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L’opinione pubblica francese e l’Italia
L’Italia suscita in Francia un interesse sempre maggiore. Sono diverse le
opere di storici e studiosi italiani e francesi che si occupano del “caso
italiano”. La facoltà di Sciences Politiques, la nostra Scienze Politiche,
dell’università di Parigi organizza incontri, seminari e pubblica volumi sul
nostro paese. Perché?
L’interesse va al di là della vicinanza geografica o di tradizioni intellettuali,
ma tocca in primo luogo la politica. L’Italia politica è un “caso da studiare”,
fa riflettere.
Tutti i cliché sul “Bel Paese” e sulla “Dolce Vita” vengono accantonati
quando si parla di politica. L’Italia è un paese complicato e un po’ bizzarro
secondo i nostri vicini francesi, è un paese che racchiude in sé talmente
tante contraddizioni che è difficile da decifrare. E’ vero, gli italiani sono i
creativi, i francesi sono più razionali e metodici. Lo si può facilmente
osservare anche all’università, dove i metodi di studio sono completamente
opposti. Ma è proprio questa creatività che li affascina, e allo steso tempo
inquieta. L’Italia è il paese della sperimentazione, soprattutto in politica. Ma
è allo stesso tempo il paese dalla crisi permanente, dell’anomalia e della
democrazia imperfetta.
All’inizio queste etichette mi sembravano vuote e prive di significato. Poi
ho deciso di scoprirne il senso. Seguendo i fatti che hanno fatto la storia
politica italiana recente, dagli inizi degli anni ’90, quando sembrava che
stesse avvenendo la vera svolta storica dalla Prima alla Seconda Repubblica,
fino al 2001, con l’inizio dell’attuale legislatura. Un decennio di avvenimenti
seguiti però attraverso uno sguardo esterno.
Per far questo mi sono servita di uno strumento d’analisi ineguagliabile: il
giornale. Il giornale come fonte storica, per una ricerca orientata a ricostruire
aspetti importanti della vita politica, economica e sociale del nostro paese.
Un quotidiano che si rivolge ad un pubblico generico, che nonostante
costituisca inevitabilmente il punto di vista di una parte della società
francese, non ha una circolazione limitata a quel gruppo, ma aperta a tutti.
Inoltre è uno di quei quotidiani considerati “di qualità”, che forniscono
5
informazione e commento piuttosto che intrattenimento. Infine, è il
quotidiano con la maggiore diffusione, considerando il numero di lettori, in
tutta la Francia. E’ proprio quel giornale che tutti i parigini leggevano sul
metrò.
Le Monde ha infatti un’influenza notevole sui quadri politici e culturali
della Francia, e probabilmente dell’intera Europa. Si può dire allora che
influenzi l’opinione pubblica, se non europea ma almeno quella francese?
Le Monde ha una storia particolare, e negli ultimi tempi ha fatto molto
parlare di sé. Per il potere enorme che esercita sulla società, che molti hanno
definito addirittura eccessivo, accusandolo di “abuso di potere”.
Ma la questione dell’opinione pubblica nasce molto prima, e non dipende
direttamente da un quotidiano o dall’altro, ma dal fatto che chi scrive su un
giornale inevitabilmente da un’interpretazione della realtà e dei fatti. Questa
interpretazione è l’opinione diffusa ai vertici del potere politico o nasce dalle
masse, dal popolo, e poi viene adottata dai gruppi dominanti?
Il primo che ha tentato di dare una definizione esaustiva di “opinione
pubblica” è stato Walter Lippmann, nel 1921. Il giornalista statunitense
parla di un <<ambiente invisibile>>, costituito dalle immagini della realtà
che vengono trasmesse dai mezzi di comunicazione. L’individuo non conosce
direttamente la realtà che sta fuori dal suo campo visuale, bensì attraverso
queste immagini. “Le immagini in base a cui agiscono gruppi di persone o
individui che agiscono in nome di gruppi, costituiscono l'Opinione Pubblica con
le iniziali maiuscole”
1
. Definizione ancora attuale, che ha costituito la base di
partenza anche per analisi più recenti.
Gli storici che hanno studiato i sistemi democratici di tipo parlamentare,
ad esempio, hanno identificato generalmente l’opinione pubblica con le
opinioni prevalenti nella maggioranza parlamentare, ma più spesso con
quelle prevalenti all’interno della stampa politica.
