Introduzione
All'interno dei sistemi politici contemporanei, oltre ai partiti, sono presenti
anche portatori d'interessi che si organizzano in gruppi. Quando operano
direttamente come attori politici, essi diventano gruppi di pressione. I
gruppi d'interesse
1
e i gruppi di pressione rappresentano l'universo delle
lobby, che per raggiungere i propri obiettivi hanno la necessità di
comunicarli all'interno delle istituzioni dove sono assunte le decisioni
pubbliche. L'attività dei gruppi di pressione si può rivolgere ai membri degli
organi legislativi, esecutivi, amministrativi o giudiziari. Questo studio farà
particolare riferimento al lobbying che si inserisce all'interno del
procedimento di formazione delle leggi, e, ancora più nello specifico, nel
momenti iniziali di raccolta delle informazioni e consultazione delle parti
interessate. Sarà accennato, dove necessario, al lobby nel confronti del
potere esecutivo, lasciando da parte le altre forme.
Il termine inglese lobby, di derivazione latino-germanica (laubia nel latino
tardo, con significato di “loggia”), indicava il corridoio aperto di un
monastero, per poi passare ad indicare l'andito del parlamento, in origine
la Camera Bassa inglese, quale luogo di incontri occasionali o meno con i
parlamentari, volti a ottenere tutela per le proprie istanze.
2
L'OECD (Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo
3
)
dà una definizione di attività di lobbying nella sua Recommendation on
Principles for Transparency and Integrity in Lobbying, del 18 febbraio
2010
4
: “il lobbying, la comunicazione scritta o orale rivolta a un funzionario
pubblico volta a influenzare la legislazione, le policy o le decisioni
amministrative, è spesso diretta ai legislativi nazionali o locali. Ha
comunque a che fare anche con l'esecutivo, per esempio, per influenzare
l'adozione dei regolamenti o la creazione di progetti o la stipula di contratti.
1 “organizzazioni formali, solitamente basate sull'adesione volontaria individuale, che cercano di
influenzare in loro favore le politiche pubbliche senza assumere responsabilità di governo”: L.
MATTINA, I gruppi d'interesse, Bologna, Il Mulino, 2010, p. 13
2 T. CHECCOLI, Il fenomeno del lobbying negli Stati Uniti e nell'Unione europea, in Quaderni
costituzionali, a. XXVI, n. 4, dicembre 2006, pg.722
3 Organizzazione internazionale di studi economici, con sede a Parigi, che ha come funzione
principale quella di essere un'assemblea consultiva. Ne fanno parte 34 Stati di tutto il mondo
4 Raccomandazione C(2010)16, reperibile all'indirizzo:
http://acts.oecd.org/Instruments/ShowInstrumentView.aspx?
InstrumentID=256&InstrumentPID=250&Lang=en&Book=False
3
Di conseguenza, il termine “funzionari pubblici” comprende impiegati
statali e funzionari della pubblica amministrazione, impiegati e detentori di
incarichi pubblici nei rami dell'esecutivo e del legislativo, che siano eletti o
nominati”.
In questo studio sarà affrontato il tema del ruolo delle lobby
nell'ordinamento italiano, dove, in assenza di una disciplina puntuale di
regolamentazione del fenomeno, esistono comunque delle leggi e dei
regolamenti (soprattutto a livello regionale) che potrebbero essere un
buon punto di partenza.
Prenderò come esempi da un lato gli Stati Uniti (oggetto del primo
capitolo), ai quali si fa automaticamente riferimento quando si parla di
regolamentazione delle lobby, e, dall'altro, l'Unione Europea (secondo
capitolo), che si pone nei confronti della questione con modalità molto
diverse.
Gli Stati Uniti hanno cominciato ad affrontare questa tematica fin dal
1876. Il fenomeno viene inquadrato nel diritto di petizione
5
, previsto nel
Primo Emendamento della Costituzione del 1791, che si prefigge proprio
la possibilità, concessa al cittadino, di rimediare ai torti subiti da parte della
pubblica amministrazione.
