6
pregiudiziale amministrativa, dipendono le modalità con cui il
privato, leso da provvedimento amministrativo illegittimo, può
ottenere tutela.
Se si considera necessaria, il privato può ottenere tutela risarcitoria
della propria posizione giuridica ingiustamente lesa unicamente
impugnando il provvedimento illegittimo lesivo entro il termine
decadenziale di sessanta giorni e coltivando con successo il relativo
giudizio di annullamento; l’azione risarcitoria potrà essere esperita
contestualmente o successivamente all’azione caducatoria, ma gli
esiti della prima azione dipenderanno inesorabilmente dal vittorioso
esperimento delle seconda.
In caso contrario, l’azione risarcitoria potrà essere esperita
autonomamente entro il termine prescrizionale di cinque anni, non
essendo necessario alcun presupposto giuridico al fine della sua
ammissibilità; il suo esito dipenderà unicamente dalla verifica delle
condizioni legislativamente previste per il suo accoglimento.
Da questa considerazione, si evince immediatamente la sostanziale
differenza di disciplina applicabile all’azione di risarcimento danni da
lesione di interesse legittimo: nel primo caso, subordinata
all’accoglimento dell’azione di annullamento, e pertanto soggetta al
breve termine decadenziale; nel secondo, svincolata dalla tutela
demolitoria e sottoposta unicamente al termine prescrizionale
legislativamente previsto per l’azione civile di responsabilità extra-
contrattuale.
In tal senso, la questione della c.d. pregiudiziale amministrativa si
configura non solo quale problema processuale, ma riguarda
direttamente anche la tutela sostanziale invocabile dal soggetto
danneggiato.
Da tali considerazioni discende immediatamente la grande
importanza dell’argomento oggetto della presente trattazione; la
pregiudiziale è, infatti, questione estremamente delicata, sia per i
notevoli interessi coinvolti, sia per le conseguenze legate alla sua
esistenza/eliminazione.
7
Da un lato, l’esistenza della pregiudiziale amministrativa risponde
all’esigenza, propria della pubblica amministrazione, di garantire
stabilità e certezza agli effetti giuridici esplicati dai propri
provvedimenti; a tal fine, infatti, è stato predisposto il breve termine
decadenziale entro cui debbono essere impugnati i provvedimenti
amministrativi innanzi al giudice amministrativo. Nell’attuale sistema
di giustizia amministrativa, il decorso del termine decadenziale
produce l’inoppugnabilità degli atti amministrativi e, di conseguenza,
rende intangibili gli effetti da questi prodotti. Se non venisse applicata
la regola della pregiudiziale, non diversamente da quanto appena
affermato, il decorso del termine decadenziale condurrebbe
comunque all’inoppugnabilità dell’atto; ma, diversamente da prima,
l’amministrazione rimarrebbe esposta, anche dopo il decorso del
termine, alle pretese risarcitorie degli eventuali danneggiati dagli
effetti del provvedimento ormai divenuto inoppugnabile. In tal caso,
essendosi reso ormai impossibile l’annullamento dell’atto (a seguito
del decorso del termine decadenziale), l’unico risarcimento possibile
rimarrebbe quello per equivalente, con la conseguenza che alla P.a.,
per evitare il risarcimento per equivalente, non resterebbe che
ricorrere all’annullamento d’ufficio del provvedimento (vanificando
così l’esigenza di certezza dell’azione amministrativa, che la regola
della decadenza dall’impugnazione mira a garantire).
Un’ipotesi di questo genere comporterebbe, inoltre, un grave
pregiudizio economico per le finanze delle amministrazioni
pubbliche. Infatti, la necessità giuridica che l’assetto di interessi
definito dal provvedimento venga previamente contestato dal
ricorrente attraverso l’azione di annullamento si impone, in
quest’ottica, per evitare che il danno assuma dimensione esorbitante,
diversa essendo l’entità del danno per i soli effetti prodotti dall’atto
medio tempore, rispetto al maggior danno di un atto non impugnato
ed efficace
3
.
