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INTRODUZIONE
Il lavoro si propone di ricostruire una parte importante della storia d’Italia, che ha
accompagnato il nostro Paese per un lungo periodo; la parte centrale del lavoro, è
focalizzata sulla costituzione e sulla gestione dell’IRI, cercando di porre
l’attenzione sull’operato dell’istituto e sulle modalità con cui è riuscito a
raggiungere gli obiettivi che si era proposto e per cui era stato creato.
La parte iniziale analizza le situazione dell’economia italiana nel periodo
precedente la costituzione dell’Ente, cercando, quindi , di spiegare le cause che
hanno portato alla sua nascita ed infine la terza ed ultima parte tratta del boom
economico, dei cambiamenti che questo ha comportato nell’economia del nostro
Paese e della gestione dell’IRI in quel periodo.
La parola chiave di tutto il lavoro è intervento dello Stato nell’economia,
naturalmente, attraverso l’IRI, ma questo non è un fenomeno isolato, non si può
dimenticare l’intervento statale attraverso il mercantilismo, o la prima forma di
società commerciale per azioni,
che doveva costituire il principale strumento giuridico per l’affermazione del
capitalismo.
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Le novità introdotte dalla Rivoluzione francese, e le relative conseguenze,
diminuirono incredibilmente, pur senza eliminarlo mai del tutto, l’intervento dello
Stato in economia,
il potere politico liberò quasi completamente il potere economico, forse anche perché
fiducioso nella solidità e validità degli ordinamenti costituzionali, e delle norme di diritto
civile
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.
Le intromissioni da parte dello Stato, non solo italiano, si intende, non erano
limitati ad obiettivi di natura economica, per scopi di lucro o regolamentazione
dei mercati, ma gli interventi servivano anche a miglioramenti delle condizioni di
lavoro e ad assicurare il livello minimo di dignità umana, per arrivare, nell’ultimo
ventennio del XIX secolo, al grande interesse dello Stato verso i grandi servizi
pubblici, senza dimenticare i grandi salvataggi di industrie in crisi.
Con la prima Guerra Mondiale si originano nuovi motivi di intervento dello Stato
nell’economia, principalmente causati dall’aumento artificiale della produzione
industriale che aveva provocato la Guerra,
così che esso trovava applicazione nelle forme più integrali sia nella liberale Inghilterra
sia nella Francia sempre economicamente conservatrice e nell’Italia fascista che, pure
avversa ai principi liberali, non poteva certo dirsi collettivista sul terreno economico.
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Con la Seconda Guerra Mondiale si assiste ad un incremento dell’intervento
statale in economia, in Gran Bretagna e Francia si arriva addirittura a
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IRI, L’istituto per la ricostruzione industriale, IRI, III, Origini ordinamenti e attività svolta
(Rapporto di P. Saraceno), Torino 1956, p. 34.
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IRI, L’istituto per la ricostruzione industriale, IRI, III, Origini ordinamenti e attività svolta
(Rapporto di P. Saraceno), Torino 1956, p. 34
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IRI, L’istituto per la ricostruzione industriale, IRI, III, Origini ordinamenti e attività svolta
(Rapporto di P. Saraceno), Torino 1956, p. 35
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nazionalizzare grandi settori della produzione, e così come in questi due Paesi,
accade in molti altri.
I motivi alla base di un crescente intervento dello Stato nell’economia sono
principalmente due, causati dal peso, sempre crescente, dell’economia nella vita di
un Paese, con conseguente aumento dei problemi di produzione, distribuzione e
quindi finanziamento, che poteva portare a due sole soluzioni, o il dominio dei
gruppi detentori del potere economico sui gruppi politici, che avrebbe soppresso
ogni libertà e democrazia, oppure, il caso opposto, cioè la politica che si appropria
del potere economico, con conseguente collettivismo totalitario.
Entrambi i casi, naturalmente, rappresentano soluzioni estreme, ma proprio al fine
di evitarle, ogni Stato democratico, in modi differenti e in taluni casi efficienti, in
altri no, sono intervenuti nella sfera economica, proprio al fine di limitarne, con il
peso del potere politico, il potere dato all’economia.
L’intervento dello Stato nell’economia attraverso l’IRI rappresenta il caso italiano
di amministrazione pubblica dell’economia.
Tutto il lavoro è estraneo alle critiche che hanno accompagnato la storia
dell’Ente, dall’origine alla conclusione,
di dibattiti che occupano così le sedute parlamentari come la stampa quotidiana e
periodica, non senza toccare gli ambienti scientifici, per quello che riguarda i problemi
giuridici relativi all’Istituto. Come si è detto sopra non si può tracciare una netta
distinzione delle varie tesi sull’IRI in base allo schieramento dei partiti politici
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,
proprio per soffermarsi sulla sua gestione e sul lavoro che ha compiuto dal punto
di vista oggettivo e documentato, senza essere influenzati da tesi, riflessioni e
considerazioni soggettive che potrebbero creare una distorsione della realtà.
Vorrei solo fare un breve cenno alle tesi e alle proposte che si sono susseguite, dal
1945 in poi, riguardanti l’IRI, che qui riassumo, senza inquinarle con commenti
personali.
