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INTRODUZIONE
La domanda che sempre più di frequente si sente porre negli ambienti della subacquea
cosiddetta ricreativa è a quali conseguenze e tipo di rischi è esposto colui che, insegnante o
accompagnatore, è incaricato di condurre altre persone a visitare “il mondo del silenzio”,
come venivano chiamate dal leggendario Jacques –Yves Cousteau le profondità marine.
Questa sensibilizzazione oggi è dovuta a due fattori: il primo la diffusione che questa
attività ha avuto negli ultimi anni, tanto da essere considerata ormai di massa, il secondo
l’aumento della propensione al ricorso alla magistratura civile e penale per la risoluzione di
controversie anche di poco conto. A ciò però non corrisponde la giusta consapevolezza degli
operatori del settore nell’affrontare, ma anche semplicemente nell’avere presenti, i molteplici
problemi legali che possono nascere nello svolgimento di questa attività, molto affascinante
ma assai delicata.
Fatta questa premessa di ordine generale, con questa tesi di laurea ci poniamo l’obiettivo di
ricercare il regime di responsabilità applicabile in ipotesi di danni occorsi a terzi nel corso
dell’attività didattica e di accompagnamento, concentrando volutamente la nostra attenzione
sulla figura chiave che racchiude in essa tutte le fattispecie di interesse: l’istruttore.
Per dare risposta a questa domanda faremo un viaggio partendo dalle norme di carattere
costituzionale per scendere sino alla normazione tecnica di standardizzazione elaborata da enti
privati che, in carenza di normativa specifica, assume a nostro avviso valenza di fonte di
diritto consuetudinario, in alcuni casi recepita da provvedimenti legislativi.
Nel mezzo il vuoto, con varie proposte di legge volte ad un’organica regolamentazione
della materia ferme in Parlamento.
Ricostruiremo le ipotesi in cui l’istruttore subacqueo potrebbe più frequentemente trovarsi
a dover rispondere in caso di danni a terzi, analizzeremo le scarse pronunce giurisprudenziali
specifiche e faremo una comparazione con fattispecie simili oggetto di pronunce
giurisprudenziali riferite ad istruttori sportivi di altre discipline.
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Numerosi sono infatti i contributi dottrinali e giurisprudenziali sul tema della
responsabilità civile e penale nell’ambito delle attività sportive comunemente conosciute, vale
a dire le attività organizzate e regolamentate in seno al sistema CONI.
Apriremo qui un altro punto nella nostra tesi.
La subacquea a livello ludico – ricreativo è qualificabile come attività sportiva? Può di
conseguenza, e in quali termini, essere invocata la causa giustificativa non codificata,
riconosciuta sia in dottrina che in giurisprudenza, quale scriminante da rischio consentito
propria di altre attività sportive?
Per rispondere a questa domanda ci proponiamo di analizzare l’ordinamento sportivo e le
sue peculiarità, il principio dell’accettazione del rischio e il valore delle norme e delle regole.
Affronteremo l’inquadramento delle attività sportive istituzionalizzate e di quelle sorte al
di fuori di tale realtà, chiarendo cosa si intende per competizione ed agonismo, elementi
ritenuti essenziali poiché si possa riconoscere questa particolare forma di esimente per cui
l’interesse primario dello sport può far soccombere un interesse particolare della persona.
Il nostro percorso, per poter rispondere con la maggiore chiarezza possibile ai quesiti che
ci poniamo, non può tralasciare di ripercorrere la storia della subacquea.
Oggi i corsi brevi e facili sono ben lontani da quell’attività pionieristica che era sino a
pochi decenni fa, e questo lo dobbiamo a figura leggendarie che meritano di essere
menzionate.
La nostra tesi è strutturata in tre capitoli.
L’obiettivo che ci poniamo nel primo capitolo è di trarre in primo luogo la normativa
vigente nell’ordinamento italiano in materia di danni nello sport, fermando l’attenzione sul
significato e sul valore delle regole tecniche (standard operativi e di sicurezza) e quindi sul
principio dell’accettazione del rischio.
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Illustreremo le fonti, il principio dell’autonomia sportiva con la sua giustizia e con il suo
illecito, stabilendo che i punti dello studio non possono esaurirsi nell’ambito della sola
responsabilità sportiva.
Partendo dal primo concetto che oggi in Italia l’attività subacquea è libera, nell’ottica della
ricerca di norme specifiche, parleremo delle norme statali pressoché inesistenti, a differenza
ad esempio per le guide alpine.
