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competenze specifiche dell’azienda, fare in modo che i lavoratori le
apprendano partendo dal presupposto che la loro diffusione all’interno
dell’organizzazione potrà garantire una maggiore efficacia complessiva
delle stesse. A questo proposito ritengo espressive le seguenti parole “….La
gestione delle risorse umane aggiunge valore quando aiuta individui e
organizzazioni a migliorare la loro performance. Il metodo delle
competenze offre un linguaggio, un metodo che possono integrare tutte le
funzioni e i servizi delle risorse umane, in modo da aiutare le persone, le
organizzazioni e anche la società ad essere più produttive nei difficili anni
che ci attendono” (Spencer, 1995).
Per quanto riguarda la pianificazione delle risorse umane, oggi le nuove
tecnologie e le tendenze sociali emergenti influiscono notevolmente sul
modo di pianificare, gestire e sviluppare il personale per raggiungere gli
obiettivi aziendali. Basta pensare al fatto che oggi le persone credono che il
lavoro debba essere più un piacere invece che un dovere, al diffuso interesse
per i lavori che promettono gratificazione e successo, alla fedeltà da parte
delle persone alla professione piuttosto che all’azienda per la quale
lavorano.
Tutto questo spiega come non sia più sufficiente avere persone giuste al
posto giusto (peraltro obiettivo primario della tecnologia di pianificazione in
uso negli anni ’70 e ’80); al contrario, le nuove tendenze in atto nel mondo
delle imprese, quali l’internazionalizzazione, il decentramento, la riduzione
dei livelli organizzativi e l’aumentata richiesta di qualità, si conformano ai
nuovi valori contemporanei, che riflettono una sempre maggiore attenzione
alla flessibilità, alla competizione e ad uno stile di vita individualistico,
piuttosto che ad un lento e sistematico avanzamento lineare all’interno della
medesima organizzazione. Le organizzazioni si trovano così a dover
fronteggiare sfide quali l’appiattimento della gerarchia, sostituita da reti di
empowered teams, vale a dire di gruppi dotati di notevole autonomia (di cui
ho scritto nelle pagine seguenti), la progressiva indefinizione dei compiti
lavorativi e la nascita di percorsi di carriera orizzontali e trasversali. In
questa prospettiva, i dipendenti di un’organizzazione lavoreranno in team
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inseriti nelle imprese a rete e non collegati a livello direttivo attraverso le
tradizionali linee gerarchiche; come tali disporranno di una forte autonomia
nel portare a termine la missione proposta loro dai manager e la loro
performance sarà misurata esclusivamente sul compimento di questa
missione. Per il successo di tale tipo di organizzazione sono necessarie
quattro condizioni:
ξ Missione: se i vertici di un’organizzazione piatta avevano il dovere
di delegare il più possibile, condizione preliminare per il successo
dell’impresa a rete è una grande chiarezza sulla missione dell’intera
organizzazione
ξ Competenza: l’organizzazione del futuro, da come emerge da ciò
che ho scritto in precedenza, sarà costruita sulle persone sul
contributo e sulla competenza che ciascun collaboratore sarà in
grado di trasmettere all’organizzazione
ξ Informazione: le informazioni devono essere comunicate a tutti e
non più custodite dal “vertice strategico” dell’organizzazione.
ξ Cultura: il successo dell’organizzazione a rete dipende dalla volontà
del personale di accettare la responsabilità dei compiti affidati al
loro team. Questo impone di assumere rischi calcolati senza
possibilità di scaricare la responsabilità finale sul management.
Tutto ciò richiede una cultura che approvi e incoraggi lo spirito di
iniziativa e i rischi calcolati assunti al fine di compiere la missione
affidata.Il personale deve sentirsi libero di comportarsi con
autonomia propositiva senza dover temere conseguenze negative
per la carriera.
