L’originale commistione che si stabilisce tra romanzo e scienza nel panorama
letterario francese dell’ultimo trentennio del XIX secolo è cosa assai nota e
comunemente riconosciuta: anche un semplice profilo letterario si preoccupa, infatti,
di sottolineare gli stretti legami che intercorrono tra questi due prodotti dell’attività
intellettuale.
È soprattutto la medicina, però, con le sue nuove scoperte, a costituire il vero polo
d’attrazione per buona parte degli scrittori dell’epoca, che le riconoscono il primato
teorico nell’esplorazione dell’essere umano e dei suoi meccanismi vitali.
Se l’esistenza di questi influssi è comunemente accettata a livello di critica
letteraria, diverso è il tipo di approfondimento condotto dagli studiosi sulle opere
speculative prodotte in quegli anni.
L’analisi dell’apporto fornito dalle ricerche del fisiologo Claude Bernard
nell’estetica zoliana rappresenta indubbiamente l’esempio maggiormente
significativo di questo tipo d’indagine multidisciplinare; ma se Bernard è entrato di
diritto nel discorso condotto dalla critica letteraria per il manifesto interesse espresso
da Émile Zola nei suoi confronti - il suo Roman expérimental ne è la dimostrazione
esplicita - altri contributi scientifici meritano di essere conosciuti in quanto sostrato
privilegiato su cui i romanzieri hanno edificato il proprio universo immaginario.
Tra i tanti, l’apporto delle teorie nosologiche elaborate da Jean-Martin Charcot
rappresenta, a nostro avviso, un riferimento affatto indispensabile e che merita di
essere rivalutato e approfondito.
Questa convinzione ci induce, quindi, a ripercorrere la produzione scientifica
elaborata dal famoso studioso nel corso degli anni di lavoro da lui trascorsi alla
Salpêtrière - teatro delle più importanti scoperte da lui condotte - per valutare il
ruolo esercitato dalle sue speculazioni nella concezione delle malattie mentali e, in
particolare, dell’isteria, originale e complessa patologia che ha così fortemente
caratterizzato la società dell’epoca e, con essa, lo stesso contesto letterario.
Da neofiti del settore quali siamo, la nostra ricerca escluderà, però, qualsiasi
valutazione di merito sugli esiti nosologici raggiunti dalle teorie charcotiane,
proponendosi esclusivamente di definire le linee di sviluppo di queste elaborazioni
attraverso un percorso di ricostruzione storica che permetta di delineare i contenuti
risultanti dalla sua indagine scientifica.
Una volta chiarita la nosologia charcotiana, il nostro obiettivo sarà quello di
valutarne la ricaduta in ambito letterario. La vastità e complessità del panorama di
riferimento, però, non ci permette di ambire ad un’esaustività speculativa, ma ci
impone di circoscrivere l’indagine a degli esempi che, pur non esaurendo il discorso,
5
possano comunque abbozzare i contorni di un problema particolarmente stimolante
per le suggestioni che offre.
La scelta si è indirizzata verso due opere minori, ma che sono, tuttavia,
particolarmente esemplificative per gli evidenti riferimenti che intrattengono con
l’universo charcotiano: si tratta di Les amours d’un interne, di Jules Claretie (1840-
1913), pubblicato a Parigi dall’editore Dentu nel 1881 e di Charlot s’amuse..., di
Paul Bonnetain (1858-1899), redatto tra il 1881 e il 1882 ed edito a Bruxelles da
Kistemaeckers nel 1883.
Il romanzo di Claretie mette in scena l’universo professionale e speculativo di
Charcot ed elegge lo spazio della Salpêtrière quale cornice esclusiva delle azioni dei
personaggi rappresentati.
Il testo di Bonnetain, invece, segue gli sviluppi patologici di un originale caso
d’isteria, chiamando in causa proprio l’apporto teorico fornito dalle speculazioni del
neurologo.
La particolarità del discorso narrativo che caratterizza i due romanzi - fortemente
implicati con una dimensione extratestuale scientificamente connotata - richiede,
però, alla nostra analisi di non circoscrivere il proprio campo d’azione al solo piano
dei segni interni che determinano il testo, ma di aprirsi anche ai meccanismi seguiti
dal discorso per richiamarsi alla dimensione extratestuale legata, in questo caso, alle
speculazioni charcotiane e al suo mondo professionale. Tra i vari critici che si sono
interessati ai problemi inerenti alla referenzialità e al realismo nel discorso narrativo,
Philippe Hamon ha elaborato un modello d’indagine che si propone rendere conto
della struttura di questa particolare forma discorsiva. Servendoci dei risultati
raggiunti dallo studioso, cercheremo allora di valutare l’impatto della ricerca
charcotiana sulla rappresentazione esistenziale messa in scena dall’universo
immaginario creato dai due romanzieri.