La regolamentazione vera e propria avviene subito dopo la Seconda
Guerra Mondiale, con l'emanazione, nel 1946, del Federal Regulation of
Lobbying Act, e successivamente con il Lobbying Disclosure Act del 1995,
che trovano posto nell'ambito di una normativa che prevede anche quella
abbinata ai costi della politica, riguardante le campagne elettorali del
Presidente, dei Senatori e dei Deputati: “senza denaro non si fa politica e
(…) un sistema democratico è tale nella misura in cui i raggruppamenti
politici e i singoli in competizione sono in grado di far pervenire alla
collettività il loro messaggio. Non vi è nulla di scandaloso nell'attività di
lobbying, nella rappresentazione diretta presso gli eletti del punto di vista
degli interessi legittimi in competizione nelle società – che non sono solo
5 “La facoltà accordata al singolo o ad un gruppo di individui di rivolgersi ad una pubblica autorità
per sollecitare l'adozione di determinati provvedimenti o comunque per sottoporre alla sua
attenzione e competenza particolari questioni”: Petizione (diritto di), R. D'ORAZIO, in S.
CASSESE (a cura di), Dizionario di Diritto Pubblico, Milano, Giuffrè, 2006, p. 4285
4
interessi economici – con il proposito di ottenere la dovuta considerazione
in sede legislativa”
6
. Non a caso, nella vita politica americana vengono
riconosciuti e tutelati gli interessi privati a livello federale, locale e perfino
giurisdizionale.
Anche in Unione Europea il rapporto delle istituzioni con i gruppi
d'interesse è articolato e complesso, al punto tale che il panorama “è così
variegato da assomigliare più all'esperienza pluralista statunitense che a
quella tradizionale europea a forte connotazione partitica”
7
.
Sfruttando i numerosi punti d'accesso offerti dalla struttura istituzionale
europea, i gruppi partecipano a pieno titolo a processo politico comunitario
e costituiscono una forza significativa che influenza l'adozione della
legislazione comunitaria. I lobbisti si rapportano direttamente con le
istituzioni dell'Unione (Commissione e Parlamento, soprattutto, ma in
qualche modo anche il Consiglio), appoggiati da una regolamentazione
soft, che è fatta di codici di condotta che, più che porre dei limiti
all'accesso e alla partecipazione, mirano a garantire la trasparenza di
questo rapporto, sia dal lato delle lobby che da quello dei funzionari delle
istituzioni.
Esistono anche delle norme che che regolano i momenti di
partecipazione dei rappresentanti dei gruppi di interesse al procedimento
legislativo (soprattutto attraverso i comitati della Commissione e le
commissioni parlamentari). L'istituzione che si è spinta più avanti in questo
senso è il Parlamento, che ha un sistema di registrazione consistente nel
conferimento di un pass a chi, assistendo assiduamente ai lavori, lo faccia
a scopi professionali.
È stato proprio il Parlamento a sollevare il problema della necessità della
regolamentazione del fenomeno dei gruppi di pressione, con un primo
tentativo (il Rapporto Galle del 1992) che conteneva la proposta di istituire
un registro dei soggetti cui fosse consentito l'accesso, e il relativo codice
di condotta. Con la successiva legislatura lo sforzo di disciplinare il
fenomeno portò all'approvazione nel 1996 del cosiddetto Rapporto Ford,
6 R. BRANCOLI, In nome della lobby, Garzanti, Milano, 1990, p. 159
7 S. PANEBIANCO, Il lobbying europeo, Milano, Giuffrè, 2000, p. 1
5
che riuscì a istituire i suddetti registro e un codice di condotta.
Il documento base della disciplina comunitaria è però una
Comunicazione della Commissione del 1992 (Un dialogo aperto e
strutturato fra la Commissione e i gruppi d'interesse speciali), in cui
l'istituzione comunica l'intenzione di non voler fare preferenze
nell'accreditamento di alcuni gruppi più influenti piuttosto di altri,
mantenendo la stessa linea di condotta fino al White Paper on European
Governance del 2001, non recedendo dalla sua convinzione in base alla
quale la formalizzazione dei contatti coi lobbisti debba essere soltanto
leggera. Dal Libro Bianco sulla Governance si è poi ripartiti per elaborare il
Piano D per la Democrazia, il Dialogo e il Dibattito del 2005 e il Libro
Verde su una Iniziativa Europea per la Trasparenza del 2006.