Elencheremo tutte le proposte di legge atte a regolamentare la materia, compresa la
proposta di una legge quadro ferma in commissione della Camera, le diverse leggi regionali
che riguardano soprattutto la disciplina dell’accesso alle figure professionali per l’istruzione e
l’accompagnamento subacqueo turistico, ma che non disciplinano la responsabilità delle
medesime verso i terzi, e le varie ordinanze a livello locale che impongono divieti od obblighi
(del tipo tenere la bombola di ossigeno sull’imbarcazione per le emergenze o la segnalazione
con il pallone di superficie).
Parleremo infine della normazione UNI - EN ed ISO, elaborata da organismi che si
occupano a vario livello, nazionale, europeo e mondiale, della standardizzazione di prodotti e
servizi con una serie di norme per rendere più sicura l’attività subacquea, e della loro valenza,
per noi, quale fonte di diritto consuetudinario.
Il secondo capitolo comprenderà, nella prima parte, la storia dell’evoluzione dell’attività
subacquea, dalle sue origini sino al passaggio da attività esclusiva e di élite a fenomeno di
massa per il merito di personaggi leggendari e coraggiosi che hanno aperto le porte di un
mondo, che sino ad allora viveva esclusivamente nelle fantasie di romanzieri come Giulio
Verne.
L’apertura del mondo sommerso alla massa ha fatto si che sorgessero diverse
organizzazioni, le cosiddette Didattiche, vere e proprie imprese multinazionali, perlopiù
statunitensi, che hanno contribuito fortemente alla creazione di un modello nuovo di turismo
che oggi muove centinaia di migliaia di persone l’anno.
4
Sono queste organizzazioni che hanno soppiantato le vecchie e superate, ma gloriose,
organizzazioni federali delle quali l’Italia vanta certamente la paternità.
Entreremo nel dettaglio delle attività subacquee, sia di quelle inquadrate in ambito
prettamente agonistico che di quelle ricreative delineandone le differenze, e dimostreremo
come anche queste ultime possano rientrare a pieno titolo tra le attività sportive.
Ma quali sono le peculiarità dell’attività subacquea? Quali leggi della fisica rilevano in
quell’ambiente? Come reagisce l’organismo umano a queste leggi?
Lo spiegheremo, e ciò sarà molto importante per capire come si deve comportare
l’istruttore affinché possa prevenire incidenti e non incorrere in responsabilità.
Ma anche il più solerte ed esperto istruttore non potrà mai prevenire con assoluta certezza
quell’alea di rischio che ancora la scienza non ha potuto spiegare: l’insorgere della Malattia
da Decompressione, punto chiave per la determinazione del danno biologico.
Di contro, proprio quest’alea di insorgenza potrebbe essere invocata dall’istruttore
chiamato in causa quale esimente da rischio consentito, sempreché siano state rispettate tutte
le norme e le regole.
Illustreremo gli aspetti legati all’attività escursionistica svolta dalla guida. E’ questo uno
dei compiti, unitamente all’attività didattica, dell’istruttore, che dovrà anche tenere conto dei
caratteri motivazionali dei clienti che accompagna sott’acqua.
L’attrezzatura è una componente essenziale, quella che di fatto permette all’uomo di
svolgere questa attività, ma anche fonte di responsabilità. Ne illustreremo i vari componenti e
la loro specifica funzione.
Non si può parlare di subacquea moderna senza parlare del Divers Alert Network, una
struttura a livello mondiale che assiste, dietro copertura assicurativa, i subacquei che
incorrono in incidenti in ogni parte del mondo.
Dedicheremo un intero paragrafo del secondo capitolo per descrivere come opera
l’European Scuba Agency, una didattica fondata da professionisti del settore che hanno
5
conciliato la facilità di approccio al metodo didattico con il rigore degli standard e della
formazione dei suoi professionisti.
Analizzeremo quindi i punti critici legati alla certificazione medica di idoneità. La legge in
vigore purtroppo non è chiara e lascia spazio a varie interpretazioni sul tipo di accertamento
medico a cui il subacqueo deve sottoporsi. In realtà viene spesso accettata dall’istruttore
l’autocertificazione sullo stato di buona salute per lo svolgimento di corsi subacquei, a nostro
parere illegale, come è del tutto priva di valenza legale il cosiddetto modulo di scarico di
responsabilità, per la maggior parte con clausole vessatorie, ampiamente utilizzato dagli
istruttori nei confronti dell’allievo.
