2
Introduzione
Alla base di questo studio vi è l’analisi della moneta unica in relazione al nostro amato paese:
l’Italia. In particolare, si pone l’attenzione sulla situazione economica italiana prima e dopo l’euro,
ossia Maastricht.
Le motivazioni che mi hanno spinto ad approfondire tale argomento hanno una duplice natura.
Prima di tutto, ho nutrito subito un grande amore verso gli argomenti macroeconomici grazie al mio
relatore e professore Giuseppe Mauro.
La seconda motivazione che mi ha spinto ad approfondire questo tema così particolare e così nel
dettaglio è l’amore per la lettura. Negli ultimi anni avvenire ho letto tanti, anzi molti libri di natura
economico-finanziaria, appassionandomi, di conseguenza, a questo tema, tanto da renderlo
argomento principale della mia tesi triennale.
L’obiettivo di questa tesi è quello di fornire un’analisi del nostro Paese prima e dopo l’introduzione
dell’euro, concentrando l’analisi stessa anche sul funzionamento della moneta unica e come siamo
arrivati a quest’ultima. Inoltre verranno posti alcuni problemi inerenti all’euro, vantaggi e svantaggi
della moneta unica, proiettando tale argomento nel passato.
È stata sviluppata e condotta anche una breve intervista, in loco, ad un gruppo di persone di età
compresa tra i 18 e i 55 anni, di sesso maschile e femminile. Le domande poste avevano un focus
sulla moneta unica in relazione all’Italia, considerando anche i cosiddetti parametri di Maastricht. È
possibile consultare l’intervista all’interno dell’appendice di questa tesi.
La tesi è articolata in 5 capitoli: il primo capitolo tratta della storia dell’euro. Dalla sua fondazione
sino alla sua introduzione. Il secondo capitolo pone l’attenzione sulla situazione economica
dell’Italia prima e dopo Maastricht, ossia prima e dopo l’introduzione della moneta unica. Il terzo
capitolo invece è a caratteri più generali. Tratta, infatti, di tutti i vantaggi e svantaggi dell’euro, non
solo in campo nazionale, ma europeo. All’interno del quarto capitolo abbiamo la cosiddetta Italexit:
cosa succederebbe se uscissimo dall’euro? L’analisi di questo capitolo pone l’attenzione su tutti gli
effetti indesiderati che potremmo avere nel caso in cui si decidesse di abbandonare la moneta unica.
Nel quinto capitolo, infine, abbiamo l’analisi dei “Piani B” di Bagnai e Savona, con il parere, di
conseguenza, di due economisti europeisti.
3
Grazie a questo lavoro è stato possibile comprendere al meglio la moneta unica e i suoi effetti sul
nostro Paese. Le conclusioni potranno essere consultate alla fine di questa tesi.
4
CAPITOLO 1
COME SIAMO ARRIVATI ALLA FORMAZIONE DELL’EURO?
5
In questo primo capitolo sarà presente la descrizione di come siamo andati incontro alla
formazione dell’Unione Economica e Monetaria, e all’adozione della moneta unica, l’euro.
Partiremo da una breve analisi di tutti quei trattati e avvenimenti considerati di fondamentale
importanza per l’unificazione: dal Trattato di Roma (1957) alla caduta del muro di Berlino (1989),
fino alla firma del Trattato di Maastricht, anno 1992. Proseguiremo con l’analisi del Rapporto
Delors, del Patto di Stabilità e Crescita, fino ad arrivare agli obiettivi in ambito economico
dell’euro. Per ultimo, ma non per importanza, esamineremo il ruolo delle banche centrali nazionali
e quello della BCE.
1.1 Il lungo percorso verso l’Unione
Correva l’anno 1992 quando, in una piccola cittadina olandese, veniva firmato il Trattato che
avrebbe portato alla creazione dell’euro e della sua banca centrale. Il percorso verso l’Unione
Economica e Monetaria (UEM) non iniziò esattamente nel 1992, ma anni prima. C’è da premettere
che la strada verso l’euro cominciò a prendere forma, lentamente, intorno al 1950 circa. Due
avvenimenti importanti furono i Trattati di Roma. Il 25 marzo del 1957 vennero firmati due
Trattati che rappresentano il momento costitutivo della Comunità europea
1
:
I. Il trattato che istituì la Comunità economica europea (CEE);
II. Il trattato che istituì la Comunità europea dell’energia atomica (CEEA).
I due trattati precedenti sono chiamati Trattati di Roma, trattato multilaterale aperto, che iniziarono
ad essere efficaci il 1° gennaio del 1958.
La storia cambiò letteralmente direzione quando, nel 1971, il sistema di Bretton Woods crollò.
