come la società industrializzata sia luogo d’elezione per la
crescita degli assassini seriali. Sono poi passata, ad
un’analisi dettagliata delle vittime di tali assassini; e a
seguire, ho ritenuto utile porre una relazione tra omicidio
seriale e mass-media, vista la morbosa attenzione,
soprattutto negli ultimi tempi, dei mezzi di
comunicazione di massa nell’affrontare questo
argomento. Successivamente ho cercato di creare un
nesso tra imputabilità e soggetti autori di delitti in serie;
questo perché attraverso l’analisi della mente è possibile,
in primo luogo riconoscere se un soggetto sia capace o
meno di intendere e di volere, in secondo luogo per
portare alla luce i motivi per cui il soggetto ha agito, e gli
scopi che intende perseguire. Sempre in questo ambito,
ho considerato altri aspetti giuridici, quali il reato
continuato, e dal punto di vista dell’esecuzione penale, il
modo in cui si svolge la vita in carcere per questi tipi di
assassini, non disdegnando l’illustrazione di proposte
trattamentali e di prevenzione del comportamento
omicidiario seriale. E’ apparso, del resto opportuno
7
dedicare spazio alle tecniche di investigazione relative ai
casi di omicidio seriale, indicando i problemi investigativi
e la ricerca dei mezzi in possesso della Polizia per
prevenire la rapida espansione di questo tipo di delitto. In
particolare, in Italia nel 1995 è sorta la nuova Unità per
l’Analisi del Crimine Violento (U.A.C.V.), che costituisce
una novità fondamentale nella lotta contro reati
particolarmente gravi: omicidio senza apparente e/o
immediato movente, omicidio a sfondo sessuale, omicidi
seriali. Ho messo d’altra parte, in evidenza, che di
recente, è divenuto operativo anche il Sistema per
l’Analisi della Scena del Crimine (S.A.S.C.), che è un
particolare programma che rende più semplice
individuare le correlazioni tra eventi criminosi
apparentemente privi di collegamento. Infine per
analizzare al meglio la figura della donna autrice di
omicidi in serie, ho tracciato un iter storico della
criminalità femminile, mettendo in luce i contrasti e le
differenze tra quest’ultima e la criminalità maschile.
Inoltre, ho affrontato il tema dell’emancipazione
8
femminile e della sua relativa influenza nell’ambito della
criminalità. In tale contesto poi, non poteva mancare un
cenno ad un fenomeno sempre maggiormente in crescita:
l’implicazione della donna nel terrorismo e la
partecipazione della stessa alle organizzazioni mafiose.
Sono così giunta, ad affrontare il tema della donna serial-
killer, un universo ancora poco conosciuto, la cui entità
numerica tende ad essere sottostimata, e di conseguenza,
trattata da pochi studiosi. Ho proceduto in questa sede
ad indicare le caratteristiche fondamentali della donna
assassina seriale, e ciò che la differenzia dall’uomo nel
commettere questo tipo di omicidio. Essendo però, questa
una ricerca, il cui fine è quello analitico non poteva
limitarsi alla sola raccolta dei dati tecnici e classificatori.
Si è reso quindi indispensabile dedicare una parte di
questo studio alla ricerca ed alla analisi di fatti concreti.
Ho infatti descritto un insieme di storie di donne serial-
killer, ponendo particolare attenzione alla “ macabra
storia della saponificatrice di Correggio “, e alla storia di
Milena Quaglini “ la serial-killer “ di Pavia.
9
CAPITOLO PRIMO
OMICIDI SERIALI: METODOLOGIE DI STUDIO.
I.1 serial killer e omicidio seriale.
Killer (da to kill, uccidere) indica, letteralmente l’uccisore,
l’assassino. Tale termine, impostosi nel linguaggio
comune, è andato assumendo con il passare degli anni il
significato specifico di chi uccide per mandato altrui.
Il Killer è dunque colui che esercita il mestiere di
assassino, ad esempio l’uomo di mafia, una sorta dunque
di specialista dell’omicidio. Del resto la cronaca nera di
questi tempi, è prodiga di episodi del genere!!
In questa sede, però si vuole parlare dei serial killer, vale
a dire degli autori di omicidi in serie. Con il termine
serial killer non si vuole neppure indicare chi compie più
omicidi, chi uccide più persone in uno stesso momento
(pluriomicidi) o in tempi successivi (assassini recidivi);
costoro infatti non sono serial killer in senso stretto. Gli
assassini seriali sono altra cosa, e chi si occupa di
10
criminologia e psicopatologia forense
1
, ha usato questo
termine, per indicare coloro che hanno ucciso più
persone in momenti successivi, per il ripetersi di una
particolare motivazione: ”la distruttiva e sadica
associazione di sesso e morte”.
