1
INTRODUZIONE L'Islām è una religione estremamente ramificata e differenziata al suo interno: al di là
della principale divisione tra sunniti e sciiti, sono moltissime le scuole giuridiche e
interpretative che costituiscono il ventaglio di possibilità tra le quali può scegliere il
musulmano. Ciononostante (quasi) nessuna di queste correnti è considerata eretica, sono
tutte legittime e "ortodosse "; questo perché in realtà la pluralità è considerata un valore,
come sancisce lo stesso Corano 1
, e perché nella religione musulmana, mancando quasi
completamente nella teologia veri e propri dogmi, è più corretto parlare di ortoprassi
che di ortodossia
2
. In pratica l'unico modo per essere tacciato di apostasia è negare la
shahāda
3
, il primo dei "pilastri della religione " ( arkān al-dīn 4
), i cinque doveri
fondamentali dell'uomo nei confronti di Dio, detti anche 'ibādāt .
La shahāda consiste nel recitare ad alta voce, possibilmente in presenza di testimoni,
la frase "Non vi è altro dio all'infuori di Dio e Muḥammad è l'inviato di Dio ",
ovviamente in arabo coranico. Questa proposizione contiene quello che potremmo
chiamare il dogma essenziale dell'Islām, ovvero l'unicità di Dio ( tawfīd ): il monoteismo
assoluto e intransigente è la caratteristica basilare della religione musulmana.
La seconda ibādāt è la preghiera obbligatoria ( ṣalat ), da compiere cinque volte al
giorno. Essa consiste in una serie di movimenti precisi da ripetersi almeno due volte per
la preghiera dell'alba, almeno tre per quella del tramonto e almeno quattro per quelle di
mezzogiorno, del pomeriggio e della sera; va sempre preceduta, come tutti gli atti sacri,
dalla purificazione rituale.
Il terzo pilastro della fede è la zakāt , l'elemosina rituale: è questa una sorta di tassa
annua, regolata dalla legge e imponibile su alcuni tipi di possedimenti e di guadagni,
che veniva poi ridistribuita dal potere centrale a favore di determinate categorie –
poveri, ammalati, pellegrini, schiavi desiderosi di affrancarsi, debitori per motivi
1
Cor . IL, 13.
2
A. Bausani (1999), L'Islam , Milano: Garzanti, pp. 33-36.
3
Per la trascrizione dall'arabo mi sono basato sulle norme adottate nel libro di Bausani di cui alla nota
2.
4
Per quel che riguarda la trattazione degli arkān al-dīn si faccia riferimento a Bausani, L'Islam , op. cit.,
pp. 42-60, e a G. Vercellin (1996), Istituzioni del mondo musulmano , Torino: Einaudi, pp. 218-222.
1
onorevoli... La zakāt è ormai caduta in desuetudine quasi ovunque, salvo nei paesi in cui
la legge coranica è seguita rigorosamente (Iran, Arabia Saudita, Pakistan eccetera)
5
.
Troviamo quindi il pellegrinaggio ( ḥajj ), da compiere almeno una volta nella vita se
le condizioni economiche del fedele lo permettono. Alla fine del pellegrinaggio, che si
dovrebbe compiere nel dodicesimo e ultimo mese del calendario lunare musulmano
( dhū l-Ḥijja ), si celebra una delle due grandi feste del mondo islamico, ʿīd al-kabīr ( "la
grande festa "), in memoria del sacrificio di Isacco.