3
A tal proposito, dottrina favorevole alla pregiudiziale ha osservato come il
legislatore, inserendo l’azione di risarcimento nel quadro del “sistema” della
8
Dall’altro lato, la necessarietà dell’esperimento dell’azione di
annullamento entro il termine decadenziale all’uopo previsto, al fine
di ottenere la tutela risarcitoria, si configura quale sostanziale
limitazione al principio di effettività e tempestività della tutela
giurisdizionale
4
, sicuramente applicabile anche alla posizione di
interesse legittimo.
Infatti, il soggetto leso potrebbe non avere conoscenza del danno
infertogli dagli effetti del provvedimento illegittimo nei sessanta
giorni successivi alla sua conoscenza, facendo così spirare il termine
decadenziale senza impugnare il provvedimento; ciò provocherebbe
un grave ed ineliminabile pregiudizio alla sua posizione soggettiva,
poiché successivamente, in applicazione alla regola della
pregiudiziale, egli non potrebbe più invocare né la tutela demolitoria
(preclusa dall’inoppugnabilità del provvedimento), né quella
risarcitoria (preclusa dalla mancata coltivazione del giudizio di
annullamento). La sottoposizione dell’azione risarcitoria da lesione di
interesse legittimo al termine prescrizionale di cinque anni,
normalmente previsto per le azioni civili di responsabilità extra-
contrattuale, ovvierebbe a tale problema, affidando al soggetto leso
giurisdizione amministrativa, implicitamente abbia confermato i principi
caratterizzanti il giudizio amministrativo, che tende naturaliter alla rilevazione
dell’illegittimità (di atti o comportamenti della P.a.) e non all’accertamento – in via
primaria – della fondatezza della pretesa sostanziale dell’agente. In considerazione
di ciò, fa notare la suddetta dottrina, la pregiudiziale trova fondamento nella natura
stessa dell’interesse legittimo, che trova fisiologicamente tutela in congegni
ripristinatori (e non risarcitori). Lo svolgimento della tutela giurisdizionale
amministrativa prende inizio dall’annullamento e, attraverso l’effetto conformativo,
tende a realizzare la tutela sostanziale della posizione soggettiva lesa (priorità
logico-giuridica della restituito in integrum insita nell’annullamento). Il risarcimento
del danno non può quindi che assumere un ruolo successivo, sussidiario e residuale
rispetto all’annullamento. La reintegrazione, costituita dalla pronuncia di
annullamento, ha la capacità di soddisfare la maggior parte del danno; pertanto il
risarcimento sarà limitato ai danni medio tempore prodottisi (con l’accoglimento del
ricorso da parte del G.A., l’interessato ottiene la restituzione in forma specifica della
posizione giuridica lesa, con conseguente preclusione del formarsi di ulteriori danni
risarcibili). Vedi G. M. Di Lieto, La giurisdizione in tema di responsabilità
aquiliana della P.a. per lesione di interessi legittimi e la c.d. “pregiudiziale
amministrativa”, in www.giustizia-amministrativa.it.
4
Ex art. 24 Cost..
9
l’onere di esperire l’azione entro un termine decisamente lungo, entro
cui il privato avrebbe facilmente consapevolezza della reale portata
lesiva del provvedimento amministrativo.
La questione della pregiudiziale, come verrà chiarito all’interno della
presente trattazione, è stata ed è oggetto di un lungo dibattito, in
giurisprudenza come in dottrina.
In giurisprudenza si sono progressivamente delineate due
contrapposte posizioni: una, sostenuta dalle Sezioni Unite della Corte
di Cassazione e definita dell’autonomia “pura” delle azioni di
annullamento e risarcitoria, che considera non necessaria la
pregiudiziale; l’altra, tradizionalmente propria del giudice
amministrativo e per questo definita “tutta amministrativa”, che
considera assolutamente necessaria la pregiudiziale al fine di giungere
al risarcimento del danno.
Gli interpreti della dottrina si sono a loro volta schierati all’interno
del dibattito concernente la pregiudiziale, abbracciando l’una o l’altra
tesi; non sono inoltre mancati autori che hanno adottato una posizione
mediana
5
, cogliendo elementi da ambedue le parti.
Al momento in cui si scrive, in particolare, la questione della
pregiudiziale amministrativa è di particolare attualità ed interesse,
considerato il susseguirsi di pronunce giurisprudenziali dalla portata
innovativa che hanno contraddistinto i tempi più recenti.
