Introduzione
L’ultima tremenda crisi finanziaria mondiale ha inferto un duro colpo prima di tutto
al sistema finanziario internazionale, e di seguito si è tramutata in una crisi reale delle
imprese senza precedenti nell’economia moderna. Il sistema monetario internazionale è
considerato un dogma indiscutibile, eppure negli ultimi cento anni sono state contate
ben 187 crisi monetarie, e ciò agli occhi dei più critici risulta evidente che questo
sistema con un'unica moneta in circolazione è nato con un difetto di fabbrica. Alcuni
economisti hanno dunque appoggiato la teoria della presenza di più monete in uno
stesso territorio, ognuna che svolge la propria funzione specifica, ma tra loro interagenti
e complementari. Ciò sta già avvenendo e non da pochi anni in tutto il territorio
internazionale, infatti nel mondo esistono ben quattrocento circuiti riuniti
nell’associazione internazionale di scambio reciproco, coinvolgendo in questi mercati
chiamati complementari, ben 600.000 imprese. Anche in Sardegna recentemente è nato
un mercato che utilizza come strumento per gli scambi una moneta complementare, ed è
gestito da un organizzazione che ha creato il circuito Sardex.net.
Da un’analisi più approfondita di alcuni sistemi monetari complementari presenti in
tutto il mondo, ma soprattutto indagando sul sistema sorto all’interno della regione
Sarda, sono emersi degli aspetti che rendono questi meccanismi diversi dal mercato
tradizionale che tutti siamo abituati a conoscere. Nello specifico del seguente lavoro si è
voluto indagare su quelli che sono i meccanismi decisionali che emergono in un circuito
con queste caratteristiche, su quali sono gli elementi che entrano in gioco nel momento
topico decisionale, nello specifico i fattori che influenzano e guidano la scelta finale
degli imprenditori sardi nella decisione relativa al loro ingresso nel circuito di moneta
complementare.
L’obbiettivo della tesi è quello di individuare a seguito di indagini e analisi sul
campo quali sono i fattori che influenzano le decisioni nella costruzione del network di
imprese del circuito Sardex.net, analizzarli singolarmente individuando le loro
caratteristiche principali, e il loro ruolo all’interno del processo decisionale. Come
emergerà dal seguente lavoro oltre a decisioni di tipo razionale, avranno e hanno avuto
un peso importante i fattori irrazionali nella costruzione del network di imprese, e su
questi si focalizzerà il lavoro, in particolare sui fattori emotivi, fiduciari, identificativi e
intuitivi della decisione.
6
La prima parte della tesi si concentrerà inizialmente introdurre i principali
meccanismi e individuare le caratteristiche comuni ed essenziali dei sistemi di moneta
complementare presenti tutto il mondo, cercando di individuare gli aspetti tra loro
assimilabili. In seguito si analizzeranno anche alcuni esempi sia internazionali ma anche
nazionali, nati in passato e attivi alcuni tutt’oggi nei rispettivi mercati
La seconda parte analizza più da vicino il sistema Sardex.net, il suo funzionamento
interno e tra gli aderenti, il meccanismo con cui avvengono gli scambi e l’utilizzo della
moneta complementare, inoltre approfondisce le opportunità e i vantaggi che il circuito
offre e i principali punti di criticità in esso presenti.
La terza ed ultima parte rappresenta il corpo principale della tesi. Innanzitutto
individua quali sono i fattori decisionali che caratterizzano i mercati in cui è presente un
forte legame relazionale tra soggetti umani e imprese, poi costruisce il percorso logico
del lavoro. La parte fondamentale dell’analisi scaturisce da un intervista composta da
poche ma mirate domande agli appartenenti al network di imprese, dalle quali emergono
i fattori decisionali che hanno influenzato la decisione di adesione ma che sicuramente
la influenzeranno in futuro. Tali fattori verranno poi analizzati singolarmente, partendo
dall’aspetto fiduciario che caratterizza i sistemi ad alta intensità relazionale, analizzando
le decisioni di tipo emotivo e la loro influenza nei processi decisionali, approfondendo
come l’identificazione degli aderenti con il circuito e con la Sardegna influenzi la loro
decisione di adesione, e infine le decisioni di tipo intuitivo, le caratteristiche dell’intuito
CAPITOLO 1
I sistemi di moneta complementare
1.1. La moneta nell’economia classica.
Il pensiero degli economisti classici era incentrato sul presupposto che ogni merce
potesse fungere da moneta e che nel mercato le persone scambiassero ciascuna il
prodotto del proprio lavoro. Il ruolo della moneta era relegato ad una mera funzione di
intermediario per i calcoli, ma erano irrilevanti sia la quantità che la qualità della
moneta. In altre parole, se i beni sono calcolati, per esempio, in termini di oro o di sale o
di tabacco non cambia la natura di scambio che attraverso il calcolo può essere
effettuata.