Le Monde quindi rientrerebbe in questa seconda ipotesi, non solo in
quanto esempio perfetto di stampa politica, ma per le sue caratteristiche
particolari, in quanto attore politico in sé. Le opinioni espresse sulle sue
colonne, infatti, rispecchiano quelle di una lobby della società francese,
1
Walter Lippmann, L’opinione pubblica, (prefazione di Nicola Tranfaglia, traduzione di
Cesare Mannucci), Donzelli Editore, Roma, 1999.
6
costituita dalla borghesia intellettuale moderna. E spesso si oppongono
anche duramente a certe scelte del potere politico, soprattutto a quello
presidenziale, che in Francia è molto più forte che altrove per la sua forma di
governo. In questo modo verrebbero a formarsi, in Francia, due tipi distinti e
a volte contrastanti di opinione pubblica. E quale dei due esprimerebbe
meglio il modo di pensare della popolazione francese nella sua maggioranza?
Probabilmente dipende molto dall’argomento in discussione. E questo è uno
dei motivi per cui bisogna usare quest’espressione con molta cautela. Per
quel che riguarda però l’immagine che in Francia si ha dell’Italia, mi sentirei
di dire che il pensiero espresso dal potere politico in quanto tale non
differisce di molto da quello espresso dalla stampa politica. Sicuramente il
primo è per definizione maggiormente “politically correct” del secondo, meno
sbilanciato nelle critiche, ma perché la sua posizione lo impone. La stampa
francese invece, e in particolare Le Monde, non si è mai risparmiata
nell’esprimere giudizi e critiche, ma anche dal prendere come modello ciò che
invece il nostro paese offriva di migliore. Negli ultimi dieci anni l’Italia è stata
esempio da seguire ma anche modello di tutto ciò che in politica bisogna
evitare. La mia analisi si propone di scoprire dove e come siamo stati
l’esempio e dove e come abbiamo sbagliato. Sicuramente un punto di vita
non racchiude pienamente la realtà dei fatti, e come tale deve essere preso in
considerazione. Ma è indubbiamente utile per mettersi sempre in
discussione e mirare a migliorarsi. In una tensione permanente verso
l’ideale.
7
Parte prima
Le Monde: journal de référence
Le Monde appartient à ceux qui le font,
à ceux qui le lisent ou a ceux
qui l’ont aidé quand il était en péril.
(“Le Style du Monde”)
8
La stampa quotidiana di qualità è in crisi. La nostra società gli sta
togliendo l’aria e cambiando la natura del suo essere. L’importanza della
velocità della notizia, dell’istantaneità, del tempo reale fa sì che media come
la televisione e internet abbiano maggior successo anche nell’universo
storicamente cartaceo del giornalismo. La superficialità delle immagini
diverte di più della profondità delle parole scritte, è più facile da seguire, più
adatta ai tempi frenetici a cui siamo abituati. Questo succede in quasi tutti i
paesi occidentali. Ci si chiede allora quale sarà il futuro del giornalismo fatto
d’inchiostro su carta, di parole che non hanno la capacità di cambiare sul
foglio ma restano invariate nel tempo. Svanirà nel nulla o ritornerà ed essere
un giornalismo d’élite? La sua tradizione nella nostra cultura è importante,
ma la sua presenza è ancora necessaria, il quarto potere è ancora nelle mani
della stampa? Riesce ancora un quotidiano a riflettere l’intera opinione
pubblica di un Paese?
Ci sono quotidiani che ne sono ancora capaci. Sono considerati come delle
istituzioni nazionali e punti di riferimento a livello internazionale, strumenti
d’informazione indispensabili in una democrazia moderna.
“Le Monde” è uno di questi. Il quotidiano francese, per molti secondo solo
al “New York Times”, rappresenta per il suo paese, ma anche a livello
internazionale, il giornale di riferimento. Un “journal de référence”. Il suo
peso nella società francese è innegabile, perché è il solo quotidiano
“indispensabile”, quello che tutti i cittadini -che lo amino o lo detestino- non
possono permettersi di ignorare, in una democrazia d’opinione qual è la
Francia. Le Monde è potente, e la sua potenza gli deriva dall’indubbia qualità
della sua informazione. “Le Monde ha assicurato la coerenza e l’intelligenza
delle scelte della società francese contemporanea” scrive Jacques Thibaud,
ambasciatore di Francia, nell’opera che gli dedica
2
.