Se queste pagine hanno potuto vedere la luce, però, è solo grazie al contributo
prezioso fornito alla ricerca da quanti ci hanno sempre supportato con il loro aiuto e
il loro affetto: i bibliotecari della “Section catalogues” della Bibliothèque Nationale
de France (Richelieu), guide sempre puntuali, la responsabile della biblioteca “Jean-
Martin Charcot” del nosocomio parigino della Salpêtrière, che ci ha aperto i dossier
e le annotazioni di ricerca del neurologo, il dottor Maurizio Masai, che ci ha
permesso di ottenere rapidamente tutto il materiale necessario per il nostro lavoro, la
dottoressa Catia Pascolo, consulente preziosa e amica sempre disponibile, Mme
Yolande d’Argence Lafue e Mme Nadhira Lekehal che hanno reso il lungo
soggiorno parigino indimenticabile.
6
Ma è soprattutto alla professoressa Liana Nissim e alla mia adorata famiglia che
va tutta la più profonda riconoscenza: senza le loro continue dimostrazioni di fiducia
e affetto niente di tutto questo sarebbe stato possibile.
7
I.
L’UNIVERSO DI
JEAN-MARTIN CHARCOT
8
I.1. CHARCOT E L’AMBITO
PROFESSIONALE
I.1.1. Profilo biografico
Jean-Martin Charcot nasce a Parigi, Faubourg-Poissonnière, il 29 novembre 1825.
Alcuni mesi prima Carlo X, succedendo al fratello Luigi XVIII, si era fatto
1
incoronare re di Francia deciso a riaffermare un modello socio-politico che fondava
i propri presupposti sugli equilibri esistenti nel paese prima della Rivoluzione e
dell’Impero napoleonico. Malgrado tutti gli sforzi intrapresi dal sovrano, però,
2
“[l]’ancienne société d’ordres n’est plus qu’un souvenir”: l’avvento di Luigi Filippo
3
d’Orléans e della cosiddetta Monarchie de Juillet porterà definitivamente il Paese
sulla via di un cambiamento sociale irreversibile che sancirà l’affermazione
definitiva del bourgeois. Questo “anti-héros” per antonomasia che il mondo
letterario dell’epoca di norma dipinge come “être médiocre et grotesque, dépourvu
de tout sens artistique et de toute grandeur d’âme, qui se figure tout obtenir par son
4
argent”, viene definitivamente affermando il proprio primato sociale. D’altra parte,
in una società che riconosce giuridicamente l’uguaglianza tra individui, è “l’avoir
5
[qui] s’impose comme principal facteur de différenciation”; che il concetto si
condensi nella formula guizotiana dell’“enrichissez-vous”, o che prenda
connotazioni più ampie ed articolate, il percorso etico è ormai fissato: lavoro e
risparmio sono i valori dominanti. Agevolati da una mobilità sociale estremamente
elastica, faranno, così, la loro comparsa nuove figure che verranno ad integrarsi nelle
couches sociali più prestigiose: tra queste, i “talents intellectuels que consacre un
6
succès auprès du public” e di cui Charcot sarà un esponente di punta.
Nulla si conosce di Charcot negli anni della sua formazione, se non quanto la
leggenda e qualche raro documento d’archivio hanno saputo costruire attorno alla
7
sua figura. Figlio di Simon-Pierre, artigiano carrozziere, e di Jeanne Georgette
1
La cerimonia, che ha luogo il 29 maggio 1825 nella cattedrale di Reims, segue il protocollo in uso
nell’Ancien Régime.
2
D. Barjot, J.-P. Chaline, A. Encrevé, La France au XIXe siècle: 1814-1914, Paris, PUF, 1995, p. 63.
3
A seguito dei moti rivoluzionari scoppiati nel luglio del 1830, il duca d’Orléans assumerà il titolo di
“re dei francesi” il 9 agosto 1830, secondo il volere della maggioranza dei deputati eletti nelle due
Camere.
4
D. Barjot, J.-P. Chaline, A. Encrevé, La France au XIXe siècle, cit, p. 65.
5
Ivi, p. 74.
6
ivi, p. 77.
7
Il tentativo più riuscito di riportare la figura di Jean-Martin Charcot entro i limiti di una chiave
interpretativa che non travalichi le proprie finalità è senz’altro il testo di M. Bonduelle, T. Gelfand, C.
9
89
Saussier, Jean-Martin ha altri tre fratelli; completa gli studi del cycle primaire
presso la pensione Sabatier, come ricorderà diversi anni dopo lo stesso Charcot al
suo ex-compagno di scuola, il poeta Théodore de Banville, che così riporta:
Mardi dernier, j’avais été invité à aller entendre chez Alphonse Daudet la lecture faite
pour quelques amis du drame que le poète Paul Delair à tiré des Rois en exil. [...] Pendant les
entr’actes [...] j’eus l’heureuse chance de retrouver deux hommes illustres que je croyais ne
pas connaître, et qu’au contraire, comme vous allez le voir, je connaissais parfaitement. Ce
fut d’abord Gambetta [...] célèbre tribun [...]. Ensuite ce fut le docteur Charcot, qui lui aussi
vint à moi et serra ma main comme celle d’un vieux camarade, comme c’était justice, car
nous sommes en effet de vieux camarades; seulement je ne savais rien! Je me figurais que je
n’avais jamais vu ce grand savant et je désirais beaucoup le rencontrer; mais en arrivant chez
Alphonse Daudet, j’appris qu’au dîner il avait parlé de moi, et non sans une indulgente
mélancolie. Il se plaignait un peu de ce qu’à la pension Sabatier, où nous avons été écoliers
dans le même temps, je ne faisais pas attention à lui parce que j’étais dans les grands, tandis
que lui au contraire, était dans les petits. A présent la situation est radicalement retournée
[...] c’est moi qui suis dans les petits, et c’est lui qui est dans les grands, dans les très
10
grands.