Verranno altresì affrontate le problematiche e gli aspetti legali legati alla somministrazione
dell’ossigeno in caso di primo soccorso in sospetto di malattia da decompressione,
incombenza sempre a carico dell’istruttore, pur se l’ossigeno medicale è un farmaco e
pertanto il suo impiego è di esclusiva competenza medica.
Il terzo capitolo sarà interamente dedicato all’analisi di tutte le fattispecie di responsabilità,
sia in sede penale che in sede civile, a cui l’istruttore può andare incontro.
Parleremo dell’adempimento in generale, delle obbligazioni e delle loro fonti,
dell’adempimento del terzo nel corso subacqueo quale obbligazione di fare (di sovente capita
che l’istruttore venga sostituito da un altro).
In rapporto ai doveri di correttezza e di buona fede, ci soffermeremo su un punto
fondamentale, quello dell’informazione all’allievo sull’effettivo rischio di contrarre una
malattia da decompressione nonostante la puntuale applicazione di tutti gli standard.
In realtà una corretta informazione non sempre avviene puntualmente, forse per non
spaventare troppo il cliente o/e per una politica commerciale.
Dimostreremo invece che una corretta informazione, abbinata al consenso dell’avente
diritto, è fattore determinante poiché possa essere invocata e riconosciuta la scriminante
sportiva nella subacquea, secondo uno schema dottrinale denominato teoria mista.
6
Parleremo del corso subacqueo quale prestazione d’opera con obbligazione di mezzi e non
di risultato, e del grado di diligenza che l’istruttore deve osservare quale professionista,
cercando di individuare se tale professione sia da considerarsi intellettuale o tecnica.
In difetto alla diligenza conseguono la negligenza, l’imprudenza e l’imperizia che,
unitamente all’inosservanza delle norme, concretizzano la colpa nelle sue diverse gradazioni.
Poseremo la nostra attenzione sui rapporti a titolo gratuito e di cortesia poiché è sovente
che queste prestazioni ricorrano senza la giusta consapevolezza sulle conseguenze legali a cui
si potrebbe comunque andare incontro.
Affronteremo nel dettaglio tutte le ipotesi di responsabilità, diretta, indiretta ed oggettiva
cui l’istruttore si fa carico.
Sarà perciò analizzata la responsabilità contrattuale e da contatto sociale, con gli obblighi
di protezione che questo impone, nell’ambito delle quali dottrina e giurisprudenza fanno
rientrare le attività dell’istruttore sportivo.
Non tralasceremo le ipotesi di responsabilità extracontrattuale e le possibilità che questa
concorra con la responsabilità contrattuale.
Non considerando volutamente le ipotesi dolose, analizzeremo le fattispecie di reato che
l’attività dell’istruttore potrebbe configurare: le lesioni personali, l’omicidio colposo,
l’omissione di soccorso.
Accanto a queste ipotesi, le più lampanti, dobbiamo necessariamente valutare gli aspetti di
responsabilità che derivano dal trattamento dei dati personali secondo il Codice della privacy.
Dottrina e giurisprudenza fanno pacificamente rientrare la figura dell’istruttore sportivo tra
gli educatori, con le conseguenze che derivano dalla culpa in vigilando. Questo è un punto
molto importante da trattare se pensiamo che l’attività subacquea è aperta ai bambini dall’età
di 10 anni.
L’istruttore potrebbe essere titolare di un diving center per cui è doveroso soffermarci sulla
responsabilità che assume quale committente per i danni provocati da istruttori suoi
7
dipendenti e con i quali collabora, o per l’adempimento che esso esegue tramite gli ausiliari,
responsabilità apparentemente simili ma con delle sfumature che riteniamo molto interessanti
da dover illustrare.
Tra i casi di responsabilità oggettiva inseriremo la responsabilità derivante dalle cose in
custodia e analizzeremo se l’attività subacquea potrebbe essere considerata dal giudice attività
pericolosa, pur non essendo classificata come tale dalla legge, con le conseguenze che questo
comporta.
Dall’analisi delle varie fattispecie di responsabilità passeremo quindi al tema delle
conseguenze che da queste ne derivano, alla classificazione dei danni, patrimoniali e non, in
rapporto allo spazio temporale del danno emergente e del lucro cessante.