La sua potenza è tale da attirarsi anche varie critiche, soprattutto negli
ultimi anni e con l’ultima sua direzione. Ma oltre alla sua arroganza e al suo
rigore, entrambe incontestabili, è il suo rapporto senza equivalenti con la
Francia, il suo Stato e le sue élite che spiega il posto particolare che occupa.
2
Jaques Thibaud, Le Monde 1944-1996. Histoire d’un journal, journal dans l’histoire. Plon,
Parigi, 1996.
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In una parola, è la sua posizione nei riguardi della politica che ne fa un caso
eccezionale. Inoltre, la sua egemonia intellettuale e il suo peso politico gli
derivano indubbiamente anche dalla sua storia. Una storia particolare, fatta
di grandi figure che si susseguono come direttori e di un rapporto con il
potere che oscilla sempre tra il compromesso e l’indipendenza.
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Capitolo primo
Storia del quotidiano che “fa la storia”
1.1
Le origini e i valori
Le Monde nasce nel 1944, lo stesso anno della liberazione della Francia
dall’oppressione nazista, per volontà del generale De Gaulle. A capo della
nuova Francia libera, il generale volle ridonare una voce ufficiale e potente al
paese, seria e credibile, una voce destinata a restaurarne la grandezza. Dopo
la seconda guerra mondiale infatti, tutti i quotidiani collaborazionisti
vennero soppressi, e tra questi anche il liberale “Le Temps”. Le Monde ne
raccolse l’eredità, giornalistica e materiale. Come direttore fu scelto Hubert
Beuve-Méry, ex-corrispondente a Praga del Temps.
Le Monde nasce quindi per volontà del potere politico, come la “voce della
Francia”, anche se da subito è chiara la sua volontà di rimanerne
indipendente, per preservare la credibilità. Nonostante ciò Beuve-Méry
assume il suo compito come un “dovere civico”, un modo di partecipare alla
ricostruzione nazionale e morale. I principi del nuovo quotidiano sono subito
chiari: l’eredità cattolica e liberale del XIX secolo, la concezione di un
giornalismo d’èlite e lo spirito scientifico proveniente dall’Illuminismo.
Diventa presto un’istituzione, seguendo il percorso storico della Francia
verso la modernizzazione. Nei suoi primi anni, l’organo “intellettuale” della
borghesia francese, contribuisce infatti ad assicurare la coerenza ideologica,
culturale ed etica dell’intera società. Inserito nella storia, ne diventerà presto
anche artefice.
Gli anni ’50 sono anni difficili, in cui il quotidiano di Beuve-Méry deve
affrontare una crisi interna causata da divergenze sulla linea editoriale da
tenere nei riguardi della politica estera. Sono infatti gli anni della guerra
fredda, dove anche un quotidiano che si è da sempre dichiarato esterno a
qualsiasi potere fa fatica a non schierarsi. Ma la fermezza del suo direttore
getta le basi per un’indipendenza che durerà almeno fino alla fine degli anni
’60. Le Monde difende infatti una posizione decisamente neutrale nei
11
confronti di Usa e Urss, schierandosi a favore di una terza forza, quella
europea. Beuve-Méry viene accusato di essere autoritario e anti-americano
dalla stessa redazione, in particolare da due giornalisti, ma alla fine la sua
posizione risulterà essere la più coerente.
Si può dire quasi che Le Monde sia stato fondato due volte: nel 1944, come
servizio pubblico nazionale e nel 1951, durante le elezioni in Francia, come
quotidiano indipendente dal potere politico.
Questa nuova posizione risulta chiara anche analizzando la linea adottata
nei riguardi di un altro avvenimento che sconvolse la Francia in quegli anni:
la guerra d’Algeria. Il quotidiano nei suoi primi anni di vita si era sempre
schierato a favore della colonizzazione, considerandola come un atto di
civilizzazione. Indubbiamente l’eredità cattolica e la vicinanza al potere di De
Gaulle si facevano notare. Negli anni ’50, durante la sanguinosa guerra
d’Algeria, la linea editoriale adottata è decisamente differente. Viene
pubblicato un rapporto tragico della guerra, dal quale ne emergono soltanto
gli orrori e non più la missione civilizzatrice del popolo più sviluppato. E’
proprio in questi anni che Le Monde diventa un’istituzione, capace di opporsi
al potere e di denunciarne gli abusi. Ma è anche vero che nel quotidiano di
Beuve-Méry prevale comunque un sentimento d’interesse superiore del
paese che impone, in una certa misura, una nozione d’appartenenza e di
responsabilità. Non ancora un vero “contro-potere” quindi, come invece
diverrà più tardi.