Ad una prima apertura operata dalla Suprema Corte, con la pronuncia
delle c.d. ordinanze “gemelle”
6
le quali, in controtendenza rispetto ai
precedenti del Giudice di legittimità, hanno affermato la giurisdizione
del giudice amministrativo in ordine alle pretese risarcitorie
conseguenti alla lesione di interessi legittimi, è seguita una serie di
pronunce del giudice amministrativo, orientate ad abbracciare la tesi
5
V. la tesi della c.d. “autonomia temperata”, sostenuta da F. Caringella.
6
Cass., Sez. Un., 13/6/2006, n. 13659, in Foro amm. Cons. Stato, 2006, 2738 ss.;
Cass., Sez. Un., 13/6/2006, n. 13660, in Giust. civ., 2006, 2000 ss..
10
dell’autonomia delle due azioni
7
; il chè, se si concretizzasse,
significherebbe un vero e proprio revirement dell’orientamento del
G.A..
Il momento sembra dunque propizio ad un incontro delle posizioni
dei due giudici, con conseguente superamento della questione della
pregiudiziale. Ad ostare a tale ricomposizione permangono,
comunque, numerosi elementi di carattere logico e sistematico, che
troveranno ampio spazio all’interno della presente: con questa
trattazione, infatti, si intende fornire una rappresentazione analitica
delle posizioni di giurisprudenza e dottrina riguardanti la questione
della pregiudiziale, mantenendo un approccio quanto più possibile
neutrale.
A parere di chi scrive, infatti, nessuna delle due posizioni è
completamente esente da critiche, così come si trovano elementi di
pregio all’interno di entrambe le tesi. Scopo di questa tesi è dunque di
fornire una ricostruzione storica del dibattito sorto attorno alla
pregiudiziale, in funzione di un’analisi dinamica delle argomentazioni
che sono state addotte dai sostenitori delle contrapposte tesi. La
circostanza che la giurisprudenza non sia ancora consolidata intorno
ad una posizione univoca non rende meno utile la ricerca; anzi,
proprio perché i lavori giurisprudenziali sono ancora in corso
8
, essa
può contribuire a segnalare, prima della sedimentazione della materia,
aspetti delle opinioni espresse al riguardo maggiormente condivisibili
di altri. In altri termini, a parere dell’autore, questa analisi ha la
prerogativa di mettere in luce gli elementi di maggior pregio che
hanno caratterizzato il dibattito a sostegno di una o dell’altra tesi.
7
C.G.A., Sez. giurisdizionale, 18/5/2007, n. 386, in www.lexitalia.it, Cons. Stato,
Sez. V, 31/5/2007, n. 2822, in www.lexitalia.it e in www.altalex.com, con commento
di F. Logiudice, Anche per il Consiglio di Stato va superata la c.d. pregiudiziale
amministrativa.
8
Si esprime in questi termini S. D’Antonio, Teoria e prassi nella tutela risarcitoria
dell’interesse legittimo, Ed. Scientifica, 2003.
11
II. LA RISARCIBILITA’
DELL’INTERESSE LEGITTIMO E LA
NASCITA DELLA QUESTIONE DELLA
PREGIUDIZIALE NELLA CONTRASTANTE
GIURSPRUDENZA DEL G.O. E DEL G.A.
1. L’orientamento “tradizionale” contrario alla
risarcibilità dell’interesse legittimo
Fin dal momento della sua “nascita”, l’interesse legittimo ha trovato
una tutela diversa e minore rispetto al diritto soggettivo.
La convinzione di una minore dignità, e quindi di una minore
tutelabilità dell’interesse legittimo rispetto al diritto soggettivo, trova
un’espressione efficace nella legge abolitrice del contenzioso
amministrativo del 1865, n. 2248, Allegato E, la quale disconosce una
qualsiasi tipologia di tutela giurisdizionale dell’interesse legittimo,
riconoscendo protezione solo alle posizioni che abbiano consistenza
di diritto soggettivo (art. 2: “Sono devolute alla giurisdizione
ordinaria tutte le cause per contravvenzioni e tutte le materie nelle
quali si faccia questione d’un diritto civile o politico...”).