Tra il fatto e le conseguenze vi sono una serie di meccanismi quali la presunzione di colpa,
il rapporto di causalità secondo il criterio del “più probabile che non”, che a differenza del
campo penale nel campo civile è applicabile.
Parleremo perciò dell’onere della prova, dell’inversione dell’onere e di una particolare
prova liberatoria, la quietanza, che se ben strutturata può assumere l’efficacia probatoria della
confessione stragiudiziale.
Vedremo anche quali sono le varie forme di risarcimento, della valutazione del danno e
della sua liquidazione.
Dedicheremo molta attenzione alle cause di limitazione e di esonero delle responsabilità,
quali il concorso di colpa del debitore nel caso in cui l’allievo concorra ai danni col suo
comportamento, il caso fortuito, la forza maggiore, e alle scriminanti codificate e non
codificate, riprendendo e ampliando il concetto che tra essere può ben operare la scriminante
sportiva non codificata anche per l’attività subacquea a livello ricreativo.
A titolo di completezza verranno illustrate le varie forme operanti per la prescrizione.
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CAPITOLO PRIMO
LA SUBACQUEA – RICREATIVA TRA L’ORDINAMENTO
SPORTIVO E L’ORDINAMENTO GIURIDICO STATALE
1.1. L’ORDINAMENTO SPORTIVO E LE SUE FONTI: LINEE GENERALI
L’ordinamento sportivo è a tutti gli effetti un ordinamento giuridico, seppur settoriale e a
formazione spontanea.
Sorto da un determinato gruppo sociale si è evoluto nel tempo autoregolamentandosi in un
proprio corpo normativo e in una organizzazione autonoma.
Difatti, secondo la cosiddetta dottrina istituzionistica
1
, è da considerarsi ordinamento
giuridico ogni formazione sociale con carattere di plurisoggettività, organizzazione e
normazione, riconoscendo che all’interno dell’ordinamento statale, unico a perseguire
interessi generali, operano una serie di ordinamenti settoriali e quindi di una pluralità di
ordinamenti giuridici volti al perseguimento di interessi collettivi dei vari settori. Si citano, a
titolo di esempio, l’ordinamento militare, l’ordinamento delle varie professioni, l’ordinamento
giudiziario e l’ordinamento sportivo.
2
Tali ordinamenti settoriali godono di una certa autonomia con potere di auto-
organizzazione e di autonormazione ma, in quanto istituzioni facenti parte dell’ordinamento
1
Principale fautore della teoria istituzionistica del diritto fu Santi Romano (Palermo 1875 – Roma 1947), giurista,
secondo il quale “…il diritto, prima di essere norma e prima di concernere un semplice rapporto o una serie di
rapporti sociali, è organizzazione, struttura e posizione della stessa società in cui si svolge e che esso costituisce
come unità, come ente per sé stante. Per sintetizzare, quindi, il diritto è istituzione, onde il nome della teoria.
Conseguentemente, scaturendo il diritto dalla struttura della società, nulla vieta che di ordinamenti giuridici ne
esista una pluralità. In questo consiste uno dei caratteri più innovativi della sua teoria, seguita e apprezzata
ancora oggi”. Da http://www.treccani.it/enciclopedia/ricerca/Romano-Santi/ consultato il 12/09/2011 e
Guardamagna A., a cura di (2009), “Diritto dello sport – Profili penali”, Utet Giuridica (collana Il diritto attuale),
pag. 3.
2
Anche Sanino, in Sanino M. e Verde F. (2008), “Il diritto sportivo”, Cedam, pag. 16, qualifica gli ordinamenti
sportivi come “un complesso di norme di natura giuridica” poiché racchiudono tutti gli elementi che
costituiscono un ordinamento giuridico quali “la normazione, una pluralità di soggetti e l’organizzazione dei
medesimi”.
9
statale, per autorevole dottrina “sono comunque sottoposti alla giurisdizione dei Giudici dello
Stato…”
3
.
La materia sportiva infatti è inserita nel sistema delle fonti e nel suo ordine gerarchico; il
carattere della giuridicità dell’ordinamento sportivo è conferito in ogni caso dalla
conformazione al diritto statale
4
e ciò si esprime nel potere di autoregolamentazione degli
Enti sportivi; il potere cioè di emanare norme e regole.