La moneta ha da sempre quindi svolto una funzione di mezzo di scambio. Per
millenni essa è stata legata ad una merce, o per meglio dire, era essa stessa rappresentata
da una merce di particolar pregio o valore presso il popolo che l’accettava
comunemente. In altri termini la moneta anticamente era un intermediario più o meno
sofisticato del baratto, si è andata sempre più ad inserire come mezzo di scambio
principale, sostituendo gradualmente la principale forma di scambio commerciale, il
baratto appunto. Tutte le merci venivano rapportate al prezzo del bene che fungeva da
moneta, fosse esso l’oro, l’argento, il rame, il tabacco o il sale.
Di conseguenza, la moneta non entrava nell’analisi dell’economia classica, e gli studi
del ciclo economico non tenevano in alcun modo conto degli effetti creati dalla moneta
cartacea. In un economia dove gli scambi commerciali sono quindi pochi e sporadici, e
in cui un qualsiasi bene può fungere da moneta, la moneta stessa risulta essere ben poco
significativa rispetto ai processi economici
1
.
In altri termini, fino alla metà del secolo scorso, buona parte della popolazione
produttiva era impegnata in agricoltura, e i contadini usavano il denaro solo qualche
volta l’anno per acquistare beni che non erano in grado di produrre direttamente. Il
salario degli operai per esempio prende il nome dal fatto che il pagamento era effettuato
in sale, spezia relativamente preziosa ed essenziale in cucina per la conservazione dei
cibi, che i contadini barattavano, assieme ai prodotti dei propri campi, con le merci che
acquistavano senza l’aiuto di alcun intermediario economico come la moneta stessa.
1
Cfr. Marin D., Schnitzer M., The Economic Institution of International Barter, The Economic Journal,
Vol. 112, No. 479 (Apr., 2002), pp. 293-316.
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Era quindi ragionevole che l’economia classica ritenesse la moneta del tutto
ininfluente nel ciclo economico. Era anche altrettanto ragionevole il dibattito che allora
si svolgeva tra gli economisti a proposito della effettiva produttività dei beni. I
fisiocratici sostenevano che la ricchezza fosse creata dalla terra, gli economisti ortodossi
dal capitale, quelli eterodossi dal lavoro. Tutti erano quindi alla ricerca di quel
“plusvalore”, ovvero di quel prodotto in più che consentiva al sistema economico di
crescere ed alla gente (in verità, allora, solo ad alcune persone) di arricchirsi
2
.
Nessuno dubitava dell’esistenza del valore intrinseco alle cose, e scoprirlo avrebbe
significato trovare la chiave per comprendere i fenomeni dell’economia nella loro
essenza. Insomma, quello che veniva in effetti scambiato era, per gli economisti classici,
il valore intrinseco a tutte le cose
prodotte dall’uomo o dalla natura, ed i prezzi non ne erano che un’ovvia
conseguenza. Per questa ragione, la moneta non aveva alcuna importanza nella teoria
economica. Anche la merce-moneta aveva un proprio valore, che si poneva nei
confronti dei valori delle altre merci secondo relazioni determinate da quel “quid” che
la teoria del valore intendeva scoprire
3
.
In considerazione sempre del pensiero classico e della moneta nel periodo classico,
l’idea che qualunque mezzo potesse fungere da moneta comportava che ogni
produzione trovasse alla fine la propria collocazione. Un economista francese, Jean-
Baptiste Say, la espresse in una legge, conosciuta come legge di Say, che dominò il
pensiero economico per un centinaio di anni, nonostante l’evidenza dicesse da tempo il
contrario.
La legge di Say dice che, dal momento in cui ogni merce può fungere da moneta,
ogni offerta crea la propria domanda. In questo modo creando una merce si crea anche
la moneta che nel gioco degli scambi servirà a stimolare la domanda di quei beni che
sono stati prodotti.
L’altra conseguenza della legge di Say, è che il sistema economico tende verso
l’equilibrio. Pure se occorre del tempo affinché tutti i fattori della produzione siano
remunerati opportunamente ed ogni merce possa trovare la propria collocazione, la
tendenza naturale del sistema economico è che alla fine tutti troveranno soddisfazione.
La legge di Say inoltre sosteneva che in un regime di libero scambio, merce contro
merce e beni contro beni, non sono possibili le crisi prolungate perché i prodotti si
pagano con i prodotti e non con il denaro, che è considerata solamente come merce
rappresentativa. Il rimedio delle crisi, secondo Say, non doveva ricercarsi tanto in
misure restrittive dell’importazione quanto nell’incremento di quelle produzioni che
servissero all’esportazione.