1.2
Le Monde affronta la storia
Il 1968 costituisce per il mondo intero una svolta storica. Il quotidiano
francese, con il nome che porta e il ruolo che ormai è chiamato a giocare,
non può rimanerne indifferente. Infondo un giornale deve essere rivelatore di
una società, e deve renderne conto. Parigi è sconvolta dalle rivolte
studentesche e Le Monde diventa il loro portavoce. Le sue pagine sono colme
di bollettini e comunicati, tutte le ricette per fondare una nuova società. La
sua redazione diventa un bastione, difeso giorno e notte contro gli attacchi
dei gruppi di estrema destra. E’ la prima volta che si schiera apertamente, e
12
lo fa in disaccordo con il suo direttore, che durante le rivolte è ancora
bloccato in Madagascar. Al suo ritorno la reazione sarà dura, Beuve-Méry
tenterà di mettere fine al disordine generale. Ma ormai nulla sarà più come
prima e il quotidiano comincia ormai a cambiare epoca. Nel 1969 infatti il
generale De Gaulle si dimette, e poco dopo anche Hubert Beuve-Méry va in
pensione. Con la partenza dei due patriarchi una pagina, della Francia e di
Le Monde, viene definitivamente archiviata.
Con il nuovo direttore, Jaques Fauvet, proveniente dal MRP (Movement
Républicain Populaire), il quotidiano subirà una svolta decisamente verso
sinistra. Le Monde si allontana definitivamente dalla concezione originaria di
“servizio pubblico”, non lo sarà mai più, e inizia a concepirsi nella cultura
più militante del confronto politico. Negli anni ’70 molta attenzione è
dedicata alle questioni sociali, come l’educazione, la giustizia e le libertà
individuali. Ma con Fauvet, che aveva per molto tempo diretto il settore
politico, il quotidiano si politicizza inevitabilmente. Si oppone da subito alla
concentrazione di potere nelle mani di un Presidente, l’aveva fatto con De
Gaulle e lo ripete con Pompidou. Ma la vera svolta è con le elezioni del 1973.
Dopo estenuanti discussioni di redazione la decisione è presa, ed è
rivoluzionaria: Le Monde si schiera dalla parte di François Mitterand,
esponente della sinistra francese, sebbene non riconoscendone la politica
economica. Verrà eletto però il suo avversario, Valéry Giscard d’Estaign.
Quello che molti criticano però è il suo sbilanciamento, che abbandona
definitivamente il principio d’indipendenza dal potere politico, per anni difeso
coraggiosamente.
Nonostante ciò questi sono gli anni d’oro per Le Monde. Il quotidiano vanta
numerosi nuovi supplementi, un aumento di lettori considerevole,
soprattutto da parte degli studenti, e il più alto livello di diffusione dalla sua
fondazione, che gli fa guadagnare il posto di terzo quotidiano francese, dietro
solo a Ouest-France e France-Soir. Sono anche, non ne avevamo dubbi, gli
“anni gloriosi” della Francia.
Ma il suo peso politico comincia a farsi un po’ ingombrante. Arrivano
infatti le prime critiche in merito alle scelte editoriali, perché in quanto
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istituzione e organo di referenza-riferimento per l’informazione nazionale,
deve essere riportato sul giusto cammino.