I due termini hanno qualcosa in comune. Difatti entrambi dettano concetti che richiamano
il costante ripetersi di comportamenti o fatti. La regola quindi ci rimanda a ciò che è regolare
e la norma a ciò che è normale.
Vincolati alla norma sportiva sono tutti coloro che scelgono liberamente di entrare a far
parte della comunità sportiva, accettandone le regole. D’altronde, la regola stessa è insita
nella definizione di sport e chiunque voglia cimentarsi nella pratica di una attività sportiva,
qualunque essa sia, si rende conto della importanza e della necessità della regola; questo non
solo per gli atleti ma anche per tutti coloro che ai vari livelli prestano funzioni accessorie e/o
strumentali (si pensi ai tecnici, ai dirigenti, agli ufficiali di gara, alle società ed associazioni
sportive, alle federazioni nazionali o internazionali, agli stessi comitati olimpici nazionali).
3
Tra i contributi più articolati in materia possono indicarsi Cantamessa L. et al. (2008), “Lineamenti di diritto
sportivo”, Giuffrè, pag. 10 e Sanino M. e Verde F. (2008),op. cit., pag. 8 ss. Zatti, in Zatti P. e Colussi V. (2009
XII° ediz.), “Lineamenti di diritto privato”, Cedam, pag. 7, nell’affermare la relatività del concetto di diritto
riconosce che “…il fenomeno giuridico può estendersi anche a quegli ordinamenti con cui si organizzano gruppi
sociali che non sono sovrani e che vivono all’interno di un gruppo sociale più vasto, organizzato, in un
ordinamento sovrano: per esempio associazioni, comunità religiose, partiti, sindacati, hanno ciascuno un proprio
ordinamento che, dal punto di vista dell’ordinamento dello stato può essere considerato come espressione della
libertà (concessa o riconosciuta) di associarsi per diverse finalità, ma da un punto di vista interno sono
ordinamenti giuridici compiuti, con un loro sistema di fonti che può anche escludere l’applicazione della legge
dello stato”.
4
In dottrina, sul punto, Guardamagna, in Guardamagna A., (2009), op cit., pag. 5 e Cantamessa, in Cantamessa
L. et al. (2008), op cit., pag. 10, sono concordi. Guardamagna afferma che “la materia sportiva, essendo fonte di
settore è gerarchicamente inserita nel sistema delle fonti ed è soggetta al potere di conformazione del diritto
statale che conferisce all’ordinamento sportivo il carattere della giuridicità”. Ed ancora, Cantamessa ribadisce
che “soltanto lo stato ha una potestà normativa di fonte primaria (potendo emanare leggi ed atti con forza di
legge) mentre tutti gli altri ordinamenti settoriali hanno una potestà normativa di fonte secondaria (potendo
emanare atti normativi di livello soltanto regolamentare); ne consegue che la normativa interna degli ordinamenti
settoriali deve sempre essere conforme ai principi stabiliti dalle superiori norme (di fonte costituzionale o di
fonte primaria poste dallo stato)”.
10
Le fonti nel diritto sportivo derivano da due grandi sistemi: il sistema di provenienza
sovranazionale e il sistema del diritto statale. Diciamo subito che l’ordinamento sportivo
mondiale è un ordinamento superstatale ma non internazionale, originario ma non sovrano al
quale però deve conformarsi l’ordinamento sportivo nazionale.
Ciò è statuito della legge 280/2003
5
per la quale, all’art. 1, l’ordinamento sportivo
nazionale rappresenta un’articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo
al CIO
6
(nello stesso articolo viene sancito il principio di autonomia dell’ordinamento
sportivo rispetto all’ordinamento della Repubblica, come vedremo nel sottoparagrafo
successivo). Ecco che tra le fonti dell’ordinamento sportivo internazionale assumono
rilevanza la Carta olimpica
7
, le direttive e le raccomandazioni del CIO, i regolamenti delle
Federazioni sportive internazionali (una per ogni disciplina sportiva), ai quali devono
5
Trattasi della legge 17 Ottobre 2003, n. 280 "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19
agosto 2003, n. 220, recante disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva" pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale n. 243 del 18 Ottobre 2003 che all’art. 1 statuisce “1. La Repubblica riconosce e favorisce l'autonomia
dell'ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell'ordinamento sportivo internazionale facente capo al
Comitato Olimpico Internazionale. 2. I rapporti tra l'ordinamento sportivo e l'ordinamento della Repubblica
sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l'ordinamento giuridico della
Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo.”
www.parlamento.it/parlam/leggi/03280l.htm consultato il 14/09/2011.