2
http://www.open-economy.org/index.php
3
Cfr. Bruno S., Sardoni C., in Maione G., Le merci intelligenti, Mondatori, 2001.
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La moneta nell’economia classica assumeva un valore diverso rispetto ad oggi, la
merce, i prodotti erano ancora collocati al centro degli scambi economici.
1.2. Dal baratto alla moneta di scambio.
Andando a ritroso nel tempo è difficile individuare con precisione quando la moneta
ha sostituito il classico sistema del baratto. La nascita della moneta e il conseguente
declino del mercato del baratto ha origini ben più lontane di quanto si possa
immaginare. Nell’ambito di realtà demograficamente ristrette, ma autonome sul piano
dei fabbisogni, quali erano anticamente le piccole comunità, non si rendeva necessario
l’utilizzo di un bene definito come mezzo di scambio economico.
Ma con l’aumento demografico e il crescere quindi delle comunità si crearono, nel
tempo, le “divisioni del lavoro”, cioè si differenziarono sempre più le attività praticate e
i lavoratori si organizzavano, per necessità, dando il via a una forma di collaborazione
socio-economica spontanea e ragionata in eguale misura. Ciò massimizzava la
produzione riducendone i tempi. Ognuno si dedicava principalmente ad un determinato
settore, accrescendo le proprie capacità professionali e indirizzando le proprie energie in
attività che riteneva più utili alla sopravvivenza. Soddisfatti, pertanto, i fabbisogni
familiari, si aveva cura di scambiare i prodotti in eccedenza con i gruppi sociali più
prossimi.
Il sistema di scambiare beni con altri beni, cioè il baratto, risultava un sistema
piuttosto semplice dal momento in cui i protagonisti dello scambio appartenevano alla
stessa classe sociale e dunque con pari dignità economica, ad esempio un contadino
aveva una quantità di grano superiore a quella che consumava e scambiava una parte di
questa con delle altre verdure che non possedeva o con qualsiasi altro bene di prima
necessità che componeva il suo fabbisogno giornaliero. Tuttavia non essendo il baratto
un operazione automatica, necessitava un’abile capacità di negoziazione. Per tali
ragioni, laddove lo scambio si complicava perché i generi erano differenti, un aratro da
scambiare con il vino, s rendeva indispensabile, ma non sempre facile stimare il
rapporto di valore tra elementi di diversa categoria
4
.
Col trascorrere dei secoli, le società in continuo sviluppo, i cambiamenti del
commercio ed i sempre maggiori spostamenti delle popolazioni, il baratto divenne poco
efficiente ed inadeguato: era difficile gestire una scambio di beni con un servizio o gli
scambi tra beni di diverso genere. Nacque così l’esigenza di introdurre un oggetto che,
utilizzato come mezzo di scambio, desse un valore certo.
Nelle diverse epoche e tra i vari popoli venivamo ovviamente usati oggetti differenti.
Per dare un idea e una sintesi si possono menzionare ad esempio il sale, le pelli di
4
http://www.utopie.it/economie_senza_denaro/gesell.htm.
10
elefante, i semi di cacao, tabacco o ancora ad esempio tessuti simili a fazzoletti o
salviette.
Nell’area mediterranea, come strumento di scambio, veniva utilizzato il bestiame. La
nostra lingua, ancora oggi, mantiene tracce di questa epoca storica, ad esempio il
termine capitale deriva dal latino caput, cioè testa o capo di bestiame. Il termine
pecunia, cioè denaro, deriva da pecus ovvero gregge. Gli studiosi linguisti sono andati
oltre arrivando ad identificare la radice di origine indo-europea peku che significa
“ricchezza mobile personale” e solo in seguito il termine pecus fu usato per indicare i
beni personali mobili dei pastori, le pecore appunto. Varie testimonianze storiche
dimostrano come venissero equiparate tra loro bestiame, schiavi ed altri oggetti. Ma i
frequenti spostamenti e le maggiori esigenze di commercio rendevano il bestiale poco
pratico per gli scambi. Era quindi necessario uno strumento che facilitasse i rapporti
economici.
Con l‟avvento della metallurgia e la nascita di officine attrezzate, per il baratto, il
commercio ed in ambito religioso (tributi e donazioni), si diffuse l‟utilizzo di oggetti di
metallo. Questi ultimi erano facilmente trasportabili e frazionabili. Ritrovamenti
archeologici confermano che fin dal III millennio a.C., nel vicino Oriente ed in Egitto,
piccoli pezzi d’oro e d’argento furono utilizzati come valori di scambio ed elementi di
contabilità economica
5
.