La seconda, ʿīd al- ṣ aghīr ( "la piccola festa "), si celebra alla fine del ṣawm (o ṣiyām ),
il digiuno rituale nel mese di ramaḍān , che costituisce anche il quinto pilastro
dell'Islām. Proprio sul complesso rituale legato a questo mese sacro mi concentrerò nel
corso di questo elaborato. Oltre ad un'introduzione agli aspetti strettamente normativi e
dottrinari, che verranno trattati nel primo capitolo, parlerò più specificamente della
situazione dell'Islām italiano: la sua storia recente, i dati delle presenze e delle
provenienze dei musulmani in Italia, le forme associative tipiche di questo ambiente ed
una breve storia delle trattative tra queste associazioni e lo Stato. Infine, nell'ultimo
capitolo, entrerò ancora più nel dettaglio con la situazione generale dell'Islām nella
provincia di Bologna, basandomi sia su ricerche altrui – in particolare sui dossiers
dell'Osservatorio Provinciale per l'Immigrazione, organo costituito nel 2002 che
collabora con la Prefettura e il Comune – sia sulle interviste da me realizzate nel mese
di febbraio 2011.
Le prime due, non registrate, hanno visto come protagonisti prima un impiegato della
moschea di Bologna di via Pallavicini (incontrato il 2 febbraio) e quindi l'imam Said
Mahdy Nasr (venerdì 4 febbraio), e mi sono servite più che altro ad inquadrare la
moschea e le sue attività. La terza, registrata domenica 20 febbraio, ha visto come
protagonista Mustapha Benkouhail, marocchino presidente dell'Associazione Culturale
Islamica per l'Integrazione di Marzabotto, che ho incontrato in una saletta che il
Comune di Marzabotto mette a disposizione dell'associazione per i suoi corsi
domenicali di arabo per bambini. Lo stesso giorno ho poi registrato il mio incontro con
Arafat, un ragazzo quattordicenne di famiglia bengalese residente a Sasso Marconi;
purtroppo è l'unica persona appartenente alla cosiddetta "seconda generazione" di
5
Bausani, L'Islam , op. cit., pp. 52.
2
immigrati che sono riuscito a contattare, anche se sarebbe stato molto utile avere a
disposizione un bacino più ampio nel quadro dello studio del ruolo del ramaḍān nei
processi di costituzione identitaria dei giovani musulmani italiani. La quinta intervista è
stata registrata domenica 27 febbraio nella sala di preghiera della sopracitata
Associazione per l'Integrazione: hanno partecipato, assieme a Benhouhail, altri quattro
uomini marocchini appartenenti all'Associazione. In seguito a questa seduta ho assistito
alla preghiera di mezzogiorno svolta dai cinque nella sala. Infine, il giorno seguente, ho
avuto un incontro con il gestore – bengalese anch'egli – di un negozio ortofrutticolo e di
generi alimentari di vario tipo (salvo alcolici e carne di maiale) all'interno del suo
esercizio commerciale.
3
2
TEORIA E FONTI: ASPETTI GIURIDICI E
TRADIZIONALI DEL RAMAḌĀN 1 - IL CALENDARIO ISLAMICO
In epoca preislamica, nel Vicino Oriente erano in vigore due calendari principali: il
primo, solare, era adottato principalmente dalle popolazioni di agricoltori stanziali per
motivi di praticità legati al ciclo delle stagioni; il secondo, lunare, era in uso soprattutto
tra i beduini nomadi che popolavano l'Hijaz, la regione culla dell'Islām. A partire dal IV
secolo, però, probabilmente sotto l'influenza della numerosa minoranza ebraica che
abitava nella zona, essi optarono per un calendario misto lunisolare.
6
Una rivelazione coranica
7
, avuta dal Profeta poco prima della morte, sancì però
l'abbandono di questo sistema di datazione in quanto "empio ", e ripristinò l'antico
calendario lunare. Essendo l'anno lunare composto di 12 mesi alternati di 30 e 29 giorni
per un totale di 354 giorni, esso è più corto di circa 11 giorni rispetto all'anno solare: le
festività islamiche risultano quindi ogni anno anticipate di tale lasso di tempo rispetto al
corso delle stagioni, e cadono nella stessa data ogni 32 anni solari 8
.