6
Ricaviamo la definizione dalla enciclopedia on-line Treccani, in www.treccani.it/enciclopedia/cio/ consultato il
14/09/2011, secondo la quale “CIO Sigla del Comité International Olympique, organismo non governativo
fondato il 23 giugno 1894 dal barone P. de Coubertin, allo scopo di creare i primi Giochi Olimpici dell’era
moderna e rendere lo sport strumento di incontro tra i popoli. Il CIO, a cui fanno capo i Comitati olimpici
nazionali dei vari paesi aderenti, che insieme ad altre organizzazioni collegate formano il Movimento Olimpico,
presiede all’organizzazione e allo svolgimento delle Olimpiadi. Sua finalità è quella di tutelare regolarità,
diffusione e interessi dello sport. Composto da 115 membri che si riuniscono almeno una volta all’anno, il
Comitato, con sede a Losanna, è presieduto dal 2001 dal belga J. Rogge. L’attività del CIO è finanziata dai
proventi dei diritti televisivi sulle Olimpiadi e da accordi di sponsorizzazione.” Come regolato dell’art. 19,
capitolo 2 della Carta olimpica, “il CIO è un'organizzazione internazionale non governativa, senza scopo di
lucro, costituito come associazione dotata di personalità giuridica, riconosciuta dal Consiglio Federale svizzero e
la cui durata è illimitata”.
7
Nei principi fondamentali, la Carta olimpica sancisce tra l’altro che: art. 8 “La pratica dello sport è un diritto
dell'uomo. Ogni individuo deve avere la possibilità di praticare lo sport secondo le proprie esigenze”; art. 9 “La
Carta Olimpica è il codice che riassume i Principi fondamentali, le regole e le norme di applicazione adottati dal
C.I.O. Essa sovrintende alla organizzazione ed al funzionamento del Movimento Olimpico; essa fissa inoltre le
condizioni per la celebrazione dei Giochi Olimpici”.
www.fvgsport.it/c/document_library/get_file?uuid=27bead07-2fa1-4db2-b49c-418cd0108640&groupId=10136
consultato il 08/07/2011.
11
uniformarsi i corrispondenti statuti e regolamenti delle Federazioni sportive nazionali, e le
norme antidoping WADA.
8
Il collegamento tra il nostro ordinamento sportivo e quello di derivazione sovranazionale è
dato dallo Statuto del CONI,
9
ente pubblico riconosciuto e accreditato dal CIO.
Nelle fonti di diritto sportivo aventi natura pubblicistica, oltre lo Statuto, trovano
collocazione i regolamenti e le deliberazioni del CONI, mentre gli statuti, i regolamenti
organici, tecnici e di giustizia sportiva emanati dalle Federazioni sportive nazionali, dalle
Discipline sportive associate e dagli Enti di promozione sportiva, si collocano tra le fonti
aventi valenza privatistica. E’ l’efficacia che regola la differenza tra queste diverse norme di
natura giuridica. Difatti quelle che promanano dai soggetti di diritto pubblico, nel nostro caso
di natura regolamentare, hanno portata generale con valenza anche nei confronti dei terzi,
10
oltre per chi le ha prodotte, mentre quelle di diritto privato, essendo di natura negoziale,
circoscrivono l’efficacia limitatamente ai soggetti che le hanno prodotte.
Per Bruno,
11
nel sistema delle fonti del diritto sportivo, i modelli di tipo contrattuale
assumono particolare rilevanza se si considera la necessità per l’impresa sportiva in genere di
“aderire ad un modello organizzativo di tipo associativo” che va oltre il CONI e le
8
La WADA, World Anti-Doping Agency, è una fondazione creata dal CIO nel 1999 con il compito di coordinare
la lotta contro il doping nello sport. Da www.treccani.it/enciclopedia/doping/ consultato il 06/07/2011. Il Codice
unico antidoping elaborato dall’agenzia, che gli Stati membri dell’UE si sono impegnati a recepire, è entrato in
vigore il 1° gennaio 2004 con le finalità di uniformare le normative in materia delle singole organizzazioni. Sul
punto si veda Guardamagna A., (2009), op cit., pag. 5, nota 13.