Bretton Woods è la cittadina di New Hampshire dove, nel luglio del 44’, si tenne la conferenza
internazionale che doveva delineare le caratteristiche del sistema monetario e finanziario
internazionale che si sarebbe dovuto creare dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. In questo
sistema, i paesi partecipanti si accordarono per mantenere le proprie monete ancorate al dollaro a
tassi di cambio aggiustabili, ma solo ove ciò fosse necessario per correggere uno squilibrio
“fondamentale” della bilancia dei pagamenti. Perché crollò tale sistema? Il regime crollò negli anni
Sessanta quando la fiducia nella convertibilità del dollaro venne a mancare a causa di una politica
1
Il momento costitutivo della Comunità europea iniziò qualche anno prima. Nel 1951 a Parigi venne firmato un
importante trattato: il Trattato che istituì la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, firmato nell’aprile del 1951.
6
inflazionistica, in aggiunta ad un accumulo di disavanzi della bilancia dei pagamenti degli Stati
Uniti.
Il crollo del sistema di Bretton Woods diede vita a un regime di cambio europeo, chiamato il
“serpente nel tunnel del dollaro”
2
, all’interno del quale le monete europee potevano oscillare
contro il dollaro con uno scostamento massimo del 2,25 %. Purtroppo però, il “serpente”, ebbe vita
molto breve: 5 anni dopo, nel 1977, 4 Paesi, tra cui l’Italia, decisero di abbandonare il sistema
perché la zona valutaria era “guidata” dal marco tedesco. Nel 1979 fu creato il Sistema monetario
europeo (SME), basato su parità di cambio fisse, ma rivedibili. Lo SME era basato sugli Accordi
europei di cambio e sui relativi meccanismi. All’interno di tali meccanismi, le monete potevano
oscillare entro una banda del +/- 2,25 % intorno a tassi centrali fissi (ECU
3
). I paesi erano obbligati
ad intervenire quando la loro moneta raggiungeva i limiti di tale banda di oscillazione. I tassi
centrali non potevano essere modificati unilateralmente, ma doveva essere una decisione presa con
tutti gli altri Stati membri. Gli anni ottanta videro una grande accelerazione dell’economia, iniziata
nel 1982 e durata per l’intero decennio, questo anche grazie ad una forte stabilità politica. Nel 1986,
l’Atto unico europeo, modificò il Trattato di Roma. Quest’ultimo permise la libera circolazione
non solo delle merci, ma anche dei capitali, dei servizi e delle persone. Lo SME restò in vita per ben
13 anni, ma sin dall’inizio era condizionato da un elemento non trascurabile: il ruolo prevalente del
marco tedesco nella gestione degli accordi di cambio.
Lo SME restò in vita per 13 lunghi anni, fino a quando entrò in crisi, in una profonda crisi, che
avrebbe sancito la sua fine. Entrò in una crisi irreversibile nel 1992, soprattutto a causa di un evento
che cambiò il mondo intero: la caduta del muro di Berlino (1989). Pochi anni prima, nel 1988, la
moneta unica fu inserita nell’agenda europea. In quell’anno fu deciso di sostituire le monete
nazionali con la moneta europea. L’inserimento nell’agenda europea di una moneta unica e la
caduta del muro di Berlino furono due avvenimenti di fondamentale importanza per l’integrazione
europea. Questa situazione gettò le basi per la creazione di una politica unica, in modo da risanare
anche le ferite della Seconda guerra mondiale. Cosa dire del campo economico tedesco? In seguito
alla riunificazione la politica economica della Germania iniziò a mutare, lentamente, le proprie
caratteristiche. Cosa si verificò? Si verificò un aumento delle componenti autonome della domanda
aggregata, in più ci furono aumenti dei consumi pubblici, degli investimenti pubblici e dei
2
Si veda “Il tramonto dell’euro” (Bagnai, 2016, p. 8).
3
“Unità di conto europea”. L’ECU fu la seconda valuta, virtuale, dell’Unione Europea dopo l’UCE (Abbandonata nel
1975).
7
trasferimenti. Perché tutto questo? Bisogna ricordare che la Germania, prima della riunificazione,
aveva due marchi:
I. Il marco della Germania dell’Est, Ostmark;
II. Il marco della Germania dell’Ovest, Deutsche Mark.
La conversione dei marchi avvenne a un tasso di cambio unitario. Il cambio 1:1 rappresentava per la
Bundesbank una sopravvalutazione dell’Ostmark, pari a circa tre volte il suo valore effettivo.
Ricordiamo infatti che la Germania dell’Est versava in condizioni molto disastrate rispetto alla
Germania dell’Ovest, essendo, quest’ultima, seconda potenza industriale del mondo, grazie anche al
proprio marco quotato in Borsa.
Oltre a questo evento, un’altra decisione importante, ma non condivisa dalla Bundesbank, fu quella
di erogare incentivazioni finanziarie per l’ammodernamento della struttura industriale orientale.
