V
mera copia di un prodotto estraneo alla nostra realtà sociale bensì una
declinazione diversa e ragionata di un unico schema di riferimento.
Per comprendere appieno il concetto di stampa popolare è sembrato
perciò in primo luogo opportuno, fatte le necessarie premesse
terminologiche, presentare sinteticamente il panorama giornalistico
straniero a confronto con la situazione italiana, evidenziando le possibili
motivazioni alla base del vuoto di quotidiani popolari nel nostro Paese e
presentando sinteticamente i prodotti ad essi in qualche modo affini,
come la stampa periodica, quella sportiva e quella del pomeriggio.
Si è proceduto in seguito con l’analisi dettagliata delle principali
caratteristiche del popolare della Rizzoli, esaminandone tutti i numeri
pubblicati, compresi i numeri-lancio diffusi nell’area-test di Pavia dal 18
settembre al 9 ottobre 1979.
Tra le tre edizioni della testata (Nazionale, Milano e Lombardia, Roma e
Lazio), si è scelto di esaminare quella diffusa su tutto il territorio
italiano, disponibile nelle copie microfilmate conservate alla Biblioteca
Nazionale Braidense di Milano. E’ parso comunque opportuno non
trascurare un esame sommario delle pagine milanesi (disponibili sempre
alla Braidense nonché alla Biblioteca Sormani di Milano) là dove queste
presentavano elementi di particolare rilevanza.
Nell’analisi della testata si è cercato di soffermarsi specialmente sugli
aspetti contenutistici e stilistici, analizzando tutte le pagine e le rubriche
principali e scegliendo alcuni articoli esemplificativi degli stili di
comunicazione adottati dal giornale.
Per cogliere la varietà e la ricchezza informativa che caratterizza gli
spazi fissi de L’Occhio, è parso inoltre opportuno riportare in appendice
le schede di analisi di tutte le rubriche del quotidiano, con un’attenzione
costante anche per la loro evoluzione nel tempo.
VI
Altro aspetto su cui si è focalizzata l’analisi del popolare sono i suoi
elementi grafici, con particolare riferimento alle immagini fotografiche
ed ai disegni. Per coglierne appieno le peculiarità e l’effettiva resa su
carta (aspetti inevitabilmente andati in gran parte persi nel microfilm), si
è reso necessario consultare le copie cartacee del giornale conservate
nell’archivio storico della Rizzoli, dove è stato possibile anche
fotografare parte del materiale illustrativo che correda la tesi.
Nell’esame della testata si è cercato inoltre di evidenziare le eventuali
evoluzioni grafiche, contenutistiche e stilistiche attraversate durante il
suo non brevissimo periodo di pubblicazione, soffermandosi in
particolare sulla svolta determinata dal passaggio di direzione da
Maurizio Costanzo a Pier Augusto Macchi.
L’analisi dettagliata del quotidiano, che caratterizza il capitolo più
importante di questo lavoro, si conclude infine con un confronto
puntuale con il principale modello straniero de L’Occhio: il britannico
Daily Mirror.
Per averne un’immagine chiara ed esaustiva è stato sufficiente l’esame di
una settimana di pubblicazione, realizzato sui numeri originali in forma
cartacea acquistati dal centro scozzese “Historic Newspapers”. La
settimana scelta, dal 22 al 28 gennaio 1979, non assume chiaramente
alcun particolare valore documentario, volendo rappresentare la
situazione ordinaria della testata in un periodo in cui essa cominciava ad
essere presa a modello dai progettisti de L’Occhio.
I capitoli 2 e 4 completano infine il quadro di presentazione del popolare
della Rizzoli, soffermandosi in primo luogo sulle caratteristiche generali
e sulle strategie di marketing adottate dal giornale (prezzo, distribuzione
ecc.) ed in secondo luogo sui momenti cruciali della sua “nascita” e della
sua “morte”, anche con una costante attenzione per l’accoglienza ad esso
VII
tributata dagli altri quotidiani del nostro Paese, con una rassegna stampa
che tiene conto dei diversi settori in cui essi si articolano (quotidiani
d’informazione, del pomeriggio, di partito ecc.).
La nascita de L’Occhio diventa così occasione per riconsiderare il
panorama giornalistico italiano a fine anni ’70, nonché la situazione della
casa editrice Rizzoli, sulla quale pesano all’epoca le ombre del
fallimento e della P2.