9
Il CONI, Comitato Olimpico Nazionale Italiano, fu fondato a Roma il 9 e 10 giugno del 1914. Ente pubblico, è
considerato la Confederazione delle Federazioni sportive e delle Discipline associate, in virtù delle ultime
modifiche normative apportate dal decreto legislativo 8 gennaio 2004, n. 15. E’ autorità di disciplina,
regolazione e gestione delle attività sportive nazionali nonché di promozione e diffusione della pratica sportiva
quale diretta emanazione del CIO. Da www.coni.it/index.php?id=46 consultato il 16/09/2011. Il nuovo Statuto
del Comitato Olimpico Nazionale Italiano è stato adottato dal Consiglio Nazionale del CONI il 26 febbraio 2008
ai sensi del decreto legislativo 8 gennaio 2004, n. 15, e approvato con decreto della Presidenza del Consiglio dei
Ministri del 7 aprile 2008. Da www.coni.it/fileadmin/_temp_/coni/pdf/Statut2008.pdf consultato il 16/09/2011.
10
Lo Statuto del CONI, si veda sul punto in www.coni.it/fileadmin/_temp_/coni/pdf/Statut2008.pdf consultato il
16/09/2011, che nella gerarchia delle fonti occupa il posto dei regolamenti poiché attuativo dei principi
normativi della legge che lo ha istituito (Decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, e successive modificazioni),
è vincolante per tutti gli Enti sportivi ad esso affiliati nel punto in cui ne determina assetto e organizzazione.
11
G. Bruno, La crisi dell’impresa sportiva pagg. 71/97, in Panzani L. e Fauceglia G., a cura di (2009),
“Fallimento e altre procedure concorsuali”, vol. I parte II, Utet Giuridica, pag 72.
12
Federazioni sportive nazionali, cioè dei soggetti, come li definisce Liotta,
12
“investiti del
potere di dettare le regole vigenti nell’ordinamento sportivo nazionale istituzionalizzato”.
Le fonti nel diritto sportivo possono essere ulteriormente classificate in autonome e
eteronome, a seconda la natura interna o esterna all’organizzazione sportiva. Le prime
possono definirsi come “frutto dell'autonomia normativa dei numerosi gruppi costituiti da
soggetti individuali o collettivi, ordinati gerarchicamente o in base a specifiche competenze,
che agiscono nell'ambito dell'organizzazione sportiva nazionale”
13
mentre tra le fonti
eteronome rientrano le norme di derivazione statuale o regionale e quindi la Costituzione, le
leggi, gli atti aventi forza di legge, i regolamenti ed anche le fonti sovranazionali.
Come sostenuto in dottrina,
14
incardinando le fonti del diritto sportivo sin qui descritte
nella gerarchia delle fonti
15
dell’ordinamento statale ricaviamo questa tipologia di sistema
normativo: Costituzione e norme di rango costituzionale; norme di diritto internazionale
consuetudinario, regolamenti comunitari e direttive direttamente applicabili;
16
leggi ordinarie
dello Stato di ricezione di normativa sopranazionale o interna (e così i decreti legge e i decreti
legislativi);
17
leggi regionali;
18
norme di natura regolamentare,
19
come quelle emanate
12
Liotta G. e Santoro L. (2009), “Lezioni sportivo di diritto”, Giuffrè, pag. 18. Infatti, come sostiene anche
Cimmino, in Cimmino M. (2006), “Rischio e colpa nella responsabilità sportiva”, Liguori, pag. 7, nota 14, si
riflette sui “limiti della teoria pluralistico ordinamentale, che si presterebbe a dare giuridica rilevanza in termini
di autonomia e di organizzazione esclusivamente allo sport agonistico, tralasciando l’attività sportiva non
agonistica praticata a fini di svago”.
13
Caprioli R. in Il significato dell’autonomia nel sistema delle fonti del diritto sportivo nazionale, pag. 284, da
www.estig.ipbeja.pt/~ac_direito/CaprioliSistemaFonti.pdf consultato il 18/09/2011.
14
G. Bruno, art. cit., pag. 72 e Guardamagna A., (2009), op cit., pag. 7.
15
In virtù del principio che regola la gerarchia delle fonti, una norma di rango inferiore non può violare una
norma di rango superiore.
16
Sintetizzando, per Guardamagna A., (2009), op cit., pag. 6, il nostro ordinamento riconosce e recepisce, a
norma degli artt. 10 e 11 della Costituzione il diritto internazionale generalmente riconosciuto e la normativa
comunitaria che assumono efficacia anche nell’ordinamento interno.