Verso la fine del 1843 Charcot s’iscrive alla Facoltà di medicina dopo aver
superato il baccalauréat ès lettres ed acquisito una solida formazione umanistica
che, all’epoca, conservava tutto il suo valore e prestigio. La maggior parte dei
biografi ha dedicato ampio spazio alle ragioni che hanno determinato Charcot nella
scelta della carriera medica; le argomentazioni emerse, però, restano semplici
11
congetture; di certo, come sostiene Georges Guillain, “J.-M. Charcot termina ses
G. Goetz, Charcot, un grand médecin dans son siècle, Paris, Michalon, 1996, sia per i numerosi
riferimenti ai documenti d’archivio ed alle fonti consultate, che per la ricca bibliografia che correda il
volume: è essenzialmente a questo lavoro che il nostro profilo biografico si riferisce. Molte delle
opere che ripercorrono le fasi della vita del neurologo francese (cfr. bibliografia finale) sono, infatti,
troppo spesso pervase dall’estro creativo del biografo, attento più alla qualità artistica del proprio
lavoro che al necessario rigore scientifico e giusto rispetto delle fonti.
8
A riprova di quanto i dati sulla vita privata di Charcot siano oggetto delle più svariate
interpretazioni, merita di essere segnalata la contraddizione che sussiste tra i biografi rispetto alla
primogenitura in casa Charcot (cfr. M. Bonduelle, T. Gelfand, C. G. Goetz, Charcot, cit., p. 22; J.
Thuiller, Monsieur Charcot de la Salpêtrière, Paris, Laffont, 1993, p. 26; W. Bannour, Jean-Martin
Charcot et l’hystérie, Paris, Métalie, 1992, p. 22).
9
Si tratta del primo livello d’istruzione scolastica e corrisponde, grosso modo, alla nostra scuola
dell’obbligo.
10
T. de Banville, Paris vécu, Paris, Charpentier, 1883, pp. 165-166.
11
Charcot non ha lasciato nessuna testimonianaza scritta sulla sua vita privata. E’ impossibile, quindi,
giustificare qualsiasi tipo di interpretazione; tuttavia, molte delle biografie da noi consultate si
lasciano andare alle tesi più disparate, contribuendo, così, ad alimentare la leggenda che ruota attorno
alla vita del grande neurologo, piuttosto che restituirne un’immagine veritiera (cfr. J. Thuiller,
Monsieur Charcot de la Salpêtrière, cit., pp. 30-31; W. Bannour, Jean-Martin Charcot et l’hystérie,
cit., pp. 28-31).
10
études secondaires à dix-neuf ans et désira devenir médecin; ce choix de sa carrière
12
lui fut exclusivement personnel”.
Il percorso intrapreso per l’ottenimento della laurea in medicina era lungo ed
impegnativo; lo studente veniva inserito in un sistema paricolarmente complesso, ma
che, proprio per la sua specificità, aveva contribuito a rendere la scuola medica
francese di quegli anni nota in tutto il mondo. Esistevano, nell’Ottocento, due livelli
di formazione: il primo era di competenza della Facoltà, mentre l’altro spettava di
diritto all’Amministrazione ospedaliera. Lo studente frequentava corsi di medicina
clinica nei “services de clinique médicale, chirugicale et obstétricale des divers
13
hôpitaux de Paris”; all’interno della Facoltà, invece, si svolgevano i corsi teorici e
di laboratorio. Gli undici esami che costituivano il ciclo di studi erano ripartiti in
quattro anni, ma il diploma che ne conseguiva non aveva che un mero valore
formale, in quanto “c’[était] le système hospitalier qui form[ait] l’élite médicale
14
avec, au départ, les deux concours successifs de l’externat et de l’internat”. Lo
studente poteva accedere all’esternato a partire dal secondo anno di corso; di per sè
il titolo di esterno non operava una selezione qualitativa particolare, nè garantiva
privilegi di sorta; si trattava, però, di una tappa obbligata per l’accesso al concorso
d’internato che, al contrario, rispondeva a tutta una serie di aspettative care allo
studente: oltre a beneficiare di vitto ed alloggio gratuiti, infatti, l’interno poteva
svolgere una esperienza clinica diretta e soprattutto entrare “dans un cercle
15
privilégié auquel [il] appartiendr[ait] tout au long de [sa] carrière”. Lo scrittore
naturalista Jules Claretie così descrive, in un suo romanzo, lo stato d’animo del
protagonista, neointerno alla Salpêtrière:
Après les premiers examens, les concours subis et les années d’externat payées par
l’argent durement gagné du père, Georges Vilandry passait [...] le concours de l’internat,
battant hardiment [...] les candidats externes qui rêvaient comme lui d’être logés à l’Hôpital
et de prendre le tablier blanc. [...] Quelle joie, lorsque le concours lui donna cette place
d’interne, si ambitionnée! Il franchissait enfin un haut échelon! Et puis à l’Hôpital où il
er
entrait, au 1 janvier, comme si la nouvelle année eût marqué une étape nouvelle, il avait
son logis, une indemnité de cinq cents francs qui allégeait d’autant les sacrifices du pères.