Dal momento che al giudice ordinario era devoluta solamente la
cognizione dei diritti soggettivi e dato che non esisteva ancora un
giudice amministrativo, mancava un’autorità giudiziaria che
assicurasse la tutela dell’interesse legittimo. L’ordinamento
prevedeva per tale interesse una tutela di tipo giustiziale, cioè
attraverso i ricorsi amministrativi, dando luogo ad una giustizia
interna all’amministrazione; quest’ultima, inoltre, si reggeva
pacificamente sulla sola caducazione del provvedimento lesivo,
disconoscendo altre forme di tutela, prima fra tutte quella risarcitoria.
Tale impostazione, contraria alla tutela in ambito processuale
12
dell’interesse legittimo, anche diversa dal risarcimento, trova il suo
fondamento nella stessa concezione tradizionale di questa posizione
giuridica soggettiva, data la prevalenza delle tesi dottrinali che
consideravano l’interesse legittimo alla stregua di un “interesse
occasionalmente protetto” (l’interesse del privato a che l’azione
amministrativa si svolga correttamente sarebbe cioè tutelato in via
indiretta, e si presenta come riflesso mediato della protezione che
l’ordinamento giuridico vuole assicurare all’interesse pubblico).
Dopo la legge del 1865 si registra una evoluzione, che prende le
mosse dalla creazione di un giudice per l’interesse, con la legge 5992
del 1889, istitutiva della sez. IV del Consiglio di Stato, chiamata ad
assicurare la tutela giurisdizionale dell’interesse legittimo
9
.
La legge istitutiva della Sezione giurisdizionale del Consiglio di Stato
e le successive norme legislative
10
, pur ammettendo la tutela
giurisdizionale dell’interesse legittimo, attribuiscono al Giudice
Amministrativo il solo potere di annullare il provvedimento ritenuto
illegittimo; non viene per converso riconosciuto al Giudice il potere
di accordare una misura tesa al risarcimento del danno sofferto dal
privato per effetto del comportamento non jure tenuto dalla pubblica
amministrazione.
L’intelaiatura normativa presenta così una forte lacuna sotto il profilo
dell’effettività della tutela giurisdizionale, essendo evidente che
l’annullamento dell’atto amministrativo, nonostante la portata
retroattiva della pronuncia giurisdizionale di demolizione, non è
sempre in grado di riparare il pregiudizio subito dal cittadino
11
.
Vista la lacuna normativa in merito ai poteri attribuiti al G.A., la
9
La legge del 1889 considerava la Sez. IV del Consiglio di Stato alla stregua di
un’autorità amministrativa, dal 1893 le Sezioni Unite della Cassazione sostennero la
natura giurisdizionale della neo istituita Sezione.
10
Le leggi istitutive della V e della VI Sezione del Consiglio di Stato, gli artt. 24,
103 e 113 della Costituzione (che riconoscono la tutela del cittadino, anche per la
posizione di interesse legittimo, nei confronti dell’autorità amministrativa) e la legge
1034 del 1971 istitutiva dei Tribunali Amministrativi Regionali.
11
Così: F. Caringella, Corso di diritto amministrativo, tomo I, Giuffrè editore, 2001,
cap. 11, La lunga strada verso la risarcibilità dell’interesse legittimo.
13
giurisprudenza si è allora interrogata circa la possibilità di ottenere la
tutela aquiliana innanzi al G.O..
La giurisprudenza della Cassazione ha risposto, in una prima fase, in
modo assolutamente negativo alla domanda in esame.
Il dogma dell’irrisarcibilità dell’interesse legittimo è stato costruito su
due ordini di argomenti, rispettivamente di carattere formale (o
processuale) e di carattere sostanziale:
ξ Argomenti formali (processuali): si fondano sulla
considerazione che la tutela risarcitoria dell’interesse legittimo
incontra un limite invalicabile nelle regole sul riparto di giurisdizione
e nelle diverse tecniche di tutela riconosciute dall’ordinamento a
seconda del giudice competente, segnatamente nei diversi poteri di
cui sono titolari il giudice ordinario e il giudice amministrativo nei
confronti dell’attività della pubblica amministrazione.