Gli anni ’80 invece segnano un primo declino, una prima lunga crisi del
quotidiano. Nel 1982 finisce il mandato di Fauvet e bisogna trovare un
successore. Le consultazioni iniziano due anni prima, ma la scelta non si
rivela facile. La società dei redattori, principale azionario con il 40%, è
chiamata a proporre un candidato. E’ la prima volta che una tale
responsabilità incombe sulla redazione di un grande giornale. Alla fine,
Claude Julien, redattore capo di Le Monde diplomatique, supplemento
mensile del quotidiano, ottiene la maggioranza dei voti e viene nominato
gerente. Ma a causa di un conflitto con la redazione abbandonerà subito il
suo ruolo. Un comitato di “saggi” allora propone il nome di André Laurens,
vice direttore del servizio pubblico, che diventa direttore capo e gerente
unico. Ma la situazione che eredita è molto difficile, soprattutto sul piano
economico. Le sue scelte inoltre non sono mai sostenute dalla redazione, e
questo lo porta alle dimissioni già nel dicembre del 1984. Sono anche gli
anni dell’elezione di Mitterand (1981), che Le Monde aveva sostenuto, le cui
pressioni sul quotidiano si fanno sentire e sembrano dare molo fastidio alla
redazione, tanto che in futuro assumerà una linea molto dura nei suoi
confronti.
Nel 1985 viene nominato nuovo direttore André Fontaine, che dal 1947
era a capo del settore dedicato alla politica estera. Inizia una fase di rilancio
economico che comporta la vendita dello storico immobile in rue des Italiens,
la diminuzione di personale e salari e la ricerca di finanziamenti esterni da
banche e grandi imprese. Quest’ultimo aspetto ha conseguenze negative
anche sulle scelte editoriali, che ne vengono inevitabilmente influenzate. Ciò
divide la redazione. Viene anche fondata una società esterna alla SRL, la
Società dei lettori di Le Monde, sotto la presidenza di Alain Minc. Tutto ciò
porta, alla fine degli anni ’80, ad un miglioramento economico, che però avrà
vita breve.
Una nuova crisi, infatti, si profila agli inizi degli anni ’90. Sul piano
redazionale Le Monde riconquista terreno e credito nei confronti dei lettori
grazie ad un grosso scoop che pubblica in quegli anni, e che renderà famoso
14
il quotidiano per il suo “giornalismo d’investigazione” alla Watergate, nel
bene e nel male. Nel 1985, infatti, Rainbow Warrior, la nave del movimento
ecologista Greenpeace, esplode nella baia d’Auckland in Nuova Zelanda,
proprio mentre tenta di impedire i test nucleari francesi nel Pacifico. La
Francia e il suo governo è subito sospettata, nessuno dubita della sua
implicazione ma mancano le prove della colpevolezza. Le Monde, e in
particolare due giornalisti, Edwy Plenel e Bertrand Le Gendre, dedicano una
vera inchiesta a quanto accaduto. Ma soprattutto rivelano l’implicazione di
un gruppo di militari francesi, senza però avere prove sicure. Le intuizioni si
riveleranno fondate, ma la storia ha il sapore dello scoop rischiato. Inoltre il
quotidiano si schiera in questo modo decisamente contro il potere politico e
contro il Presidente Mitterand. E’ l’inizio del suo “contro-potere” e soprattutto
del suo “anti-mitterandismo”. Negli anni ’90 infatti, sebbene non si schieri
apertamente né a destra né a sinistra, fonda la sua identità politica su due
pilastri: l’ostilità verso i Presidenti eletti a suffragio universale e la denuncia
di tutti i “populismi” e della demagogia in politica.
Nel 1991, dopo diversi mesi di dibattiti interni, viene designato nuovo
direttore Jaques Lesourne, tecnico e professore di economia, vice presidente
della Società dei lettori. E’ la prima volta che gli associati non giornalisti,
sotto le pressioni di Alain Minc, impongono un direttore non proveniente
dalla redazione ma dall’esterno. E’ comunque un avvenimento storico, poiché
i giornalisti stessi riconoscono la loro incapacità di governarsi. Inizia così
anche l’indebolimento della Società dei redattori. Lesourne però non durerà
che due anni, perché l’incredibile crisi della pubblicità del 1993 lo
costringerà a dimettersi.
Nel 1994 gli succederà Jean-Marie Colombani, da anni redattore capo del
servizio politico. Direttore di redazione: Edwy Plenel, all’apice del suo
successo dopo l’affare della Rainbow Warrior. L’entrata in scena del trio
Colombani-Plenel-Minc segna l’inizio di una vera rivoluzione per il giornale.
Un “nuoveau Monde” si profila all’orizzonte.