Dans deux ans, il toucherait six cents francs, et sept cents francs pour la quatrième année
d’internat. Ah! ce premier argent gagné, comme il sonnait gaiement dans les mains du jeune
16
homme!
12
G. Guillain, J.-M. Charcot: 1825-1893, sa vie, son œuvre, Paris, Masson, 1955, p. 10.
13
M. Bonduelle, T. Gelfand, C.G. Goetz, Charcot, cit., p. 31.
14
Ivi, p. 33.
15
Ibid.
16
J. Claretie, Les amours d’un interne, Paris, Dentu, 1881, pp. 48-49.
11
Charcot viene nominato interno nel 1848.
I moti rivoluzionari che, in quell’anno, condizionano la vita politica di buona
parte dei paesi europei, determinano in Francia l’ascesa al potere di Luigi-
Napoleone Bonaparte. Pur prescindendo dai molteplici fattori che contribuirono alla
definizione di questa fase storica, ci preme ricordare come gli eventi del ‘48
rispondessero, almeno in una prima fase, ad una nuova istanza riformatrice: “ce qui
apparaît le plus nettement à la plupart des observateurs au printemps de l’année
1848, c’est l’insistance moins sur la liberté ou sur l’égalité que sur la fraternité; celle
17
des hommes, à l’intérieur du pays, et celle des peuples, en Europe”. E questo clima
trova un terreno particolarmente fertile soprattutto nel contesto medico. Le riforme
che il mondo sanitario dell’epoca rivendica, poggiano essenzialmente sulla
definizione del proprio ruolo professionale: “[l]es médecins proclament leur mission
sociale. Les médecins hospitaliers, en particulier, sont de ceux qui connaissent le
18
mieux les conditions de vie et de travail des ouvriers”. Sono gli anni in cui
numerosi giovani medici, che hanno consacrato i loro lavori allo studio della
situazione sanitaria negli strati sociali meno abbienti, pubblicano i risultati
sconcertanti delle loro ricerche, portando alla luce la situazione di estrema indigenza
in cui versa una parte cospicua della popolazione francese. Grazie all’attività della
19
pubblicistica medica, particolarmente attiva e capillare in termini di diffusione,
“[l]a voix des médecins français qui luttaient pour un changement des conditions
20
sociales atteignait un public de plus en plus vaste”.
Ancora una volta, però, non ci è dato sapere quale fosse l’atteggiamento di
Charcot e la sua posizione di fronte ai fermenti che interessano l’ambito
professionale in cui opera, mancando qualsiasi testimonianza in proposito; di sicuro,
durante i quattro anni d’internato inclusi nell’arco di tempo che va dal 1848 al 1852,
egli presta servizio nei principali ospedali parigini. Di questi anni è anche l’incontro
con il dottor Pierre Rayer, allora chef de service all’ospedale della Pitié, “qui aura
sur Charcot le plus d’influence et sur sa carrière un rôle plusieurs fois
21
déterminant”: grazie all’intervento di Rayer, Charcot raggiungerà l’agrégation,
tappa importante del percorso accademico e soprattutto potrà fare il suo ingresso
nella Société de Biologie.
Questo prestigioso organismo scientifico di fama internazionale, nato nel 1848
sulla spinta delle teorie positiviste di Auguste Comte, si propone come “un moyen
17
D. Barjot, J.-P. Chaline, A. Encreve, La France au XIXe siècle, cit., p. 302.
18
M. Bonduelle, T. Gelfand, C. G. Goetz, Charcot, cit., p. 37.
19
L’Union médicale, la Gazette des hopitaux e la Gazette médicale de Paris diffondono, e non
soltanto in Francia, gli studi e le scoperte che si vanno via via realizzando in quel contesto di ricerca.
20
M. Bonduelle, T. Gelfand, C.G. Goetz, Charcot, cit., p. 37.
21
Ivi, p. 39.
12
22
d’échange entre la science clinique et la recherche de laboratoire”; i suoi membri,
provenienti da differenti ambiti scientifici, si confrontano sui vari studi intrapresi,
favorendo, così, uno sviluppo notevole nelle teorie elaborate dalla scienza medica
francese di quegli anni. Nel corso della sua vita, Charcot manterrà sempre uno
stretto rapporto con la Société de biologie, sotto l’egida della quale avrà modo di
pubblicare e diffondere, sin dall’inizio, i risultati di molte delle sue ricerche.
Per l’ultimo anno d’internato Charcot viene assegnato al servizio nell’ospedale
della Salpêtrière. Cosa abbia significato nella carriera di Charcot questo vasto
edificio dal passato leggendario, teatro delle “miserie umane” di due secoli di storia,
è facilmente immaginabile, soprattutto se si considera lo stretto legame che da
sempre intercorre tra il nome del neurologo e quello del nosocomio parigino.
Avremo modo di ritornare più avanti sulla questione; ci basti per ora ricordare che
da questo contatto iniziale Charcot ha la possibilità di valutare le enormi potenzialità
nosologiche offerte dalla popolazione presente nella Salpêtrière.