Riguardo al profilo attinente al riparto di giurisdizione, è noto che la
teoria invalsa nella prassi giurisprudenziale
12
è quella della
causa pretendi o del petitum sostanziale, secondo cui, ai fini
dell’individuazione del giudice, rileva la consistenza effettiva della
posizione giuridica fatta valere in giudizio. Alla stregua di questa
teoria, la maggior parte della giurisprudenza è giunta alla conclusione
che il giudice ordinario non ha giurisdizione a fronte di una domanda
con cui si richiede il risarcimento del danno da lesione di interessi
legittimi.
La sentenza n. 500 /1999 delle Sezioni Unite della Cassazione
13
è
estremamente chiara nella descrizione di tale orientamento: si
sostiene, in proposito, che il giudice ordinario non ha la possibilità di
pronunciarsi su interessi legittimi, in quanto posizioni
costituzionalmente attribuite, sotto il profilo della giurisdizione, al
12
V., tra le altre, Cass. 15/11/1994, n. 9593, in Rep. Foro it., 1994, voce
Responsabilità civile, n. 98.
13
Cass. civ., Sez. Un., 22/7/1999, n. 500; in Danno e resp., 1999, 10, 965, con nota
di Carbone e Monasteri.
14
giudice amministrativo; pertanto, l’eventuale richiesta risarcitoria
dell’interesse legittimo deve essere disattesa per difetto di
giurisdizione, ove proposta innanzi al giudice ordinario
14
.
In base a questo argomento di stampo processuale il giudice
ordinario, pur avendo astrattamente il potere di condannare al
risarcimento del danno, difetterebbe di giurisdizione, a differenza del
giudice amministrativo; quest’ultimo, al contrario, pur potendo
conoscere dell’interesse legittimo, non ha, secondo il tradizionale
15
(e
ormai superato) sistema di giustizia amministrativa, il potere di
condannare al risarcimento del danno.
14
“Il tema della irrisarcibilità degli interessi legittimi è stato in primo luogo
affrontato ed esaminato, da queste S.U., sotto il profilo del difetto di giurisdizione.
In relazione a fattispecie in cui il privato, ottenuto dal giudice amministrativo
l’annullamento dell’atto lesivo di una posizione avente la originaria consistenza di
interesse legittimo, aveva proposto davanti al giudice ordinario domanda di
risarcimento dei danni conseguenti alla lesione di detta posizione giuridica
soggettiva (rimasta immutata nel suo originario spessore malgrado l’annullamento
del provvedimento negativo, poiché questo si limita a ripristinare la situazione
antecedente), le S.U. hanno costantemente dichiarato il difetto assoluto di
giurisdizione.”
Cass. SS. UU., n. 500 del 22/7/1999.
15
La pronuncia delle Sezioni Unite illustra anche il tradizionale orientamento
secondo cui il g.a. non ha potere condannatorio nei confronti dell’amministrazione:
“Hanno invero tratto argomento dall’avvenuto esaurimento della tutela erogabile in
virtù dell’ordinamento, poiché il giudice amministrativo aveva ormai fornito la
tutela rimessa al suo potere, mentre davanti al giudice ordinario non poteva essere
proposta domanda di risarcimento del danno da lesione di posizione avente al
consistenza di interesse legittimo, non essendo prevista dall’ordinamento, alla
stregua del quale doveva essere vagliata la pretesa secondo il criterio del c.d. petitum
sostanziale (costantemente applicato da questa S.C.) l’invocata tutela, perché
riservata, ai sensi dell’art. 2043 c.c. ai soli diritti soggettivi.
In senso critico si è osservato, peraltro, che l’adozione di una pronuncia siffatta, e
cioè di una decisione che afferma l’inesistenza del diritto azionato, resa in sede di
regolamento preventivo determina, di fatto, una anticipata decisione sfavorevole sul
merito.
Va ancora ricordato che, nella diversa ipotesi in cui la pretesa risarcitoria fosse stata
azionata davanti al giudice ordinario prima di aver ottenuto dal giudice
amministrativo l’annullamento dell’atto lesivo, la giurisprudenza di queste S.U. ha
invece dichiarato la giurisdizione del giudice amministrativo, configurandosi di
fronte al provvedimento autoritativo solo interessi legittimi.