17
Il decreto legge è un atto normativo avente la stesse forza di una legge ordinaria emanata dal governo per
regolare una materia in caso di necessità o di urgenza. Se non viene convertito in legge dal Parlamento entro 60
giorni perde ogni efficacia. Il decreto legislativo o decreto delegato è un atto avente forza di legge emanato dal
Governo a seguito di una legge di delega approvata dal Parlamento, su un determinato oggetto.
http://www.treccani.it/enciclopedia/decreto/ consultato il 21/09/2011.
18
A seguito della revisione costituzionale del 2001, in Italia la legge regionale è regolata dall'art. 117 della
Costituzione e ha la stessa posizione nella gerarchia delle fonti del diritto della legge ordinaria. La relativa
competenza è attribuita per materie così suddivise: le materie per le quali lo Stato ha competenza esclusiva, le
materie per le quali la competenza tra Stato e Regioni è di tipo concorrente e la competenza residuale delle
Regioni su tutte le altre materie.
13
dall’Ente pubblico CONI; regole di natura negoziale di tutte le altre Organizzazioni sportive
aventi carattere privatistico, al pari delle Federazioni sportive nazionali; gli usi e le
consuetudini.
20
Per ultimo vi sono i decreti e le ordinanze di natura amministrativa che nel nostro
ordinamento possono essere adottati da varie autorità amministrative e regolano, come
vedremo, gran parte dell’attività subacquea – ricreativa. Non hanno forza di legge ma
rivestono il carattere di fonte normativa secondaria come ribadito al riguardo dalla Suprema
Corte.
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Essi principalmente sono:
• Il decreto del Presidente della Repubblica (d.p.R). E’ importante dire che prima della
legge del 23 agosto 1988, n. 400, sull’ordinamento del governo, la normativa
precedente al 1988 disponeva che venissero emanati nella forma del d.p.R. i decreti
legislativi, ma anche i regolamenti governativi, nonché i testi unici;
• Il decreto ministeriale (d.m.), che è un atto amministrativo emesso da un ministro
nell'ambito delle materie di sua competenza E’ sempre dettato dalla legge nei principi
fondamentali della materia che ne affida al ministro competente la definizione tecnica
e l’attuazione;
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I regolamenti sono richiamati negli artt. 3 e 4 delle Preleggi del Codice civile. Essi “non possono contenere
norme contrarie alle disposizioni delle leggi”. Difatti, come ci spiega Ferroni, in Ferroni L. e Villella A. (2009),
“Codice civile. Annotato con la giurisprudenza”, Il Sole 24Ore (collana Commentati – I codici di guida al
diritto), pag 32, le norme di regolamento non “possono assumere il vigore e la forza cogente di norme giuridiche
anche se costituiscono indiretta emanazione della volontà dello Stato”. Difatti, sempre per il Ferroni, gli statuti
degli enti pubblici, i regolamenti interni e di organizzazione “esauriscono la loro efficacia e la loro operatività
nell’ambito dell’attività interna degli enti medesimi”. Ancora, altra autorevole dottrina soggiunge che i
regolamenti, in quanto fonte secondaria, sono subordinati alle leggi, e, di regola, non attribuiscono “particolari
diritti obblighi o facoltà ma ne regolano l’esercizio”. Trabucchi, in Trabucchi A. (2009 – quarantesima quarta
ediz.), “Istituzioni di diritto civile”, Cedam, pag. 24.
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Un accenno agli usi o consuetudini, che verranno trattati in modo più ampio nel §.1.2.4. Si pongono all'ultimo
livello della scala gerarchica e sono indicati nell’art. 8 delle Preleggi del Codice civile. Sono regole prodotte
dalla ripetizione costante nel tempo di una determinata condotta. L'uso, in quanto norma non scritta, ha efficacia,
al di fuori di un esplicito richiamo, solo qualora manchi del tutto la legge che disciplini una materia, mentre per
le materie già regolate dalla legge, gli usi hanno efficacia soltanto se espressamente richiamati. Da
http://www.treccani.it/enciclopedia/consuetudine/ consultato il 19/09/2011.
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La Corte di Cassazione, 28/06/2004, n.11979, ha più volte chiarito che i decreti ministeriali sono in generale
atti amministrativi privi di funzione normative. In http://usenet.it.rooar.com/showthread.php?t=3490856
consultato il 01/10/2011.