Il 16 marzo 1853, discutendo una tesi sulla gotta e sulle malattie reumatiche,
Charcot è nominato dottore in medicina; dovranno, però, trascorrere altri dieci anni
prima che Charcot ottenga un posto nella struttura ospedaliera. Durante questo
periodo, “[i]l se met à la tâche en se livrant à trois activités étroitement liées:
pratique privée, recherches et publications, ininterrompues grâce à sa qualité de
membre de sociétés médicales et scientifiques, enseignement aussi bien en dehors
23
que dans les limites du programme officiel de la faculté”.
Gli enormi vantaggi che una clientela selezionata può portare alla carriera di un
medico non sono certo ignorati da Charcot che, ancora una volta, trova in Rayer un
appoggio indispensabile al raggiungimento dei suoi scopi: è infatti grazie al suo
intervento che Charcot diviene medico privato di Benoît Fould, membro di una
24
prestigiosa famiglia di banchieri parigini; Charcot segue il suo paziente nel
“viaggio-convalescenza” che questi compie in diverse città italiane, secondo un
costume particolarmente in voga in quel periodo.
Di questa esperienza rimane un interessante carnet de croquis che, unito agli altri
numerosi disegni realizzati successivamente, attira l’attenzione su di un tratto
particolare del carattere di Charcot e che Georges Guillain così descrive: “J.-M.
Charcot appartenait au type que les psychologues appellent ‘un visuel’, ce qui veut
dire plus simplement qu’il avait une mémoire visuelle prédominante, telle que l’ont
22
ivi, p. 40.
23
Ivi, p. 51.
24
Achille Fould, fratello minore di Benoît, ricoprirà la carica di Ministro delle Finanze sotto
Napoleone III (cfr. ivi, p. 52).
13
25
possédée nombre de peintres et d’artistes”; e ancora di più, come ricorderà il suo
allievo Henry Meige, “ la faculté de discerner dans un paysage ou sur le corps
humain les contours essentiels, de percevoir instantanément un ensemble, d’isoler
dans cette ensemble les éléments nécessaires à son expression - et ceux-là justement
au mépris de tous les accessoires - cette faculté, Charcot la possédait au plus haut
26
degré”. Queste valutazioni, che possono sembrare di primo acchito meri dettagli
caratteriali di minimo conto, riacquistano tutto il loro spessore se lette alla luce della
sua epistemologia, dove il primato dell’osservazione è conclamato a più riprese e
specie quando l’oggetto d’esame è la patologia neurologica; ci pare opportuno dare
spazio ad uno dei tanti interventi di Charcot a tale proposito:
[...] vous n’ignorez pas, Messieurs, qu’il existe encore [...] un grand nombre d’états
morbides, ayant évidemment pour siège le système nerveux, et qui ne laissent [...] aucune
trace matérielle appréciable. L’épilepsie, l’hystérie même la plus invétérée, la chorée et bien
d’autres états morbides [...] s’offrent à nous comme autant de sphynx qui défient l’anatomie
la plus pénétrante. Ces composés symptomatiques [...] ne se présentent pas à l’esprit du
médecin avec cette apparence de solidité, d’objectivité qui appartient aux affections
désormais rattachées à une lésion organique appréciable. Quelques-uns même ne voient,
dans plusieurs de ces affections qu’un assemblage de phénomènes bizarres, incohérents,
inaccessibles à l’analyse et qu’il vaudrait mieux peut-être reléguer dans la catégorie de
l’incognoscible [sic?]. C’est l’hystérie qui est surtout visée par cette sorte de proscription.
[...] Il nous faudra donc la prendre telle qu’elle est [...]. D’ailleurs, Messieurs, seule une
observaion superficielle a pu conduire à l’opinion que je viens de signaler; une étude plus
attentive nous fait voir les choses sous une autre aspect, [...] que l’hystérie reconnait, elle
aussi, au même titre que les autres morbides, des règles, des lois qu’une observation
27
attentive et suffisamment multipliée permettra toujours de dégager.
La medicina clinica, quindi, fondando i propri presupposti sull’osservazione
diretta e costante della patologia, è la sola in grado di soddisfare i dubbi del
ricercatore e fornirgli quelle risposte che, di fronte a stati morbosi inesplicabili,
nessun altro ambito medico è in condizioni di dare. È peraltro noto quanto, negli
anni del positivismo, l’osservazione dei fatti fosse la genesi di qualsiasi attività
speculativa: “ce qui met sur le même pied tous les positivismes, qu’ils soient
purement scientifiques ou qu’ils soient surtout logiques, c’est la base commune de
25
G. Guillain, J.-M. Charcot, cit., p. 11.
26
Citato in G. Guillain, J.-M. Charcot, cit., p. 26.
27
J.-M. Charcot, Œuvres complètes. Leçons sur les maladies du système nerveux, Paris, Lecrosnier et
Babet, 1890, t. III, pp. 14-15; il corsivo è nostro.