Di conseguenza un management delle risorse umane basato sulle
competenze è in grado di sviluppare queste condizioni e vale a dire:
garantire all’organizzazione di avere i manager adatti per guidarla,
garantire che i dipendenti sappiano che cosa debbono fare con tutte le
informazioni che ricevono, assicurare in maniera strutturata e attenta la
competenza necessaria per il successo dell’azienda, realizzare una cultura
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aziendale nella quale sono apprezzati lo spirito di iniziativa ed il rischio
calcolato.
La motivazione di questo lungo excursus su temi concernenti il
cambiamento organizzativo, le competenze specifiche e, ancora, i team e
l’impresa a rete, risiede nel fatto che, nella ricerca effettuata in merito
all’offerta formativa italiana in human resources, ho potuto notare come i
nuovi ruoli professionali richiesti dalle organizzazioni, le competenze di cui
devono disporre i “nuovi” manager e in generale tutti coloro che devono
ricoprire all’interno delle organizzazioni ruoli inerenti la gestione del
personale, riguardano proprio i temi di cui ho scritto sopra. Non a caso (a
parte le caratteristiche di ciascun singolo corso in base alla figura
professionale che con questo si intende formare), in tutti i corsi di studio,
indifferentemente dal fatto che si tratti di un master o di una laurea
specialistica, sono trattate materie quali: cambiamento organizzativo,
comportamento organizzativo, analisi e progettazione organizzativa,
strategie per il coordinamento nei gruppi. Per questo motivo ho ritenuto
necessaria una motivata spiegazione delle tematiche sopra affrontate; del
resto, in uno scritto in organizzazione del lavoro avente ad oggetto la
formazione di manager che sappiano gestire le risorse umane nelle
organizzazioni attuali, credo non sarebbe potuto mancare un excursus sul
cambiamento avvenuto, e ancora in atto, che caratterizza la realtà di tutte le
organizzazioni aziendali.
In merito a ciò, prima di passare alla presentazione nello specifico
dell’offerta formativa italiana, credo sia opportuno soffermarsi su un tema di
fondamentale importanza, in quanto giustificazione del fatto che l’offerta
formativa sulla gestione delle risorse umane sia mutata negli ultimi anni a
causa del cambiamento stesso che è avvenuto e che di continuo avviene nel
mondo del lavoro.
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2. Il Diversity Management
Le aziende ed i lavoratori stanno cambiando non solo nel senso che sta
venendo meno la “vecchia” visione organico sistemica dell’organizzazione
e si sta contemporaneamente affermando la realtà dei team e dell’impresa a
rete; tale cambiamento è riferito anche al “Diversity management” ossia al
tema della gestione delle diversità ritenuto di fondamentale importanza nelle
organizzazioni futuribili del secondo millennio. Questo perché con tale
termine ci si riferisce alle strategie che i manager devono perseguire per fare
in modo che le differenze razziali, sociali, culturali e personali dei lavoratori
non impediscano a costoro di lavorare all’interno delle organizzazioni, o
comunque minaccino il personale sul luogo di lavoro. Ciò significa sapere
riconoscere le differenze di professionalità, di approccio cognitivo e di
orientamento etico dei diversi segmenti del mondo del lavoro ed agire di
conseguenza, impiegando di volta in volta il mix di leve più appropriato sia
in chiave di contenuti (sistemi di valutazione, di carriera, sistemi premianti),
sia in termini di modalità di rapporto (le relazioni dirette, i rapporti con i
capi, le relazioni sindacali). L’importanza del Management delle diversità è
ribadita anche dal dibattito sulle organizzazioni e sui mondi del lavoro
futuribili nel secondo millennio che si è polarizzato attorno ad alcune
immagini quali la società dei servizi, la società virtuale, la società della
conoscenza ed infine la cosiddetta società del tempo libero. Concentrandosi
su tale tipologia di management e focalizzandosi sui due tratti fondamentali
di questo, sia inteso come capacità di gestire le diversità, sia come capacità
di adeguare le risorse umane ad un ambiente lavorativo inserito in un
contesto sociale mutevole, di sicuro un fatto è certo: la gestione delle risorse
umane nel mondo contemporaneo sarà sempre più management delle
diversità.