La “morte” del giornale solleva invece una serie di riflessioni circa gli
errori di gestione commessi dai responsabili della testata ma soprattutto
circa le indubbie difficoltà di affermazione attraversate dalla stampa
quotidiana di taglio popolare nel nostro Paese.
A questo proposito si è rivelata essenziale la consultazione di alcuni
testi, a partire dai “classici” della storia del giornalismo, come i lavori di
Paolo Murialdi e di Valerio Castronovo, fino a quelli più specifici sugli
anni ’70 e sulla storia della casa editrice Rizzoli.
Alcuni volumi mi hanno inoltre consentito di acquisire una maggiore
competenza circa gli aspetti grafici e linguistici della stampa italiana,
nonché circa il giornalismo dei Paesi stranieri, con particolare
riferimento a quello popolare britannico.
Per confrontare e verificare le mie impressioni sul giornale mi sono
avvalsa infine della consultazione dei lavori su L’Occhio realizzati
ormai, rispettivamente, venti e quindici anni fa (con taglio decisamente
diverso) dagli studenti dell’Università Cattolica Maria Claudia
Provvedini e Marco Varvello.
A completamento delle informazioni acquisite con la consultazione di
tale materiale bibliografico e dei periodici Prima Comunicazione e
Numero Zero, si sono dimostrate infine fonte preziosa di riflessione le
conversazioni con Maurizio Costanzo, Pier Augusto Macchi, Alberto
VIII
Tagliati ed Isabella Bossi Fedrigotti, rispettivamente direttori,
vicedirettore e redattrice de L’Occhio.
Tali interviste fanno perciò parte integrante della tesi, contribuendo ad
alimentare la riflessione sulle potenzialità di mercato di eventuali nuovi
quotidiani popolari nel nostro Paese.
Ringrazio Isabella Bossi Fedrigotti, Maurizio Costanzo, Pier Augusto
Macchi ed Alberto Tagliati per il tempo che mi hanno dedicato per le
interviste.
Ringrazio in particolar modo Pier Augusto Macchi ed Alberto Tagliati
per la loro singolare disponibilità e per i loro preziosi consigli.
Ringrazio inoltre Danilo Fullin, responsabile dell’archivio Rizzoli, per il
materiale messo a disposizione.
1
CAPITOLO 1
PER UNA DEFINIZIONE DEL GIORNALISMO
POPOLARE
PREMESSA
Parlare di giornalismo popolare comporta una serie di problematiche di
non facile soluzione, a partire dal significato dello stesso termine
“popolare”, che nella lingua italiana mantiene la duplice accezione dei
termini anglosassoni “popular” (del popolo, accessibile a tutti, in
rapporto con un consumo di massa) e “folk” (popolo inteso come
nazione che condivide usi, costumi e tradizioni. Un chiaro esempio è la
folk music, ben diversa rispetto alla pop music).
Solo la prima accezione del termine viene però considerata nell’ambito
del giornalismo, anche se ciò non elimina una ambiguità di fondo:
giornale del popolo o giornale per il popolo?
Il giornale popolare è prima di tutto il giornale letto da grandi strati della
popolazione, perciò molto diffuso e quindi in sintonia con i gusti e le
esigenze dei lettori.
1
Quest’ultimo aspetto chiama naturalmente in causa anche i giornali detti
“di qualità”, nei quali non è raro trovare, specialmente a partire dagli
anni ’80, elementi tipici del giornalismo popolare: semplificazione,
2
personalizzazione, orientamento al lettore, spettacolarizzazione,
sensazionalismo.
Il giornale popolare ha tuttavia il peculiare obiettivo di selezionare una
serie di esigenze radicate in un gran numero di lettori, funzionando da
interprete, strumento di conferma e riproduttore dei loro bisogni:
«Popolare è tutto ciò che provoca un coinvolgimento emotivo perché fa
appello ad un substrato di istinti, sentimenti, sensazioni, per lo più
riducibili a “terrore, sorpresa, morbosità, compassione”, che si
presuppone comune a tutti gli esseri umani, quasi un dato statistico a
priori che non necessita verifiche. Per intenderci, la “razionalità” non è
popolare.»
2
Per questo di solito i giornali popolari sono più conservatori che
innovatori - essendo più forte nell’uomo il desiderio rassicurante del già
noto - ed esplicitano un rapporto stretto con il loro pubblico, che si sente
interpellato in prima persona e vede rispecchiata nella voce del giornale
la sua stessa voce.