14
28
leur point de départ: une théorie de la perception”. Charcot fa proprie queste
istanze e, fedele al dettato positivista, fonda i suoi studi principalmente
sull’osservazione clinica del malato e delle patologie che lo caratterizzano,
pervenendo, così, a un “type de connaissance s’exprimant par la formulation d’une
29
‘loi naturelle’ reliant des observations elles-mêmes formulées”. Ma, proprio il
primato attribuito alla mera osservazione nello sviluppo delle sue teorie contribuirà a
determinare gli inevitabili limiti che incontra una simile eziologia della malattia
mentale, basata esclusivamente su tali presupposti speculativi; le esperienze
successive dimostreranno, infatti, come Charcot, “[qui] accumulait dans sa mémoire
les images des signes, d’allures, d’attitudes, repérait les plus infimes contractures ou
30
paralysies et édifiait son diagnostic dans une vision synthétique”, perverrà “à des
descriptions de maladies définitivement établies une fois por toutes, mais aussi à des
31
erreurs, quand il vou[dra] tout faire entrer dans ses théories”. Ritorneremo sulla
questione che merita senz’altro un’analisi più approfondita; comunque, sin dalle
prime pubblicazioni, Charcot “utilise une observation recueillie plusieurs années
32
auparavant au cours de son internat”; si tratta in questo caso di lavori che poca
attinenza hanno con la neurologia ma che, per la qualità del loro contenuto, gli
valgono l’attenzione del mondo medico dell’epoca.
Dopo un primo fallimento, Charcot raggiunge l’agrégation nel 1860 e due anni
più tardi viene nominato chef de service nell’ospedale della Salpêtrière, da quel
momento la cornice esclusiva della sua attività di ricerca. È di quegli anni anche il
matrimonio con Mme Durvis, dalla cui unione nasceranno due figli, Jeanne e Jean,
quest’ultimo divenuto, poi, esploratore polare di fama mondiale.
I primi tentativi per ottenere una cattedra della Facoltà di medicina iniziano nel
1866: Charcot, che già impartisce dei corsi indipendenti dai programmi universitari,
presenta la propria candidatura, sostenuto dall’appoggio di eminenti uomini politici
tra i quali il Ministro delle Finanze, Achille Fould. Questo, però, non è sufficiente a
fargli ottenere l’ambito posto: altri candidati si affermano, trai quali Alexander
Axenfeld, medico tedesco naturalizzato francese e autore, tra l’altro, di una serie di
33
conferenze dedicate all’opera di Jean Weir e alla medicina demonologica, sulla
28
A. Kremer-Marietti, Le positivisme, Paris, PUF, 1993, p. 117.
29
Ivi, p. 16.
30
J. Thuillier, Monsieur Charcot de la Salpêtrière, cit., p. 31.
31
Ibid.
32
M. Bonduelle, T. Gelfand, C.G. Goetz, Charcot, cit., p. 53.
33
Vissuto tra il 1515 ed il 1588, il medico Jean Weir (o Wier, o Weiher) si era, tra i primi, opposto
alle pratiche previste dal Malleus maleficarum contro la stregoneria, riconoscendo, seppur in modo
ancora approssimativo, una radice patologica alle manifestazioni delle “streghe” perseguite
dall’Inquisizione. Il ciclo di conferenze valse ad Axenfeld l’attenzione della censura; i testi delle
comunicazioni, però, furono ugualmente pubblicati (cfr. A. Axenfeld, Jean Weir et la sorcellerie,
Paris, Baillière, 1866)
15
quale torneremo in seguito in maniera più approfondita. Le tesi di Axenfeld, ostili
alle interpretazioni metafisiche rinascimentali, avevano suscitato l’interesse del
mondo accademico dell’epoca, ormai indirizzato verso un’“attitude positiviste,
34
matérialiste et de plus en plus anticléricale”. Siamo infatti negli anni in cui la
scienza conferma la propria propensione ad una concezione meccanicistica del
mondo che riconosce una spiegazione razionale dei fatti solo quando questi vengano
ricondotti entro i limiti dei meccanismi che li presiedono: bandite, quindi, le
giustificazioni mediante interventi di forze sovrannaturali o qualsivoglia forma di
trascendenza religiosa che prescinda da questi fondamenti interpretativi.
Il nuovo savant, completamente rivolto alla sperimentazione, recupera un
patrimonio scientifico multisecolare “et le fait fructifier, dans un contexte mental,
35
social et économique qui lui est devenu favorable”.
La speculazione scientifica, considerata come “seule méthode pour acquérir des
36
connaissances”, si appropria di ambiti che le erano da sempre estranei o molto
spesso preclusi: “Il n’y a plus de réflexion philosophique [...] sans tenir compte de la
science [...] la pensée religieuse [...] se trouve elle-même inquiétée par cette grande
poussée scientifique et se demande si elle doit essayer de l’intégrer ou de la
combattre. [...] Enfin, dans l’art littéraire, le positivisme et le scientisme expliquent
37
en grande partie l’infléchissement du roman vers le réalisme et le naturalisme”.