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Tale affermazione è ancora più condivisibile se si scende nel
dettaglio nella descrizione di ciascuna delle quattro immagini di società (dei
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Tesi sostenuta da R. Nocammulli nell’introduzione al testo “ Integrazione e conflitto -
relazioni sindacali, flessibilità e marketing del personale “ EGEA sul tema: Il mondo del
lavoro che cambia ,lavoratori, sindacati, Stato.
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servizi, della conoscenza, virtuale e del tempo libero); è per questo motivo
che nelle pagine seguenti ho ritenuto giusto approfondire tali aspetti.
2.a. La società dei servizi
Procedendo per ordine per quanto concerne la società dei servizi (Bell,
1973), il riferimento è alla constatazione che nelle società avanzate (quelle
del terziario e/o del quaternario) cresce in maniera robusta sia la domanda
che l’offerta di servizi.
Lo sviluppo non riguarda solo i servizi tradizionali come i trasporti pubblici
e privati, la piccola e la grande distribuzione ed il sistema del credito, ma
riguarda pure, in modo spiccato, quelle categorie di servizi che risultano
fortemente connesse con la produzione di beni fisici come: la manutenzione,
la comunicazione, la consulenza e l’assistenza. Nella società di servizi
scadono d’importanza aspetti come l’oggettività, il calcolo e la materialità
ed acquisiscono, invece, peso la soggettività, la reputazione, l’immaterialità.
Del resto, parlare di società di servizi significa non solo constatare
l’emigrazione delle “grandi fabbriche fordiste” popolate da miriadi di
“operai massa” dal primo verso il terzo mondo (delocalizzazione); al
contrario il cambiamento che ci si attenderebbe è più ampio e come sostiene
Normann coloro che preconizzano l’avvento di una società di servizi
troveranno conforto alle loro idee guardando alle statistiche: 56 delle 100
maggiori aziende avviate negli anni Sessanta erano già in attività di servizi
ed altre otto in attività nelle quali qualche prodotto tangibile era parte del
servizio. Il terzo restante era dominato da aziende ad alta tecnologia, in
modo particolare nel settore dell’informatica, quali la Apple, la Compaq,
etc. (dati ESIF). L’ondata dei servizi come fenomeno diventa ancora più
convincente se si tiene conto del fatto che fra l’80 e l’85% dei prodotti per la
tecnologia informatica sono venduti al settore dei servizi e solo il resto al
settore industriale. Inoltre l’economia odierna è caratterizzata da un
cambiamento di logica di fondo in confronto all’economia industriale in
quanto se questa era caratterizzata dalla “attenuazione della
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specializzazione”, dalla tendenza alla “ produzione di massa”, il che, in
effetti, impoveriva i consumatori quanto alle gamme di attività che erano
loro possibili, oggi la tendenza è verso un potenziamento della
specializzazione. I beni ed i servizi di oggigiorno sono progettati in modo
tale che il singolo possa risparmiare tempo, rendersi sempre più
indipendente dai vincoli di località; sta cambiando in pratica la modalità di
base per concepire i servizi per quanto concerne il contenuto ed il processo
di produzione.
Le aziende di servizi vengono spesso viste come aziende “personality
intensity” nel senso che nella qualità fornita al cliente è fondamentale il
risultato del modo in cui le persone operano. Ciò non accade solo per quanto
concerne i servizi in cui si è ben consci della presenza e dell’ importanza del
lavoro umano anche se non lo si vede concretamente (è il caso di un famoso
chef quando si pranza in un prestigioso ristorante o del pilota quando si vola
su di un jumbo jet). Le aziende di servizi tendono così ad essere ad “alta
intensità di personalità” nella produzione quotidiana della qualità in quanto
il rendimento negativo o positivo dei singoli può influire enormemente sulla
percezione che i clienti hanno della qualità del servizio offerto.