Il passaggio dall’utilizzo del bestiame, o altre merci reperibili, al metallo non fu
immediato, per molto tempo i due sistemi convissero tanto che in vari testi troviamo
citate delle corrispondenze metallo-bestiame.
Da qui a crescere fu poi il percorso che porto alla moneta legale e alle monete che
circolano oggi nel mondo, sia monete legali che monete di tipo complementare
utilizzate in mercati locali di scambio che si affiancano e si integrano talvolta al mercato
ormai divenuto globale.
1.3. Le monete e i mercati complementari.
“ Perché abbiamo bisogno delle monete locali? Fondamentalmente per usare il
denaro affinché crei lavoro, sostenga gli scambi e i servizi all’interno della regione.
Per creare una specie di salvagente impermeabile intorno alla regione, nell’oceano
dell’economia globale.”
6
La moneta con cui ci rapportiamo giornalmente da un lato funziona come mezzo di
scambio (prerequisito di una funzionale divisione del lavoro) mentre dall’altro può
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Cfr. Amirevole R. M., Rizzo P., Viaggio tra le esperienze di scambio senza denaro,Testo tratto dagli
scritti di R.M. Amorevole e P. Rizzo in 'Senza denaro', a cura di B. Palmese e S. Simoni, Edizioni
Lavoro, Roma, 2000.
6
Intervento di Magrit Kennedy al convegno sulle monete complementari locali svoltosi presso la sede
della provincia di Roma il 30 marzo 2006.
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essere anche oggetto di accumulazione e, in questa sua qualità di riserva di valore,
spesso inibisce lo scambio.
La possibilità, nata già da tempo, di introdurre sistemi di moneta locale alternativa
alla moneta ufficiale, e mercati complementari incentrati sul reciproco scambio che
fondamentalmente riprendono il remoto metodo del baratto, possono essere utili per
risolvere i problemi legati alla moneta e alla crisi della stessa. Se questa valute speciali
potessero essere progettate includendo un incentivo alla circolazione, questo potrebbe
rinvigorire in modo sostanziale lo scambio all’interno di una data regione.
Ovviamente, non tutte le regioni sono ugualmente attrezzate per adottare questa
soluzione. L’autonomia economica, pertanto, è più facilmente raggiunta con una
maggiore diversificazione della produzione. Le valute regionali portano nuove
potenzialità di crescita economica alle piccole e medie imprese che sono le responsabili
della creazione della maggior parte dei posti di lavoro locali e che fanno profitti
principalmente dai mezzi di produzione e non dagli investimenti finanziari. Il costo di
creazione di posti di lavoro per la produzione regionale è solo una frazione del costo dei
posti di lavoro che servono i mercati internazionali
7
.
L’attenzione al fenomeno delle monete non ufficiali, ossia delle monete non emesse
in regime di monopolio da un’autorità centrale, è in costante crescita. Lo testimoniano
sia il numero crescente di esperimenti in tutto il mondo, sia la proliferazione delle
denominazioni con le quali si tenta di cogliere il carattere alternativo e innovatore di tali
esperimenti. È possibile, in effetti, registrare un vasto numero di qualificazioni per
questo tipo di monete: monete locali, sociali, comunitarie, solidali, parallele,
complementari, e tanti altri esempi. In particolare l’ultima denominazione, quella di
moneta complementare, sta guadagnando favore presso gli studiosi e i sistemi che
sempre più nascono in tutto il globo.
Nell’analizzare le caratteristiche e i meccanismi che regolano i sistemi di moneta
complementare, è importante riconoscere l’istanza incarnata da gran parte degli
esperimenti monetari complementari è in relazione con una lunga tradizione
8
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Per quanto gli esperimenti monetari attuali possano apparire, o anche siano
effettivamente innovativi, essi riprendono, più o meno consapevolmente, una tradizione
che precede il processo di uniformazione che ha investito la moneta a partire dai primi
passi della rivoluzione industriale, ovvero di quel movimento storico che possiamo per
comodità chiamare “capitalismo”. In questa ripresa è infatti in gioco l’esigenza, del tutto
conforme a una lunga tradizione di pensiero e di istituzioni, che la moneta, prima ancora
di poter essere qualificata per la sua forma, le sue funzioni e le sue limitazioni, sia legata
a una comunità d’uso, di cui essa è non il fondamento, né semplicemente l’espressione,
7
Tratto da Tesi “Verso un sistema informativo per la gestione dei buoni locali”
8
Cfr. Pittau M, Economie senza denaro, i sistemi di scambio non monetario nell’economia di
mercato,Emi, Bologna, 2003.