Anche l’ambito medico, fortemente impregnato di queste teorie, interviene su
problemi che avevano esulato dalle competenze fino ad allora proprie di questo
settore scientifico: ormai, “ce sont des médecins qui tentent d’étudier avec
davantage de précision les mécanismes physiologiques de l’union de l’âme et du
corps (si on admet que les deux sont distincts) ou ceux des organes spécialisés pour
penser, vouloir, sentir, etc.: les nerfs, la moelle, le cerveau (si c’est la substance
38
corporelle qui pense)”; sono soprattutto le forme patologiche che colpiscono
l’individuo - e che lo studioso non perviene a strutturare entro le maglie delle leggi
naturali a lui note - ad affascinare maggiormente i ricercatori che molto spesso, “en
39
scrutant les mystères de l’âme, se rapprochent de la philosophie”.
Il conflitto franco-prussiano, che scoppia nel 1870, e i successivi avvenimenti
della Comune interrompono per due anni circa l’attività accademica. Anche Charcot,
che ha sfollato la famiglia a Londra, deve sospendere i suoi corsi liberi e dedicarsi
34
M. Bonduelle, T. Gelfand, C.G. Goetz, Charcot, cit., p. 62.
35
P. Gerbod, L’Europe culturelle et religieuse de 1815 à nos jours, Paris, PUF, 1989, p. 103.
36
Ivi, p. 596.
37
P. Theveau, P. Charlot, Histoire de la pensée française. XIXe siècle: d’une République à l’autre.
La periode réaliste, Paris, Roudil, 1981, p. 280.
38
Ivi, p. 306.
39
Ibid.
16
interamente alla cura dei malati e dei feriti. Così lo ricorda Louis Gallet, in quei
giorni economo alla Salpêtrière:
Le docteur Charcot arrive comme chaque matin pour faire son service. Il est en voiture
découverte, très calme, très froid suivant sa coutume, avec sa face maigre et rasée, ses longs
cheveux noirs, sa physionomie à la Bonaparte. Il raconte qu’il a été arrêté par les fédérés en
train d’élever une barricade et qu’il a pu passer outre malgré les protestations de ceux qui
voulaient l’obliger à descendre et à étayer quelques pavés, droit de péage traditionnel en cas
40
d’émeute.
Questo periodo drammatico, contraddistinto da episodi violenti, segna
profondamente il paese e particolarmente la città di Parigi. La fine delle ostilità
favorisce tuttavia l’affermazione di un clima politico che risulterà particolarmente
propizio ai nuovi indirizzi intrapresi dalla medicina, il cui fervente positivismo
41
“appartiendra au credo de la Troisième République”.
Nel 1872 Alfred Vulpian, condiscepolo di Charcot e titolare della cattedra di
anatomia patologica, ottiene il trasferimento a patologia sperimentale; si rende, così,
vacante il posto di professore che la Facoltà assegna a Charcot in maniera quasi
unanime; per il neurologo è finalmente il coronamento di un lavoro che dura ormai
da diversi anni: “la chaire lui confère la sûreté de sa carrière et confirme sa place au
42
sein de l’élite médicale”.
Nonostante gli impegni accademici ufficiali, Charcot continua ad impartire i corsi
liberi di clinica neurologica “où il attir[e] des auditeurs de plus en plus nombreux de
43
la France et de l’Etranger”. Ormai è la neuropatologia che predomina nelle sue
pubblicazioni, quasi sempre realizzate trascrivendo i testi delle sue lezioni cliniche e
quindi “chacune commençant par la formule ‘Messieurs’, adressée à un auditoire
44
presque exclusivement masculin”.
I corsi liberi di Charcot si offrono al pubblico come esperienze indubbiamente
originali e stimolanti, in totale antitesi con le lezioni accademiche ufficiali, molto
spesso fondate più sull’eloquenza spettacolare dell’oratore che sulla qualità
dell’argomentazione; i suoi seminari, al contrario, “s’accompagnent de présentations
cliniques pour constituer ce qu’il appelle un ‘enseignement plastique’ ou des ‘leçons
45
de choses’”; Charcot non esita a servirsi di supporti alternativi per illustrare le
proprie tesi: schizzi e disegni, mimica esplicativa e fotografie corredano quasi
40
Citato in G. Guillain, J.-M. Charcot, cit., pp. 16-17.
41
M. Bonduelle, T. Gelfand, C.G. Goetz, Charcot, cit., p. 65.
42
Ivi, p. 76.
43
G. Guillain, J.-M. Charcot, cit., p. 18.
44
M. Bonduelle, T. Gelfand, C.G. Goetz, Charcot, cit., p. 66.
45
Ivi, p. 68.
17
regolarmente le sue lezioni. Soprattutto la fotografia, che in quegli anni “was more
46
and more applied [...] particulary in teaching medical students and physicians”,
diventa uno strumento indispensabile anche nell’indagine eziologica che conducono
Charcot e i suoi allievi.