Gli strumenti di questa soft regulation sono il Registro per la
rappresentanza degli interessi, già attivo dal 1994 e costantemente
aggiornato, anche attraverso la collaborazione con il Parlamento (il 23
giugno del 2011 è stato finalmente firmato un accordo tra le due istituzioni
per un Registro Comune sulla Trasparenza), e il Codice di condotta, che le
organizzazioni dovrebbero adottare nella loro attività in seno alle istituzioni
comunitarie. Il terzo strumento sono le regole di condotta prescritte agli
stessi funzionari delle istituzioni.
La regolamentazione del fenomeno negli Stati Uniti e nell'Unione
Europea diventa la naturale premessa del capitolo centrale di questa tesi,
cioè quello che analizza l'Italia. Questo, sia come inquadramento generale
del fenomeno da due formalizzazioni molto differenti tra loro, ma anche
come termine di paragone in negativo, cioè rispetto ai risultati che non si è
riusciti a raggiungere nel nostro Paese. Infine, anche come spunto che è
stato preso per elaborare le proposte di legge dei parlamentari italiani che
si sono succedute nel decenni, e per le leggi regionali di recente
approvazione che hanno tentato di stabilire una disciplina minima, poiché
vedremo che si ispirano a questi due modelli.
Del nostro ordinamento saranno analizzati i canali d'accesso dei gruppi
d'interesse al Parlamento e al Governo, ma anche una serie di norme che
possono inserirsi sotto il grande ombrello della “trasparenza”: la disciplina
6
del finanziamento ai partiti e alle campagne elettorali (anche se questa
non ha lo stesso peso che negli Stati Uniti, dove anche le norme che
regolano l'attività dei Political Action Committees sono molto precise) e la
possibilità di ricavare dal nostro ordinamento un codice etico per i
parlamentari.
Sarà dato ampio spazio all'analisi di alcune proposte di legge fatte a
partire dal 1987 (anche se nessuna di esse è mai stata approvata) per
regolamentare l'accesso dei gruppi d'interesse alle istituzioni, attraverso,
anche qui, la previsione di un registro per i rappresentanti delle lobby.
Infine si parlerà degli Statuti regionali approvati dopo il 2006 (in cui
troviamo norme per la partecipazione e l'accesso dei rappresentanti delle
varie articolazioni della società ai procedimenti legislativi) e ad alcune
leggi regionali (la prima, nonché quella che ha fatto da modello alle altre, è
la legge regionale Toscana n. 5 del 2002, alla quale è dedicato un
paragrafo a parte), esplicitamente rivolte all'attività di rappresentanza degli
interessi particolari (come la legge della regione Abruzzo del 2010),
oppure recanti norme più generali sulla partecipazione (come la legge
della regione Emilia Romagna, sempre del 2010).
Questo studio non ha la pretesa di arrivare a una conclusione definitiva
su cosa il nostro Paese dovrebbe fare, ma semplicemente mostrare come
demonizzare un fenomeno come quello dell'influenza che i gruppi di
interesse possono avere sul procedimento legislativo abbia portato solo
complicazioni, mentre provare a inquadrarlo in una normativa potrebbe
essere la soluzione per portare alla luce delle dinamiche che diventano
pericolose proprio quando le si lascia agire nell'oscurità. Tutto ciò, anche e
soprattutto alla luce dei recenti mutamenti di governo e i provvedimenti
anti-crisi adottati in questi mesi e osteggiati proprio da alcune delle lobby
più influenti.
7
CAPITOLO PRIMO
Le lobby nell'ordinamento degli Stati Uniti
1 - Premessa
Negli Stati Uniti, il fenomeno delle lobby costituisce oggetto di studi
approfonditi e ha dato luogo a un'influente produzione scientifica. Questo
ne testimonia il radicamento e l'importanza nella società e nelle relazioni
istituzionali del Paese tale per cui il lobbismo può essere considerato un
aspetto quasi strutturale del sistema della rappresentanza politica nella
società.
In questa nazione come forse in nessun'altra la regolamentazione del
fenomeno è molto penetrante e i risultati raggiunti da questa esperienza
giuridica non possono non partire dagli aspetti definitori
8
. Il fare lobby è
un'attività che, nell'essere descritta, non può prescindere da termini quali
government relations, public affairs, public relations e advocacy, coi quali
spesso si intreccia e confonde.