Essi si collocano perciò in modo marcato entro l’immaginario collettivo,
condizionandolo pesantemente, come dimostrano diversi episodi della
recente storia britannica.
3
1
Cfr. GIUSEPPE RICHERI (a cura di), Un quotidiano “popolare”? , I Quaderni di Ikon, Franco
Angeli Editore, Milano 1980, p. 3.
2
Cfr. MARIA CLAUDIA PROVVEDINI, Il quotidiano per i non-lettori, Tesi di Scuola Speciale
Comunicazioni Sociali Università Cattolica Milano, A.A. 1979/80, p. 7.
3
Cfr. STEFANO MAGISTRETTI, No Comment. L’organizzazione del consenso nella stampa
britannica, Il Saggiatore, Milano 1978, pp. 43-45.
3
1.1 I QUOTIDIANI POPOLARI STRANIERI
Quando si parla di giornalismo “popolare” si intende generalmente far
riferimento ad un certo tipo di stampa periodica italiana ma soprattutto
alla stampa quotidiana che negli altri Paesi Occidentali raccoglie il
maggior volume di vendite delle case editrici.
Per comprendere al meglio questo genere giornalistico è dunque
opportuno richiamarsi alle caratteristiche dei principali quotidiani
popolari stranieri, con particolare riferimento alla situazione di fine anni
’70, cioè all’epoca del tentativo italiano de L’Occhio, ispirato
principalmente al britannico Daily Mirror ed alla tedesca Bild Zeitung.
ξ GRAN BRETAGNA: è il Paese in cui questo genere di giornalismo
prospera maggiormente, potendo contare su una tradizione di ormai
circa cent’anni.
The Daily Mail, primo popolare inglese in senso stretto, nasce nel
1896 grazie ad Alfred Charles William Harmsworth, meglio
conosciuto come Lord Northcliffe. Da allora il giornalismo popolare si
è sviluppato in modo continuativo, specialmente nei primi
quarant’anni del secolo, contribuendo alla creazione di imperi di carta
molto redditizi.
4
A fine anni ’70 i quotidiani popolari principali sono quattro e da soli
costituiscono circa l’87% della tiratura quotidiana britannica: Daily
Mirror (circa 4 milioni di copie), Sun (3,5 milioni), Daily Express (2,8
milioni), Daily Mail (1,8 milioni).
5
Nel 1979 è nato anche il nuovo popolare Daily Star, che ha raggiunto
4
Cfr. MASSIMO OLMI, I giornali degli altri, Bulzoni Editore, Roma 1990, pp. 17-21.
5
Cfr. STEFANO MAGISTRETTI, I quotidiani “popolari”: in Inghilterra, in G. RICHERI, op. cit.,
pp. 83-85. Cfr. anche S. MAGISTRETTI, No comment, cit., pp. 2-9.
4
rapidamente un milione di copie, a conferma della solidità della
tradizione dei pops in Gran Bretagna.
Ci sono poi tre principali quotidiani “seri” (qualities), molto simili ai
quotidiani italiani: Times (300.000 copie), Guardian (300.000 copie),
Financial Times (180.000 copie). Infine il Daily Telegraph (1,3
milioni di copie) è un ibrido tra popolare e quality paper.
Mancano invece del tutto in Gran Bretagna i settimanali di
informazione tipo Panorama o Der Spiegel, a testimonianza di una
stampa periodica dalle dimensioni molto ridotte.
Tutti i principali giornali del Paese sono editi a Londra ed
appartengono a pochi grandi gruppi editoriali in mano a Press Lord
quali Cecil King e Rupert Murdoch, impegnati in una strenua
concorrenza giocata anche sul prezzo di vendita, che non è soggetto a
forti vincoli da parte dello Stato. I pops costano comunque circa la
metà dei qualities, in quanto puntano ad un pubblico di ceto sociale
medio-basso, costituito principalmente da operai e con una leggera
prevalenza delle donne sugli uomini, anche se ogni testata si rivolge
poi ad un target specifico, identificato sulla base delle tendenze
politiche di fondo del giornale.
La forte concorrenzialità di un mercato decisamente maturo ed ormai
saturo di lettori stimola inoltre i pops ad una continua ricerca di
iniziative ed argomenti spettacolari, allo scopo di sottrarsi il pubblico
a vicenda.
