2
Più precisamente è stata per prima analizzata la situazione mondiale, prendendo in considerazione i
livelli di crescita della quota di mercato della private label in diverse zone del mondo, concentrando
poi l’attenzione sui prodotti che caratterizzano in generale l’offerta a marchio in modo
particolare quelli che hanno avuto una maggiore crescita negli ultimi anni o che detengono le quote
di mercato più elevate. L’ultimo passo è stato lo studio dei prezzi e dei loro differenziali rispetto al
leader sia a livello di categoria che a livello di paese. Conclusa l’analisi mondiale il lavoro prosegue
con uno studio sullo sviluppo e sulla rincorsa della distribuzione italiana per ridurre il gap con gli
altri paesi europei. Dopo un discorso generale introduttivo, sono state presi in considerazione i
nuovi mercati in cui le private label stanno cercando di entrare sempre più prepotentemente per
ottenere maggiore successo e sottrarre quote ai leader. Una volta era impensabile per la marca
commerciale entrare in mercati di nicchia o fortemente concentrati o nelle prime fasi di sviluppo;
oggi, invece, grazie alla forza crescente della distribuzione anche questi mercati sono diventati
scenari di battaglia tra marca industriale e marca commerciale. Sono state infine analizzate le nuove
caratteristiche che stanno assumendo i prodotti a marchio, prima tra tutte l’innovazione, la quale,
una volta, era una prerogativa dell’industria.
La terza ed ultima parte rappresenta un’analisi dell’offerta dei prodotti a marchio nel settore grocery
di quattro grandissime insegne: Carrefour, Auchan, Coop Italia ed Esselunga. Per ogni insegna è
stata fatta una breve presentazione in modo tale da dare un’idea generale sulle caratteristiche e gli
obiettivi dell’insegna stessa e il ruolo che gioca in Italia e nel mondo. Il lavoro procede poi con
un’analisi dettagliata della offerta dei prodotti marchio privato per ogni insegna; più precisamente,
per ogni marchio sono stati presi in considerazione le caratteristiche, gli obiettivi, i differenziali di
prezzo con il leader, i prodotti facenti parte dell’offerta ed il posizionamento sugli scaffali.
3
1. Analisi generale della marca commerciale
1.1. Marca industriale e marca commerciale
L’innovazione di prodotto e di processo è un elemento fondamentale per la creazione della marca
industriale; oltre, infatti, agli ingenti investimenti pubblicitari che tutti conoscono, esiste una realtà
legata agli investimenti in R&S che sono necessari per garantire una qualità permanente del
prodotto di marca. Quando, però, le barriere all’entrata di un determinato mercato sono modeste si
assiste ad una proliferazione delle marche: si parla in questo caso di differenziazione dell’offerta,
che non deve essere confusa con l’innovazione del prodotto. Differenziare significa, infatti,
combinare le caratteristiche del prodotto per renderlo più coerente con i bisogni di un dato
segmento; ed è proprio in quest’ambito che nasce la possibilità per il distributore di sviluppare una
propria marca. La creazione di un nuovo mercato spetta, infatti, sempre all’industria attraverso
l’innovazione, dove prevale la componente tecnologica; la distribuzione interviene con lo sviluppo
della propria marca quando esistono già un prodotto ed una domanda che possono essere segmentati
e soddisfatti meglio combinando diversamente gli attributi delle proposte correnti.
Esistono alcune differenze fondamentali tra la marca commerciale e la marca industriale. Iniziamo
ad analizzare l’aspetto qualitativo. La qualità può essere definita e misurata attraverso attributi
difficilmente comparabili tra loro perché spesso legati a valori soggettivi; l’importanza di un
attributo varia da una persona all’altra ed è proprio per questo che la qualità percepita non è sempre
uguale; anzi, a volte quella della marca commerciale può essere persino superiore a quella della
marca industriale. I prodotti possiedono anche una qualità intrinseca, ma, se essa si presenta con un
basso differenziale tra marca commerciale e marca industriale, difficilmente il consumatore è in
grado di orientare la propria scelta tra le due tipologie di marca, poiché non sempre un differenziale
di qualità intrinseca si traduce in un’equivalente differenza di performance o bontà del prodotto. Se,
invece, esiste un forte differenziale nella qualità intrinseca ed il consumatore è il grado di
riconoscerlo, per la marca commerciale diventa impegnativo riuscire a trovare posto ed a
conquistare quote in quel determinato mercato, a meno che non intervenga con un differenziale di
prezzo molto elevato. La qualità intrinseca della marca commerciale difficilmente può essere
superiore di quella della marca industriale. Per raggiungere questo risultato, il distributore dovrebbe
integrarsi verticalmente nel marketing e nell’innovazione di prodotto, assumendo il ruolo di
fornitore
1
.
1
G. Lugli, L. Pellegrini, “Marketing distributivo”, Utet, 2002, pagg. 422-426
4
Una volta era impossibile raggiungere questo risultato per la marca commerciale, ma oggi si sono
verificati dei cambiamenti tali da permettere ad essa di superare la marca industriale sulla qualità
intrinseca. La cosa è piuttosto rara, ma non impossibile; comunque di quest’argomento ci
occuperemo più avanti.
Una seconda differenza riguarda il margine unitario; la marca commerciale realizza, infatti, un
margine più alto delle marche industriali ed è proprio per questo motivo che il distributore favorisce
nell’esposizione in punto vendita la propria marca privata.