Il termine serial killer è piuttosto recente, al contrario il
fenomeno degli omicidi seriali è risalente nel tempo: gli
assassini seriali ci sono sempre stati, anche se tali
omicidi non erano sempre riconosciuti ed identificati. In
realtà tale fenomeno può sembrare un male della società
moderna, ma facendo un breve passo indietro, si nota
che cosi non è. Certamente gli imperatori Nerone e
Caligola erano degli assassini seriali in piena regola:
uccidevano per il solo gusto di sperimentare nuove
emozioni. Intorno al XV secolo, poi, è stato documentato
il caso del maresciallo di Francia Gilles de Rais, si stima,
infatti, che lo stesso tra il 1432 e il 1440, avesse ucciso
circa ottocento bambini, usandoli come vittime sacrificali
1
G.Ponti e U.Fornari,Il fascino del male, Raffaello Cortina Editore, Milano,pp. 5-
14.
11
a causa del suo interesse per la magia nera. Un altro
caso storico è quello della contessa ungherese Elisabeth
Bathory, la quale, all’inizio del XVI secolo, fu condannata
per aver ucciso circa seicentocinquanta giovani donne,
allo scopo di fare il bagno nel loro sangue. Nell’Ottocento,
vi furono vari casi di cui abbiamo notizia certa, dei quali i
più eclatanti furono quello di Jack “lo Squartatore” e
quello dell’italiano Vincenzo Verzeni, sottoposto a perizia
psichiatrica dallo stesso Lombroso, che sviluppò così, la
teoria sull’atavismo.
Nel XX secolo, le prime tracce, di quello che solo più
tardi, verrà chiamato omicidio seriale sessuale, si
riscontrano in Psychopatia Sexualis di Richard von
Krafft-Ebing.
2
L’autore definisce uccisione per libidine, quel
particolare tipo di omicidio in cui l’uccisione della vittima,
contribuisce direttamente alla stimolazione del piacere
sessuale.
2
R.von Krafft-Ebbing, Psychopatia Sexual, Homerus, Bologna 1971.
12
In questo secolo, il problema dell’omicidioseriale, è
diventato particolarmente evidente, sia a causa di un
notevole incremento di tale fattispecie, sia a causa della
maggiore attenzione prestata dai mass media a casi di
questo genere. L’espressione serial killer viene, allora,
coniata negli USA, e precisamente dagli agenti dell’ F.B.I.
(La paternità di questo termine, non è casuale, dato che
gli Stati Uniti, sono il paese che presenta il numero più
elevato di assassini seriali nel mondo). La definizione
dell’F.B.I., che tuttavia in seguito si è rivelata asettica e
riduttiva è la seguente: “un serial killer, è un soggetto che
uccide più persone, generalmente più di due, in tempi e
luoghi diversi, senza che sia immediatamente chiaro il
perché, anche se lo sfondo sessuale del delitto è quasi
sempre riconoscibile”.
3
Un importante passo avanti in materia di definizioni
viene fatta da R. De Luca, che ha proposto una
definizione di serial killer più adatta a rappresentare, la
complessità di un fenomeno come quello dell’omicidio
3
J. Douglas, et.al. , Crime Classification Manual,Lexington Books, New York
1992.
13
seriale: l’assassino seriale è un soggetto che mette in atto
personalmente due o più azioni separate tra loro, oppure
esercita un qualche tipo di influenza psicologica, affinché
altre persone commettano azioni omicidiarie al suo posto.
Per parlare di assassino seriale, è necessario che il
soggetto mostri una chiara volontà di uccidere, anche se
poi gli omicidi non si compiono, e le vittime sopravvivono:
l’elemento centrale è la ripetitività dell’azione
omicidiaria.
L’intervallo che separa le azioni omicidiarie, può andare
da qualche ora ad interi anni, e le vittime coinvolte in
ogni singolo episodio possono essere più di una.
L’assassino seriale agisce preferibilmente da solo, ma può
agire anche in coppia o come membro di un gruppo. Le
motivazioni sono varie ma c’è sempre una componente
psicologica interna al soggetto che lo spinge al
comportamento omicidiario ripetitivo, e in alcuni casi
possono essere considerati assassini seriali anche i
14
soggetti che uccidono nell’ambito della criminalità
organizzata, i terroristi, i soldati.
4
I vantaggi della definizione di R. De Luca, sono numerosi:
innanzi tutto viene considerato serial killer, anche chi
commette solo due azioni omicidiarie (e non tre come
richiesto dall’F.B.I.), perché queste sono sufficienti a
stabilire il circuito ripetitivo patologico.
Oltre a ciò tale definizione si rivela particolarmente utile,
perché parla di “azioni omicidiarie”, in quanto, per
classificare un soggetto nella categoria degli assassini
seriali, è importante in primis, la sua intenzione, e solo in
un secondo momento il risultato pratico dell’azione
stessa. Tuttavia la novità più importante che evince dallo
studio di De Luca, è l’introduzione di un nuovo tipo di
assassino seriale ovvero il serial killer “per induzione”.
A volte, una persona può esercitare un grado di influenza
su altri individui talmente forte, da indurli a commettere
omicidi in sua vece. Materialmente, il soggetto in
questione non compie alcun crimine, al contrario
moralmente è il vero responsabile della serie omocidiaria.