Al di là delle differenze tra le diverse testate, i quotidiani popolari
britannici manifestano una sostanziale uniformità di contenuti: delle
28-32 pagine in formato tabloid, lo sport occupa fino al 50% dello
spazio, seguito dagli spettacoli, dalla cronaca nera e rosa, dalle
rubriche fisse. Scarse sono le pagine di politica e quasi nulle quelle
5
sugli esteri.
Il tutto è trattato in chiave sensazionalistica e personalistica, cercando
di porre in rilievo i retroscena più o meno piccanti delle vicende.
Queste caratteristiche sono sintetizzate al meglio nell’espressione
“shock horror tits & bums” (shock orrore tette e culi) con cui si
designa negli ambienti giornalistici la formula di Rupert Murdoch,
miliardario australiano che ha rilanciato con pieno successo il Sun a
partire dal 1969, salvandolo dall’ormai imminente chiusura e
portandolo addirittura al sorpasso del prestigioso Daily Mirror.
Non mancano naturalmente in questo impasto di contenuti delle chiare
contraddizioni, in quanto se i pops tendono da un lato a criticare la
corruzione morale del Paese, dall’altro non esitano a pubblicare foto di
donne nude o seminude in terza pagina, accompagnate da frequenti
articoli decisamente piccanti.
Si tratta comunque, sotto l’aspetto professionale, di prodotti di alta
qualità: il giornale è rigorosamente pianificato pagina per pagina, con
grande attenzione anche per gli elementi grafici e linguistici.
A quest’ultimo proposito va sottolineata l’importanza del ruolo dei
subeditor, impegnati a riscrivere gli articoli firmati dai reporter per
uniformarli ad un modello standard: brevi paragrafi di poche frasi
concise, scanditi da più titoli grassettati; struttura linguistica semplice;
linguaggio colloquiale e connotato emotivamente (e la lingua inglese
si presta molto bene a frasi quasi sloganizzate).
La grafica ha poi un’importanza particolare: vignette, fotografie,
colore, titoli di scatola ecc. conferiscono ai pops una fisionomia
decisamente lontana dai più tradizionali e seriosi qualities.
Per un’analisi più specifica del quotidiano popolare Daily Mirror si
6
veda il paragrafo 6 del capitolo 3.
ξ GERMANIA OCCIDENTALE: l’aggettivo tedesco “popular” ha la
duplice accezione di “preferito da molti” e di “aderente allo stato di
coscienza di vasti strati della popolazione”.
Principale quotidiano popolare tedesco, ma specialmente nella prima
accezione del termine, è la Bild Zeitung, nata nel 1952 dal re della
stampa tedesca Axel Springer e di immediato successo.
A fronte di una tiratura di circa 200/300.000 copie dei principali
quotidiani di qualità (Die Suddeutsche Zeitung, Die Welt ecc.), la Bild
Zeitung vende ogni giorno a fine anni ’70 circa 4,7 milioni di copie
(2,2 milioni per l’edizione domenicale), per un numero complessivo di
11 milioni di lettori, il 27% della popolazione adulta.
6
Essa ha perciò suscitato in Germania vasti dibattiti tra studiosi ed
intellettuali, discordi sulle ragioni del suo inquietante successo. La
stessa casa editrice Springer ha reso noti nel 1968 i risultati di
un’analisi del quotidiano realizzata da un istituto di ricerca incaricato
dall’azienda stessa:
«[...]assecondare i desideri e gli impulsi segreti dei lettori offrendo
loro una certa dose di sensazione e di sesso, di sciagure e di delitti. Il
lettore ha così la possibilità di soddisfare surrettiziamente le sue
esigenze inconsce senza che questo metta in pericolo il suo equilibrio
e la compagine sociale.[...]Il desiderio di molti lettori di un mondo
ordinato, limpido e comprensibile - un mondo che si cerca e si trova
nella Bild - racchiude in sé anche l’angoscia per questo mondo, che è
incomprensibile senza l’aiuto di altri.[...]Fornendo al lettore una
raccolta già ordinata e commentata di ciò che accade nel mondo - in
7
modo sintetico, pregnante e sicuro - la Bild dà la certezza consolante
che si può ancora affrontare e comprendere questo mondo.»