La Salpêtrière, fino ad allora “centre d’enseignement marginal du fait de son
‘matériel’, de son médiocre prestige universitaire et de sa situation à la péripherie de
47
la ville”, diviene un importante punto di riferimento per chi si interessi di
neurologia e delle patologie ad essa correlate, tanto da potersi fregiare del titolo di
école che riconosce in Charcot il proprio capo indiscusso. Che si possa addirittura
parlare di doctrine de la Salpêtrière non è, però, un fatto assodato: soprattutto la
critica più recente ha messo in discussione questa posizione, evidenziando quanto
l’opera di Charcot “révèle tout à l’opposé une pensée ouverte, en remaniement
constant, fondée sur des modèles provisoires qui évoluent et se succèdent sans
48
jamais s’arrêter en système”. Avremo modo di entrare nel merito della questione
nel capitolo consacrato all’opera di Charcot. Ci basti per il momento sottolineare
quanto grande sia il prestigio di cui godono i risultati prodotti dalla sua ricerca e
specialmente gli studi sull’isteria: il neurologo diviene la figura dominante della
medicina del suo tempo, raggiungendo la notorietà non solo all’interno dei propri
confini nazionali, ma anche, e soprattutto, all’estero. Nel marzo del 1881 Charcot
intraprende, tra l’altro, un viaggio in Russia dove è stato chiamato per un consulto
medico; l’apprezzamento dimostrato da quel paese, produce una vasta eco anche in
Francia: la stampa, e non solo quella medica, riporta l’evento con enfasi,
sottolineando la grande popolarità acquisita da Charcot, il primo, come afferma il
romanziere Jules Claretie, ad aver “mis le doigt sur la maladie du siècle, sur cette
49
névrose dont nous souffrons tous plus ou moins”.
Analoghe manifestazioni di stima e considerazione sono tributate a Charcot dalla
vicina Inghilterra dove il neurologo si reca per partecipare al Settimo congresso
medico internazionale che si riunisce in quello stesso anno a Londra. Charcot,
grande conoscitore ed estimatore della cultura anglosassone, manteneva da tempo
con questo paese uno stretto rapporto di scambio scientifico, sebbene, più di una
volta, il contesto medico inglese avesse formulato qualche riserva sui risultati degli
studi da lui condotti sull’isteria e sull’ipnosi. Numerosi, tuttavia, sono gli amici che
Charcot annovera Oltremanica: tra questi i Casella, “londoniens d’origine italienne,
46
A.-H. Maehle, The search for objective communication: medical Photography in the Nineteenth
Century, in R. G. Mazzolini (ed.), Non-verbal communication in Science prior to 1900, Firenze,
Olschki, 1993, p. 572.
47
M. Bonduelle, T. Gelfand, C.G. Goetz, Charcot, cit., p. 67.
48
M. Gauchet, G. Swain, Le vrai Charcot, Paris, Calman-Lévy, 1997, p. 18.
49
Le temps, 22 mars 1881, p. 3, citato in M. Bonduelle, T. Gelfand, C.G. Goetz, Charcot, cit., p. 235.
18
50
qui avaient recueilli Mme Charcot et ses enfants” in fuga dalla Francia durante
l’occupazione prussiana.
A coronare questo successo internazionale giunge, peraltro non inaspettata, la
creazione della cattedra di Clinique des maladies du système nerveux alla cui
attivazione Charcot lavorava alacremente già da diverso tempo: nonostante la dura
ostilità di alcuni componenti della Facoltà di medicina, Charcot riesce ad ottenerne
l’approvazione nel maggio del 1881, contando soprattutto sull’appoggio del mondo
politico, disposto a sostenerlo anche economicamente. Così, nel luglio dello stesso
anno - su iniziativa di Gambetta, allora Presidente del Consiglio dei Ministri, nonché
51
amico particolare di Charcot - “le Parlement vot[e] un crédit de 200.000 francs” a
favore della creazione della cattedra. Finalmente, nel gennaio dell’anno seguente
“Charcot [est] nommé le titulaire de cette Chaire [...] la première dans le monde
entier où la Neurologie [est] reconnue comme une discipline spéciale et
52
autonome”.
Nella lezione inaugurale del nuovo corso accademico, Charcot ha modo di
manifestare tutta la propria soddisfazione per il risultato ottenuto, come testimonia il
breve stralcio che segue:
Il y a tantôt douze ans, reprenant dans l’enceinte de cet hospice [la Salpêtrière, ndr] un
enseignement qui, en ce temps là, datait de quatre années déjà, j’émettais l’espoir que ce
grand asile des misères humaines, [...] deviendrait quelque jour, pour les maladies du
système nerveux, un centre régulièrement organisé d’enseignement et de recherche. Où
trouver ailleurs, disais-je, autant de matériaux particulièrement appropriés à ce genre
d’étude? [...] Cette opinion, depuis l’époque, je n’ai jamais cessé de la proclamer, pour ainsi
dire chaque jour, m’efforçant par tous les moyens en mon pouvoir [...] d’en rendre évidente,
même aux plus incrédules, la porté pratique. Vous savez, Messieurs, comment nos vœux se
sont enfin réalisés, au delà de toute espérance. Car, en ce moment, c’est à nom de la Faculté
de médecine de Paris que je viens reprendre cet enseignement, né, il y a près de dix-sept ans,
de l’initiative individuelle. En inaugurant aujourd’hui, non sans une réelle émotion, je
l’avoue, la chaire de clinique des maladies du système nerveux, mes premières paroles
53
seront l’expression de ma gratitude envers ceux qui l’ont créée et qui me l’ont confiée.
50
M. Bonduelle, T. Gelfand, C.G. Goetz, Charcot, cit., p. 309.
51
G. Guillain, J.-M. Charcot, cit., p. 19.
52
Ibid.
53
J.-M. Charcot, Œuvres complètes, t. III, cit., pp. 1-2.
19