Tutto questo a cosa portò? Porto la Germania ad un mix di politica economica con una politica
fiscale molto espansiva, per cercare di coprire l’enorme differenza tra Est e Ovest, e una politica
monetaria restrittiva, per evitare conseguenze inflazionistiche per i crescenti disavanzi del bilancio
pubblico. Una cosa molto importante da considerare è che la Germania si basava molto sulla
stabilità dei prezzi, voleva quindi evitare che tutto ciò portasse instabilità generale all’interno del
Paese.
Il Trattato di Maastricht, negoziato nel 1991 sulla base del Rapporto Delors, fu firmato nel
febbraio del 1992. Abbiamo detto precedentemente che prima che lo SME entrasse in una crisi
irreversibile, anno 1992, ci fu l’adozione dell’Atto unico europeo, che entrò in vigore il 1° luglio del
1987. L’Atto unico europeo stimolò ulteriormente la creazione dell’Unione Economica e
Monetaria (UEM). L’Atto poneva come obiettivo principale la costruzione e la creazione
dell’UEM. Un importante tassello verso quest’ultima costruzione venne apportato dal Rapporto
Delors. Jaques Delors, all’epoca Presidente della Commissione europea, era alla guida di un
gruppo di esperti, incaricati nel 1988 dal Consiglio europeo, con l’obiettivo della progressiva
realizzazione dell’UEM.
Il Rapporto Delors venne approvato il 17 aprile del 1989 con l’obiettivo di realizzare l’UEM in 3
fasi distinte tra loro, ma in maniera progressiva:
I. Prima fase (1990-1993): fase intesa come preparatoria con il completamento del mercato
interno, riduzione della disparità tra regioni e rimozione di tutti gli ostacoli alla integrazione
finanziaria;
8
II. Seconda fase (1994-1998): questa fase doveva realizzare un elevato grado di convergenza
tra le politiche economiche, monetarie e i tassi d’inflazione;
III. Terza fase (dal 1° gennaio 1999): la terza ed ultima fase era caratterizzata dall’uso
dell’ECU come unica moneta e da una politica comunitaria comune e con una banca
centrale europea, che sarebbe in seguito diventata la BCE.
Andiamo ad analizzare più nel dettaglio ogni singola fase del Rapporto Delors.
La prima fase del Rapporto Delors ebbe inizio precisamente il 1° luglio del 1990, così deciso dal
Consiglio europeo. In questa data vennero abolite tutte le restrizioni alla circolazione dei capitali tra
gli Stati membri. Il Consiglio, inoltre, conferì maggiori responsabilità al Comitato dei governatori
delle banche centrali degli Stati membri della Comunità economica europea che andavano dallo
svolgimento di consultazioni sulle politiche monetarie degli Stati membri al coordinamento per
conseguire la stabilità dei prezzi. Il Trattato di Roma, di cui abbiamo parlato nei paragrafi
precedenti, venne revisionato per poter realizzare la seconda e terza fase del Rapporto, al fine di
creare la necessaria infrastruttura istituzionale.
Dopo aver effettuato questa revisione, ci fu la stesura del nuovo Trattato sull’Unione Europea, o
anche Trattato di Maastricht, dal nome della cittadina olandese in cui fu firmato quest’ultimo il 7
febbraio del 1992. Il trattato, inoltre, conteneva il Protocollo sullo statuto del Sistema europeo delle
banche centrali e della Banca centrale europea e il Protocollo sullo statuto dell’Istituto monetario
europeo. Cosa si ottenne con il Trattato di Maastricht? Prima di tutto dobbiamo fare una piccola
precisazione: dal Trattato vennero escluse il Regno Unito e la Danimarca, che ottennero una
speciale clausola per “chiamarsi fuori”
4
. Tutti coloro che firmarono il Trattato si impegnavano ad
adottare la moneta unica entro il 1° gennaio del 1999. La data era stata decisa per far rispettare
alcune condizioni macroeconomiche, i cosiddetti criteri di Maastricht, o anche criteri di
convergenza, di cui parleremo successivamente. Il Trattato infatti aveva fissato due date: la prima,
il 1° gennaio del 1997, a condizione che la maggioranza degli Stati membri osservasse determinati
criteri per poter entrare; se la prima condizione non si fosse verificata, l’unione monetaria avrebbe
comunque avuto inizio il 1° gennaio del 1999, anche se fosse stata pronta solo una minoranza degli
Stati membri. Nel periodo successivo alla firma del Trattato, lo SME subì una grave crisi, come
detto in precedenza. Forti tensioni sul mercato dei cambi portarono la lira italiana e la sterlina
inglese ad uscire dal Sistema nel settembre dello stesso anno, 1992. Lo SME fu salvato grazie alla
decisione di allargare i margini di fluttuazione da 2,25 al 15 %, ma perse così la sua funzione di
4
Opting out: il Regno Unito e la Danimarca non erano obbligate a partecipare alla terza fase dell’UEM.