In via di prima definizione possiamo dire che l'orientamento del
legislatore americano è “permissivo una volta che all'attività di lobbying sia
data sufficiente pubblicità”
9
. Le due leggi che hanno regolato la materia nel
dopoguerra, il Federal Regulation of Lobbying Act del 1946 e il Lobbying
Disclosure Act del 1995, rispondono a questo principio generale e si
pongono a presidio dell'integrità del sistema insieme a regolamenti e
norme etiche del Congresso.
La domanda che solitamente ci si pone di fronte alla tematica
dell'influenza dei gruppi di pressione all'interno del circuito democratico (e
cioè se si tratti di un elemento positivo di avvicinamento e dialogo fra
rappresentanti e rappresentati, o piuttosto un segnale di inefficienza del
sistema parlamentare, che rischia di diventare “ostaggio” degli interessi
particolari perorati dalle lobby più potenti) è il punto di partenza da cui
muovono gli stessi studiosi statunitensi. Negli Stati Uniti, il fatto che i
cittadini possano direttamente rivolgersi ai loro rappresentanti per tentare
8 C. McGRATH, Lobbying in Washington, London, and Brussels, Lewinston, The Edwin Mellen
Press, 2005, pg. 15 e seg.
9 L. GRAZIANO, Le lobbies, Roma-Bari, Editori Laterza, 2002, p. 85
8
di ottenere una tutela costituzionale dei propri interessi non viene
considerato in sé elemento negativo. Che il lobbying sia posto sotto il
segno della Costituzione (nello specifico, del Primo emendamento e del
diritto di “rivolgere petizioni al Congresso”) segna una svolta importante
nella cultura giuridica americana. È l'approdo di un'evoluzione che ha
portato a vedervi non un'attività eversiva della democrazia, come era
considerata grosso modo fino agli anni Trenta, bensì un suo strumento,
sebbene controverso.
Negli Stati Uniti il processo politico coinvolge istituzioni, partiti e gruppi
di interesse. L'intreccio dei tre è dovuto al fatto che (anche solo
numericamente) i partiti sono sostanzialmente deboli, mentre i gruppi che
agiscono sulla scena economica, sociale, religiosa e civile sono attivi e
numerosissimi
10
. Possiamo dire che i partiti scelgono i candidati alle
elezioni, ma sono i gruppi che li appoggiano. Contrariamente ai partiti, i
gruppi d'interesse a struttura federale o centrale non sono organizzati per
circoscrizioni elettorali e si giovano della frammentazione del sistema di
governo. Sono i gruppi, molto più dei partiti, a costituire il raccordo tra le
diverse istanze governative (federali, statali e locali) oppure, per contro, a
provocare conflitti interni.
Nonostante questa differenza di ruolo, talvolta i gruppi arrivano a
rappresentare le ali estreme di un determinato partito. Ad esempio, la
Christian Coalition costituisce un gruppo ultraconservatore nel Partito
repubblicano, mentre le organizzazioni per i diritti civili hanno
rappresentato l'ala sinistra sociale e l'American Civil Liberties Union è la
corrente più liberal del Partito democratico.
Le lobby, quindi, “non sono partiti, non possono sostituirsi ai partiti, non
sono una forma di rappresentanza politica né possono aspirare a
sostituirsi alle istituzioni politiche in genere, e in particolare al Parlamento
e al Governo.
La loro funzione non può essere che quella di interlocutori che
dialogano con la politica, cercano di influenzarla, di innestare le loro
10 F. SPICCIARELLO, Lobby e gruppi di pressione negli Stati Uniti D'America, in
www.lobbyingitalia.com, 21 luglio 2001, pg.2
9
richieste nei suoi più vasti programmi”
11
.
2 - Le attività di lobbying
Prima di procedere nell'analisi della legislazione, è forse opportuno
soffermarsi sulle diverse tipologie di attività di lobbying per come sono
state progressivamente definite nel tempo ad opera degli studiosi,
seguendo principalmente lo schema tracciato da Luigi Graziano nei suoi
studi in materia
12
.
Sebbene l'attività dei gruppi di pressione e dei lobbisti si avvalga
spesso di contatti informali, esistono meccanismi e canali tendenzialmente
codificati.