… I noti limiti della giurisdizione amministrativa determinavano tuttavia la
necessaria limitazione della successiva pronuncia della giudice amministrativo alla
sola pronuncia di annullamento, con conseguente riproposizione della situazione
dinanzi illustrata.”
Cass. SS. UU., n. 500 del 22/7/1999.
15
Si arriva pertanto alla conclusione che, a fronte dell’interesse
legittimo, non c’è giurisdizione per il giudice ordinario e non c’è
possibilità di assicurare tutela risarcitoria da parte del giudice
amministrativo.
ξ Argomenti sostanziali: a fianco di tale orientamento ce
n’è un secondo, storicamente più recente, che affronta la questione
direttamente nel merito
16
.
Questa tesi, contraria alla risarcibilità dell’interesse legittimo, affonda
le sue radici nell’interpretazione della locuzione “danno ingiusto” di
cui all’art. 2043 c.c.. La giurisprudenza
17
ha in passato affermato che
il danno ingiusto di cui parla tale articolo fosse da identificare nel
danno da lesione del diritto soggettivo, a sua volta limitato al diritto
soggettivo assoluto, con la conseguenza che veniva negata anche la
tutela aquiliana dei diritti relativi ed in particolare dei diritti di
credito. Da qui, il corollario della risarcibilità del danno prodotto non
jure, che scaturisce cioè dalla violazione di una norma di condotta, e
contra jus, ove per jus si intendeva solo la posizione di diritto
16
In tal senso si espressa la Cassazione nella nota sent. n. 500/1999, affermando che:
“Secondo un diverso indirizzo di queste S.U., manifestatosi in tempi più recenti, la
questione relativa alla risarcibilità degli interessi legittimi non attiene propriamente
alla giurisdizione, bensì costituisce questione di merito.
Si è infatti affermato che con la proposizione di una domanda di risarcimento la
parte istante fa valere un diritto soggettivo, sicchè bene la domanda è proposta
davanti al giudice ordinario, che, in linea di principio, è giudice dei diritti (a parte i
casi di giurisdizione esclusiva), al quale spetta stabilire, giudicando nel merito, sia se
tale diritto esista e sia configurabile, sia se la situazione giuridica soggettiva dalla
cui lesione la parte sostenga esserle derivato danno sia tale da determinare, a carico
dell’autore del comportamento illecito, l’insorgere di un’obbligazione
risarcitoria…”.
17
La pronuncia della Cassazione, ripercorrendo la storia dell’orientamento secondo
cui l’interesse legittimo non sarebbe risarcibile, continua così:
“Va comunque rilevato che, in forza di un tale indirizzo (v. nota 16) (che appare
essere essenzialmente rivolto a delimitare, restringendoli, i confini del regolamento
preventivo, e non già ad incidere sul tema di fondo della risarcibilità degli interessi
legittimi), la decisione rimessa al giudice di merito risulta comunque vincolata (e di
segno negativo), in ragione della persistente vigenza del principio che vuole limitata
la risarcibilità ex art. 2043 c.c. al solo danno da lesione di diritti soggettivi…”.
Cass. SS. UU., n. 500 del 22/7/1999.
16
soggettivo.
In particolare, a sostegno della impossibilità di comprendere in questo
termine anche l’interesse legittimo, si poneva ancora l’accento sulla
circostanza che quest’ultimo non concerne un bene della vita
sostanziale da proteggere in via diretta ma è solo occasionalmente
protetto; ad analoghe conclusioni si perveniva facendo perno sulla
teoria processualistica, la quale escludeva ugualmente una valenza
sostanziale dell’interesse legittimo, lo riduceva a puro fattore di
legittimazione processuale, ossia a potere di reazione che si concreta
nell’invocazione dell’annullamento giurisdizionale del
provvedimento illegittimo.
Gli argomenti di carattere processuale e sostanziale sono stati a più
riprese ribaditi dalla giurisprudenza (fino alla sent. n. 500/1999 delle
Sezioni Unite), la quale ha di volta in volta posto l’accento sull’uno
piuttosto che sull’altro.
Ciò ha inciso sul tipo di decisione che il giudice doveva pronunciare a
fronte di una pretesa risarcitoria avente alla base una posizione di
interesse legittimo.
