
oggi prevista dall’art. 109, lett. a) del Tuf.
Si aggiunga, poi, il fatto che, in assenza di una definizione normativa, vi
erano ulteriori incertezze nell’individuare la tipologia di patti parasociali
classificabili come patti di sindacato e, in quanto tali, rilevanti per
l’applicazione della disciplina sull’OPA.
22
Tali le obiezioni mosse da P. MONTALENTI, “Disciplina delle Opa”, cit., p. 255.
13
Taluno propendeva per una definizione di tipo “funzionale”,
identificando l’accordo di voto in quelle convenzioni “che attribuiscono
il controllo societario (o la maggioranza relativa dei voti)”
23
, secondo
altri per potersi parlare di sindacato di voto “occorreva come requisito
minimo indispensabile , che vi fosse un accordo che vincolasse le parti
ad esercitare il diritto di voto secondo le regole pattuite”
24
: individuare
criteri di ricognizione degli accordi di voto rispetto alla generale
categoria dei patti parasociali risultava momento esegetico
indispensabile, visto che solo ai sindacati di voto erano espressamente
riferiti i primi tre commi dell’art. 10 della l. 149/1992 (ossia la disciplina
sulle offerte pubbliche di acquisto ), non alla generalità degli accordi
parasociali, rilevanti, invece, ai sensi del comma 4 (concernente gli
obblighi di comunicazione alla Consob e pubblicazione).
Ferme le differenze strutturali fra le due ipotesi normative considerate
(OPA obbligatoria ex art. 10, 3 comma, l. 149/1992 e ex art. 109, lett. a),
Tuf), punto di contatto tra l’attuale disciplina dell’OPA di concerto e
l’ormai abrogata l. 149/1992, come si avrà modo di approfondire nel
successivo capitolo sta nel fatto che, tanto i sindacati di voto di cui al
comma 3 del vecchio art.10, quanto i patti parasociali richiamati alla lett.
a) del nuovo art. 109 del Tuf, rilevano ai fini dell’obbligo di OPA
soltanto in presenza di trasferimenti azionari: l’autonoma e solitaria
23
Cfr. P. MONTALENTI, “Disciplina delle Opa”, cit. , p. 253.
24
Così G. SBISA’, “Patti..”, cit., p. 656, definizione ripresa e condivisa anche da P. MONTALENTI,
“Disciplina delle Opa”, cit., p.253.
14
stipulazione del patto o l’adesione ad esso non è sufficiente a far nascere
l’obbligo di promuovere l’offerta pubblica, se non altro per il semplice
fatto che non vi sarebbe, in mancanza di compravendita azionaria, alcun
premio di controllo da distribuire equamente fra tutti i soci
25
.
Quindi, vi sarebbero difficoltà nella determinazione del prezzo e della
quantità di azioni per la quale dovrebbe essere effettuata l’offerta.
E’ comunque doveroso, nell’ambito della normativa che qui si discute,
tenere distinto il problema del rapporto tra patti di sindacato e
acquisizione/esercizio del controllo dalla tematica degli acquisti di
concerto, ai quali solo il Testo Unico ha ricondotto nuovi e autonomi
effetti legislativi.
La discussione fin qui condotta spiega quanto in dottrina pacificamente
si è sempre sostenuto, ossia che la vecchia normativa in materia di OPA
non attribuisse alcun rilievo al concerto, in quanto tale, non potendo
essere esso ricondotto alla nozione di sindacato di voto, non attribuendo
il medesimo potere che attribuisce quest’ultimo.
L’acquisto “concertato” e l’acquisizione del controllo o della
maggioranza relativa tramite sindacato di voto sono fattispecie distinte
dalle quali derivano effetti differenti: se, infatti, A e B si accordano per
acquistare, rispettivamente, il 40% e il 20% delle azioni ordinarie di una
stessa società quotata, essi verranno a detenere il 60% del capitale
25
Vedi paragrafo precedente, i presupposti delle fattispecie obbligatorie di OPA così come ricostruiti
dalla dottrina tradizionale.
15