2.1 - Il lobbying diretto
Questa tipologia può essere considerata una traduzione in fatti del
diritto di petizione, rivolto ai singoli cittadini e protetto dal Primo
Emendamento.
Il rapporto è in questo caso personalizzato
13
perché non gode di
alcuna certezza giuridica, ed è informale al punto da garantire una
partecipazione concretamente influente.
Il lobbying è un rapporto di scambio e il lobbista ha delle risorse
spendibili in questo senso: competenza in specifiche policy areas,
intelligenza politica, sostegno a deputati amici. Ed è proprio quest'ultima
risorsa che costituisce l'arma di potere più importante nelle mani del
lobbista. Ingredienti chiave in questo rapporto di scambio sono la
gratitudine e la fiducia: ogni favore è sempre seguito da note di
ringraziamento. La fiducia è necessaria perché consolida la credibilità del
lobbista e delle informazioni che fornisce
14
. Ed è importante anche per
avere accesso ai documenti, altro contribuito che il lobbista dà nel caso di
processi in fieri, divenuto fondamentale nell'era dell'informazione digitale.
Un orientamento politico condiviso dai funzionari pubblici e dai lobbisti
11 G. MAZZEI, Lobby della trasparenza. Manuale di relazioni istituzionali, Roma, Centro di
documentazione giornalistica, 2009, pg. 29
12 L. GRAZIANO, Le lobbies, Bari, Laterza, 2007; L. GRAZIANO, Lobbying, pluralismo,
democrazia, Roma, NIS, 1995
13 È difficile “tracciare una linea fra lobbying e amicizia”: cit. L. GRAZIANO, Le lobbies,pg. 32
14 “My reputation is my most valuable asset”: le parole di un lobbista citate in F. BAUMGARTNER
et al., Lobbying and policy change, London, The University of Chicago Press, 2009, pg. 185
10
è un elemento favorevole a questo rapporto di scambio. Non è strano, per
esempio, il fatto che durante l'amministrazione Reagan i rappresentanti
dei gruppi imprenditoriali fossero maggiormente coinvolti in rapporti faccia
a faccia coi membri dell'esecutivo e del loro staff rispetto ai sindacati, i
quali si rivolgevano i misura massiccia ai parlamentari democratici del
Congresso
15
.
2.2 - Il lobbying indiretto
Questo tipo di lobbying è caratterizzato dai movimenti organizzati dai
cittadini, che partecipano attivamente per portare ai decisori politici le
proprie istanze riguardo singoli provvedimenti o politiche specifiche.
Le cause possono essere pubbliche (e allora abbiamo il grass-root
lobbying) oppure lotte legate alle sorti di determinate aziende (e, quindi,
lobbying d'impresa).
In un assetto politico-istituzionale come quello degli Stati Uniti, in cui
ogni parlamentare gode di una certa indipendenza rispetto ai partiti politici,
i gruppi d'interesse sono incoraggiati a effettuare campagne di
mobilitazione dal basso. Ignorare le richieste di cittadini/elettori potrebbe
rivelarsi fatale, considerando la già scarsa partecipazione elettorale e il
sistema dei collegi elettorali maggioritari uninominali, nei quali la vittoria
sull'avversario dipende spesso da una manciata di voti.
Il tipo di campagna lobbistica che si rivolge più ai leader d'opinione
(banchieri, professori universitari, leader religiosi, editori di quotidiani) che
al pubblico generico è definito grass-tops strategy
16
.
Una prospettiva particolare sul lobbying è offerta dall'Internal Revenue
Service (il fisco statunitense), che ha definito grass-roots lobbying “ogni
tentativo d'influire sulla legislazione con mezzi volti a influenzare le
opinioni del pubblico”
17
. È tipico delle organizzazioni no profit, ed è a loro
che l'IRS si rivolge, stabilendo la parte di risorse che esse possono
dedicare all'attività di pressione.
Il lobbying indiretto si caratterizza per tre peculiarità:
15 L. MATTINA, I gruppi di interesse, Bologna, Il Mulino, 2010, pg. 162
16 C. McGRATH, Lobbyin in Washington, London, and Brussels, pg. 114
17 L. GRAZIANO, Le lobbies, pg 35
11