Al riguardo sono state elaborate due tesi: quella tradizionale, basata
sull’argomento processuale, reputava che il giudice ordinario dovesse
declinare la giurisdizione; la tesi propensa ad attribuire valore
preminente ai profili sostanziali osservava invece che, trattandosi di
illecito aquiliano, sussistesse la giurisdizione, ma si dovesse rigettare
nel merito la domanda, stante il difetto del requisito dell’ingiustizia
del danno ai sensi dell’art. 2043 c.c..
2. Risarcimento dei diritti soggettivi risolutivamente
condizionati. Nascita della pregiudiziale.
Nel tempo la giurisprudenza
18
, pur tenendo fede al dogma
18
“…la soluzione negativa ha visto progressivamente ristretto il suo ambito di
applicazione, grazie ad operazioni di trasfigurazione di alcune figure di interesse
legittimo in diritti soggettivi, con conseguente apertura dell’accesso alla tutela
17
dell’irrisarcibilità del danno da lesione di interessi legittimi sulla base
degli argomenti fin qui descritti, ha riconosciuto tutela risarcitoria a
posizioni che nella sostanza erano di interesse legittimo oppositivo,
considerandole alla stregua di diritti soggettivi. Un peso fondamentale
ha rivestito, al riguardo, il tema dell’affievolimento e della
“riespansione” dei diritti soggettivi risolutivamente condizionati.
Inizialmente la giurisprudenza tradizionale, sorretta dalla dottrina
predominante, ha tracciato una netta distinzione, nell’ambito della
generale tematica dell’affievolimento dei diritti soggettivi, tra diritti
derivati e originari: i primi si caratterizzano fievoli fisiologicamente
in quanto derivanti da un atto ampliativo della P.a. (ad es.
concessione); i secondi si configurano come diritti nati perfetti, ma
degradabili ad interessi legittimi nel caso in cui si verifichi una
“incompatibilità” con l’interesse pubblico (ad es. il diritto di
proprietà, che viene affievolito per l’intervento di un atto ablatorio
della P.a.).
In un primo momento la giurisprudenza ha ammesso il risarcimento
del danno nel solo caso di illegittima compressione di diritti
soggettivi originari; tale innovativo orientamento era motivato in
questo senso: alla luce del meccanismo della “riespansione” dei diritti
ingiustamente affievoliti, la forza retroattiva della sentenza di
annullamento del G.A. nei riguardi dell’atto illegittimo determinava
la rinascita, con effetto ex tunc, della posizione di diritto soggettivo
compressa, lasciando il residuo di una lesione della medesima,
suscettibile di ristoro in ambito extracontrattuale.
Queste premesse hanno dato luogo ad un meccanismo che consentiva
al privato, ottenuta la riespansione del diritto compresso grazie alla
pregiudiziale pronuncia del giudice amministrativo di annullamento
(c.d. “pregiudiziale amministrativa”), di rivolgersi al giudice
ordinario per il risarcimento.
risarcitoria ex art. 2043 c.c., a questi ultimi tradizionalmente riservata.”
Cass. SS. UU., n. 500 del 22/7/1999.
18
In seguito, grazie anche alle sollecitazioni della dottrina più evoluta,
si è avvertito sempre con maggiore chiarezza che tra le due categorie
di diritti soggettivi – originari e derivati – non era ravvisabile alcuna
differenza strutturale. Infatti, si trattava in entrambi i casi, secondo la
classificazione tradizionale, di diritti risolutivamente condizionati,
cioè destinati ad affievolirsi al verificarsi della condizione risolutiva
costituita dall’esercizio di un potere autoritativo a tutela del
prioritario interesse pubblico; d’altro canto, non c’è alcuna ragione
per diversificare, sul versante risarcitorio, il trattamento riservato a
tali situazioni. Indipendentemente dalla derivazione o meno della
situazione soggettiva lesa da un provvedimento amministrativo, i
titolari vedono nuovamente espanso il proprio diritto, con effetto
retroattivo, a causa della sopravvenuta sentenza di annullamento del
G.A..