La tesi dell’abolizione, apparsa subito dopo la caduta del regime
fascista e il ritorno della democrazia, proponeva l’abolizione dell’IRI
con conseguente ritorno delle aziende controllate nella mani dei
privati; a sostegno della tesi vi era il dubbio che questo intervento
provocasse la collettivizzazione dell’economia e che la concorrenza
che le Aziende IRI a quelle private dello stesso settore fosse sleale.
Questa proposta fu sempre messa in discussione poiché il pensiero
costante era rappresentato dal destino incerto dell’economia italiana
senza l’IRI. Le aziende sane avrebbero immediatamente attirato il
capitale privato straniero e nazionale ma le altre sarebbero state
obbligate a cessare la loro attività, con ripercussioni pesanti su tutta
l’economia, inoltre la disoccupazione sarebbe notevolmente aumentata
e una grande parte del tessuto industriale sarebbe stato eliminato.
La tesi della trasformazione in senso collettivista, invece, proponeva
un riordinamento generale dell’intervento dello Stato, un aumento
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IRI, L’istituto per la ricostruzione industriale, IRI, III, Origini ordinamenti e attività svolta
(Rapporto di P. Saraceno), Torino 1956, p. 23 e ss.
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delle funzioni affidate all’IRI e a tutte le altre forme di interevento
statale,
allo scopo di dare allo Stato gli strumenti idonei ad operare efficacemente,
con funzioni di guida e di controllo, per lo sviluppo dell’attività
produttivistica del Paese ed al fine di rendere proficuo per l’economia
nazionale l’intervento statale.
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La tesi della sostanziale conservazione del regime attuale, infine,
proponeva di mantenere l’ordinamento, senza alcuna modifica, in
pratica utilizzare il principio di inerzia, sostenendolo con le valutazioni
di tutte le operazioni effettuate dall’IRI.
In estrema sintesi, le due correnti di opinione sono state rappresentate, come
sempre da posizioni nettamente contrarie ed altre completamente positive, ma il
problema principale è che, pur essendo entrambe affermazioni di rilievo, degne di
attenzione e riflessione, non erano supportate da dati e fatti precisi. Il Ministero
dell’Industria e del Commercio ha voluto ovviare a questa mancanza di analisi
tecnica dell’operato, attraverso la documentazione L’istituto per la ricostruzione
industriale, dove è stata analizzata ogni tipo di attività svolta dall’Ente e gli studi
che sono stati eseguiti per valutare vantaggi e svantaggi della sua costituzione,
corredati da documenti e interviste, e facendo riferimento all’esperienza
personale di qualche commissario, appartenente alla Commissione istituita per
portare a termine uno studio e una valutazione di tale portata e importanza.
I compiti dell’IRI si caratterizzavano in un’attività di salvataggio, un’attività di
gestione del patrimonio e un insieme di interventi volti ad assecondare la politica
economica governativa.
Per quanto riguarda il salvataggio bancario e industriale, le opinioni delle persone
interpellate sono in prevalenza favorevoli e tendono a sottolineare il fatto che oltre
al salvataggio, l’IRI si è dedicato allo sviluppo delle imprese, con un onere
relativo abbastanza limitato.
Opinioni a sfavore si riscontrano quando si parla di costi inflitti dall’attività alla
collettività, molto elevati e conseguenza ovvia della non liquidazione di imprese
antieconomiche.
La gestione del patrimonio dell’IRI è stato, anch’esso, principalmente valutato
positivamente; ne è stato sottolineato il principio di economicità, che è stato il filo
guida di tutto il suo operato, è stata sempre mantenuta l’autonomia delle aziende,
senza diminuirne la responsabilità degli amministratori.
Naturalmente ogni giudizio sull’attività complessiva dell’Ente è condizionata dal
giudizio personale sugli scopi perseguiti dall’Ente stesso: se si reputa dannosa una
certa politica, anche la funzione svolta dall’IRI ha conseguentemente giudizi
negativi.
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IRI, L’istituto per la ricostruzione industriale, IRI, III, Origini ordinamenti e attività svolta
(Rapporto di P. Saraceno), Torino 1956, p. 26
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Occorre vedere se l’IRI si è rivelato strumento idoneo al conseguimento dei fini voluti
dallo Stato (quali che fossero). Anche in questo caso le opinioni degli interpellati rivelano
l’esistenza di una disparità di vedute e di giudizi.
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Per alcuni l’esperimento è riuscito, poiché lo Stato è riuscito ad intervenire
nell’economia attraverso l’IRI, senza togliere alle imprese la loro autonomia e
indipendenza, elementi base di una buona gestione privata,
l’IRI si sarebbe rivelato uno strumento utile per il controllo dello Stato sull’industria, anzi
una forma di collegamento che ben difficilmente avrebbe potuto realizzarsi in un altro
modo, in quanto propria di quelle linee di organizzazione e di funzionalità che sono
caratteristiche del mondo economico industriale.
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L’opinione favorevole alla funzione pilota svolta dall’IRI nella ricostruzione
industriale del nostro Paese è diffusa e trova fondamento, probabilmente,
dall’apprezzamento dell’attività svolta dall’Ente nelle operazioni di salvataggio,
attività per cui l’IRI era stato costituito.
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IRI, L’istituto per la ricostruzione industriale, IRI, I, Studi e documenti Torino 1955, p. 186
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IRI, L’istituto per la ricostruzione industriale, IRI, I, Studi e documenti Torino 1955,
Interrogatori Piccardi e Silva