15
1.3
Un “Monde” meilleur
Jean-Marie Colombani, nella sua lettera a redattori, azionisti e salariati
3
,
ma anche ai lettori, spiega chiaramente il suo piano d’azione, che si sviluppa
su tre pilastri.
1. Rinnovare
Rinnovare il contenuto, facendo in modo che diventi indispensabile.
Come? Con l’anticipazione, la riflessione critica e la rivelazione, il
saperne di più.
2. Gestire
Importanza del ruolo del gerente per creare unità intorno ad un
obiettivo comune, doveroso per questo il dialogo con il direttore di
redazione. Una gestione di tipo sociale.
3. Rifondare
Costituire un comitato per le strategie a medio termine.
Viene creata anche la figura del “mediatore”. Le Monde è il primo e unico,
per ora, quotidiano in Francia ad offrire ai suoi lettori questo servizio. Il
mediatore, infatti, rende pubbliche e commenta le opinioni critiche dei
lettori, stabilendo un dialogo ideale tra lettori e redazione.
Il cinquantenario della nascita del quotidiano viene sfruttato per rilanciare
un nuovo Le Monde, che preserva la vecchia identità ma mostra una nuova
indipendenza.
Il primo numero della nuova formula compare nelle edicole il 2 gennaio
1995. Non si tratta di fare un nuovo giornale, dichiara il suo direttore, ma
“un Monde migliore”, ovvero un mondo migliore. L’informazione deve essere
maggiormente gerarchizzata, l’impaginazione più dinamica, con un nuovo
carattere più leggibile e gradevole. Sono create inoltre nuove sezioni con lo
scopo di separare chiaramente l’informazione dal commento e dall’opinione.
Il successo tra i lettori è immediato e le vendite aumentano. Un successo
editoriale e finanziario che verrà confermato nel 1997, quando redazione e
amministrazione si riuniranno di nuovo nell’immobile dove ancora risiedono,
in rue Claude Bernard, nel 5° arrondissement di Parigi. Le Monde ne
3
Jean Marie Colombani, Défis, Le Monde 6-7 marzo 1994.
16
guadagna sicuramente in coesione. I due anni seguenti, caratterizzati dalla
crisi della stampa francese, per Le Monde saranno invece positivi, portandolo
a diventare il primo quotidiano francese in termini di numero di lettori. Nel
1999, infatti, viene creata anche una filiale dedicata ad internet del
quotidiano: Le Monde Interactif. Il quotidiano in rete diventa un vero portale
interattivo: www.lemonde.fr. E’ il segno dell’adeguamento alla nuova società,
preservando però sempre la tradizione cartacea che è la sua forza e il suo
motore. Nel 2000 Colombani viene rieletto per il suo secondo mandato e
l’anno seguente ancora nuove modifiche verranno apportate per adattare il
giornale ad un mondo in continuo mutamento. Ad esempio, una pagina
quotidiana verrà dedicata all’attualità dell’Unione Europea, dopo
l’importante passaggio alla moneta unica. Una “rivoluzione di velluto”
4
: per
non perdere i lettori tradizionali ma nemmeno la sfida con la modernità. Un
giornale che conta e che è capace di dare il “la” ideologico ad un intero
paese.
1.4
I principi e il “lato oscuro”
Nel 2002 esce in Francia, al prezzo di soli 8 euro, la “Bibbia” di Le Monde
5
.
Una pubblicazione edita dallo stesso quotidiano in cui sono ribaditi i suoi
principi, la deontologia e il ritratto di un giornale che si considera lui stesso
“di referenza”. Un libro di stile, insomma. “Le style du Monde” è una
questione di metodo e di norme al servizio del giornalismo, come afferma il
suo direttore nell’editoriale, paragonandolo forse un po’ arditamente a
Esercizi di stile di Queneau. I suoi principi parlano d’indipendenza a
qualsiasi tipo di pressione, di pluralismo e di difesa dei valori di libertà,
uguaglianza e fratellanza. Il suo primo obiettivo è l’informazione, che deve
essere originale, onesta ed equilibrata, e ben distinta dalle opinioni. Le
Monde inoltre si impegna a rendere conto della diversità della società intera,
e si impegna a porre i suoi lettori al centro delle sue preoccupazioni.
4
Bernard Poulet, Le Pouvoir du Monde, La Découverte, Parigi, 2003.
5
Le Style du “Monde”, ed. Le Monde, Parigi, 2002