Una terza ed ultima differenza riguarda la comunicazione. Per l’industria è necessaria un’attività di
“prevendita” per entrare negli assortimenti commerciali, sviluppare gli acquisti programmati e
difendere/espandere la propria quota di mercato. Ciò viene realizzato attraverso la pubblicità dei
prodotti volta a far conoscere al consumatore la differenziazione industriale e la qualità del
prodotto. La marca commerciale, viceversa, non ha bisogno di attività di prevendita, poiché il
distributore, prima vende l’insegna e poi la sua marca; inoltre non può basare la comunicazione
sulla qualità perché il differenziale con la marca leader può variare da una categoria all’altra;
l’unica comunicazione efficace riguarda il prezzo che è nella maggior parte dei casi inferiore a
quello della marca industriale
2
.
2
G. Lugli, L. Pellegrini, op. cit., pagg. 427-428.
5
1.2. Obiettivi perseguiti
Il distributore, quando decide di sviluppare una marca privata, si propone una serie di obiettivi:
¾ offrire alternative inferiori di prezzo;
¾ realizzare margini unitari più alti;
¾ aumentare il potere contrattuale agli acquisti;
¾ differenziare l’offerta e ridurre la trasparenza di mercato;
¾ sviluppare la fedeltà del consumatore all’insegna;
Offrire alternative inferiori di prezzo
Il distributore, per soddisfare la domanda di alternative inferiori di prezzo può scegliere diverse vie.
Una prima possibilità consiste nel definire una politica aggressiva di prezzo incentrata sui prodotti
di marca industriale per raggiungere una price leadership sul mercato. La seconda possibilità
consiste nell’introdurre in assortimento dei prodotti che coprono la fascia dei primi prezzi, per
affermare un’immagine discount della catena nei confronti dei segmenti sensibili alla convenienza
3
.
La terza ed ultima possibilità è di posizionare il prodotto a marchio nella fascia intermedia di
prezzo. Il distributore può offrire la sua marca in due o addirittura in tutte e tre le fasce di prezzo,
anche se queste sono opzioni piuttosto difficili da realizzare, poiché la presenza della marca
commerciale in due o tre posizionamenti diversi può essere realizzata solo attraverso la
differenziazione di marchio e packaging; la qualità del prodotto deve essere inoltre coerente con il
suo posizionamento. Alcune imprese sono riuscite, negli ultimi anni, a realizzare una strategia
basata sulla presenza simultanea di più marchi propri, ma diversi nel posizionamento, tipologia di
marca e ruolo svolto. Nel portafoglio di tali catene troviamo, infatti, prodotti a marca insegna, a
marca fantasia e generici e attraverso ciascun tipo di marca, il distributore intende a presidiare un
distinto segmento di mercato, rapportandosi al consumatore attraverso proposte diverse: offrirà
convenienza con marchi generici nelle categorie in cui il consumatore è attento al prezzo, marchi di
fantasia dove il consumatore ricerca un rapporto qualità/prezzo, ma l’insegna non vuole esporsi con
il proprio marchio e marche insegna dove è possibile offrire qualità e servizio. Un esempio può
essere Auchan che per lo stesso prodotto può presentare la marca di fantasia di primo prezzo, la
marca d’insegna nella fascia medio-alta e ad alcuni prodotti “premium” nella fascia più alta
proponendo prezzi più alti delle marche industriali.
3
G. Cristini, “Le strategie di marca del distributore. Differenziazione dell’offerta e vantaggio competitivo”, Egea, 1992,
pag. 29.
6
Realizzare margini unitari più alti
Il distributore, attraverso la marca commerciale è in grado di spuntare dei margini più alti grazie al
suo consistente potere di mercato, nonostante il suo prezzo si mantenga al di sotto di quello della
marca industriale di riferimento in tutte le insegne.
Questo può accadere a causa dell’incompleto trasferimento delle economie di costo a valle: il
distributore può realizzare margini unitari più elevati perché dispone di maggiori elementi
monopolistici. I prodotti di marca nazionale sono presenti in tutti gli assortimenti e sono molto noti
al consumatore, rendendo la loro domanda molto elastica; la marca commerciale è invece venduta
in condizioni esclusive dal distributore, il quale può sfruttare a suo favore la situazione di
monopolio e la conseguente rigidità della domanda
4
.
Aumentare il potere contrattuale agli acquisti
Il distributore, attraverso lo sviluppo della marca commerciale, si pone l’obiettivo di accrescere il
potere contrattuale nei confronti delle imprese industriali di marca. A parità di condizioni, il potere
contrattuale del distributore aumenta nelle categorie dove ha sviluppato la sua marca ed in relazione
alla quota di vendita della marca commerciale.
L’interbrandcompetition che si crea all’interno del punto vendita è certamente più consistente nelle
categorie dove la marca commerciale è forte; ciò porta i fornitori ad investire maggiori risorse nel
trade marketing per difendere la loro quota
5
.
Differenziare l’offerta e ridurre la trasparenza di mercato
Un altro obiettivo che si pone il distributore, con lo sviluppo della marca commerciale, è la
differenziazione della propria offerta rispetto a quella dei rivali. In questo modo il distributore
riesce ad ottenere degli elementi monopolistici che gli derivano da un lato dalla qualità e quantità
dei servizi offerti, e dall’altro dai prodotti inseriti in assortimento.
Questa porta ad una riduzione della trasparenza delle condizioni di offerta agli occhi del
consumatore, soprattutto nelle catene in cui l’assortimento è composto prevalentemente da marca
privata (ad es. Marks & Spencer) in cui il consumatore ha difficoltà a valutare la convenienza di una
determinata insegna per il fatto che non ha elementi di raffronto in termini di rapporto qualità-
prezzo
6
.
4
G. Lugli, L. Pellegrini, op. cit., pagg. 446-447.
5
G. Lugli, L. Pellegrini, op. cit, pag. 448.
6
G. Cristini, op. cit., pag. 30.