7
Le ragioni di questo successo (peraltro condiviso da molte testate del
gruppo, che spesso adottano formule giornalistiche alquanto
discutibili) sono certamente molteplici, a cominciare dall’abilità
imprenditoriale di Springer, evidente nell’accorta politica dei prezzi
(la Bild Zeitung costa nel 1979 50 Pfennig ed è il quotidiano meno
costoso della Germania Occidentale) e nella perfetta macchina
distributrice (essa arriva anche dove le altre testate non arrivano o
comunque prima di esse).
I contenuti della Bild sono quelli che tradizionalmente attirano i
lettori: poca politica (anche in periodo pre- e post-elettorale), piccole
cose di ogni giorno (con molte storie toccanti di persone comuni),
rubriche di servizio e di colloquio con il lettore, iniziative “popolari”,
cronaca nera e sesso (con la fotografia di donna svestita in terza
pagina ed articoli ricchi di particolari piccanti e perversi).
Non mancano talvolta persino notizie totalmente inventate o
comunque deformate e strumentalizzate, fino a scadere nelle pratiche
diffamatorie, a testimonianza di un’assoluta mancanza di scrupoli.
Le numerose citazioni in tribunale (comunque senza conseguenze
penali), i richiami da parte del Deutsche Presserat (equivalente al
nostro Ordine dei Giornalisti) e la nascita, nel 1977, di una sorta di
fondo speciale per le vittime del sensazionalismo di Springer
8
non
hanno scalfito lo straordinario successo di una testata che, a detta di
molti, ha effetti simili ad una “droga”.
9
6
Cfr. BIRGIT RAUEN, I quotidiani “popolari”: in Germania, in G. RICHERI, op. cit., pp.73-82.
7
Cfr. FRANCO KUHN, L’improbabile mondo della Bild, in “Numero Zero”, a. III, n. 10, ottobre
1979, pp. 17-19.
8
Cfr. M. OLMI, op. cit., pp. 319-321.
9
Cfr. GÜNTHER WALLRAFF, Il grande bugiardo, Feltrinelli, Milano 1978, p. 68.
8
La grafica è aggressiva, improntata al “giornalismo ottico” di cui parla
lo stesso Springer: forte uso del colore e delle fotografie; presenza di
disegni; impaginazione molto studiata.
Anche il linguaggio utilizzato dalla Bild Zeitung ha tratti fortemente
emotivi, con accenti confidenzial-paternalistici.
Per tutti questi aspetti, il quotidiano è da sempre malvisto dagli
intellettuali, pur continuando ad essere letto da vasti strati della
popolazione di tutti i ceti sociali, con chiara prevalenza di operai e
della piccola borghesia impiegatizia caratterizzata da un grado di
istruzione medio-basso.
Negli altri Paesi Occidentali la stampa popolare ha caratteristiche meno
rilevanti rispetto alla Gran Bretagna ed alla Germania Ovest, pur essendo
ampiamente diffusa.
ξ In FRANCIA negli anni ’70 tutta la stampa vive un periodo di forte
crisi, con una contrazione generalizzata delle vendite che colpisce in
modo particolare i quotidiani popolari.
Delle cinque testate popolari France Soir, Le Parisien Liberé,
L’Aurore, Paris-Jour e L’Humanité, che nel 1970 vendono
rispettivamente 868.927, 749.699, 318.299, 259.395 e 145.722 copie,
nel 1983 ne restano in vita solo tre, con una diffusione decisamente
ridotta rispetto a 13 anni prima: France Soir (418.830 copie), Parisien
liberé (340.741), L’Humanité (120.301).
10
Si è dunque ben lontani dalle tirature eccezionali dei pops inglesi e
della Bild tedesca, coi quali i popolari francesi condividono comunque
molteplici aspetti contenutistici (cronaca, spettacolo, rubriche di
10
Cfr. M. OLMI, op. cit., p. 188.
9
servizio ecc.), benché trattati con minore maestria ed incisività.
ξ Negli STATI UNITI il giornalismo popolare moderno si afferma in
anticipo rispetto all’Europa, nascendo a New York negli anni ’30
dell’Ottocento con il modello del penny paper, caratterizzato da
prezzo ridotto, pubblico di ceto medio-basso, molte inserzioni
pubblicitarie, abbondanza di cronaca e di “human-touch stories”
trattate in modo colloquiale e sensazionalistico.