Il ramaḍān è il nono di questi dodici mesi lunari: l'etimologia del termine significa
grosso modo "mese torrido ", la qual cosa fa pensare che, al tempo del calendario misto
lunisolare, esso fosse un mese estivo. La sua durata è di 30 giorni – si noti che per i
musulmani, così come per gli ebrei, il giorno inizia al tramonto e non all'alba –, e il suo
inizio non è calcolato astrattamente, in base a formule calendariali, ma conformemente
allo spirito fortemente pratico e concreto dell'Islām è decretato dalla testimonianza
visiva dell'ingresso della nuova luna
9
. La tradizione ha infatti tramandato un ḥadīṯ ,
ovvero un aneddoto sui detti e la vita del Profeta e dei suoi Compagni (che costituiscono
i modelli ai quali ogni musulmano deve ispirarsi), che recita:
6
Vercellin, Istituzioni , op. cit., pp. 227.
7
Cfr. Cor. IX, 36 sgg.
8
Vercellin, Istituzioni , op. cit., pp. 227-228.
9
Bausani, L'Islam , op. cit., pp. 52-53.
4
Digiunate alla vista della luna e rompete il digiuno alla sua vista; se essa vi
risulterà nascosta, contate trenta giorni interi dalla luna nuova di Sa'bân [il
mese che precede il ramaḍān nel calendario islamico]
10
.
2 - IL ṢAWM NEL CORANO
Secondo la consuetudine, il ramaḍān trae la sua importanza dal fatto che fu in una notte
di questo mese, la laylat al-Qadr ( "N otte del Destino "), che l'arcangelo Gabriele ( Jibril )
fece discendere nella sua interezza il Corano su Muḥammad; secondo la credenza
popolare, inoltre, questa è la notte in cui ogni anno si decide il corso degli eventi del
mondo
11
. Sull'esatta posizione della Laylat al-Qadr non v'è certezza, ma la maggioranza
dei dottori dell'Islām è unanime nell'individuarla in una tra le ultime cinque notti dispari
del mese, ed è per questo che negli ultimi dieci giorni i credenti pongono particolare
fervore nelle preghiere. Anche sulle origini dell'importanza accordata all'intero mese
non c'è concordia tra gli studiosi, ma l'ipotesi che pare più probabile fa riferimento alla
particolare sacralità di cui esso era investito già in epoca preislamica
12
.
Occorre ora delineare un quadro delle menzioni del ṣawm nel Corano, fonte unica
(assieme alla Sunnah , "tradizione ", l'insieme degli ḥadīṯ ) e santissima del sapere e della
dottrina musulmani. Il riferimento principale è senza dubbio il seguente:
[183] O voi che credete! V'è prescritto il digiuno, come fu prescritto a coloro
che furono prima di voi, nella speranza che voi possiate divenire timorati di
Dio, [ 184] per un numero determinato di giorni; ma chi di voi è malato o si
trovi in viaggio, digiunerà in seguito per altrettanti giorni. Quanto agli abili che
lo rompano, lo riscatteranno col nutrire un povero. Ma chi fa spontaneamente
del bene, meglio sarà per lui; il digiuno è un'opera buona per voi, se ben lo
sapeste! [ 185] E il mese di Ramaḍān, il mese in cui fu rivelato il Corano come
guida per gli uomini e prova chiara di retta direzione e salvazione, non appena
ne vedete la luna nuova, digiunate per tutto quel mese, e chi è malato o in
10
Citato in G. Soravia, I pilasti dell'islam , in M. B. Gnani Montelatici (a cura di) (1998), La Cultura
dell'Islamismo , "Il valore della pluralità delle culture", Quaderno n. 3, Faenza: Provveditorato agli
Studi di Ravenna - Provincia di Ravenna, Assessorato Istruzione, p. 49.
11
G. Soravia, Il corano , in M. B. Gnani Montelatici (a cura di), La Cultura , op. cit., p. 32.
12
Vedi voce ' ṣawm ' in C. E. Bosworth et al. (a cura di) (1998), Encyclopédie de l'Islam , Leiden: E. J.
Brill, vol. IX: San-Sze , p. 99.
5