4
R. De Luca, Anatomia del serial killer2000, Giuffre’, Milano, 2001
15
In questo caso sono da considerare assassini seriali, pur
se con diverso grado di responsabilità, sia l’istigatore, sia
l’esecutore materiale degli omicidi.
In seguito anche altri autori hanno approfondito la
definizione del termine serial killer, creando così delle
sottocategorie in base al tipo di motivazione dei delitti,
all’indicazione della scena dell’omicidio, ed altri aspetti.
Lunde, ad esempio, considera gli individui che
commettono più di un omicidio quasi sempre malati
mentali, rispetto a quelli che compiono un omicidio
singolo. Lo stesso divide gli assassini seriali in due
categorie: 1) gli schizofrenici paranoici, caratterizzati da
un comportamento aggressivo e sospettoso; 2) i sadici
sessuali, che uccidono, torturano e/o mutilano le vittime
per raggiungere l’eccitazione e il piacere sessuale.
5
Hickey, invece, definisce assassino seriale chiunque
uccida, tre o più vittime, in un intervallo di tempo, che
può essere di giorni mesi o anni, mostrando
5
D. Lunde, Murder and Madness, San Francisco Book Company, San Francisco
1975
16
premeditazione. Secondo il grado di mobilità mostrato
dagli assassini seriali, li divide,poi, in tre categorie:
1) assassini seriali “itineranti”: soggetti che spesso
ricoprono distanze enormi ogni anno, uccidendo vittime
in diversi Stati;
2) assassini seriali “locali”, che cercano vittime nello
stesso Stato in cui hanno compiuto il primo omicidio;
3) assassini seriali “stazionari”, soggetti che non
lasciano mai la propria casa e l’impiego, e che cercano le
vittime sempre nello stesso posto.
6
Ressler, Burgess,
Douglas, invece, introducono un’importante distinzione
tra comportamento seriale “organizzato” e
comportamento “disorganizzato”. Il serial killer
organizzato, pianifica con cura i propri delitti, sceglie un
tipo particolare di vittima che, in qualche modo ha un
legame simbolico con lui. Il serial killer disorganizzato,
al contrario, agisce per un impulso improvviso, che lo
porta ad uccidere vittime scelte casualmente.
7
Autori
come Holmes e De Burger hanno poi, messo in evidenza,
6
E.W. Hichey, Serial Murder: An Elusive Phenomenon, Praeger, New York 1990
7
R.Ressler, A. Burgess, J. Douglas, Sexual Homicide Patterns and Motives,
Simon & Schuster, Londra 1988.
17
quelli che secondo loro, sono gli elementi caratteristici
dell’ omicidio seriale:
8
1) l’elemento centrale è la ripetizione dell’omicidio;
l’assassino seriale, infatti, continua ad uccidere finché
non viene fermato e il periodo in cui avvengono gli omicidi
si può estendere per molti mesi o anni;
2) l’omicidio seriale avviene ”uno contro uno”, tranne
rare eccezioni;
3) di solito, tra l’assassino e la sua vittima non c’è,
alcun tipo di relazione oppure se c’è , è superficiale;
4) l’assassino seriale prova l’impulso ad uccidere; gli
omicidi seriali secondo tali autori, infatti, non sono
crimini di passione, né crimini, originati da una
provocazione della vittima;
5) negli omicidi seriali, mancano, tipicamente, motivi
evidenti.
D’altro canto Wilson e Seaman, riprendendo gli studi
dello psicologo Albert Maslow, analizzano la teoria dei
bisogni progressivi. Facendo riferimento ai quattro livelli
della gerarchia dei bisogni di Maslow, essi sostengono che
8
R. Holmes, J. De Burger, Serial Murder, Sage, Newbury Park, 1988.
18
le persone inizialmente uccidevano spinte dalla povertà e
dalla fame; verso la metà dell’ Ottocento cominciano ad
uccidere per tutelare la propria sicurezza domestica, e
una volta soddisfatti questi bisogni, la persona sente
l’esigenza di gratificazione emozionale e sessuale, da qui
la nascita dell’ omicidio a sfondo sessuale. Infine, una
volta che si sono garantiti cibo, rifugio e gratificazioni
emotive, cominciano ad uccidere per un bisogno di
autostima,e per ottenere rispetto.
Del resto, è proprio questo l’impulso tipico dell’assassino
seriale: l’insicurezza e la mancanza di un’identità precisa,
infatti, vengono prepotentemente ad opprimere il
soggetto, costringendolo a ripetere il comportamento
omicidiario nella speranza di affermare il proprio sé.
9
Negli ultimi anni, però, si nota la tendenza da parte degli
studiosi di tale fenomeno, ad analizzare l’omicidio seriale
seguendo nuove strade che permettono di fornire una
migliore comprensione della complessa personalità dei
serial killer.
9
C. Wilson, D. Seaman, The Serial Killers: A Study in the Psychology of
Violence, True Crime, Londra 1990
19