A fine secolo questo genere di stampa può ormai vantare una piena
affermazione, consolidata anche dall’introduzione di fotografie ed
elementi grafici grazie alle novità tecnologiche (rotative veloci e
linotype) appena adottate.
E’ proprio il modello americano ad ispirare a fine ‘800 Lord
Northcliffe nella creazione della stampa popolare britannica e quindi
europea.
Il giornalismo popolare statunitense si differenzia però sotto molti
aspetti da quello del vecchio continente, in quanto manifesta un
carattere strettamente localistico, come del resto richiede la struttura
federale del Paese.
Se si eccettua il New York Daily News (1.911.565 di copie vendute
ogni giorno nel 1978; 2.752.739 per il numero della domenica)
11
,
mancano, quindi, negli Stati Uniti quotidiani popolari di rilievo
nazionale, caratterizzati da ampia tiratura e da una fisionomia
inconfondibile quale è quella dei pops britannici.
La concorrenza del tutto inesistente in molte zone degli USA, inoltre,
consente a molte testate di modificare a più riprese la loro formula
editoriale per andare incontro alle preferenze degli inserzionisti
11
Cfr. M. OLMI, op. cit., p. 426. Cfr. anche ROBERTO GRANDI, I quotidiani “popolari”: negli
USA, in G. RICHERI, op. cit., pp.91-94.
10
pubblicitari, fonte principale di sostentamento della stampa popolare.
Negli anni ’70 si assiste così ad un generale orientamento dei
quotidiani popolari statunitensi verso le esigenze dei cittadini con
maggiori possibilità di consumo, spostando il proprio asse di
riferimento verso l’alto.
In sintesi, dunque, al di là delle differenze tra i vari Paesi e le diverse
testate, si possono tracciare delle linee comuni generali che
contraddistinguono il giornalismo popolare:
ξ Contenuti: poca politica; pochissime notizie estere; moltissimo sport
(fino al 50% della foliazione); molta cronaca nera e rosa; storie
commoventi di gente comune; rubriche utili al lettore (programmi TV,
posta del cuore ecc.). Obiettivo principale non è informare bensì
intrattenere e divertire, puntando specialmente sul sensazionale, sulla
violenza e sulla moderata pornografia. Donne, bambini ed animali
sono i principali protagonisti delle storie raccontate.
Nella trattazione delle notizie, l’interpretazione conta più dei
contenuti. Si adottano e si diffondono perciò immagini stereotipate
della realtà.
ξ Stile: linguaggio chiaro, aderente alla lingua parlata e quindi adatto ad
un pubblico di istruzione non elevata; lessico limitato; sintassi
semplice, con prevalenza della paratassi sull’ipotassi; toni emotivi,
sensazionalistici, talvolta paternalistici; frequenti cadute nelle
espressioni gergali. Tendenza a semplificare le questioni,
impostandole in modo univoco e non problematico.
Gli articoli vengono riscritti in redazione dai subeditor per
massimizzarne l’efficacia.
11
ξ Grafica: formato tabloid; numerose fotografie, disegni e vignette; uso
abbondante del colore; titoli a caratteri cubitali, specialmente in prima
pagina.
ξ Iniziative: i pops cercano di stabilire un contatto stretto e personale
col lettore, anche con iniziative di vario genere (concorsi,
sottoscrizioni ecc.) che interpellano il pubblico in prima persona.
ξ Tiratura: tutti i principali popolari hanno grande tiratura, superiore al
milione di copie.
ξ Pubblico: appartiene prevalentemente ad un ceto sociale medio-basso,
con un grado non rilevante di istruzione. C’è leggera prevalenza delle
donne sugli uomini.
ξ Costi: prezzo di vendita molto ridotto rispetto ai quotidiani di
prestigio; i principali introiti delle testate sono rappresentati dalle
inserzioni pubblicitarie.
ξ Proprietà: i principali giornali popolari appartengono a grandi gruppi
editoriali, che possiedono in genere più testate quotidiane e
periodiche, spesso accompagnate da altre attività nel vasto campo dei
media, specialmente nella TV.
Molte di queste situazioni di stretto oligopolio sono state favorite dallo
scarso impegno degli Stati nel combattere la concentrazione dei media
nelle mani di pochi imprenditori.
Sulla base di questi tratti peculiari dei popolari stranieri si cercherà di
definire nei capitoli seguenti se ed in che misura si può parlare di
quotidiano “popular” per il giornale della Rizzoli L’Occhio.