Nonostante il concetto di servizio come attività ad alta intensità di
personale, in tale ambito è prestata un’attenzione insufficiente allo sviluppo
delle risorse umane alle quali non sempre è stata riconosciuta una natura
strategica. Non a caso in molte aziende le spese per lo sviluppo delle risorse
umane sono state viste più come costi piuttosto che come investimenti. Allo
scopo di rispondere al cambiamento che il futuro ci indica, i servizi hanno
bisogno di una più grande forza lavoro basata sulla conoscenza: le persone
che hanno sviluppato le loro capacità conoscitive hanno spesso sviluppato
nel corso del processo gruppi di riferimento e realtà paralleli nei confronti di
loro pari e loro guide nella conoscenza. Si può guardare a questo come ad
una minaccia alla loro lealtà nei confronti del datore di lavoro, oppure come
ad una attività potenziale che metta a disposizione del datore di lavoro
stesso una più ampia rete di conoscenza.
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Nel settore dei servizi la gestione dell’energia umana sembra essere
caratterizzata essenzialmente da due elementi: il primo può essere descritto
in termini di addestramento, apprendimento, pianificazione delle carriere,
sviluppo organizzativo e così via; il secondo fa riferimento alla necessità di
garantire che siano selezionate le persone giuste. Il meccanismo mediante
cui un’azienda mobilita e concentra l’energia umana a cominciare dalla
selezione delle persone giuste costituisce la personnel idea dell’azienda che
Normann definisce come il grado e il tipo di integrazione fra le capacità, le
attese e le esigenze vitali di un particolare gruppo di persone, da un lato, e
l’ambiente o contesto che l’azienda può offrire a quel gruppo continuando a
soddisfare le esigenze del proprio business dall’altro. Diverse situazioni
sociali, differenti fasi della propria vita, stili di vita diversi determinano
nelle persone esigenze, motivazioni ed ambizioni differenti. Esse
mobiliteranno la loro energia solo se i compiti e le attività richiesti dalle
esigenze operative si integreranno in qualche modo con le loro esigenze
individuali. Tutto ciò conferma la diffusa affermazione secondo cui le
aziende devono vendere se stesse non solo ai loro clienti, ma anche ai
dipendenti cercando di gestire costoro e la crescita del personale come se
fosse una sua funzione vitale. Infine un’azienda che faccia propria la
filosofia della personnel idea procederà a segmentare il mercato dei suoi
potenziali dipendenti e concentrerà pertanto la sua selezione in quei
segmenti composti da persone in grado di svolgere al meglio i compiti
richiesti dal business in cui l’azienda opera. Naturalmente tale
segmentazione sarà attivata a diversi livelli e terrà conto della formazione e
delle competenze acquisite.
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2.b. La società virtuale
Con tale espressione ci si riferisce ai mutamenti attuali e prossimi indotti
dalle accelerate innovazioni tecnologiche nel campo informatico/telematico.
Tali mutamenti incidono non solo sui processi di elaborazione dei dati e di
produzione delle informazioni e sui processi di comunicazione, ma
influenzano anche gli schemi cognitivi, i codici etici e le regole economiche
diffuse nella società. L’impatto delle nuove tecnologie, infatti, rompe gli
equilibri tradizionali mettendo in forte discussione i concetti di spazio e
tempo che si erano progressivamente sedimentati, non solo riducendo i
tempi ed allargando gli spazi, intesi in modo tradizionale, ma trasformando
radicalmente i riferimenti a tali costrutti. La società virtuale, così, non si
muove più nello spazio e nel tempo lineare, ma dentro spazi a “n”
dimensioni e di tempi sincronici e diacronici, vale a dire nel ciberspazio e
nel cibertempo. In tale tipo di organizzazione, essendo le tecnologie
informatiche un ottimo sostituto della gerarchia, risulterebbero prevalenti le
relazioni orizzontali. Del resto il capo gerarchico, il capo supervisore, non
avrebbe più ragione di esistere in questo nuovo tipo di organizzazione in cui
valori all’ordine del giorno sono i concetti di vision, leadership e sistemi
premianti collegati ai risultati. In altri termini tal tipo di società e di realtà
organizzativa virtuale presuppone un mondo fatto di individui dispersi nel
territorio, indipendenti nei tempi di lavoro ed a retribuzione variabile.