A queste conclusioni è giunta la Suprema Corte a Sezioni Unite nel
1979
19
con riguardo allo svolgimento di attività economiche
riconosciute dall’ordinamento: l’interesse pretensivo, all’origine mero
diritto in attesa di espansione, subordinato all’emanazione di un atto
ampliativo, diventa, dopo il conseguimento dell’atto richiesto, un
diritto soggettivo perfetto. La relativa compressione a mezzo di un
provvedimento contra legem di ritiro (nelle varie forme
dell’annullamento, della revoca, dell’abrogazione e dello stesso
19
“L’autorizzazione all’esercizio del commercio al minuto in punti fissi, di cui
all’art. 24 della l. 11 giugno 1971 n. 426, conferisce al privato autorizzato una
posizione giuridica di diritto soggettivo, in quanto regolata in funzione diretta del
suo interesse individuale all’iniziativa economica, di cui all’art. 41 Cost., e
nonostante la compresenza, in capo alla pubblica amministrazione, dei poteri,
delimitati dall’art. 31 della stessa legge, di incidere su di essa, affievolendola, per la
tutela del pubblico interesse. Tuttavia le controversie concernenti qualsiasi
provvedimento amministrativo, che si pretenda lesivo del detto diritto soggettivo,
appartengono alla giurisdizione amministrativa esclusiva, per l’espresso disposto
dell’art. 32 della stessa legge, anche quando si riassuma che il provvedimento
amministrativo sia stato emesso in carenza assoluta di potere. Di conseguenza,
l’azione di risarcimento del danno per le lesioni del predetto diritto soggettivo può
essere esercitata dal privato, contro la pubblica amministrazione davanti al giudice
ordinario, solo dopo che il provvedimento amministrativo, che si pretende lesivo, sia
stato annullato dal giudice amministrativo con decisione passata in giudicato.”
Cass. SS. UU., 5/10/1979, n. 5145, GCM, 1979, fasc. 10.
19
congelamento interinale) legittima pertanto, previo annullamento in
sede di giurisdizione amministrativa, l’esperimento dell’azione civile
avanti al G.O. per il risarcimento del danno.
Nonostante la progressiva apertura nei confronti del risarcimento per
lesione di diritti risolutivamente condizionati, la giurisprudenza ha
perseverato nella sua netta contrarietà al risarcimento dei danni da
lesione di interessi legittimi, anche se si trattava di interessi funzionali
all’eliminazione di ostacoli per l’esercizio di diritti soggettivi in attesa
di espansione (ad es. in caso di istanza di concessione edilizia,
funzionale all’esercizio dello jus aedificandi).
Una sola, isolata, pronuncia di merito
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ha fornito una visione
alternativa al problema, ammettendo la risarcibilità dei diritti in attesa
di espansione sul presupposto che la pubblica amministrazione, ove
non si comporti correttamente nei confronti dell’amministrato, viola il
principio di buona fede e, perciò solo, incorre in una responsabilità.
L’atteggiamento conservatore della giurisprudenza, appena mitigato
dalle aperture in tema di risarcibilità dei diritti soggettivi
risolutivamente condizionati, è stato oggetto di vivaci critiche in
dottrina fino allo storico cambiamento di orientamento del 1999. Pur
se con sfumature diverse, gli studiosi della materia sono apparsi
complessivamente favorevoli al riconoscimento della tutela aquiliana
delle posizioni di interesse legittimo, facendo perno sulla rivisitazione
dottrinale della nozione di interesse legittimo, in particolare sulla
riscoperta della sua matrice sostanziale come interesse ad un bene
della vita, e, soprattutto, sul ripudio di qualsivoglia inferiorità
fisiologica rispetto alla posizione di diritto soggettivo.
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“E’ da configurarsi la responsabilità aquiliana del Comune che, dopo aver
consentito – tra l’altro con l’adozione di variante al piano regolatore e formulazione
di parere positivo in sede procedimentale – l’emanazione di provvedimento
regionale di autorizzazione alla gestione, da parte di una società privata, di un
giacimento di rifiuti speciali, successivamente adotti una serie di atti illegittimi volti
a rendere impossibile lo svolgimento dell’attività autorizzata, così ledendo, in
violazione dell’affidamento al riguardo ingenerato, il relativo diritto sorto in capo
alla società.”
Trib. Voghera 11/1/1996, CG, 1996, 1153.